KAVAFIS – POESIE

KAVAFIS - POESIE
KAVAFIS – POESIE

KAVAFIS – POESIE
ACQUAVIVA – 2005
A cura di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo

POESIE CANONICHE p. 11

VOCI

Voci sublimi e benamate
di quelli che sono morti o di quelli
che sono perduti per noi come se fossero morti.
A volte loro ci parlano in sogno
a volte, nel pensiero, la mente le sente.
E con loro risuonano, per un momento,
gli accenti della prima poesia della nostra vita –
come una musica che si ode, da lontano, nella notte. (p. 13)

CANDELE
I giorni del futuro si ergono davanti a noi
come una fila di piccole candele accese –
delle piccole candele dorate, calde e piene di vita.
I giorni trascorsi restano indietro,
una triste fila di candele appena spente;
le più vicine ancora fumanti,
candele fredde, fuse e piegate.
Io non voglio vederle il loro aspetto mi affligge,
come mi affligge ricordarmi i loro primi bagliori.
Io guardo, in avanti, le mie candele accese.
Io non voglio rigirarmi per constatare con orrore
come si allunga veloce l’oscura fila,
come aumentano veloci le candele spente. (p. 15)

L’ANIMA DEI VECCHI

Nei loro vecchi corpi decaduti
si nascondono le anime dei vecchi.
Come sono tristi, le povere, e come si annoiano
in questa miserabile vita in cui si trascinano.
Quanto hanno paura di perderla e quanto la amano,
senza fermarsi e contraddittori,
le anime che si nascondono – tragicomiche –
nelle loro vecchie pelli opache. (p. 19)

TERMOPILI

Onore a quelli che, nella loro vita,
si sono dati come traguardo la guardia delle Termopili.
Mai evitano il dovere;
integri e giusti in ogni loro azione,
ma con indulgenza e pietà;
generosi se sono ricchi, e se gli accade
di essere poveri, generosi nella loro modestia,
e sono di aiuto per quanto possono;
se fanno forza di dire la verità,
ma senza odio per quelli che hanno fallito.
[…]. (p. 22)

CHE FECE… IL GRAN RIFIUTO
A qualcuno capita un giorno
di dovere scegliere tra il grande Sì
e il grande No. Si rivela anche quello
che ha il Sì pronto dentro di lui, e il dirlo
lo fa andare più lontano nell’onore e nella sua convinzione.
Quello che rifiuta non ha niente di cui scusarsi. Se gli si ripone
la domanda,
è no che ridirà. E comunque lo obera,
questo No – nella sua giustezza – per tutta la sua vita. (p. 23)

MURI

Senza riguardi, senza pietà, senza scrupolo,
essi hanno elevato delle alte muraglie intorno a me.
E adesso, io qui non faccio altro che disperarmi.
Di un tale destino il pensiero mi ossessiona e mi rode;
perché io avevo molte cose da fare fuori.
Mentre costruivano i muri, ah, non è che io non mi sia messo in guardia.
Ma non ho mai sentito il rumore dei muratori e neppure le loro
voci.
È a mia insaputa che mi hanno rinchiuso fuori dal mondo. (p. 26)

È FINITA

Divorati dalla paura, assaliti dai dubbi,
lo spirito tormentato e gli occhi pieni d’orrore,
noi ci ingegniamo di cercare quello che potremmo fare
per allontanare da noi il pericolo
ineluttabile la cui vicinanza ci terrorizza.
In ogni caso, noi ci sbagliamo, non c’è niente sulla strada;
gli insegnamenti erano falsi
(oppure noi li abbiamo compresi male).
Un’altra catastrofe, che noi non abbiamo immaginato,
arriva subito su di noi in un lampo
e all’improvviso – troppo tardi, adesso – ci porta via. (p. 39)

MONOTONIA

Un giorno monotono segue un altro
monotono, identico. Le stesse cose
accadono e riaccendono ancora –
simili sono gli istanti che ci trovano e ci lasciano.
Un mese che passa ne porta un altro.
Quello che viene è facile da immaginare;
è questa pesante noia di ieri. Al punto
che domani non ha già più l’aria di essere domani. (p. 42)

MALINCONIA DI GIASONE, FIGLIO DI CLEANDRO; POETA IN COMMAGENE; 595 D.C.

L’invecchiamento del mio corpo e del mio viso,
si direbbero le ferite di un coltello spaventoso.
Io non riesco a rassegnarmi.
È a te che mi rimetto, Arte della Poesia
a te alla quale si riconoscono così pochi rimedi; cercando
di mitigare il dolore dell’Immaginazione e del Verbo.
Si direbbe la ferita di un coltello spaventoso. –
Porta i tuoi rimedi, Arte della Poesia,
che impediscano – per un momento – di sentire la ferita. (p. 135)

POESIE SEGRETE p. 213

L’IMPOSSIBILE
Esiste una gioia, ma è benedetta,
esiste una consolazione in mezzo a questa sfortuna.
È che la fine ci libera da tutto questo mucchio
di giornate insipide e triviali.
Un poeta ha detto: “La musica più dolce
è quella che non si può sentire”.
E io, credo che la vita migliore
è quella che non si può vivere. (p. 231)

41 disegni a corredo del testo…