ALEJANDRO JODOROWSKY – IL DITO E LA LUNA. RACCONTI ZEN, HAIKU, KOAN

ALEJANDRO JODOROWSKY – IL DITO E LA LUNA. RACCONTI ZEN, HAIKU, KOAN
MONDADORI – Collana OSCAR SPIRITUALITÀ – X ristampa 2014
TRADUZIONE Claudia Marseguerra
PROLOGO p. 3
ESPERIENZA CON EJO TAKATA (Città del Messico, 1961) p. 5

IL SUONO ESSENZIALE DEL VUOTO

Il discepolo vuole ottenere concetti, non rinuncia alla sua ricerca intellettuale. Il maestro, dandogli un colpo sulla testa, interrompe il flusso verbale. È questione di un attimo, e lo spirito si svuota delle parole. (p. 8)
Non appena l’io smette di esistere, il mondo esiste. (p. 9)

STORIE ZEN E GIAPPONESI p. 11

INGOIARE IL SERPENTE p. 13
LE DUE GATTAIOLE p. 14
L’artista aveva dei gatti mentre l’intellettuale no. Come avrebbe potuto quest’ultimo immaginare l’amore che l’artista provava per loro? (p. 14)
Tutti abbiamo una porta fatta su misura per noi. Non possiamo passare tutti dalla stessa, per quanto grande essa sia. (p. 15)
IL TEOLOGO E L’IDIOTA p. 16

Questa storia riflette perfettamente il tipo di conversazione che abbiamo tra noi. Pensiamo di parlare della stessa cosa quanto, in realtà, parliamo di cose diametralmente opposte. Discutiamo appassionatamente, pensando di comunicare intimamente con l’altro, ma in fin dei conti non parliamo di niente. Ognuno utilizza un linguaggio da sordomuto. Ognuno parla di se stesso. […]
Ogni volta che parliamo di qualcuno, ne parliamo come se la nostra percezione fosse condivisa da tutti.[…]
Mettiamoci d’accordo sui termini prima di proseguire oltre. (p. 17)
GLI OCCHI BEN APERTI
Lavorare su se stessi finché non si raggiunge il vuoto. Quando lo si è ottenuto, l’Universo si manifesta in noi. […]
Simultaneamente, nel rapporto con l’esterno si lavora per l’unione, allo scopo di raggiungere la pienezza personale. Vale a dire, per dissolversi nella totalità questa è la seconda strada.
La meditazione consiste dunque nell’essere la totalità e la vacuità, nell’essere tutto e nell’essere nulla. Se si lavora tanto è, da un lato, per unirsi alla Totalità, totalità dell’Essere, della manifestazione e della non-manifestazione, e dell’altro, per raggiungere il nostro vuoto esistenziale che è questa stessa Totalità.
Ecco l’illuminazione. È semplice e difficile allo stesso tempo. (p. 21)

I MONACI E I CONIGLI
Se vuoi che qualcuno abbia fiducia in te, devi parlargli come fossi uno specchio perfettamente pulito. […]
Ecco, tu devi diventare come quello specchio: riflettere l’altro senza critica né proiezione. (p. 22)

IL MIRACOLO E LA FEDE
La fede è proprio credere senza nessuna prova.
Se cerchi dei segni, delle manifestazioni miracolose, è perché non hai fede. (p. 23)
Sono soddisfatto di essere quello che sono. Devo vivere quello che devo vivere. Unicamente Dio deciderà la durata della mia esistenza, qualunque essa sia. Che Dio mi illumini o no, io lo accetto. Se fa apparire una rosa nella mia mano e mi fa levitare, sarà solo volontà sua. Se niente di tutto ciò mi accade, non importa. Per me non fa alcuna differenza. (p. 24)

IL GIARDINO ZEN
L’ordine perfetto esiste solo accanto al disordine. L’ordine totale in un giardino uccide il giardino. (p. 25)

L’ATTENZIONE

Un essere evoluto ha sviluppato la sua capacità di prestar attenzione. Coloro che non hanno sviluppato questa capacità non sanno mirare con precisione. Sono in un posto senza esserci davvero.
L’attenzione è l’attenzione per l’altro e l’attenzione per se stessi. È con questo atteggiamento che si medita. La meditazione e la contemplazione consistono unicamente nel fissare l’attenzione su ciò che si è. Si comincia fissando l’attenzione su ciò che si è, e si prosegue finché non si incontra se stessi. (p. 26)

IGNORANZA E ILLUMINAZIONE
Non è un concetto. (p. 27)

IL COLLOQUIO
I titoli e le cariche sono secondari. Quello che conta davvero nei rapporti è ciò che siamo realmente qui e ora. (p. 28)

L’INFERNO E IL PARADISO
Quando entriamo in determinati stati d’animo ci creiamo il nostro inferno, mentre quando entriamo in stati d’animo opposti ci creiamo il nostro paradiso. L’inferno e il paradiso dipendono solo da noi. (p. 29)
ATTENZIONE

In questa osservazione continua, la scoperta del più piccolo difetto ti rende felice. Piangi di emozione al pensiero che puoi correggerlo. Che potrai superarlo. È un’opera che il tuo essere essenziale ti spinge a fare.
Scopri i tuoi difetti, ma puoi anche scoprire i tuoi pregi. (p. 30)

L’APPRENDISTATO
Senza pazienza, non si ottiene nulla. Bisogna andare avanti tranquillamente, e le cose finiranno per arrivare. In fin dei conti, il tempo non ha importanza. Dobbiamo capire che un essere evoluto non vive nel tempo. Vive con il tempo. È lui a essere il tempo. Che cosa gli può interessare fare una cosa in ventisei anni o immediatamente, dal momento che la farà comunque? (p. 37)

KOAN p. 39

IL BUDDHA DI LEGNO NEL TEMPIO IN FIAMME
In generale, tutti viviamo problemi difficili e a volte anche terribilmente dolorosi, che sono semplicemente il frutto della nostra immaginazione: pure creazioni della nostra mente. (p. 44)

RITORNARE NEL MONDO
Per imparare servono tre condizioni. La prima è che si voglia acquisire una conoscenza; la seconda è che essa si possa acquisire per poi passare a metterla in pratica, e la terza è che si accetti il cambiamento provocato da questa nuova conoscenza.
Le persone inciampano spesso su questo terzo punto. Fanno tutto ciò che serve per cambiare, ma quando arriva il cambiamento dicono: “Che succederà quando ritornerò nel mondo?”[…]
Ognuno di noi ha sempre un proprio posto nel mondo. Ci sono ovviamente posti per i pazzi e per i sadici, ma ce ne sono anche per le persone che hanno lavorato su se stesse. Esiste spazio per le persone positive, per le coppie che lavorano per creare la propria divinità, per tutti coloro che non accettano la negatività. Sapendo questo, che posti ti scegli? (p. 51)
Perché l’imperfezione esista, servono dei piccoli isolotti di perfezione. Servono come confronto. (p. 52)
Per conoscere una cosa, trasformati in quella cosa! Percepiscila da dentro!
Trasformati nell’essere amato! Per conoscerlo, percepiscilo da dentro. Questa percezione non è solo mentale. (p. 56)

I DUE MONACI E L’USIGNOLO

Nutrirsi bene è molto importante quando si segue cammino spirituale. Non si può andare avanti se si ingerisce un cibo malsano. Io non sono a favore di un’alimentazione strettamente vegetariana (neanche Cristo era vegetariano), ma penso che dobbiamo limitare considerevolmente il nostro consumo di carne e non superare mai il fabbisogno corporeo.[…]
Tuttavia, uno stato di coscienza non si ottiene senza una profonda riflessione sulla propria alimentazione, o senza una sua attenta modifica qualora la situazione lo renda necessario.
Può succedere di commettere qualche stravizio, ma poi ci si controlla e si torna a un’alimentazione più moderata. (p. 60)
Anche il lavoro spirituale segue questo principio. L’essenziale non è essere perfetti. L’essenziale è avere una disciplina interiore in grado di rimetterti all’opera quando hai perso la retta via. (p. 61)
Senza sacrificio non si ottiene nulla. (p. 62)
Il sacrificio più grande è quello in cui si offre il proprio ego, in cui si dona se stessi. Si entra in profondità nel sacrificio e l’ego lascia spazio alla qualità dell’essere. (p. 63)
Non esiste nulla di più bello dell’istante presente, perché esso è unico. […]
Se ho coscienza che ogni secondo è un buon secondo e che ogni giorno è un buon giorno, mi trovo in uno stato di grazia e di accettazione. (p. 65)

LA VISITA DEL MAESTRO TANKA
Sono ben poche le persone capaci di entrare in se stesse. Vedere il proprio vuoto mette paura. Anche sentire i battiti del proprio cuore spaventa. Sentire il proprio cuore, le proprie forse o le proprie energie è una sensazione che provoca ansia. Per entrare nel profondo di se stessi, è indispensabile lasciare da parte la tristezza, il dolore, la follia, la morte e tanto altro ancora.
Un maestro si confronta con se stesso e, facendolo, si confronta con l’aspetto divino che si cela nel profondo del suo essere. (pp. 70-71)
Il che vuol dire che il maestro interiore non vuole vedere inostri piccoli difetti personali: le deformazioni del nostro ego. Non vuole vedere la nostra piccola personalità repressa, il nostro eterno bambino interiore da cui non vogliono uscire, il nostro intelletto decadente, il nostro cuore arido, il nostro desiderio di distruzione fisica, e tanto altro ancora.[…]
Qualunque sia il nostro livello spirituale, quello degli altri non ci è di alcuna utilità. Serve solo a mostrarci dove anche noi possiamo arrivare. Il maestro mostra il camino che chiunque può percorrere. Non è un essere eccezionale in possesso di un rarissimo tesoro. È un individuo che lavora costantemente su se stesso, un essere del tutto normale che elimina lo strato di carbono che soffoca il suo diamante interiore… diamante che anche noi possediamo. (p. 73)
Da bambino, non facevo altro che ricercare e comprare l’ammirazione dei miei genitori: facevo sempre e solo quello che non volevo fare. Il mio fero io era proibito, non rientrava nelle loro aspettative. Da adulto, continuo a sentirmi colpevole per tutto quello che faccio quando sono davvero me stesso.
A forza di costringermi al ruolo della persona “gentile”, finisco per crollare. (pp. 73-74)

CREPA!
Muori per non morire! Annulla il tuo ego, il tuo io individuale! Esiste solo la morte dell’individuo. La totalità, la Vita, non ha fine. Per essere eterno, crepa in quanto ego. (p. 77)
Quando annulli l’intelletto, ti addormenti ed entri nell’Universo. (p. 78)

MANO APERTA, MANO CHIUSA

Dare costantemente è mostruoso come essere costantemente avari. Quando è viva una mano? Quando si muove tra queste due posizioni: dare o non dare, a seconda delle circostanze.
A mio modo di vedere, un essere umano non deve avere atteggiamenti irremovibili. Un comportamento irremovibile è simile a una mano deforme. Segnala un problema: una mostruosa deformazione dell’essere. Osservatevi e analizzate se avete sempre lo stesso comportamento… se siete sempre uguali a voi stessi… (p. 80)

UN MILIONE DI COSE
Perciò è inutile che ti preoccupi in anticipo. Vivi ogni cosa nel momento in cui si presenta. (p. 84)

ROMPI LA FORMA

Generalmente l’uomo “comune” (se vogliamo usare questo termine) è uno che seleziona i suoi pensieri. È stato abituato a non pensare in tutta linertà, e perciò ogni volta che ha dei pensieri opera una scelta e ne censura una parte. Seleziona e censura anche le immagini che gli vengono in mente, i sentimenti che compaiono nella sua vita emozionale, i desideri che nascono dalla sua sessualità e le necessità che esprime il suo corpo. Si limita da tutti i punti di vista: mentale, emozionale, sessuale e corporale, innalzando barriere capaci di proteggerlo da tutto ciò che è nuovo e che incontra a ogni passo. Si appropria delle stesse a barriere che altri gli hanno imposto. […]
Rimaniamo nello stato dell’uomo comune per paura di venire a conoscere tutto ciò che è troppo basso o troppo alto dentro di noi. Ci isoliamo in ciò che è permesso e rifiutiamo il resto pensando che non faccia per noi. […]
Una persona “comune” è uno che non cambia mai nel corso di tutta la sua vita. non cambiare è la sua caratteristica principale… a meno che non gli capiti un incidente. (p. 88)

COSTANTE INCOSTANZA
Tutto cambia e, se tutto cambia, l’unica cosa che è costante è il cambiamento. (p. 107)
DIECIMILA

Una personalità impiantanata nella ripetizione non permette il rinnovamento. La novità appare quando mi vedo per quello che sono in piena coscienza. Accetto il cambiamento costante. (p. 113)

DENTRO E FUORI

La nostra società ci insegna a fermarci in uno stadio di noi stessi relativamente mediocre. Ci spinge a vivere nel nulla, nel nulla che ci abita. Conosco persone che si vergognano di provare sentimenti elevati. (p. 116)
Penso che la vita emozionale si possa paragonare a un pezzo di carbone che racchiude al suo interno un diamante. […]
Ci portiamo tutto dentro. In queste sabbie mobili di desideri esiste tuttavia un’aspirazione alla luce che ci permette di raggiungere il nostro desiderio naturale, quel desiderio paragonabile a un diamante. (p. 118)
Anche l’azione più insignificante ha sempre delle ripercussioni. (p. 119)

CHE NE è STATO DEI VECCHI MAESTRI?
Un vero maestro spera che il discepolo raggiunga la propria realizzazione senza arrivare a competere con lui. È un istruttore. Un falso maestro, al contrario, spera che il discepolo gli affidi la sua vita e le sue ricchezze. (p. 123)

DI FRONTE AL DISASTRO

In fin dei conti, quando ci troviamo in una situazione che ci appare catastrofica, dovremmo renderci conto che quanto ci accade non è poi così orribile. […]
Dobbiamo pensare che è la vita con le sue contraddizioni, le sue crisi e le sue molteplici sfaccettature. (p. 131)
È difficile parlare alle persone del distacco, perché, in generale, sono molto attaccate e non riescono a liberarsi.
Un mistico è esattamente uno che sa liberarsi dai suoi legami. Come una barca che attracca in un porto e ormeggia: nel momento in cui lascerà il porto, leverà gli ormeggi che la tenevano legata alla banchina. (p. 133)

CHIOSA BEFFARDA DI WU-MEN
La stessa risposta data da due persone differenti è differente. Le parole pronunciate da persone di livelli diversi sono diverse. (p. 143)
Anche nel dominio dello spirito esistono gradi. Dal momento che pensa ed esiste, molta gente crede di essere in possesso della verità e di essere la misura di tutte le cose, ma si sbaglia. (pp. 143-144)
Nulla da dimostrare. Nessun merito. Il lavoro spirituale è un lavoro che si fa con se stessi in uno stato di pace profonda. Nulla da insegnare.
Non si ha nulla da insegnare. Si può guidare, non insegnare. Nulla da trasmettere. (p. 144)
LE LACRIME DI ARAKUINE

Quando piangi, piangi! Quando mangi, mangia! Quando ti arrabbi, arrabbiati! Non reprimere la tua collera! Lasciati andare! Chiedilo a te stesso! Sii un cielo azzurro trasparente. E quando avrai voglia di piangere, piangi, e poi, se ti viene voglia di ridere, ridi! (p. 148)
Che piacere prendersi un’arrabbiatura! È una scarica di energia. Che meraviglia! E avere un momento di depressione? Che meraviglia! Di fatto, sappiamo che non siamo così. E il dolore! E la malattia! Che meraviglia! Non siamo così… ma nel modo più assoluto! (p. 149)

HAIKU p. 155

Chi ricerca la verità non segue nessuna strada. In realtà, tutte le strade portano alla verità, eppure si vuole “arrivare”, si vogliono “avere le cose” quando la verità è qui. Cercare la verità non è altro che un richiamo a “viversi”
Per questo cerchiamo la realizzazione attraverso i maestri, attraverso le persone che ammiriamo, che ci danno amore. Esistono molte strade per “ottenerla”, ma la poesia dice: “La verità è qui. Non esiste verità al di fuori di te. (p. 157)

Ci sentiamo sempre in colpa. Vogliamo essere accettati dagli altri. Viviamo per loro, trasformandoci di continuo, ma di fatto, se uno si sente bene vuol dire che funziona! (p. 167)