WOLFGANG BENZ – L’OLOCAUSTO

WOLFGANG BENZ – L’OLOCAUSTO
BOLLATI BORINGHIERI – Collana TEMI n. 78 – Ristampa Giugno 2003
Traduzione: Enzo Grillo

CAPITOLO 1 – UNA COLAZIONE DI LAVORO: LA CONFERENZA DI WANNSEE DEL 20 GENNAIO 1942
Il 29 novembre 1941 Heydeich aveva diramato un invito nella villa di Wannsee a un certo numero di alti funzionari per “uno scambio di idee” sui problemi della “soluzione globale della questione ebraica” in Europa. Originariamente l’incontro avrebbe dovuto aver luogo il 9 dicembre 1941, ma fu rinviato di alcune settimane “per eventi imprevisti e il conseguente impegno di una parte degli invitati”.
Per il 20 gennaio 1942 Heydrich rinnovò l’invito alle stesse persone “per una colazione di lavoro”. All’ordine del giorno c’era[…] il genocidio degli ebrei. (p. 9)
Erano state invitate tredici alte personalità della burocrazie e dell’esecutivo dello Stato nazionalsocialista, che tra segretari di Stato e alti ufficiali rappresentavano all’incirca il terzo livello della gerarchia dirigenziale. Con Heydrich, dominatore della scena, e Eichmann, responsabile per la questione ebraica e per l’occasione incaricato anche della redazione del verbale, più una stenografia rimasta sconosciuta, facevano in tutto sedici persone. (p. 10)
Il colloquio non era durato neanche troppo – una o due ore al massimo (comunque non fu mai stabilito esattamente) – e non c’erano state durante la discussione né obiezioni né contrasti di sorta[…] (p. 11)
Lo sterminio definitivo e senza residui di tutti gli ebrei in tutta Europa veniva dunque annunciato come un fatto già deciso da lungo tempo, e perlomeno una metà dei partecipanti alla conferenza aveva anche un’idea molto concreta di come erano stati o sarebbero stati ulteriormente eseguiti i massacri. (p. 13)
Già prima della conferenza di Wannsee, Heydrich aveva reso noto – e l’aveva ripetuto a chiare lettere il 20 gennaio, subito all’inizio della conferenza stessa – che la competenza della “soluzione finale della questione ebraica in Europa” spettava esclusivamente, in maniera centralizzata e senza confini geografici, al Reichsfhurer delle SS Himmler, vale a dire a lui stesso quale suo delegato. […]
Lo scopo principale della conferenza era infatti quello di chiarire questo punto agli alti esponenti del Reich presenti, per evitare perdite di tempo ed eventuali frizioni nel perseguimento del comune obiettivo di un’Europa liberata dagli ebrei. (p. 14)
Si discute poco nella villa di Wannsee. I presenti si limitarono soprattutto a prendere appunti su ciò che Heydrich andava esponendo.[…]
Nell’affrontare questa questione – ossia il trattamento da riservare in futuro alle persone di sangue misto e al coniuge ebreo nei matrimoni misti -, i partecipanti alla conferenza si inoltravano in un terreno inesplorato. (p. 15)
L’intenzione era quella di includere a quel punto nella “soluzione finale” anche coloro che si trovavano sotto la relativa tutela del “matrimonio misto” e i loro discendenti. (p. 16)
Che cosa era accaduto dunque ai numeri 56-58 di Am Grossen Wannsee il 20 gennaio 1942 – se non era stato deciso nulla, e se quell’incontro non segnò l’inizio dell’Olocausto? Semplicemente che un certo numero di signori in uniforme e in abiti civili fu messo al corrente dell’intenzione di assassinare undici milioni di persone, e discusse delle possibilità di estendere il numero delle vittime. […]
Quei signori trattarono la pratica “genocidio” come un atto amministrativo qualsiasi. (p. 17)

CAPITOLO 2 – GLI EBREI TEDESCHI E IL NAZIONALSOCIALISMO. AUTOCOSCIENZA E MINACCIA p. 19
Al momento della presa del potere da parte dei nazionalsocialisti viveva nel Reich tedesco oltre mezzo milione di cittadini di confessione ebraica che si riconoscevano come minoranza religiosa (0,76% dell’intera popolazione tedesca). Caatteristica di questa minoranza era la sua presenza spesso sproporzionata in alcune professioni, soprattutto in quelle economiche (specialmente agenti di borsa e banchieri), tra i medici e gli avvocati, e in quelle artistiche ed economico-culturali. […]
[…]immagine caricaturale di una masnada di parassiti di altra razza, dediti all’usura e ai piccoli traffici, che ogni tedesco sentiva come ostile e che poteva essere agevolmente sfruttata a fini politici. […]
[…]ben più pericolose erano le teorie sulla congiura ebraica: quelle teorie, costruite sull’invidia sociale, le quali ponevano gli ebrei ricchi – che non erano poi neanche la maggioranza – alla testa di una cospirazione del “giudaismo mondiale” contro i “tedeschi”. (pp. 19-20)
Meno rozza, ma non meno falsa era l’altra accusa indirizzta agli ebrei tedeschi: quella di trovarsi in una condizione di doppia lealtà, prima come ebrei, e poi come tedeschi. Così come altrettanto falsa era l’affermazione che la minoranza ebraica in Germania fosse un gruppo sociologicamente, culturalmente, politiciamente e spiritualmente compatto con convinzioni, reazioni e comportamenti omogenei alle minacce che trovavano espressione nella propaganda nazionalsocialista.
Con la “sollevazione nazionale” all’inizio del 1933, l’antisemitismo della peggiore specie era diventato la dottrina ufficiale in Germania. Esso fu sistematicamente sfruttato per consolidare il nuovo potere e impiegato per screditare moralmente, diffamare socialmente e discriminare giuridicamente la minoranza ebraica. (p. 20)

CAPITOLO 3 – EMARGINAZIONE E DISCRIMINAZIONE DEGLI EBREI IN GERMANIA DAL 1933 AL 1939 p. 27
Già due mesi dopo la presa del potere il governo di Hitler promulgò, nell’aprile 1933, la Legge per la reintegrazione del pubblico impiego. […]
[…]fu usata proprio come strumento per allontanare gli avversari politici dal pubblico impiego, tanto è vero che ne furono colpiti anche tutti i funzionari di origine ebraica.[…]
[…]nel settembre 1935 furono varate le Leggi di Norimberga. (p. 27)
Nell’autunno 1938, dopo cinque anni e mezzo di dittatura nazionalsocialista, le discriminazioni pianificate e imposte a livello statale avevano drasticamente peggiorato le condizioni di vita degli ebrei tedeschi. (p. 28)
9 novembre 1938. Notte dei cristalli.
L’antisemitismo e l’ostilità verso gli ebrei, già da sempre elementi costitutivi della propaganda ideologica nazionalsocialista, assunsero ora le forme primitive della violenza e della persecuzione fisica. La “notte dei cristalli” rappresentò il punto culminante del cammino verso la “soluzione finale”, verso il massacro di milioni di ebrei di tutta l’Europa.
Il pogrom del novembre 1938 fu tutt’altro che un’esplosione spontanea. Esso fu inscenato a bella posta dalle autorità statali, e al più alto livello. L’occasione l’aveva offerta il 7 novembre Herschel Grunspan col suo colpo di rivoltella al segretario dell’ambasciata tedesca a Parigi Ernst vom Rath. (p. 30)
Per loro l’attentato fu l’occasione d’oro per dare il massimo risalto allo schema della congiura del “giudaismo mondiale” contro il Reich tedesco e avviare così la definitiva espulsione degli ebrei da tutti gli ambienti sociali ed economici. […]
Ma non ci si fermò al vandalismo aperto e apparentemente spontaneo. Nei giorni che seguirono il 9 novembre 1938 in tutta la Germania furono arrestati non meno di 30.000 ebrei, scelti prevalentemente tra le persone più altolocate, e avviati nei campi di concentramento di Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen. (p.31)

CAPITOLO 4 – L’EMIGRAZIONE TEDESCA DAL 1933 AL 1941 p. 34
[…]sta di fatto che emigrare era diventato estremamente difficile. Lo Stato nazionalsocialista adottò nei confronti degli ebrei tedeschi una politica di accelerazione e di freno al tempo stesso dell’emigrazione. Da una parte l’espulsione delle attività economiche era un incentivo alla voglia di emigrare, ma dall’altra la confisca dei beni e i tributi rovinosi imposti ne riducevano le possibilità. Nessun paese di emigrazione è interessato ad accogliere emigrati poveri, e una delle perfide speranze del regime, esportando l’antisemitismo, consisteva appunto nel trasformare gli ebrei cacciati dalla Germania in un problema sociale per i paesi di accoglienza. (p. 34)
La politica dell’emigrazione del regime nazionalsocialista fu contraddittoria e imperscrutabile. Alla forte spinta all’emigrazione degli inizi del 1939 seguirono una serie di pesanti ostacoli, e alla fine il divieto di emigrazione dell’autunno 1941. (p. 35)
[…]il 23 ottobre 1941, l’emigrazione fu proibita. A questa data il genocidio era già cominciato. (p. 37)

CAPITOLO 5 – ARIANIZZAZIONE E STELLA EBRAICA. LA PRIVAZIONE TOTALE DEI DIRITTI DEGLI EBREI TEDESCHI NEL 1939-1941 p. 38
Il Decreto sull’espulsione degli ebrei dalla vita economica tedesca del 12 novembre 1938 segnò la fine per chi era ancora rimasto. Dal 1 gennaio 1939 fu proibito agli ebrei l’esercizio del commercio al dettaglio, la vendita di merci e servizi ai mercati cittadini e nei raduni festivi, e la conduzione di aziende manifatturiere. (p. 38)
[…]20 dicembre 1938: da allora in poi tutti gli ebrei idonei al lavoro furono sfruttati […] prevalentemente nell’industria dell’armamento. (p. 39)

CAPITOLO 6 – I GHETTI NEI TERRITORI ORIENTALI OCCUPATI. L’INIZIO DELLA “SOLUZIONE FINALE DELLA QUESTIONE EBRAICA” p. 41

Il 21 settembre 1939 Reinhard Heydrich, capo della Gestapo, della polizia politica e del Servizio di sicurezza, diede disposizioni ai capi dei gruppi operativi nella Polonia occupata circa le tappe e i metodi da adottare per la “soluzione della questione ebraica”. (pp. 41-42)
Cominciò così in tutta Europa la creazione di ghetti come luoghi obbligati per umiliare e sfruttare gli ebrei. Il loro scopo principale era quello di concentrare la popolazione ebraica in grandi centri urbani, e la loro funzione, quella di fare da stazioni di transito e di smistamento per un gigantesco trasferimento di popolazioni che all’inizio dell’occupazione della Polonia non aveva ancora contorni ben definiti. (p. 42)
Ai ghetti di Varsavia, Lodz e Cracovia, Tschenstokau, Radom, Kielce e di molte altre località in territorio polacco si aggiunsero dal giugno 1941, con la campagna di Russia, altri ghetti in Polonia orientale, in Lituania, Estonia, Lettonia e in Bielorussia, come quelli di Wilna e Kaunas, Riga, Minsk e, tra gli ultimi, Lemberg (agosto 1942). (p. 51)
I ghetti […]dal 1940 al 1943 furono soltanto l’anticamera dell’annientamento, il vestibolo dell’inferno, le stazioni intermedie verso i Lager in cui masse di uomini furono deportate per essere sterminate. (p. 52)

CAPITOLO 7 – DALL’ANTISEMITISMO AL GENOCIDIO. LA GENESI DELLA SOLUZIONE FINALE p. 53
Nel gennaio 1939 Hitler, in un discorso al Reichstaf, aveva annunciato con toni profetici che “se il giudaismo finanziario internazionale dovesse riuscire, dentro e fuori d’Europa, a precipitare ancora una volta i popoli in una guerra mondiale”, la cosa non sarebbe terminata con la “vittoria del giudaismo” ma con “l’annientamento” della razza ebraica in Europa.
Negli anni successivi Hitler reitererà più volte questa minaccia. […]
La minaccia contiene in primo luogo lo stereotipo classico dell’antisemitismo, ossia l’accusa dell’esistenza di un complotto del giudaismo internazionale. Tale accusa viene poi ampliata a quella di aver tramato per scatenare la prima guerra mondiale, e infine utilizzata come sfondo per suffragare l’affermazione (già propagandata nel 1933 e reiterata nel 1939) che “gli ebrei2 avrebbero dichiarato guerra alla Germania. […]
Erano gli stessi argomenti con i quali nel 1933 fu motivato il boicottaggio, e nel 1939 fu preannunciata quella che nel linguaggio mascherato dello Stato nazionalsocialista fu chiamata la “soluzione finale della questione ebraica”. (p. 53)
Verso l’inizio dell’estate 1941, se non prima, tale concetto servì ufficialmente a definire l’annientamento fisico degli ebrei. […]
Se dunque la “soluzione della questione ebraica” era stata un postulato originario genuino degli antisemiti e una metafora dal contenuto ancora indistinto della propaganda nazionalsocialista, dal 1933 in poi il concetto fu prima sostanziato con i provvedimenti di delegittimazione, espulsione, discriminazione e cacciata (chiaramente formulati nelle Leggi di Notrimberga del 1935 e nelle relative norme di attuazione), e infine concentrato nella formula della “soluzione finale della questione ebraica”, sinonimo di genocidio sistematico degli ebrei nei territori soggetti all’autorità tedesca. […]
Goring[…] il 31 luglio 1941 autorizzava il capo della polizia politica e del Servizio di sicurezza Heydrich a preparare i piani relativi alla soluzione della questione ebraica. (p. 54)
Il capo dell’Ufficio centrale per la sicurezza nazionale intendeva per “soluzione finale territoriale” il “progetto Madagascar” preso in considerazione dalla primavera del 1940. L’idea di trasferire gli ebrei nell’isola coloniale francese di fronte all’Africa orientale, col suo clima micidiale per gli europei, è presente nella letteratura antisemita a partire dal XIX secolo. Essa fu tra l’altro discussa, nel periodo fra le due guerre, anche da autori britannici. […] (p. 56)
Nel 1940 il progetto Madagascar fu coltivato molto seriamente per alcune settimane. (p. 58)
Al ministero degli Esteri il progetto Madagascar, affidato alla responsabilità di Rademacher, cominciò a prendere forma. Nel giugno 1940 furono prospettati i seguenti scenari: a)espulsione di tutti gli ebrei dall’Europa; b)separazione tra ebrei occidentali ed ebrei orientali, trattenendo questi ultimi “in mano tedesca (Lublino?) come ostaggi per bloccare qualsiasi iniziativa degli ebrei americani”, mentre quelli occidentali sarebbero stati deportati in Africa. (p. 59)
In mancanza di una premessa essenziale – la vittoria sulla Gran Bretagna – il progetto Madagascar subito dopo la sua definitiva stesura nel 1940 era già carta straccia. (p. 61)
La radicalizzazione della politica antiebraica, nel passaggio dall’espulsione allo sterminio, era già cominciata. Mancavano soltanto le possibilità di metterla in atto. L’aggressione all’Unione Sovietica, dal giugno 1941, offrì finalmente i presupposti previsti dai pianificatori del genocidio. (p. 62)

CAPITOLO 8 – MASSACRI IN ORIENTE. “GRUPPI OPERATIVI” E ALTRI SQUADRONI DELLA MORTE NEI TERRITORI OCCUPATI NEL 1941-42 p. 64

[…]esisteva già, fin dall’inizio della campagna di Russia (giugno 1941), un apparato di sterminio formato dai Gruppi operativi della polizia politica e del Servizio di sicurezza. Si trattava di unità dipendenti direttamente dal comando supremo del Reichsfuhrer delle SS Himmler, le quali […] erano autorizzate a “prendere provvedimenti esecutivi nei confronti della popolazione civile, nell’ambito del proprio incarico e sotto la propria responsabilità”. Questa disposizione andava presa alla lettera, giacché i gruppi operativi avevano il compito di procedere all’esecuzione dei “nemici ideologici”, ossia i funzionari del partito comunista dell’Unione Sovietica, gli “ebrei funzionari di partito e dello Stato”, e tutti gli altri “elementi radicali”. (p. 63)
Dall’estate 1941, dopo l’inizio della campagna di Russia, i gruppi operativi – ce n’erano quattro, per un contingente di 3000 uomini – entrarono in azione come veri e propri squadroni della morte e si abbandonano a massacri di dimensioni inimmaginabili tra la popolazione civile del Baltico (Gruppo Operativo A), della Bielorussia (Gruppo B), dell’Ucraina (Gruppo C) e della Crimea (Gruppo D). (pp. 63-64)
I gruppi operativi erano una truppa di élite cui il regime nazionalsocialista aveva affidato compiti esecutivi di natura ideologica. […]
Parte integrante della tattica dei gruppi operativi era quella di scatenare i pogrom contro la popolazione ebraica con l’aiuto delle milizie locali e sfruttando l’antisemitismo diffuso in quei paesi. (p. 64)
Ai pogrom “spontanei”, alle uccisioni davanti agli occhi di tutti, seguivano le fucilazioni sistematiche. (p. 65)

CAPITOLO 9 – LA DEPORTAZIONE DEGLI EBREI DALLA GERMANIA p. 72

Nell’autunno del 1941, con la deportazione sistematica degli ebrei dalla Germania, programmata fino ai minimi dettagli, ebbe inizio l’ultima fase della politica nazionalsocialista nei confronti degli ebrei, ormai finalizzata e orientata esclusivamente allo sterminio dell’intera comunità ebraica europea. (p. 72)
L’emigrazione, che ancora nel 1938-39 le autorità naziste avevano incoraggiato, fu formalmente proibita nell’autunno 1941[…] (p. 73)

CAPITOLO 10 – THERESIENDSTADT p. 83

Dalla fine del 1941 la cittadina servì da ghetto per gli ebrei cacciati dal Protettorato di Boemia e Moravia[…]. Di fatto si trattava di un campo di concentramento posto sotto il comando delle SS, esternamente sorvegliato dalla gendarmeria cerca, e con funzione di stazione di transito e di smistamento per ebrei. La prima deportazione da Theresienstadt a Riga è del gennaio 1942. Nel 1942 la popolazione originaria del luogo fu interamente evacuata per far posto alla popolazione di deportati dalla Germania, dall’Austria, dalla Danimarca e dai Paesi Bassi. (p. 83)
Le deportazioni di ebrei tedeschi a Theresienstadt – che furono chiamate “trasporti di evacuazione” – cominciarono il 2 giugno 1942. (p. 86)
[…]l’8 maggio [1945] comparve l’Armata Rossa. Theresienstadt fu così l’ultimo Lager a essere liberato. […]
Le statistiche ci dicono che tra il 24 novembre 1941 e il 20 aprile 1945 furono deportati a Theresientadt 141000 ebrei; 33000 vi morirono e 88000 furono trasportati in altri campi di sterminio. Circa 17000 furono liberati. (p. 93)

CAPITOLO 11 – L’ALTRO GENOCIDIO: LA PERSECUZIONE DEI SINTI E DEI ROM p. 94

La discriminazione degli “zingari” aveva in Germania una sua tradizione, come del resto nel resto d’Europa. […]
La politica nazionalsocialista contro gli zingari sfociò nel genocidio con altrettanta fermezza di propositi della politica antiebraica. Perciò la persecuzione degli zingari rientra nel contesto dell’Olocausto. (p. 94)
A poco a poco si sviluppò quindi, sotto l’influenza della NSDAP, una tendenza alla ghettizzazione; molte grandi città allestirono campi in parte sorvegliati e circondati da filo spinato, sempre in località desolate[…]. (pp. 94-95)
Il genocidio degli “zingari” rientrava nei fini politico-razziali dichiarati del regime. (p. 96)
Il 16 maggio 1940 cominciò la deportazione organizzata di sinti e rom per gruppi familiari dal territorio del Reich tedesco. (p. 99)
Il numero delle vittime è ancora più difficile da stabilire di quello degli ebrei uccisi.[…]
Con sicurezza si può dire che più di 200.000 sinti e rom sono rimasti vittime del genocidio nazionalsocialista, ma le stime si aggirano intorno al mezzo milione. (p. 101)

CAPITOLO 12 – IL GENOCIDIO SU SCALA INDUSTRIALE NEI CAMPI DI STERMINIO NEL 1942-44 p. 102

Auschwitz. […] Nella primavera del 1940 il Reichsfhurer delle SS e capo della polizia tedesca Himmler ordinò di costruirvi un Lager. […]
Già previsto come campo di transito, nei quattro anni e mezzo della sua esistenza esso si trasformò nel maggior complesso di sfruttamento e di sterminio dell’impero nazionalsocialista. Nel campo di concentramento di Auschwitz i prigionieri vennero sottoposti a un vero e proprio regime di lavoro schiavistico al servizio dell’industria tedesca. E Auschwitz fu anche la più gigantesca macchina di sterminio che sia stata mai concepita e realizzata, qualcosa che supera ogni umana immaginazione. (p. 102)
[…]qui le SS, subito dopo l’arrivo, selezionavano i prigionieri abili al lavoro separandoli da coloro che venivano avviati immediatamente nelle camere a gas senza ulteriori procedure burocratiche come la registrazione, l’assegnazione del numero di matricola, il tatuaggio. (p. 103)
Nella primavera del 1942 cominciarono i trasporti delle vittime ad Auschwitz. (p. 105)
Circa il novanta per cento dei deportati che giungevano con i convogli venivano scartati già sulla banchina perché ritenuti inabili al lavoro e avviati direttamente alle camere a gas. A quelli che potevano essere ancora sfruttati per lavorare era riservata la stessa sorte quando non ne fossero stati più capaci. (p. 106)
Alla fine dell’ottobre 1941 i campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau vennero distrutti per ordine di Himmler per non lasciare tracce all’Armata Rossa che avanzava (e che nel gennaio 1945 libererà Auschwitz). I crematori con le camere a gas vennero fatti saltare. […]
Il bilancio dello sterminio ad Auschwitz tra il gennaio 1942 e il novembre 1944 – il periodo di massimo impiego delle camere a gas – si aggira intorno al milione.[…]
Paragonabile alla situazione di Auschwitz […] è soltanto un lager costruito nell’autunno 1941 nel capoluogo di provincia Lublino. (p. 107)
Il campo di sterminio è rimasto noto sotto il nome di Majdanek (un quartiere di Lublino). Fino alla liberazione nel luglio 1944 da parte delle truppe sovietiche e polacche, in tutto il periodo in cui il Lager restò in funzione morirono circa 200.000 persone, di cui 60.000 ebrei. (p. 108)
Il Lager di Belzec in Polonia orientale[…] Alla fine di febbraio 1942 i primi trasporti giunsero a Belzec. (p. 110)
Il campo di sterminio di Belzec funzionò fino alla fine del 1942, e vi perirono circa 600.000 ebrei.
Le esperienze acquisite a Belzec furono sfruttate, dal marzo 1942 in poi, nel secondo campo di sterminio usato per l’Operazione Reinhardt, quello di Sobibor. […]
A Sobibor[…] furono sterminate circa 250.000 persone. (p. 111)
Dal luglio 1942 all’agosto 1943 la macchina dello sterminio di Treblinka lavorò ininterrottamente, col risultato di 900.000 vite umane cancellate dalla faccia della terra. (p. 112)

Gli ultimi mesi furono interamente dedicati a far sparire le tracce. (pp. 114-115)
L’obiettivo annunciato alla conferenza tenutasi nella villa di Wannsee a Berlino nel gennaio 1942 – e cioè lo sterminio di tutti gli ebrei d’Europa – non fu raggiunto. Ma i sei milioni di assassinati fanno dell’Olocausto un delitto contro l’umanità unico nella storia. (p. 115)
Inorriditi e umiliati per quei crimini, i tedeschi non vollero esserne coinvolti per il fatto di aver saputo, e dopo il 1945 assicurarono tutti insieme di non aver saputo nulla, intestardendosi a credere che il genocidio fosse il segreto di una piccola cricca di criminali. (p. 117)

ORIENTAMENTI BIBLIOGRAFICI p. 119

INDICE DEI NOMI DI PERSONA p. 121

INDICE DEI NOMI DI LUOGO p. 122