ANDREA COLOMBO – I MALEDETTI. DALLA PARTE SBAGLIATA DELLA STORIA

 

ANDREA COLOMBO – I MALEDETTI. DALLA PARTE SBAGLIATA DELLA STORIA

LINDAU – Collana I LEONI – I ED OTTOBRE 2017

 

Nel libro l’autore presenta al pubblico una serie di artisti e intellettuali che si sono schierati a favore dei fascismi, “dalla parte sbagliata della storia”, attraversi cenni biografici e citazioni di opere… Per lo spazio limitato, l’opera riulta ovviamente superficiale, ma, anche grazie a rimandi bibliografici, consente al lettore di approfondire

 

INTRODUZIONE

 

Sono diversi gli elementi che hanno portato una nutrita pattuglia di scrittori, scienziati, artisti, cineasti, musicisti a indossare la camicia nera. (p. 8)

 

HAMSUN IL SOGNATORE p. 19

 

Il suo avvicinamento al nazismo era avvenuto soprattutto per volontà della moglie molto più giovane di lui, Marie Andersen, un’ex attrice nonché fervente hitleriana. (p. 22)

 

Anche in patria l’impegno dello scrittore era notevole: iscritto al partito filonazista Nasjonal Samling (Assemblea Nazionale) di Vidkun Quisling sin dal 1934, strinse amicizia con il fautore dell’eugenetica Alfred Mioen, con cui condivideva la convinzione che il declino della razza bianca fosse dovuto al meticciato imposto con forza dalle democrazie moderne.

Il 14 aprile 1940, cinque giorni dopo l’occupazione nazista del suo Paese, Hamsun scrisse un articolo in cui esaltava la Germania hitleriana come nazione amica, che difenderà la Norvegia dalle mire egemoniche britanniche[…]. (p. 23)

 

Per Hamsun fu soprattutto questo legame con “il sangue e il suolo”, ecologista e primordiale, a portarlo sulla strada del nazismo. (p. 24)

 

Per Hamsun il meticciato rimarrà sempre un chiodo fisso, un’ossessione. In un articolo del 1925 scriverà che “le razze bianche devono evitare ulteriori mescolanze di sangue”.

Tutti questi pensieri potevano essere considerati comuni per un uomo cresciuto nell’800, ma fornivano comunque le basi per quella che sarà la sua successiva adesione al nazismo. L’utopia arcaica per Hamsun era il sogno di una società agraria mitizzata. […]

Il suo antimodernismo giunse a fare del “lavoratore della terra” un superuomo niezschiano, al di là del bene e del male. (p. 27)

 

CÉLINE IL FUGGIASCO p. 33

 

Queste lettere non destinate alla pubblicazione svelano il vero Céline: un feroce razzista, più nazista dei nazisti. Alla conclusione del suo percorso lo scrittore si troverà inevitabilmente braccato, impriogionato e perseguitato. Un maledetto da manuale. Da pupillo della sinistra internazionale a reietto. D’altronde ha fatto di tutto per cucirsi addosso, anno dopo anno, l’abito del miglior nemico della buona società. (p. 35)

Céline è un caso a parte: rifiuta infatti ogni collaborazione diretta con le autorità di Vichy o con i tedeschi. Rimane un lupo solitario. (p. 40)

A Céline va bene così: da sempre cane sciolto, non intende compromettersi direttamente con l’occupante o i collaborazionisti. Ma non disdegna di frequentare le autorità germaniche e l’Istituto parigino per le questioni ebraiche, sponsorizzato dai tedeschi e inaugurato nel maggio del 1941. (p. 41)

 

BENN L’ESPRESSIONISTA p. 47

 

L’adesione al nazionalsocialismo non è per il poeta qualcosa di superficiale, come tenterà di dimostrare dopo il 1945 sminuendo il suo impegno politico[…]. Si tratta di qualcosa di molto profondo. (p. 55)

 

Il 1945 è l’anno zero: in una patria occupata dagli Alleati, lui che ormai da un decennio aveva preso le distanze dal regime e che si è nascosto sotto l’ombrello protettivo dell’esercito per evitare le ire dei gerarchi, viene sottoposto al processo di de-nazificazione. Le sue opere, per motivi opposti rispetto a quelli che avevano animato i censori hitleriani, vengono ora proibite dal nuovo regime democratico[…]. (p. 59)

 

HEIDEGGER L’ESISTENZIALISTA p. 61

 

[…]il filosofo non si pronunciò mai apertamente contro gli ebrei, neanche nel periodo dell’adesione più convinta al nazismo. […]

Ma di certo anche negli anni ’30 Heidegger andava orgoglioso dei suoi pantaloni alla zuava, delal divisa volkisch con il distintivo del Partito nazista in bella vista, e non nascondeva il suo legame primordiale con la Heimat, la terrra degli avi. (pp. 61-62)

 

La sua adesione formale al nazismo tuttavia, come membro del partito, avverrà solo nel maggio del 1933, quattro mesi dopo l’avvento al potere di Hitler. (p. 63)

 

Heidegger prende molto sul serio il suo nuovo compito di politicizzazione dell’università. Mette in tutti i posti chiave (cancelliere, presidi, senatori) esponenti di spicco del Partito nazista locale. Nuovi provvedimenti vengono presi dall’ateneo durante il suo rettorato , tra cui l’obbligo del saluto nazista all’inizio e alla fine delle lezioni, nonché l’organizzazione di un dipartimento per la razza gestito dalle SS. […]

In questo periodo di entusiastica adesione all’hitlerismo, il filosofo concludeva el sue lettere con “un combattivo Sieg Heil!”. (p. 66)

 

Ormai Heidegger canta le virtù del villaggio, le “parole antiche” contro il chiasso e l’impersonalità della metropoli. […]

Ormai Heidegger è lontano da ogni impulso propagandistico: immagina un fantomatico “nazionalsocialismo spirituale” da contrapporre al “nazionalsocialismo volgare” infettato da un “torbido biologismo”. (p. 68)

 

Tra il 1934 e il 1935 l’adesione di Heidegger al nazismo si trascina senza convinzione o gesti eclatanti. […]

 

Rimane un conformismo di facciata che gli permette di mantenere uno spazio libero di studio. […]

Intanto Heidegger, nella sua baita tra i boschi, riflette su “quale grad di distruzione abbia raggiunto la terra, e quale confusione covi dietro le conquiste della tecnica”. Profeticamente osserva come “lo sfruttamento della natura sempre più ingegnoso e arbitrariamente calcolatore” porterà alla desertificazione e alla distruzione dell’ambiente. (pp. 69-70)

 

GENTILE L’IDEALISTA p. 75

 

Nel maggio del 1923 tuttavia decide di iscriversi al Partito fascista, per difendere la riforma e tentare di arginare le voci puù oltranziste che chiedono a gran voce la sua testa. (p. 82)

Nel marzo del 1925 promuove un incontro a Bologna di duecentocinquanta intellettuali vicini al regime. Ne risulterà un manifesto, firmato fra gli altri da Luigi Pirandello, teso a dimostrare il legame tra il movimento mussoliniano e il mondo della cultura. (p. 83)

 

LORENZ L’ECOLOGISTA p. 87

 

è in questo periodo che si rivolge al Terzo Reich per far decollare la sua carriera. Se nll’Austria cattolica la zoologia e soprattutto i ldarwinismo sono boicottati, nella Germania nazista queste specialità invece vengono tenute in gran conto, in quanto forniscono una giustificazione scientifica al razzismo di Stato. (p. 90)

 

Similmente agli animali, argomenta Lorenz, anche l’uomo moderno, abituato alla vita comoda di cigttà, rischia di degenerare, perdendo quelle caratteristiche che lungo il corso dell’evoluzione l’hanno reso capace di vincere gli ostacoli della natura. (p. 92)

 

Occorre dunque selezionare con cura i tipi geneticamente più sani, scartando gli elementi affetti da tare ereditarie. […]

Sia la degenerazione fisica, scrive, sia quella morale sono il furtto dellal mancanza di selezione naturale. Il risultato è un nuiomo che unisce tratti estetici ripugnanti con comportamenti moralmente deviati. (p. 93)

[…]l’uomo contemporaneo è, esattamente dcome l’animale domestico, privato dell’habitato competitivo della selezione naturale. Ecco perché è diventato un degenerato. (p. 94)

 

Lo scienziato riesce a tornare in Austria solo nel febbraio del 1948. tacendo accuratamente swul suo passato nazista, si inserisce brillantemente nell’ambito della ricerca zoologica internazionale. (p. 96)

 

Nel 1973 Lorenz è una figura leggerndaria per questo movimento che mette in discussione i dogmi dell’industrializzazione e dello sviluppo a tutti i costi. È questo l’anno in cui corona la sua celebrità con il Nobel. (p. 97)

 

Tra i mali del mondo moderno indica la sovrappopolazione, la distruzione dell’ambiente, il nucleare e soprattutto il deterioramento genetico causato dalla scomparsa della selezione naturale. Non ha quindi rinunciato al darwinismo sociale, pur con un’immancabile coloritura verde. […]

Negli ultimi anni Lorenz si trasforma in un venerando agit-prop per la causa ecologista. […]

Muore il 17 febbraio 1989, a ottantacinque anni, convinto che la sua giovanile adesione al nazismo fosse dettata solo dall’amore per il mondo animale e per la natura che lo aveva accompagnato per tutta la vita. (p. 98)

 

RIEFENSTAHL L’OLIMPICA p. 101

 

Non era una nazista fanatica, né risultava iscritta al partito, eppure con tre suoi film, La vittoria della fede (1933), Il trionfo della volontà (1935) e soprattutto Olympia (1938), contribuì in maniera decisiva a costruire l’immaginario collettivo della Germania hitleriana. (pp. 102-103)

 

CIORAN IL NICHILISTA p. 115

 

La vita di questo geniale scrittore, che ha reso il nichilismo una forma d’arte letteraria, può essere suddivisa in due fasi. La prima, sotto l’insegna della fascinazione tedesca, attraversa tutti gli anni ’30. […]

A partire dal 1941 lo scrittore matura gradualmente una cesura con questo mondo, che aveva scatenato una guerra planetaria e si stava avviando verso una clamorosa sconfitta, ed esule a Parigi sposa gli ideali di sradiscamento, cosmopolitismo, scetticismo, leggerezza, disincanto. (p. 118)

 

ELIADE IL MISTICO p. 129

 

Eliade aveva avuto l’imprudenza di candidarsi nelle liste del partito di Codreanu “Tutto per la patria”. Una volta scatenata la repressione della monarchia, dopo mesi passati in clandestinità, era stato arrestato a Bucarest e condotto nel campo di internamento in montagna. […]

Eliade era stato in India dal 1929 al 1931 e ne era tornato un uomo nuovo, trasfigurato dagli insegnamenti mistici degli yogin. (p. 130)

 

Quello di Eliade è un generico anelito ascetico, una regola di vitae soprattuttto un argomento di studio.  (p. 131)

 

Nell’agosto del 1934 si reca per la prima volta in Germania, a Berlino, e riman e affascinato dal regime nazista. Tornato in patria, fiutando il grande consenso che godeva la Guardia di
Ferro, rompe ogni indufio e si getta nella mischia politica, abbracciando totalmente gli ideali della Legione. (p. 134)

 

SIRONI IL NOVECENTISTA p. 143

 

Aveva aderito alla RSI più per fedeltà a un’idea che per una reale convinzione che il fascismo morente e rabbioso potesse salvare l’Italia. […]

L’artista non tradì dopo l’8 settembre ma si tenne in disparte, evitando accuratamente ogni inziativa propagandistica per la nuova Repubblica mussoliniana. (p. 144)

 

BENEDETTA E FILIPPO TOMMASO MARINETTI, I FUTURISTI p. 157

 

Marinetti ha vissuto una sorprendente metamorfosi, da geniale protagonista dell’avanguardia internazionale a rappresentante, per quanto bizzarro e originale, della propaganda mussoliniana. (p. 158)

La stessa biografia di Marinetto coincide in gran parte con quella di Mussolini. Se si eccettuano gli inizi socialisti del futuro Duce, tutto il percorso che va dalle manifestazioni interventiste del 1914 alla partecipazione alla prima guerra mondiale fino ai primi moti squadristi e alla progressiva instaurazione del regime autoritario, vedono il poeta e il leader fascista schierati sullo stesso fronte. (p. 159)

 

POUND IL CONFUCIANO p. 175

 

In queste pagine di fascisti di sinistra Pound porta avanti al sua singolare propaganda più confuciana che fascista, nel suo italiano zoppicante. […]

Pound ha individuato da tempo in un astratto “grande ebreo”, “the big jew”, la fonte di tutti i mali, l’incarnazione dell’usura che affama i popoli e scatena le guerre. L’antidoto, la ricetta per la pace perpetua la trova nella filosofia confuciana con i suoi insegnamenti di saggezza[…]. (p. 176)

 

Uomini siate non distruttori. (p. 190)

 

WYNDHAM LEWIS IL VORTICISTA  p. 193

 

EVOLA IL MAGO p. 207

 

[…]Evola intuisce che può essere proprio la teorizzazione di un nuovo razzismo, declinato in forma spirtuale ed esoterica, a permettergli di ragliarsi una sfera di influenza nell’ambito del fascismo. (p. 221)

 

Il 1939 segna l’inizio del secondo conflitto mondiale e il pensatore siciliano chiede la tessera del Partito Fascista per poter partire per il fronte in veste di giornalista. Ma, nonostante l’intercessione di Farinacci, la domanda di iscrizione è respinta in quanto Evola è “ritenuto elemento indesiderabile” dai vertici del PNF. È un duro colpo per il filosofo. Tuttavia continua a collaborare assiduamente per le riviste di Preziosi e Farinacci e da questi contributi nasce nel 1941 Sintesi della dottrina della razza[…]. (pp.214-215)

 

Una volta rientrato nella sua casa romana di corso Vittorio Emanuele l’ideologo tradizionalista è ben deciso a realizzare il piano studiato negli anni bellici: la nascita di un nuovo soggetto politicocapace di contrastare l’avanzata del comunismo. (p. 217)

 

Ecco perché nel 1961, con Cavalcare la tigre, assume una posizione ancora più radicale. A questo punto, argomenta Evola, non c’è più nulla da salvare in un mondo inborghesito, incapace di spinte spirituali autentiche, corroso dal verbo progressista e dalle mire del boom economico. (pp. 218-219)

 

Gli ultimi anni del filosofo passeranno nella relativa calma di chi osserva, con fredda impassibilità, il disordine che aumenta attorno a sé, il ’68, le contestazioni, gli inizi della strategia della tensione. (p. 219)

 

Piuttosto scrive nel volume L’Arma e la Clava, ciò che ci vuole è un “anarchico di destra” che “respinge il mondo borghese, perché aspira a una superiore libertà, non disgiunta da una diciplina rigorosa”. (p. 220)

 

BRASILLACH IL COLLABORAZIONISTA

 

Seguace della cosiddetta “svastica rosa” era uno dei più famosi esponenti del collaborazionismo francese, lo scrittore e critico cinematografico Robert Brasillach. Le sue preferenze sessiali erano talmente evidenti che Louis-Ferdinand Céline lo chiamava “cocchina” e definiva “l’impiegatuccio zelante della propaganda Staffel” un “finocchio neroniano”. (p. 224)

 

Quello del giovane scrittore è quindi soprattutto un romanticismo fascista, che fa leva sugli ideali della gioventù, della fedeltà, dell’amicizia cameratesca, non su teorie o ideologie astratte. Ciò che lo attrae è l’estetica dei rivoluzionari in camicia nera. […]

Si delinea in lui l’ideale di un’Internazionale fascista, che possa riunire i vari nazionalismi europei in un nuovo ordine guidato dalla Germania.

Dopo aver assistito al Congresso nazionalsocialista di Norimberga del 1937, diventa un fervente hitleriano. (p. 227)

 

Hitler riassume per Brasillach tutti gli elementi del divino, del sacro che è al tempo stesso affascinante e terribile. (p. 228)

 

La sua militanza si traduce nell’impiego professionale come redattore capo di “Je suis partout”, il principale settimanale fascista francese. Chiamato alle armi nel 1939, in seguito alla rovinosa e repentina disfatta delel armete francesi, si trova a essere prigioniero dei tedeschi che aveva osannato nei suoi articoli in patria. […]

Si dedica con tutte le sue forze a costruire un “fascismo francese” che non verrà mai alla luce. (p. 229)

 

ELIOT IL CONVERTITO p. 235

 

Eliot, come Maurras, non solo è l’esponente di un pensiero elitarie e reazionario, ma individua nelle masse il male della modernità. […]

Eliot è quindi diventato un antimoderno radicale, ma non ha mai voluto indossare la camicia nera. (p. 240)

 

Eliot rimane un conservatore, in qualche modo non ababndonerà mai l’idea che l’uomo moderno vive in uno stato di profonda decadenza e degradazione morale. Il suo sogno di restaurare una società tradizionale si è infranto di fronte all’inarrestabile corso del progresso della massificazione. (p. 244)

 

CRONOLOGIA p. 247

 

Tra i mali del mondo moderno indica la sovrappopolazione, la distruzione dell’ambiente, il nucleare e soprattutto il deterioramento genetico causato dalla scomparsa della selezione naturale.

 

ciò che ci vuole è un “anarchico di destra” che “respinge il mondo borghese, perché aspira a una superiore libertà, non disgiunta da una diciplina rigorosa”