ROBERT BRASILLACH – MEMORANDUM. LA MIA AUTODIFESA


ROBERT BRASILLACH – MEMORANDUM. LA MIA AUTODIFESA
MEDUSA – Collana LE PORPORE n. 76 – 2014

INTRODUZIONE
Di Emanuele Trevi p. 5

Più volte ho ribadito l’idea che la collaborazione aveva come conditio sine qua non la futura indipendenza della Francia. (p. 21)

La guerra civile, che condanno, era un dato di fatto. In tempi di lotta, l’avversario resta l’avversario. (p. 23)

Ho considerato la LVF un atto politico importante, nell’ipotesi della vittoria tedesca. Si trattava in effetti di liberare la francia dalla sua condizione di paese sconfitto e di farla diventare una socia della Germania. Naturalmente si è sempre trattato di volontariato, e non ho mai scritto nulla che potesse spingere a una mobilitazione in favore della Germania, ipotesi che mi pareva assurda. […]
Ma ho voluto salutare, tutte le volte che ho potuto, il coraggio di coloro che si battevano, in un’associazione straniera ma riconosciuta dal governa francese[…]. (p. 34)

Quando la milizia vinse nella zona nord, nel 1944, non scrissi nulla in favore. (p. 42)

Prima della guerra rivestivo un ruolo importante, ma al mio ritorno non poteva più essere così: l’amministratore generale, Charles Lesca, che era diventato direttore del giornale e principale azionista, voleva giocare un ruolo più importante. Alla fine del 1942 ci furono grandi divergenze tra di noi[…]. Man mano che il tempo passava, durante il 1943, queste divergenze all’interno del giornale diventarono ancora più grandi[…]. La crisi scoppiò in occasione della prima questione italiana, nell’estate del 1943. Ci fu una riunione dei principali collaboratori, dove i due gruppi fecero valere i loro punti di vista. Charles Lesca ne approfittò per far valere i suoi diritti come direttore. Mi opposi e reclamai l’autorità assoluta sul giornale, per dirigerlo amio modo e per evitare quelli che consideravo degli errori. (p. 45)

Non volevano seguire la mia politica e diedi le mie dimissioni come caporedattore. (p. 46)

“Je suis partout” divenne un organo sempre più legato agli “ultras” della milizia, a volte alla Waffen SS[…] e, infine, nell’agosto del 1944, i suoi principali collaboratori fuggirono in Germania. (p. 47)

Ho litigato con Cousteau a “Je suis partout” perché nel 1943 egli voleva reclamare delle misure più forti contro gli ebrei e io non ne vedevo l’utilità. Continuo a pensare che l’ebreo sia, senza eccezioni, un popolo non assimilabile, eterogeneo, e che esista un grave problema, indipendentemente dall’occupazione tedesca. Ma io non amo ciò che è irragioneval e disumano, e non ho approvato le sevizie e le torture, non più di quanto farei se si trattasse dei popoli di colore negli altri paesi. (p. 48)

[…]il 15 agosto lasciavo “Je suis partout”, non per fare politica attiva, al contrario, perché non ero d’accordo con l’avanguardia collaborazionista. (p. 51)

Vi pentite di ciò che avete scritto?
Se vi dicessi di sì pensereste che lo faccio per salvarmi la pelle e mi critichereste. Non rimpiango le intenzioni che mi hanno spinto ad agire. Posso essermi sbagliato, come succede a tutti gli uomoni, sui fatti o sulle persone ma mi dico che ci sono, in questo momento, dei giovani ragazzi e delle giovani donne che pensano con affetto a ciò che ho scritto, anche se non sono dìaccordo con me sulla politica. (p. 53)

[…]non ho mai voluto insegnare se non l’amore per la vita, il coraggio, che ho cercato di risparmiare il suo sangue, e questo mi basta per non pentirmi di ciò che sono stato. […]
In ogni caso coloro che mi hanno ascoltato, o che sono andati al di là di ciò che ho detto loro, potranno rendermi giustizia riconoscendo che nel momento del pericolo non sono fuggito altrove e sono rimasto volontariamente insieme a loro correndo i loro stessi rischi. (p. 54)

CRONOLOGIA ESSENZIALE p. 55

BIOGRAFIA DI BRASILLACH p. 56

APPENDICE p. 57

LA MORTE IN FACCIA
Di Robert Brasillach p. 59

Pensavo con tenerezza a tutti coloro che ho amato, a tutti quelli che ho incontrato durante la mia vita. Pensavo con un senso di pena alla loro pena. Ma ho cercato per quanto possibile di accettare.
5 FEBBRAIO 1945
(p. 61)

VERBALE DELL’ESECUZIONE DI ROBERT BRASILLACH (6 FEBBRAIO 1945) p. 61
Un sorrisono candido gli illumina il viso e il suo sguardo non è triste. Poi con calma, senza agitazione, senza il minimo sussulto, si dirige verso il palo. (p. 63)

Robert Brasillach è legato la palo, diritto, la testa alta, fiero. Il viso, sopra la sciarpa rossa, è pallido. Il cancelliere legge la sentenza, per la quale l’impugnazione è stata rifiutata.
Poi, con voce forte, Robert Brasillach dice al plotone: “Coraggio!” e, con gli occhi al cielo: “Viva la Francia!” (p. 64)

INTERVISTA CON ALICE KAPLAN p. 65

INTERVISTA CON GISELE SHAPIRO p. 69

POTERI DELLA MORTE
Di Riccardo De Benedetti p. 73