GIAMPIERO MUGHINI – SEMPRE UNA GRAN SIGNORA. LETTERA D’AMORE ALLA NUOVA JUVENTUS

GIAMPIERO MUGHINI – SEMPRE UNA GRAN SIGNORA. LETTERA D’AMORE ALLA NUOVA JUVENTUS
GIAMPIERO MUGHINI – SEMPRE UNA GRAN SIGNORA. LETTERA D’AMORE ALLA NUOVA JUVENTUS

GIAMPIERO MUGHINI – SEMPRE UNA GRAN SIGNORA. LETTERA D’AMORE ALLA NUOVA JUVENTUS

MONDADORI – Collana INGRANDIMENTI – I ED GENNAIO 2017

1 – QUEI TRE CAGNACCI IMBATTIBILI

Nell’agosto 2016 la Juve è giunta a un momento apicale della sua storia ultracentenaria, quella di un brand italiano che dura e primeggia dagli ultimissimi anni dell’Ottocento e dunque è entrato nel terzo secolo della sua storia. Dio, quant’è giovane la Vecchia Signora. (p. 11)

Quanto alla stagione precedente (2015-2016), la Juve ha raggranellato una sequenza di vittorie esaltanti. […]

L’undicesima Coppa Italia, e nessun’altra squadra italiana vanta un tale palmarès, cui si è aggiunta – l’8 agosto del 2015 – la conquista della settima Supercoppa Italiana, la gara che mette di fronte chi ha vinto lo scudetto e chi ha vinto la Coppa Italia. (p. 12)

Eppure sono passati appena dieci anni dall’estate del 2006, quando a forza di intercettazioni telefoniche era stata distrutta una squadra e una società. (p. 16)

Dové vendere al ricco Real Madrid il Pallone d’oro Fabio Cannavaro, il miglior difensore al mondo[…]. Dové cedere Gianluca Zambrotta[…]. Dové vendere Lilian Thuram, uno dei migliori difensori europei. Dové vedere e per giunta all’Inter Patrick Vieira, nazionale francese e centrocampista di assoluto valore. Dové vendere, e benché non volesse assolutamente farlo, lo svedese Zlatan Ibrahimovic[…]. (p. 17)

Ibrahimovic continuava a battere i pugni sul tavolo, perché in serie B non ci voleva giocare neppure una sola domenica. (p. 18)

È dunque la sera del 20 agosto 2016[…], la Juve di Massimiliano Allegri affronta la Fiorentina di Paulo Sousa. (p. 22)

E poi nell’attacco juventino 2016-2017 c’è Gonzalo, pagato 90 milioni di euro. (p. 33)

2 – IL QUARTO AGNELLI ALLA TESTA DELLA JUVE p. 37

I due campionati 2004-2005 e 2005-2006, quelli in cui il coach della squadra bianconera è Fabio Capello[…].

La Juve resta in testa alla classifica dalla prima all’ultima giornata di tutti e due i campionati. Nel secondo dei quali, il torneo 2005-2006[…], la Juve tocca i 91 punti[…]. (p. 37)

Solo che a tre giornate dalla fine del campionato 2005-2006 è esplosa la bomba atomica.[…]

emergerebbero colpe gravissime dei dirigenti della Juve Luciano Moggi e Antonio Giraudo[…]. (p. 41)

Fra i giornali che si accaniscono a sparare titoloni anti-Moggi eccelle “La Gazzetta dello Sport”, che pure sarebbe un quotidiano in cui la famiglia Agnelli vanta una notevole quota proprietaria. Se non è questa l’occasione buona per vendere copie. (p. 42)

Era mai successo nella storia del mondo che un’azienda non difendesse nemmeno di un’unghia i dirigenti che ne avevano fatto la storia imprenditoriale simbolica? No, non era mai successo. (p. 43)

Addio dunque a due scudetti tra i più belli della sua storia, addio al campionato di A per la prima volta da quando, nel 1897, un gruppo di studenti liceali torinesi vogliosi di sport avevano creato su una panchina della città lo Juventus Football Club. Addio a tutto questo. (p. 45)

I punti di penalizzazione saranno soltanto nove.[…]

La Juve è stata distrutta, e anche se cinque o sei dei suoi fuoriclasse hanno accettato di andare a scorrazzare sui campetti della serie B[…]. (p. 46)

Ebbene, l’interista di cuore ed ex interista di carica Guido Rossi diventa colui che deciderà sovrano in una questione che s’è fatta di vita o di morte per le società italiane coinvolte nello scandalo. (p. 50)

Detto in breve, se quelle nenie costituiscono un reato, allora anche l’Inter è colpevole. Solo che nel frattempo il reato è andato in prescrizione. E dunque lo scudetto di merda e di cartone, il quattordicesimo nella storia dell’Inter stando agli almanacchi, resta in bacheca. (p. 51)

Ma ci siamo troppo avvicinati agli umori dell’oggi. Riandiamo a quella fatale estate del 2006 che alterò il corso naturale del nostro football e dei suoi eroi e dei suoi almanacchi. Nello spazio di pochi giorni Luciano Moggi[…] è divenuto il Male Assoluto, una sorta di moderno Al Capone. Io, che ci sguazzo nel suscitare Odio e Antipatia cocenti in chi ho di fronte, ne ho fatto un vanto di non aver mai receduto di un solo centimetro o un solo attimo dal difenderlo. (p. 52)

Moggi l’ho conosciuto durante una puntata del “Processo del lunedì” più di venticinque anni fa. (p. 53)

Mosso dalla convinzione della sua onnipotenza, se non dalla sua impunità sempre e comunque, Luciano la silhouette massmediatica del gangster se l’è costruita negli anni, mossa dopo mossa, smorfia dopo smorfia, spacconata dopo spacconata. Ci teneva a far vedere a tutti quanto fosse risoluto e cattivo; in un mondo che sapeva popolato di squali, voleva esibire quanto i suoi denti fossero i più affilati di tutti. (p. 54)

Il fatto è che nella tarda primavera-estate del 2006 tantissime cose erano cambiate rispetto a quella Torino e a quell’Italia del 1994 in cui Umberto Agnelli aveva chiamato prima Antonio Giraudo e poi Moggi al timone di una società che di soldi da spendere in rosso non ne aveva più e che di vittorie sul campo, nelle sue ultime stagioni, gliene erano riuscite poche: l’ottava Coppa Italia, e due coppe Uefa[…].

Dal 1994 all’estate del 2006, quando si impennano le maree dello tsunami di Calciopoli, è cambiata ogni cosa a Torino e in Italia. Era successo di tutto nel giro di pochi anni. (p. 55)

Quando scoppia Calciopoli Gianni Agnelli non c’è più. Al capezzale della FIAT è arrivato nel 2004 un manager fuoriclasse, il poco più che cinquantenne Sergio Marchionne[…]. (p. 56)

Lo sapete tutti che mi state leggendo, anche voi che siete nemici giurati della Juve, che se nella tarda primavera-estate del 2006 Gianni e Umberto Anelli fossero stati vivi, Calciopoli e, dunque, il rovinio della Juve non sarebbero andati a quel modo. […]

Gianni Agnelli è morto di un tumore al collo alle 8.30 del mattino del 24 gennaio 2003. […]

Avrebbe compiuto da lì a poco 83 anni. (p. 57)

Ebbene Edoardo Agnelli muore a 43 anni, il 14 luglio 1935[…]. (p. 58)

Giorgio Agnelli (nato nel 1929), fratello di Gianni e Umberto, è morto di intelligenza e di follia nel 1965, a 35 anni. […]

Mica male per una famiglia “felice”. […]

Torniamo a Umberto Agnelli, detto “il Dottore”. È morto un anno dopo l’Avvocato di un carcinoma polmonare, il 27 maggio 2004. aveva 69 ani. Il tumore è purtroppo di casa in questa famiglia regale. Il figlio primogenito di Umberto, Giovanni Alberto detto “Giovannino”, quello che avrebbe dovuto mettersi al collo il gioiello di famiglia, quello cui era destinata la guida della Juve, era morto a sua volta, il 13 dicembre 1997, di un tumore contro cui s’erano battuti invano i più grandi medici d’America. Aveva 33 anni. (p. 59)

Quanto a Edoardo Agnelli, il figlio di Gianni, di cui è forse leggenda che volesse diventare lui il capo della Juve, si è lanciato già da un ponte il 15 novembre del 200, forse perché distrutto dal cognome che portava e dalle aspettative che comportava. Era nato a New York 46 anni prima. Una famiglia “felice”, senza alcun dubbio.

E dunque per la prima volta nella sua storia, al momento di Calciopoli, quando si scatenano le accuse e le invettive che vogliono far passare come fasulle le 19 vittorie juventine tra campionati e coppe dell’era Giraudo-Moggi, non c’è alla testa della Juve uno che di nome fa Agnelli. Per la prima volta nella storia juventina cominciata nel 1923, al tempo dell’avvento di Edoardo Agnelli al timone. Alla testa della Juve c’è adesso l’erede designato da Gianni Agnelli, Jaki Elkann[…]. (p. 60)

Nel 1955 l’Avvocato cede il timone al ventiduenne fratello Umberto, eletto nuovo presidente della Juve. […]

[…]l’Avvocato riprende in mano la Juve nel 1970, dopo anni di pene e sconfitte insistite dei bianconeri, […].

C’è da ricostruire la Juve da capo a piedi, una mission difficilissima di cui si incarica l’uomo di fiducia per eccellenza dell’Avvocato, Boniperti[…]. (p. 61)

Quella degli anni Settanta e fino al Mundial del 1982, è la Juventus tutta italiana, che io metto al di sopra di tutte le altre recenti. (p. 62)

Ci aspettano nove anni di pena e di astinenza dallo scudetto. Anni in cui la sfiga si innamora della Juve. Ne proviamo tante, non cene riesce quasi nessuna. Dopo l’addio di Platini, e mentre viene confermato l’allenatore Marchesi, il gran colpo dell’estate e dunque del torneo 1987-1988 è l’acquisto di quello che appare come il puntero più temibile d’Europa, il gallese Ian Rush, uno che sino a quel momento i gol li faceva a grappoli. (pp. 65-66)

La Juve arriva nientemeno che sesta, a 14 punti di distanza dal Milan trionfatore.

L’anno dopo i cambiamenti sono tanti, i miglioramenti così e così. Gli fa da vice Scirea, che ha abbandonato il calcio giocato. […]

Quel Milan lì non è che ci surclassi, di più- arriviamo quarti, dopo Inter (Campione d’Italia), Napoli e Milan.

Quarto posto che viene reiterato l’anno successivo, l’anno in cui arrivano in Juve i due promettentissimi attaccanti Salvatore (“Totò”) Schillaci e Pierluigi Casiraghi[…]. (p. 66)

Sta per diventare un’altra Juve. Scirea è morto, in un atroce incidente d’auto in Polonia. Boniperti si è dimesso da presidente già dall’anno prima. A Zoff, che pure ha portato a casa due importanti vittorie, viene dato il benservito. La squadra viene ricostruita da cima a fondo, l’importante sono le bollicine. […]

Ho detto una squadra e una società rivoluzionate. Ho detto poco. La proprietà della squadra è adesso rappresentata da Luca Rodero di Montezemolo, un pupillo dell’Avvocato, il presidente della Juve è Vittorio Caissotti di Chiusano. L’acquisto più importante è quello di Roberto Baggio[…]. (p. 67)

Ebbene, quel campionato arriviamo disastrosamente al settimo posto[…].

Nella Juventus del 1991-1992 si ricomincia daccapo e dunque dall’usato sicuro. Torna Boniperti a capo della società, torna il Trap in panchina. […]

Un buon secondo posto in campionato, la finale di Coppa Italia dove ci batte il Grande Parma di quegli anni. Siamo tornati in carreggiata. (p. 68)

Quanto all’annata 1992-1993, due acquisti tra i più incomparabili della storia juventina sono quelli di Moreno Torricelli (a me carissimo) e di Fabrizio Ravanelli[…].

E comunque, Vialli o non Vialli, la Juve si guadagna la terza Coppa Uefa della sua storia, per merito innanzitutto delle giocate di Baggio, una pi strepitosa dell’altra. In campionato è ancora un quarto posto, in Coppa Italia una semifinale.

Il 1993-1994 è l’anno del terzo scudetto consecutivo del Milan di Fabio Capello. La Juve del Trap arriva a ridosso, seconda a tre punti. […]

È poi arrivato in bianconero un diciottenne di cui si dicono meraviglie, un certo Alessandro Del Piero, uno che il 19 settembre del 1993 la mette dentro la prima volta da quando gioca nella Juve. […]

I conti finanziari della Juve sono divenuti di un rosso fuoco. Le spese in acquisti e stipendi degli ultimi anni sono state altissime, i risultati così e così. (p. 69)

E comunque Deschamps diverrà un giocatore della Juve, e che giocatore decisivo. Giraudo chiama a sua volta accanto a sé un direttore tecnico che ha conosciuto quando lavorava per il Torino. Luciano Moggi[…].

Alla guerra come alla guerra. Moggi telefona a Lippi. È arrivata la terna che farà la storia gloriosa della Juve moderna. (p. 70)

3 – UNA DOMANDA STUPIDA p. 71

Gli scudetti della Juve sono 32 o 34? Sì, è una domanda stupidissima. (p. 71)

Torniamo ai processi di Calciopoli. […]

[…]in quelle sentenze c’è scritto papale papale che nessuna di quelle 76 partite è stata alterata quanto al suo risultato. Nessuna. E a non dire dell’ipotesi fantascientifica che fossero stati falsati i “sorteggi” arbitrali in modo da prescegliere ogni volta un arbitro corruttibile della Juve. (p. 75)

Una “associazione” piccola piccola. A parte i due alti dirigenti della Juve, un arbitro. E i due designatori arbitrali, loro sì corrosivi. (p. 78)

Sì, il collega ha ragione. Quei due scudetti non ho alcun dubbio che appartengano alla Juve, esattamente quel che pansa Del Piero. (p. 79)

Tangentopoli a parte, e se è concesso frammischiare comparti diversi della nostra vita civile, Calciopoli è stato il sintomo maggiore di questa onnipotenza delle indagini quanto dei magistrati d’accusa, o meglio di quanto i giornali e le tv ne riferiscono e titolano. Né poteva essere diversamente, dato che l’arte di colpire la palla con i piedi suggestiona trenta milioni di italiani. Le accuse erano talmente gravi e l’argomento era talmente popolare. […]

Centinaia di migliaia di copie e di giornali vendute. Trasmissioni televisive sul tema[…]. (p. 81)

In realtà la sentenza che modella tutto il successivo percorso del processo a Moggi e compagni è quella di primo grado, sentenza che viene “ribattuta” (come si dice nei giornali) da quella di appello e accettata come legittima e attendibile dalla Cassazione. Tutto è nato a Napoli[…]. (pp. 82-83)

Un solo argomento del pubblico ministero di Napoli viene decapitato dalla sentenza di Cassazione. Che i sorteggi degli arbitri fossero stati dolosamente falsati. (p. 83)

E cioè che gli arbitri “indiziati” di voler fare dei favori alla Juve avevano in realtà assicurato alla squadra bianconera un rendimento (ossia una media di punti a partita nei match da loro arbitrati) inferiore a quello degli arbitri non “indiziati”.[…]

Il processo di Calciopoli è basato sul nulla.

Stravolto il sistema calcio, ma dove e quando? Non c’è stata alterazione delle partite. Non ci sono stati sorteggi fasulli. Gli arbitri ammonivano e dunque mettevano fuori gioco il pi spesso che potevano dei giocatori che avrebbero dovuto incontrare la Juve la domenica successiva? Ma nemmeno per idea. […]

Gli arbitri condannati si riducono a uno solo, da sette o otto che erano stati inizialmente messi sotto accusa.

E con tutto questo, ragiona al sentenza della Cassazione, l’associazione a delinquere c’è eccome. Bastano tre persone a costituirla.[…]

E a connotare il reato di associazione a delinquere, basta il fatto stesso dell’usare le schede telefoniche losche. […]

(In realtà Giraudo la scheda non ce l’aveva, ma non fa nulla.) (p. 84)

Nel marzo 2015, a nove anni dall’avvio di Calcipoli, la terza sezione penale della Corte di Cassazione sedeva a giudicare una fiumana di ricorsi contro la sentenza di appello del tribunale di Napoli del 17 dicembre 2013.[…]

Bertini e Dattilo vengono definitivamente assolti dalla Cassazione. (p. 86)

Quanto agli arbitri o personaggi attigui al mondo arbitrale inizialmente messi sotto accusa,[…]sono stati tutti assolti dalla sentenza di Cassazione del 24 marzo 2015, quella che chiude ( con una condanna a un anno e otto mesi) la vicenda penale di Giraudo, che aveva chiesto il rito abbreviato. (pp. 86-87)

[…]la posizione chiave è ovviamente quella di Moggi. […]

[…]la sua condanna è stata ridotta da cinque anni a due anni e quattro mesi. (p. 87)

Ve l’avevo detto, tutto del processo di Calciopoli si consuma nel tribunale napoletano dove s’è svolto il processo di primo grado. (pp. 88-89)

Un romanzo che era piuttosto una valanga che, una volta partita giù a precipizio verso la valle nella tarda primavera del 2006, non al si poteva più arrestare perché altrimenti i due terzi di italiani che odiano la Juve più di ogni altra cosa avrebbero assaltato e incendiato la Bastiglia. Questa è la mia opinione. Giudicate voi. (p. 89)

4 – DIECI ANNI PRIMA, L’INFERNO p. 91

E invece per la Juve il momento psicologicamente e simbolicamente più basso di quegli anni maledetti, qualcosa che somigliava a un punto di non ritorno e faceva pensare alla conclusione di una saga sportiva, verrà più tardi. Al tempo del campionato 2009-2010. (p. 93)

A gennaio 2010, al debutto di Coppa Italia, superiamo gli ottavi ma ai quarti l’Inter ci suona come un tamburo. A quel punto Ciro Ferrara viene esonerato e rimpiazzato da Alberto Zaccheroni. […]

Settimo posto finale. […]

Una squadra che appare senza capo né coda. (p. 95)

A quella Juve occorre tutto. È davvero il suo anno zero, peggio che quello in serie B. molto peggio.

A mali estremi, estremi rimedi. Il cognome Agnelli torna a far da stemma dello Juventus Football Club. È il 19 maggio 2010, quando il figlio di Umberto Agnelli, Andrea (nato nel 1975, undici anni dopo il fratellastro “Giovannino”), viene eletto presidente della Juventus. […]

Il rimescolio al vertice dirigente bianconero è totale. Dice arrivederci Giovanni Cobolli Gigli. Blanc, il pupillo di Jaki Elkann, anche lui uno che non s’era mai occupato di calcio prima di arrivare alla Juve, è retrocesso al ruolo di Amministratore delegato. Via Alessio Secco, quello che un tempo assisteva Moggi nelle piccole incombenze. Via, e me ne dispiace, la bandiera Roberto Bettega, uno il cui ruolo a idre il vero era rimasto ambivalente negli anni del post-Calciopoli. (p. 96)

Nel campionato 2010-2011, il primo dell’era Andrea Agnelli, arriva un nuovo allenatore, il sessantenne Luigi Delneri detto “Gigi”, uno che negli anni del suo debutto da allenatore passava com il migliore della sua generazione. A trascinarselo dietro dalla Sampdoria è stato il cinquantatreenne Beppe Marotta, quello che dopo Moggi è il nuovo “Maradona” della Juve. Prescelto da Agnelli, dal 1° giugno 2010 Marotta assomma in sé le cariche di direttore generale e amministratore delegato della Juventus. (p. 97)

Prende per quattro soldi l’Andrea Barzagli che i tedeschi davano per morto, un ingombro di cui librarsi a tutti i costi. (p. 99)

I “colpi” dell’accoppiata Marotta-Paratici saranno difatti tra i più strabilianti nella storia del calcio juventino. […]

Torniamo al campionato 2010-2011, l’ultimo dell’era pre-Conte. Non tutte le ciambelle riescono col buco. Nella Juve dell’estate 2010 arriva in prestito Alberto Aquilani[…]. (p. 100)

Un nuovo e umiliante settimo posto. […]

Estate 2011, stanno per succedere cose da pazzi in casa Juve. […]

Ancor prima di scegliere Antonio Conte come l’allenatore che capitanerà la resurrezione tecnica e caratteriale della squadra, alla Juve hanno scelto difatti di prendere Andrea Pirlo, il giocatore che con il Milan aveva vinto tutto ciò che è umanamente possibile vincere e al quale la società rossonera non intende rinnovare il contratto. (p. 101)

Poco dopo arriva l’altra scelta fatale, particolarmente voluta da Andrea Agnelli, mettere in panchina uno che sostanzialmente ha allenato in serie B ma che ce l’ha scritta in faccia e nel corpo l’antropologia juventina, tal Antonio Conte. […]

Solo che non c’è due senza tre. E difatti arriva in casa Juve un altro fenomeno del football, il mostruoso Arturo Vidal delle prime tre stagioni in maglia bianconera[…]. (p. 102)

Torneo 2011-2012. È l’anno in cui debutta lo Juventus Stadium, costruito tra 2009 e 2011. A parte il terzetto di cui ho detto, arriva in Juve Stephan Lichtsteiner[…].[…]

Arriva anche Mirko Vucinic[…]. (p. 103)

Conte in primis, perché è lui l’uomo sine qua non dell’intera e travolgente resurrezione bianconera. […]

La Juve lo elegge e lo sceglie nell’estate del 2011. (p. 104)

A guardare quella Juve lì, e dopo i due campionati al settimo posto, è come se Conte avesse scavato nell’animo dei giocatori e li avesse trasmutati. […]

Dimenticavo, questa è stata l’ultima stagione giocata da Alex Del Piero con la maglia bianconera, la diciannovesima. (p. 105)

[…]la Juve torna a vincere uno scudetto dopo i cinque anni di inferno. Straziante. (p. 106)

[…]venne acquistato Paul Pogba[…].

Correva l’anno successivo a quello dell’avvento in bianconero di Conte e di Pirlo. […]

Nessuno bussò alla porta del Manchester. La Juve di Marotta e Paratici sì. Lo presero. “Siamo stati bravi” dicono. (p. 107)

5 – LA DANNAZIONE CHAMPIONS p. 109

Otto finali di Champions disputate dal 1973 al 2015, l’ultima quella del 6 giugno 2015 a Berlino contro il Barcellona[…]. […]

E dunque siamo alla sesta finale perduta, su otto disputate dalla Juve negli ultimi quarant’anni e passa. Con questa sconfitta la Juve diventa la squadra che ha il record negativo di finali di Champions perse, un record di cui avremmo fatto volentieri a meno. Due vittorie, sei sconfitte. Di cui tre o quattro in partite dove partivamo favoritissimi. La dannazione Champions, e come chiamarla se no? (p. 109)

Dopo avere stravinto il campionato italiano 1957-1958, nel 1958 la Juve debuttò in Champions. (p. 110)

E arriviamo alla prima e fatidica finale della Juve, quella della Champions 1972-1973, il 30 maggio 1973. Noi contro l’Ajax[…]. (p. 112)

Passeranno dieci cornutissimi anni prima che la Juve acceda di nuovo a una finale di Champions, il 25 maggio 1983 ad Atene, e sarà la finale la più sciagurata di tutta la sua storia. (p. 116)

Questa volta passano solo due anni perché quello squadrone bianconero si avventi alla rivalsa. […]

La finale questa volta è in uno stadio belga, l’Heysel di Bruxelles, il 29 maggio 1985. (p. 117)

E dunque finora l’unica vittoria che ci sta ma lordata di sangue nel pedigree juventino è a Champions vinta in mezzo ai morti. Fino alla notte romana del 1996. ventitré anni dopo l’avversario è ancora l’Ajax, tuttora temibile ma non sovrumano come quello del 1973. la Juve è la migliore dell’era Lippi. (p. 119)

E qui comincia la sequenza sciaguratissima delle quattro finali perse una dopo l’altra, finali dove in tre casi su quattro eravamo favoriti. La prima è la finale del 28 maggio 1997, l’anno dopo la vittoria di Roma. La giochiamo all’Olympiastadion di Monaco di Baviera contro il Borussia Dortmund. (p. 121)

Anno successivo, ancora una volta la Juve arriva in finale. Il 20 maggio 1998 ad Amsterdam. Contro il Real Madrid[…]. (p. 122)

Il peggio della nostra via crucis in Champions. La finale contro il Milan del 28 maggio 2003, all’Old Trafford di Manchester. (p. 123)

6 – E ADESSO, IL CAMPO p. 127

Voglio dire che vince chi fa meno errori, non necessariamente chi dà “spettacolo”. (p. 134)

La “nuova” Juventus ha finora manifestato un gioco e un sistema di gioco tali da giustificare le speranze e le ambizioni maturate dopo il supermercato estivo? (p. 135)

Domanda: “Questa Juve è la più forte degli ultimi anni, come tutti pronosticavano”? A me non sembra affatto. Solida, esperta, capace di tirare fuori le giocare decisive al momento giusto, fortunata. Non ancora la più forte. (p. 139)

QUALCOSA DA LEGGERE p. 147