LAURA RIZZO – CANZONI A MANOVELLA. VINICIO CAPOSSELA

LAURA RIZZO – CANZONI A MANOVELLA. VINICIO CAPOSSELA
LAURA RIZZO – CANZONI A MANOVELLA. VINICIO CAPOSSELA

LAURA RIZZO – CANZONI A MANOVELLA. VINICIO CAPOSSELA

ARCANA – Collana DISCOTECA ITALIANA CONTEMPORANEA – I ED OTTOBRE 2015

INTRODUZIONE p. 7

È il disco spartiacque, quello che, uscendo il 6 ottobre del 2000, apre un nuovo secolo, il ventunesimo appunto, lasciando il suo autore in una fase di maturazione artistica e personale tutta da studiare. […]

La prima parte, infatti, affronta la vita e il percorso di Capossela, dagli iniziali vagiti fino alle soglie del disco in questione. (p. 8)

Segue una disamina attenta dei cinque dischi precedenti CANZONI A MANOVELLA e la progressiva ascesa. […]

Un’intera sezione è dedicata a raccontare la genesi del sesto album di Capossela[…]. (p. 9)

Così hanno preso vita anche le tracce del disco, scandagliate da capo a piei in diciassette schede singole stilate per ricompore questo lavoro fatto di microstorie, imbevute di sugestioni e disseminato di riferimenti colti: Louis-Ferdinand Céline, Primo Levi, Alfred Jarry, Milco Mancevski, Kurt Weill, Marc Chagall, solo per citare alcuni esempi.

La parte finale ha affrontato quello che è successo alla chiusura del sipario, quando il disco è andato nelle mani degli ascoltatori e della stampa, come ha suonato in tour e che consensi ha avuto. (p. 10)

1 – SULLE ORME DELLA MERAVIGLIA p. 11

Vinicio Capossela nasce il 14 dicembre 1965 ad Hannover, in Germania. (p. 11)

[…]della Germania il piccolo Vinicio non ricorderà nulla, perché, nemmeno dopo un anno, la famiglia farà ritorno in Italia, fermandosi a metà strada, in Emilia, a Scandiano, dove il capofamiglia inizierà a lavorare in una fabbrica. […]

Di artistico, oltre ai natali, il piccolo ostenta anche il nome. […]

Suo padre, uomo di grandi parabole immaginarie e forte appassionato di musica, contribuisce da subito a formare la coscienza musicale del figlio. (p. 12)

Le canzoni ascoltate nei dischi, i racconti di suo padre, spesso sotto forma di fiaba, le atmosfere dell’Apennino emiliano, il paese di Scandiano, dove cresce, lo stesso Matteo Maria Boiardo, distante pochi passi da Reggio Emilia, la città di Ludovico Ariosto[…].

[…]i ritorni a Calitri in occasione della stagione estiva[…], e un’innata spinta verso la meraviglia, sono i primi, ma indispensabili pezzetti di un più grande puzzle che andrà a compore la personalità artistica di Vinicio Capossela. (p. 13)

Da ragazzino non gli interessano né il pallone e nemmeno la bici. Preferisce le serate danzanti. Passa le ore, durante le feste o gli sposalizi, a guardare la gente, le luci, i colori, i suoni, provando un’attrazione quasi fisica, istintiva, per tutta la congerie di strumenti musicali, senza però sapere come avrebbe mai potuto usarli. La sua prima passione sono gli amplificatori, i Davoli, i Montarbo, e gli strumenti a tasti. […]

Il suo desiderio iniziale è quello di suonare la fisarmonica: oltre al fascino che esercitano i tasti, c’è la magia del mantice e poi i metalli, i colori, le cromature, la madreperla. (p. 14)

A sua madre sembra sia portato per suonare e così, dopo poco, a casa arriva finalmente un organo elettrico. […]

Poi andai al Conservatorio, ma lì non c’era verso di suonare. Bisognava fare prima tre anni di teoria e solfeggio, e al secondo anno, per il senso di colpa dei compiti estivi non fatti, non mi ripresentai più.[…]

Lascia il Conservatorio prima ancora di riuscire a toccare una tastiera e, invece di iscriversi al liceo, sceglie una scuola superiore dove poter studiare la chimica. Intanto, con alcuni amici mette in piedi un gruppo rock, The Hurricane, dove inizia a collaudare la sua piccola esperienza di tastierista. […]

Un amico mi buttò lì Foreign affair di Tom Waits, e la mia vita non fu più la stessa. […]

e da quel momento terminò il mio flirt con la chitarra elettrica e i gruppi rock: il mio interesse si spostò sul contrabbasso, sul sassofono, ma non era semplice trovare gente interessata a battere questa strada, perché tutti i giovani seguivano il rock.

Capossela incontra una ragazza di cui si innamora e con cui inizia a fare musica. Fondano un duo, che prende il nome di Blue Valentine[…]. (p. 15)

Viene abbandonato dalla sua fidanzata.

A quel punto intuii quello che wsarebbe stato il mio destino: l’artista per-biografico, quello che prima scrive le cose epoi gli succedono veramente. Decisi di mettermi a disposziione di questa vocazione, con i mezzi di bordo che avevo. Un vecchio piano Fender pesantissimo da trasportare, un automezzo revisionato, molta solitudine e ancora qualche anno di gioventù davanti. (p. 16)

È l’estate del 1989 e Vinicio è con la sua fidanzta, che lavora come barista al Pjazza, notissimo club di Bellaria Igea Marina. […]

Un paio di mesi dopo, al banco del bar del teatro Ariston, a Sanremo, durante il Premio Tenco, Vinicio e la sua fidanzata conoscono Francesco Guccini. (p. 18)

La passò al suo produttore, manager e fraterno amico Renzo Fantini, che si decise a farne un disco. (p. 19)

2 – PRIMI SOLCHI DI UN DISCORSO MUSICALE p. 21

Il primo, il suo esordio, che debutta in Italia nel 1990, mutuando il nome da uno dei pezzi contenuti al suo interno, All’una e trentacinque circa[…].

Capossela si ritrova improvvisamente un contratto con la CGD, la produzione di Renzo Fantini[…]. (p. 21)

ALL’UNA E TRENTACINQUE CIRCA viene registrato in agosto[…]. (p. 22)

Capossela si trova a registrare, in diretta, accompagnato da grandi professionisti, ma le difficoltà, soprattutto all’inizio, risultano quasi inconfondibili. […]

Il risultato non soddisfa pienamente il nostro, che lo avrebbe voluto meno melodico e più ruvido, ma col tempo imparerà ad amarlo[…]. È un disco coerente, sincero, che in undici tracce racconta quello che Vinicio è in quel momento. […]

Se ognuno di noi è il peggior giudice di se stesso, molto più obiettivi ed entusiasti sono pubblico di critica. (p. 23)

Nel 1991, solo dopo un anno, esce MODÌ. (p. 24)

Il secondo album è dedicato ad Amedeo Modigliani, non tanto per un tributo alla sua arte pittorica, quanto alla sua figura d’artista e alla struggente storia d’amore con Jeanne Hébuterne, la sua devota compagna.[…]

Impersonava ai miei occhi un’idea di vita, oltre che di arte. (p. 25)

Tra il 1991 e il 1994, anno in cui esce CAMERA A SUD, il terzo album di Vinicio, succedono un sacco di cose. Stringe alleanze, sodalizi, di cui uno fondamentale con Paolo Rossi[…]. (p. 26)

Il 1996 porta novità dirimenti per la sua via e, di conseguenza, per la sua musica: Fu un periodo dove mi presi molti rischi e sfasciai tutto quello che avevo costruito fino ad allora. E questo perché ascoltati Jeff Buckley, lessi Sulla strada, distrussi un matrimonio, iniziai a frequentare Cinaski e Rastafari, cercai per una volta di essere giovane, nel momento in cui la gioventù è più feroce, il momento in cui sta morendo. Allora mi venne il ballo di San Vito[…].

Capossela cambia tutto per mettere ai piedi il suo nuovo album, cambia squadra, cambia il modo e le intenzioni. IL BALLO DI SAN VITO è il quarto. (p. 27)

[…]il titolo del quinto album, che sarà proprio LIVEINVOLVO.

La storia di LIVEINVOLVO è questa: la casa discografica, che già aveva fatto uscire una videocassetta con lo stesso titolo, insisteva per pubblicare un CD dal vivo, e io dissi che se proprio bisognava farlo doveva almeno essere una cosa particolare.[…]

LIVEINVOLVO è stato inciso in una sola sera, il 22 ottobre 1997[…]. (p. 29)

3 – VERSO CANZONI A MANOVELLA p. 31

Anno domini 2000. È novembre[…]. (p. 31)

4 – DUE ANNI DI INCUBAZIONE p. 35

Alla nascita di CANZONI A MANOVELLA partecipano moltissime cose: incontri, coincidenze, suggestioni, immaginari, letture, viaggi, ascolti e scoperte.[…]

L’IMMAGINARIO

CANZONI A MANOVELLA viene alla luce il 6 ottobre del 2000, ma affonda le radici nei due anni precedenti[…]

Aggiunge pezzi, raccatta, legge, viaggia. (p. 35)

La miccia è innescata dalla lettura di Ferdinand Céline. Vinicio affronta Morte a credito, Viaggio al termine della notte e la Trilogia del Nord restandone avvinto. La scrittura di questo esploratore dei primi del secolo – piena di iperboli, di narrazioni realistiche e cupe della condizione umana, di tracce futuriste, di descrizioni puntuali e testimonianze irrinunciabili – lo conquista e lo fa camminare all’indietro verso una serie di avvenimenti che in quel priodo assiepavano i cieli di Europa: la guerra, il volo, la sperimentazione dei pionieri. Courtial des Pereires, protagonista di Morte a credito, è un inventore ciarlatano, che ha un pallone aerostatico, dal nome incredibilmente curioso nella versione italiana: si chiama «Zelante» e a furia di essere tattoppato, stenta sempre più a spiccare il suo volo. Vinicio si affeziona immediatamente a lui, alla follia e la coraggio di chi su trabiccoli ancora allo stadio di archetipi si libra nell’aria, rischiando la pelle, pur di raggiungere il cielo e sollevarsi in volo, di chi fa dl prototipo di una nuova invenzione un’arma che può esploderti in mano e falire o parire nuovi sentieri. Sono proprio loro, i pionieri aerostatici e i temerari – che si sfidavano nella competizione tra aeroplano e dirigibile,immaginando un sistema per volare che fosse più pesante o più leggero dell’aria – quelli che adesso abitano la sua mente e che compaiono nella prima parte della dedica del disco. «Céline», racconta Vinicio, «diceva che nella sua musica c’era un petite musique, che lavorava su quella, sul ritmo del suono, ancora più che sulla trama». E aggiunge: «Mi piace molto l’atmosfera cupa della Trilogia del Nord, questa Europa che salta in aria, e non bisogna dimenticare che Céline ha frequentato e citato e vissuto il mondo dello spettacolo. Ha sposato una ballerina, e solo danzatrici ah avuto per compagne. Ha scritto soggetti per cartoni animati (mai realizzati) e per balletti il cui esergo era “musica, edificio del sogno”. Ha composto e registrato due canzoni. I suoi scritto sono zeppi di stralci di canzoni e canzoncine popolari. La seconda parte di Morte a credito è piena di quella sorta di fanta-armata di inizio secolo fatta di forzuti, di donne-cannone, di sollevatori aerostatici, di inventori di cose inutili che mi seduce e mi affascina. C’è tutta l’Esposizione Universale del 1899, dentro!».

Questo mondo lo appassiona, lo riporta in atmosfere sovrabbondanti, cariche di effetti speciali e grosse esagerazioni. Vinicio così ritorna su un altro scrittore che lo entusiasma, Alfred Jarry, colui che davvero le ha sparate talmente grosse da inventare addirittura una scienza, la patafisica, quella delle soluzioni immaginarie[…]. (pp. 36-37)

Vinicio si immerge completamente nel secolo precedente e ne veste i panni[…]

Di questo sfondo futurista, CANZONI A MANOVELLA, nel titolo e nella sostanza, prende molto. (p. 37)

Le suggestioni, però, hanno bisogno anche di magia, per essere toccate con mano. E così capita che le cose si incastrano in modo fortunato, perché in quel periodo Vinicio vive a Ferrara. A pochi passi, vicino Ravenna, c’era (ora non c’è più) un museo allestito da un signore che di nome faceva Marino Marini e che conteneva una sua personale collezione di strumenti meccanici. […]

Gestito dalle figlie e dal nipote di Marini, il museo conteneva decine di pianoforti a cilindro, a rullo, qualche orchestrione, cioè i grandi organi da fiera, decine di rulli di Edison e tutto quello che erano gli strumenti per la riproduzione meccanica, confluiti lì, dove una volta era la sua ditta, vicino Marina di Ravenna, accanto a quello che oggi è il parco giochi di Mirabilandia[…]. (p. 38)

CANONZONI A MANOVELLA è un disco ispirato ai futuristi, alla storia del secolo passato, ma non è un disco passatista, tutt’altro: tende vigorosamente le braccia al futuro. (p. 39)

Ecco risposto a chi continuava a chiedersi dove fosse Vinicio mentre il nuovo millennio si affacciava ai nostri balconi. Era proprio coi pionieri, i temerari, lo sparo del cannone, Céline, Jarry e i piani a rullo che svolgevano nella mente ritmi in disuso. (p. 40)

LA SCRITTURA

È il novembre del 1998 e Vinicio, che in quel momento sta visionando l’appartamento per finire le condizioni di affitto, si ritrova improvvisamente catapultato, ingessato e immobilizzato. Sospende il tour di LIVENINVOLVO e si rinchiude: è costretto a star fermo. E allora legge, scrive, pensa, accumula. (pp. 40-41)

Così nasce il progetto padre e fratello di CANZONI A MANOVELLA, il secondo elemento dei tre citati, quello che ancora oggi gli fa brillare gli occhi quando ne parla. È PAROLE D’ALTROVE, un disco registrato e mai (ancora) pubblicato, una raccolta di canzoni che contengono in sé la musica dell’assenza, quella del sentimento e della nostalgia. (p. 41)

E il terzo elemento qual è? Nello stesso periodo gli viene chiesto di sonorizzare, dal vivo, Tempi moderni di Chaplin. E così si lancia in questa nuova avventura.

Dal festival Suoni e visioni mi chiesero di accompagnare al pianoforte la proiezione della pellicola. (p. 42)

LA PRODUZIONE – L’INIZIO – ROBERTO MANCINELLI

[…]l’incarico della direzione artistica viene dato, in CGD, a un giovanissimo Roberto Mancinelli, oggi Conultant Italian Portfolio della Sony/Atv. (p. 43)

I MUSICISTI

Tra le convocazioni iniziali, per questa nuova avventura, vecchie conferme e una novità: Enrizo Lazzarini al contrabbasso, Giancarlo Bianchetti alla chitarra e Liciano Titi alla fisarmonica[…]. A loro si aggiunge, alle percussioni, Mirco Mariani[…]. (p. 44)

Allo zoccolo duro si uniranno vecchie conoscenze come Ares Tavolazzi[…]; e poi Achille Succi per il clarinetto, Davide Graziano alla batteria, Edoardo De Angelis, violinista e il suo EdoDeArchiEnsemble; Roy Paci, trombettista[…]; Gigi De Gasperi, Giulio Rosa e Marco Brioschi agli ottoni. E una serie di ospiti: Marc Ribot, chitarrista di (tra gli altri) Tom Waits[…]; Pascal Comelade[…]; Fabrice Martinez[…]; Nicolae Kostantin[…]. (p. 46)

LA PRE-PRODUZIONE – LUCIANO TITI

Luciano Titi è la persona che coadiuva Vinicio da vicino, in una precedente fase di scrittura e lavorazione dei brani. Si tratta di una vera e propria pre-produzione, che contempla più fasi. (p. 47)

RITORNO AL MUSEO MARINI – PASQUALE MINIERI

Renzo Fantini[…] inizia a lavorare insieme a Vinicio, ormai più esperto ed esigente, cerca di realizzare le idee che lui gli porta e di metter insieme le cose e le persone. Per questo lavoro sui suooni, Luciano Linzi, all’epoca diretore della casa discografica CGD Warner, suggerisce a Fantini di contattare Pasquale Minieri, musicista, ingegnere del suono e produttore discografico[…].

In questo pranzo venne fuori anche il nome di Tommaso Vittorini, che già viveva a New York. (p. 51)

CANZONI A MANOVELLA era molto dedicato a Céline e a casa era tutto un discutere e un ascoltare i dischi; è stato un momento molto interessante di dibattito culturale insieme. (p. 52)

L’INCONTRO CON TOMMASO VITTORINI – STOP AL DISCO?

La squadra si arricchisce di Tommaso Vittorini, sassofonista, musicista, compositore, arrangiatore[…]

Vittorini viene contattato da Pasquale Minieri[…]. (p. 53)

5 – UN MESE E MEZZO DI INTERVENTO p. 59

Il disco è stato registrato in aprile, in un mese. (p. 59)

IN STUDIO DI REGISTRAZIONE – LE OFFICINE MECCANICHE

CANZONI A MANOVELLA viene registrato nelle Officine Meccaniche, studio di Mauro Pagani, su proposta di Pasquale Minieri. (p. 60)

GLI ARRANGIAMENTI DI TOMMASO VITTORINI

In campo scende Tommaso Vittorini a lavorare su arrangiamenti e orchestrazioni. (p. 61)

I SUONI

Vinicio è affascinato dai rumori e da tutto quello che evoca un’atmosfera in maniera sonora.[…]

Ma il problema vero, in fondo, non era quello di usare un suono vecchio, bensì quello di dare l’idea di un mondo vecchio. (p. 67)

GLI STRUMENTI

Il mio concetto di musica è un concetto artigianale; nel disco, oltre alla strumentazione che utilizzo solitamente, ho aggiunto sonorità e suoni di strumenti dimenticati, recuperati da un museo, il rullo di Edison, per esempio. (p. 69)

LA COPERTINA

Valerio Spada, fotografo milanese, è l’autore dell’immagine che in copertina ritrae il volto di Vinicio racchiuso in un oblò. (p. 70)

ARTWORK E BOOKLET

[…]Jacopo Leone, artista catanese, autore del lavoro di artwork all’interno del disco[…]. (p. 71)

6 – LE CANZONI A MANOVELLA p. 83

1 BARDAMÙ

È Bardamu, il protagonista di Viaggio al termine della notte, il più famoso romanzo scritto da Ferdinand Céline, «il pioniere per eccellenza», nel 1932: «È la più bella canzone del secolo. Un’unione tra poesia del più grande scrittore del Novecento, Céline, l’aria italiana e il colpo di cannone. Io non sono più la stessa persona da quando l’ho scritta». (pp. 84-85)

Capossela, invece di volare, va giù, lascia le stelle e segue la discesa di Bardamù, alter ego di Céline, nella grande mareggiata umana, schiuma della terra, sobborghi e periferie, reietti e derelitti, aggrappato a un destino da sconfitto: «La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte». (p. 85)

Il pezzo si apre con un piano a rullo. La manovella inizia a girare, e introduce su note legere la scena: Bardamù (o Céline, i ruoli si scambiano) è da solo, in esilio, e riavvolge il suo tempo: lui, medico arruolato volontario nella prima guerra mondiale dove «si faceva la coda per andare a schiattare», lui che per una ferita sul campo viene prima ricoverato, poi ottiene una licenza e poi passa dall’Africa all’America, dove, invece di rincorrere l’amore, è costretto a separarsene, abandonando la sua amata Molly («per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia della specie più brtta e fredda»), vivendo tante esperienze diverse che alla fine lo riportano a Parigi, dove diventa il medico dei poveri («ci sono per il povero a ‘sto mondo due grandi modi dicrepare, sia con l’indifferenza generale dei suoi simili in tempo di pace, sia con la passione omicida dei medesimi quando vien la Guerra»). Bardamù racconta queste esistenze tristi e ne entra a far parte; Céline, che ne raccogliei ltstimone, irrompe in un inizio secolo tremante sotto i coli della guerra, narrando in questo modernissimo e scandaloso (per l’epoca sicuramente) romanzo la situazione precaria e tormentata di chi abita nelle periferie, di chi soccombe nello squallore e nella deprivazione, di chi non riesce a riscattarsi dalla vita. Lo fa con vivo e compiaciuto – in alcuni punti – disincanto, con rammarico e rassegnazione, appiccando alla condizione umana un velo decadente e nichilista. Tutto finisce e a notte si sussegue notte, finché la luce si spegne definitivamente.

«Non credo che nessun altro scrittore ci abbia lasciato una testimonianza così del Novecento: è una personalità straordinaria fortemente collocata in un contesto storico. In Viaggio al termine della notte parla della prima guerra mondiale e non c’è altra descrizione che equipari insensatezza e contemporaneamente violenza. È veramente come un inviato di quel tempo che abbiamo avuto a disposizione».

A lui, a Céline, all’«uomo che più di ogni altro ha saputo interpretare lo Zeitgeist, lo spirito del suo (e nostro) tempo», allo scrittore che ha smosso le coscienze, Capossela, che è andato a trovarlo laggiù sulla spiaggia nei panni di Bardamù, ribatte:

Per quanto scura

la notte è passata

e non lascia che schiuma

di birra slavata

e una spiaggia

e una linea di sabbia

è il fronte di un addio

gli altri si cambino l’anima per meglio tradire

per meglio scordare

È la prima strofa e cita un’immagine di Morte a credito. E chiedersi cosa ci sia dopo il fondo della notte è domanda legittima. Come si sopravvive? (pp.85-86)

E allora pronti a riaccendere la luce a sparare il cannone, bum-bumbum Bardamù! Il cielo, in cui finalmente volare, è libero, è fosforo e cenere si chiamino alle armi e gli aerostati i corazzieri trapanati, un dirigibile a idrogeno è pronto mentre leggere ballano le ballerine in tutù. Il tributo alle ballerine è d’obbligo. Céline ha amato solo ballerine, sua moglie era una ballerina e per lui la danza era l’unico riscatto alla miserabile condizione umana, la danza da lui definita «ali della musica, edificio del sogno». Così come lui stesso si auspica che nessuna canzone – soprattutto d’amore – lo prenda più alle spalle, e quindi al cuore. Il suo amore per il grottesco gli impedisce di abbandonarsi a sdolcinati sentimentalismi, sì da desiderare una notte senza luna, come tutti i futurisiti, che volevano uccidere proprio lei, la Luna, quella che tutti sognano e cercano di raggiungere da sempre. (pp. 86-87)

Perché, proprio per citare Céline, «un conto sono i concetti, un conto che in musica abbiano un’emozione». […]

«Andae in fondo all’ignoto per trovare il nuovo». […]

Il manifesto è scritto e la dedica, che avevamo intravisto nelle pagine precedenti, incisa a fuoco: «Ai pionieri aerostatici, ai temerari, ai marinai in bottiglia, a Céline, al revolver di Jarry e in generale a tutti quelli che hanno avuto il coraggio di buttarsi». Buon viaggio. (p. 87)

L’emozione è tutto nella vita

quando siete morti è finita…

Bum! (p. 88)

2 – POLKA DI WARSAVA

«Polka di Warsava in realtà doveva essere un altro pezzo ancora. Messa così è una coda, ma è proprio un altro brano; in realtà c’era anche la strofa, che però non ho voluto inserire. È un frammento. Esprime tutta la follia della guerra, del mondo spazzato via… “il cielo è fosforo, la terra è cenere…”, i treni che corrono mentre la strada ferrata gli salta dietro per i bombardamenti al fosforo, insomma tutto quanto raccontato così magistralmente nella Trilogia del Nord. E poi un omaggio alla distruzione totale, feroce e insensata di Varsavia». (p. 88)

4 – MARAJÀ

Nell’immaginario di Capossela si ispira un po’ a Courtial des Pereires – l’inventore per antonomasia nell’opera di Céline, protagonista di Morte a Credito – un po’ al Trimalcione del Satyricon di Petronio, un po’ a un personaggio realmente esistito, a cui è molto affezionato. (p. 93)

Le sonorità che allestiscono sono evocative, richiamano un mondo esotico, fantastico, funambolico, tra il circo e i Carpazi, Le mille e una notte e Il giro del mondo in 80 giorni, mescolano sapori e innestano contaminazioni musicali. (p. 95)

10 – INTERMEZZO

Alla decima traccia ci si ferma al pit stop. Intermezzo è un punto fermo che dura pochi secondi. Una diga che introduce il secondo capitolo. Da qui in poi, il disco cambia abito e luogo e si sposta dal cuore dell’Europa verso una rotta greco-turca. Inizia una danza diversa che segue ritmi balcanici, rebetika e tzigani. (p. 117)

14 – SIGNORA LUNA

[…]è una specie di lamento alla Luna cantato da un uomo che ha perso la madre. (p. 126)

16 – NELLA PIOGGIA

I tram, che Capossela ama moltissimo, come tutti i mezzi lenti e che ancora oggi gli sembrano la cosa più bella di Milano, equiparati, come sontuosità, soltanto a quelli di Lisbona, in Europa. (p. 131)

17 – RESTO QUA

Resto qua racconta il teatro vuoto, a luci spente, e la solitudine dell’artista che passa, come in una doccia scozzese al contrario, dal calore estremo della gente, della gloria, dei riflettori, al freddo gelido del silenzio e dei camerini deserti, mentre il pubblico ha lasciato le poltrone, si è alzato e, canticchiando, è sparito nel buio con occhi luccicanti, sorriso disteso sulla faccia e cuore rasserenato. «Finito lo spettacolo e il miracolo, scrosciano gli applausi, il sipario resta, io me ne vado via…». È la legge di tutti i teatranti passare in pochi secondi dall’ottovolante al vuoto più intimista. (p. 135)

7 – TRE MESI DI DEGENZA E DA SEI IN STATO DI LIBERO CONTAGIO p. 139

CANZONI A MANOVELLA viene prestato a Milano, il 4 ottobre 2000, all’interno del Museo della Scienza e della Tecnica. (p. 139)

Da quel momento, il libero contagio sarà virulento: CANZONI A MANOVELLA riempirà le pagine dei giornali, occuperà i teatri, fino a raccogliere pubblico per anche due spettacoli nella stessa serata, porterà 70 mila copie in giro, sorprendendo le vendite e le classifiche discografiche, vincerà premi.

RASSEGNA STAMPA

La critica è entusiasta e Vinicio, con smania contagiosa, rilascia interviste e dichiarazioni a caldo sul sesto figlio, il più visionario di tutti. (p. 140)

IL TOUR

Il tour si muove per oltre duecento date, registrando quasi sempre il tutto esaurito. (p. 143)

PREMI

Targa Tenco 2001 – miglior album

PIM 2001 – Premio della critica

REFERENDUM M&D 2001 – categoria pop italiano

COMPLEANNI

Il 6 ottobre del 2015 CANZONI A MANOVELLA compie quindici anni. (p. 149)

RINGRAZIAMENTI p. 151

NOTE p. 153