Il dottor Semmelweis – Louis-Ferdinand Céline (Mattioli 1885)

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Il dottor Semmelweis. Edizione fuori commercio della Mattioli 1885 (su licenza Adelphi)PREFAZIONE ALLA RIEDIZIONE DEL 1936 p.7

IL DOTTOR SEMMELWEIS p.8

BIOGRAFIA p.69

BIBLIOGRAFIA p.75

LOUIS-FERDINAND CÉLINE
IL DOTTOR SEMMELWEIS (1818-1865)
È la tesi di laurea in medicina che
Louis-Ferdinand Destouches discusse a Parigi nel 1924. Ma la sua è una
tesi atipica, fuori dagli schemi classici (“non ha importanza la
forma, è la sostanza che conta. E questa è ricca a sufficienza,
suppongo. Essa ci mostra il pericolo di voler troppo bene agli uomini. È
una vecchia lezione sempre nuova
”) che

ci narra, appassionandoci, l’assurda vicenda vissuta dal dottor
Semmelweis che, con una semplice intuizione, comprese le cause della
febbre puerperale e ne promosse la possibile soluzione. Ma anziché esser
creduto, fu emarginato riducendosi alla pazzia.
Lo stile è ovviamente privo dell’Argot
(che arriverà negli anni seguenti) ma presenta al lettore i celeberrimi
tre puntini di sospensione (sebbene usati in misura limitata), la
ricercatezza dei termini e la musicalità dei periodi che
caratterizzeranno sempre lo stile di Céline. È prosa che, come un fiume
in piena, ci trascina, è musica che ci cattura e ci ipnotizza.
Il testo parte descrivendo il periodo
storico che generò Semmelweis: gli sconvolgimenti e i massacri che la
rivoluzione francese portò in Francia e in Europa, presto seguita
dall’epoca napoleonica e dall’equilibrio che ne scaturì alla caduta.
Le frontiere devastate, fondate su un
immenso regno di Frenesia, gli uomini che volevano il progresso e il
progresso che voleva gli uomini, ecco cosa furono quelle nozze
colossali. L’umanità si annoiava, bruciò alcuni Dèi, si cambiò d’abito e
pagò la Storia con qualche nuova gloria. (p.13)
Fu tutto una formidabile gara nella
carneficina. Si uccise dapprima in nome della Ragione, per dei principi
che dovevano ancora essere definiti. I migliori applicarono molto
talento per unire l’assassinio alla giustizia. Ci riuscirono male. Non
ci riuscirono. Ma in fondo che importava?
La folla voleva distruggere, e tanto bastava. (p.14)
Di colpo venti razze si precipitarono
in un orrido delirio, venti popoli congiunti, mescolati, ostili, neri o
bianchi, biondi e bruni si precipitarono alla conquista di un ideale.
Sballottati, contusi, sostenuti da
frasi, guidati dalla fame, posseduti dalla morte, essi invasero,
saccheggiarono, conquistarono ogni giorno un inutile regno che
l’indomani altri avrebbero perduto. Li si vide passare sotto tutti gli
archi del mondo, di volta in volta, in un ridicolo e sgargiante
girotondo, dilaganti da una parte, sconfitti dall’altra, dappertutto
ingannati, rinviati senza posa dall’Ignoto al Nulla, contenti di morir
e non meno che di vivere. (p.15)
Fin quando il suo [di Napoleone
N.d.R.] genio durò, la furia dei popoli parve organizzarsi, la tempesta
stessa ricevette i suoi ordini. (p.16)”
In questo periodo nacque appunto Semmelweis:
Intorno a quell’epoca di
convalescenza, in una delle più colorite città del mondo, nacque Ignazio
Filippo Semmelweis, quarto figlio di un droghiere, a Budapest sul
Danubio, nel profilo della chiesa di Santo Stefano, nel cuore
dell’estate, esattamente il 18 luglio 1818. (p.17)
Ignazio, da bambino, non ama la scuola,
preferendo passare il tempo a fantasticare per le strade al suono dei
musicisti e dei cantori popolari di cui pullulava allora Budapest.
La Strada, da noi?
Che si fa di solito per strada? Si
sogna. Si sogna di cose più o meno precise, ci si lascia trascinare
dalle ambizioni, dai rancori, dal passato. È uno dei luoghi più
meditativi della nostra epoca, è il nostro santuario moderno, la Strada.
È di canzoni e non di scuola che era
appassionato il nostro, il piccolo Semmelweis. La tentazione era grande e
molteplice. A quell’epoca, e soprattutto all’ora del pranzo, a Buda
c’erano quasi altrettanti cantanti popolari quanti portoni nella strada.
Il padre lo voleva uditore dell’esercito
Austro-Ungarico ma Ignazio, diplomatosi al liceo, partì nel 1837 alla
volta di Vienna (città che mai amò) per studiarvi Diritto. Ma non era
quello il suo destino: istintivamente attratto dalla medicina, abbandonò
la giurisprudenza per dedicarsi alla medicina, senza dire nulla al
padre. Lì divenne allievo diretto del noto medico Skoda e di Rokitansky,
altro illustre dottore del tempo.
Nel 1839, vittima di un esaurimento, ottenne un periodo di riposo da trascorrere nella natia Budapest:
Impetuoso, enormemente sensibile ai
futili scherzi che facevano gli altri studenti del suo marcato accento
ungherese, crede per questa ragione di essere perseguitato, si spinge
fino quasi all’ossessione. Skoda lo calma, osserva, capisce, poi,
approfittando di questa confidenza, gli ordina un lungo periodo di
riposo.
Nella primavera del 1839, riparte per Budapest, dove lo attendono con impazienza. (p.32)
Nel 1841 fa ritorno a Vienna proseguendo
con le lezioni di medicina e giungendo infine alla laurea di dottore in
medicina nella primavera del 1844 con la tesi “La vita delle piante”.
Poco dopo, a settembre del 1844, concorre
per diventare assistente di Skoda ma gli viene preferito tale Lobl. La
delusione è tanta e il giovane si dedica anche alla chirurgia, come
allievo di Rokitansky, ottenendo l’abilitazione di “maestro in
chirurgia” il 29 novembre 1846, mestiere che in realtà non eserciterà
mai per mancanza di posti. Precedentemente un posto si era liberato, ma
in ostetricia, e Semmelweis lo accetta (ne aveva ottenuto
l’abilitazione nel gennaio 1846) divenendo assistente di Klin nella
clinica della maternità che egli dirigeva all’ospedale generale di
Vienna. L’altra clinica era diretta da Bartch.
Due padiglioni per il parto, di
costruzione identica, contigui, s’innalzavano in quell’anno 1846 in
mezzo ai giardini dell’Ospizio generale di Vienna. Il professor Klin ne
dirigeva uno; l’altro, da quasi quattro anni ormai, era posto sotto la
direzione del professor Bartch.(p.43)
Da subito Semmelweis rimase sconvolto
dall’elevatissimo numero di morti che colpivano le partorienti in quel
padiglione di ostetricia, morti dovute alla febbre puerperale.
Sempre a Vienna, nel mese di maggio
del 1846, una Commissione Imperiale venne convocata d’urgenza, mentre le
statistiche denunciavano sequenze di decessi del 96% da Klin (P.47)
Gli giunge intanto la notizia della morte dei genitori, altro duro colpo per la sua già fragile psiche.
Semmelweis si dedica sempre più sul
lavoro in ostetricia, non si da pace per il numero di morti tra le
partorienti, e allora comincia a studiare le relazioni delle commissioni
e i rimedi da esse promossi: tutti inefficaci. Come punto di partenza
ha il dato di fatto che “si muore più da Klin che da Bartch” e che Klin
usa in ostetricia gli stessi studenti che dissezionano i cadaveri.
Le levatrici che facevano il loro
tirocinio da Bartch vengono scambiate con gli studenti di Klin. La morte
segue gli studenti, le statisctiche di Bartch diventano angosciose e
Bartch sconvolto rimanda gli studenti al posto da dove erano venuti.
Semmelweis ora sa (e anche gli altri se lo vogliono) che gli studenti
svolgono un ruolo di importanza primaria in quel disastro.(p.51)
Dopo questo esperimento il dato di fatto è
che: “si muore di più da Klin con gli studenti che da Bartch con le
levatrici”. Così facendo il giovane dottore si crea molti nemici e
soprattutto l’odio del superiore, il dottor Klin, pronto a licenziarlo
alla prima occasione propizia.
Klin non gli parla più, a tal punto si sono inaspriti i i loro rapporti nello spazio di cinque mesi.(p.53)
E l’occasione giunge il 19 ottobre 1846 allorché Semmelweis, fatti installare lavabi “alle
porte della clinica, diede ordine agli studenti di pulirsi
accuratamente le mani prima di ogni investigazione o manovra su una
partoriente
” (p.56), tenta, invano, di convincere Klin. Il rifiuto
del superiore – che considerava la cosa ridicola – mandò su tutte le
furie Semmelweis, il cui incarico fu così brutalmente revocato…
Grazie all’intercessione di Skoda, viene
mandato in congedo a Venezia dove trascorre due mesi intensi e piacevoli
ma, al ritorno a Vienna, viene subito raggiunto dall’ennesima notizia
negativa della sua vita: il suo amico Kolletchka muore dopo essersi
infettato durante la dissezione di un cadavere (“il professore di anatomia, era deceduto la sera prima in seguito a una puntura che si era fatta durante una dissezione” (p.61). La morte dell’amico fa compiere a Semmelweis il ragionamento decisivo:
Sono le dita degli studenti,
contaminatesi nel corso di recenti dissezioni, che portano le fatali
particelle negli organi genitali della donna incinta, soprattutto
all’altezza del collo dell’utero”
(p.66)
Era dunque una mera questione di
profilassi, d’igiene. Ma come verificarlo nella pratica? Grazie
all’aiuto di Skoda fu assunto come assistente nel padiglione
d’ostetricia di Bartch e i risultati delle sue ricerche furono subito
evidenti:
Semmelweis fece introdurre una
soluzione di cloruro di calce con la quale ogni studente che aveva
sezionato il giorno stesso o il precedente doveva lavarsi accuratamente
le mani prima di effettuare qualsiasi specie di ricerca su una donna
incinta. “Le mani, per semplice contatto, possono infettare” egli
scrive… Ormai chiunque, abbia sezionato o meno nei giorni precedenti,
si dovrà sottoporre a un’accuratissima disinfezione delle mani con la
soluzione di cloruro di calce. Nel mese seguente la mortalità puerperale
diviene quasi nulla, si riduce per la prima volta alla cifra attuale
delle migliori Maternità del mondo: 0.23%(pp.67-69)
Ma l’intuizione di Semmelweis, che sarà
perfezionata da Pasteur soltanto quaranta anni più tardi, resta
inascoltata, viene rifiutata.
Ci vorranno quarant’anni prima che i
migliori ingegni accettino e infine applichino la scoperta di
Semmelweis. Ostetricia e Chirurgia rifiutarono con slancio quasi
unanime, con odio, l’immenso progresso che veniva loro offerto. (p.70)
All’Ospedale generale di Vienna la
scoperta di Semmelweis non conobbe affatto la fortuna che si potrebbe
supporre. Al contrario.
Cinque medici soltanto s’innalzano all’altezza di Semmelweis, sono: Rokitansky, Hebra, Heller, Helm e Skoda.
Semmelweis diviene lo zimbello
dell’ospedale, nessun operatore vuole sottoporsi al suo metodo igienico e
l’odio verso di lui arriva fino alla revoca dell’incarico per mano del
ministro della Salute. Come se non bastasse dovrà anche lasciare Vienna.
Siamo al 20 marzo 1849. Alla commissione richiesta da Skoda per
verificare la validità del metodo di Semmelweis viene impedito di
riunirsi. Semmelweis torna così in Ungheria, trovandola scossa dai moti
del ’48-49 ai quali prende parte attiva. L’Ungheria ottiene concessioni
dall’Austria e sembra poter rinascere, ma la gioia dura poco. Dal canto
suo Semmelweis conduce una vita dissennata, dilapida la piccola eredità
lasciatagli dai genitori e si vede costretto ad esercitare la
professione medica per sopravvivere. Ridotto all’apatia, riceve la
visita di un suo ex-collega che gli comunica il suicidio del dottor
Kiel. Questi si era tolto la vita perché, dopo aver sezionato un
cadavere, si era occupato del parto di una sua cugina ma senza
disinfettarsi le mani. Ritenendosi, a ragione, colpevole dell’infezione,
si era gettato sotto un treno. La notizia fece prender nuovo vigore a
Semmelweis che si recò presso il dottor Birley, che in passato lo aveva
contattato per lavorare nella sua clinica. Semmelweis vi potrà lavorare
per due mesi all’anno (luglio-agosto), nel frattempo si dedica alla
redazione del suo libro: “L’eziologia della febbre puerperale”.
Alla morte di Birley, nel 1856,
Semmelweis gli succede alla direzione della Maternità di San Rocco. È
l’occasione per propagandare la sua opera, occasione aspettata così a
lungo! Ma il giovane non riesce a tenersi a freno e scatena l’odio dei
colleghi con ancor più virulenza che a Vienna. Appena insediatosi
scrisse infatti una “Lettera aperta a tutti i professori di ostetricia”,
definendo assassino chi non si sottopeneva alla disinfezione:
Assassini! Così io chiamo tutti
coloro che si oppongono alle regole che ho prescritte per evitare la
febbre puerperale. È contro costoro che io mi sollevo da avversario
risoluto, come ci si deve sollevare contro i partigiani di un crimine!
Per me non c’è altra maniera di trattarli se non da assassini. E tutti
quelli che hanno il cuore al suo giusto posto la penseranno come me!
(p.87)
Con l’unico fedele collaboratore, il
giovane dott. Arneth, tentano la carta impossibile: sottoporre il metodo
all’Accademia di Medicina di Parigi che avrebbe dedicato alcune
conferenze proprio al problema della febbre puerperale. Con lo scritto
di Semmelweis, Arneth parte alla volta di Parigi ma rimane inascoltato. I
luminari francesi sono ottusi come quelli austriaci o ungheresi, al
giovane non resta che tornare in Ungheria.
Semmelweis intanto esce di senno, ha visioni, parla da solo…
Semmelweis era evaso dal caldo rifugio
della Ragione, in cui si ritira da sempre l’enorme e fragile potenza
della nostra specie nell’universo ostile. Vagava, coi pazzi,
nell’assoluto, in quelle glaciali solitudini dove le nostre passioni non
risvegliano più echi, dove il nostro cuore umano terrorizzato,
palpitando all’impazzata sulla via del Nulla, non è più che un
animaletto stupido e disorientato.(p.96)
La fine di Semmelweis giunge per sua
stessa opera. Colpito da un attacco di follia più forte degli altri,
dopo aver corso per le strade di Budapest, giunge all’ospedale, entra
nell’obitorio dove gli studenti stanno operando dissezioni e si ferisce.
Per lui non c’è più speranza.
Con un gesto più brusco degli altri si
taglia in profondità. La ferita sanguina. Grida. Minaccia. Viene
disarmato. Circondato. Ma è troppo tardi… come già Kolletchka, si è
infettato mortalmente.(p.98)
Ricevuta la notizia della tragedia che ha
colpito il proprio allievo, Skoda si precipita a Budapest, prelevandovi
Semmelweis e conducendolo a Vienna, nel manicomio, il 22 giugno 1865.
Morì lì, il 16 agosto 1865, a quarantasette anni di età, dopo un’agonia di tre settimane.
Questa è la tristissima storia di I. F. Semmelweis, nato a Budapest nel 1818 e morto a Vienna nel 1865.
Fu un grandissimo cuore e un grande
genio medico. Egli rimane, senza alcun dubbio, il precursore clinico
dell’antisepsi, perchè i metodi da lui preconizzati per evitare la
febbre puerperale sono ancora, e sempre saranno, d’attualità. La sua
opera è eterna. Tuttavia, nella sua epoca, venne assolutamente
misconosciuta.
In quanto a Semmelweis, sembra che la
sua scoperta superasse le forze del suo genio. E questo fu forse la
causa profonda di tutte le sue sventure. (pp.102-103)
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CITAZIONI VARIE
La Musica, la Bellezza sono in noi e
in nessun altro luogo nel mondo insensibile che ci circonda. Le grandi
opere sono quelle che risvegliano il nostro genio, i grandi uomini sono
coloro che sanno dargli una forma. (p.62)
La pigrizia assoluta è animalesca, la
nostra struttura umana ce la proibisce. Forzati del Pensiero, ecco cosa
siamo, tutti. Basta aprire gli occhi, e non è già un portare il mondo in
equilibrio sulla propria testa? Bere, parlare, divertirsi, sognare
forse, non è dunque scegliere senza tregua, tra tutti gli aspetti del
mondo, quelli che sono umani, tradizionali, e poi allontanare
instancabilmente gli altri, fino alla stanchezza che non manca mai di
sorprenderci alla fine di ogni giornata?