VLADIMIR NABOKOV – LOLITA

 

VLADIMIR NABOKOV – LOLITA
ADELPHI – Collana GLI ADELPHI n.103 – XXIII ed. 2014

TRADUZIONE: Giulia Arborio Mella

*** Libro ricevuto in dono da Valentina Paolacci ***

RINGRAZIAMENTI p.7

LOLITA p.9

PREFAZIONE p.11

Agosto 1955. John Ray è incaricato, dal suo parente avvocato Clarence Clark, di redigere il manoscritto di un detenuto, sedicente Humbert Humbert, morto in carcere di trombosi coronarica il 16 novembre 1952 prima dell’inizio del processo per omicidio che lo vede imputato, manoscritto intitolato Lolita, o La confessione di un vedovo di razza bianca. Trattasi dunque di memorie scritte dall’uomo durante il periodo di detenzione precedente la morte…

Lolita, o La confessione di un vedovo di razza bianca – tale era il doppio titolo delle strane pagine pervenute all’estensore di questa nota preliminare. «Humbert Humbert», il loro autore, era morto in carcere, di trombosi coronarica, il 16 novembre 1952, qualche giorno prima della data stabilita per il processo. Il suo avvocato, il mio caro amico e parente Clarence Choate Clark, Esq., ora membro del foro del Distretto di Columbia, mi ha chiesto di redigere il manoscritto, valendosi di una clausola del testamento del suo cliente che autorizzava il mio eminente cugino a intervenire a sua discrezione riguardo alla preparazione di Lolita per la stampa. Nella sua decisione l’avvocato Clark è stato forse influenzato dal fatto che il curatore da lui scelto aveva appena ricevuto il Premio Poling per una modesta opera (Hanno senso i sensi?) in cui venivano discussi certi stati morbosi e certe perversioni. (p.11)

PARTE PRIMA p.15

Dolores, alias Lolita, è colei che ha portato Humbert Humbert a diventare assassino… Memorie che si sente in dovere di redigere…

Nato nel 1910 a Parigi, figlio del proprietario di un lussuoso albergo della Costa Azzurra, l’Hotel Mirana, H. H. resta orfano della madre (colpita da un fulmine durante un pic-nic) a soli tre anni, cresciuto per lo più dalla di lei sorella Sybil…

La mia fotogenicissima madre morì in un bizzarro incidente (picnic, fulmine) quando avevo tre anni[…] (p.18)

Cresce sano, forte e bello, frequentando una scuola inglese…

Io crescevo, sano e felice, in un mondo luccicante di libri illustrati, sabbia pulita, aranceti, cani amichevoli, panorami marini e visi sorridenti. Intorno a me il magnifico Hôtel Mirana ruotava come una sorta di universo personale, un cosmo patinato dentro quello turchino, più grande, che sfolgorava tutt’intorno.(p.12)

Il suo primo innamoramento, a tredici anni, con Annabel… un incontro che, ritiene, gli ha segnato per sempre la vita…
La coetanea muore però di tifo quattro mesi dopo il loro ultimo incontro in spiaggia. Un amore rimasto, di fatto, al solo livello spirituale, non avendo mai trovato i due il modo di copulare…

Tutt’a un tratto ci innamorammo, pazzamente, goffamente, spudoratamente, tormentosamente; e senza speranza, dovrei aggiungete, perché l’unico modo di placare quella mutua frenesia di possesso sarebbe stato assorbire, assimilare sino all’ultima particella lo spirito e la carne dell’altro; e invece non potevamo neanche accoppiarci come due monelli di periferia avrebbero senz’altro trovato il modo di fare. (p.21)

Triste ricordo, forse principio delle sue future deviazioni…

Continuo a sfogliare questi infelici ricordi e a domandarmi se proprio allora, nello scintillio di quell’estate remota, abbia avuto origine la crepa che percorre la mia vita; o se invece il mio smodato desiderio di quella bambina fosse soltanto la prima manifestazione di un’innata peculiarità. Quando cerco di analizzare le mie brame, i moventi, le azioni e così via, mi lascio andare a una sorta di fantasia retrospettiva che nutre l’analisi con infinite alternative; e così ogni via immaginabile si biforca e triforca senza posa nella complessa, snervante prospettiva del mio passato. Eppure sono convinto che in un certo modo magico e fatale Lolita cominciò con Annabel. (p.23)

[…]perseguitarmi; sinché finalmente, ventiquattro anni più tardi, non ho spezzato il suo incantesimo incarnandola in un’altra.(p.25)

Prosegue con i ricordi, Humbert Humbert… Il liceo a Lione, poi letteratura inglese dopo psichiatria… Insegnante in collegi, redattore di articoli e saggi, all’opera su una storia della letteratura francese in inglese… Lo sbocciare della sua passione per le “ninfette”…

I giorni della mia giovinezza, mentre mi volto a guardarli, sembrano volar via da me in un turbinio di pallidi, ripetitivi brandelli, come quelle
torrente mattutine di quadratini di carta usata che il viaggiatore vede turbinare nella scia del vagone belvedere. (p.25)

La vita prosegue per lui piatta e insoddisfacente, con la frustrazione di non poter appagare le sue fantasie con le ninfette ripiegando su prostitute appena maggiorenni o dal fisico minuto…

Mentre il mio corpo sapeva per che cosa spasimava, la mia mente respingeva ogni suo appello. Ero a tratti spaventato e pieno di vergogna, a tratti pervaso da un temerario ottimismo. I tabù mi strangolavano. Gli psicoanalisti mi corteggiavano, cianciando di pseudoliberazioni di pseudolibido. (p.29)

Numerose le avventure amorose con ex-ninfette prostitute…
L’uomo finisce per sposarsi nel tentativo di trovare quiete. La scelta cade sulla figlia del suo medico polacco, Valeria Zborovska, scialba e grassoccia donna capace però di atteggiamenti e comportamenti infantili per lui attraenti… È il 1935…

Non so se l’album della ruffiana sia stato un altro anello della catena; ma poco tempo dopo, per salvaguardare me stesso, decisi di sposarmi. Mi venne in mente che gli orari regolari, i pranzi casalinghi, tutte le convenzioni del matrimonio, la profilattica routine della camera da letto e, chissà, l’eventuale fioritura di certi valori morali, di certi surrogati spirituali, avrebbero potuto aiutarmi, se non a purificarmi dalle mie voglie degradanti e rischiose, almeno a tenerle pacificamente a bada. […]
Dopo aver considerato lungamente i pro e i contro scelsi la figlia di un medico polacco: il brav’uomo mi stava curando i capogiri e la tachicardia. (p.36)

[…]e presto, invece di una pallida, piccola monella, Humbert Humbert si trovò sul gobbo, gonfia, popputa, corta di gamba e praticamente senza cervello, una grossa baba. Questo stato di cose si protrasse dal 1935 al 1939. (p.38)

La situazione si protrae stancamente fino al 1939 allorché, morto uno zio americano, Humbert decide di trasferirsi nel nuovo mondo per godersi la rendita annuale lasciatagli dal parente. Valeria si fa nervosa fino a che, quasi pronti i documenti, confessa di avere un amante, un tassista russo ex colonnello dell’esercito zarista, tale Maximovich…

Nell’estate del 1939 mon oncle d’Amérique morì, lasciandomi una rendita annuale di qualche migliaio di dollari, a condizione che andassi a vivere negli Stati Uniti e dimostrassi un certo interesse per la sua attività. Per me non c’era prospettiva più gradita; sapevo bene che la mia vita aveva bisogno di uno scrollone. (p.39)

Durante il tragitto nell’auto che li riconduce a casa dopo la confessione della donna, più volte Humbert medita l’omicidio ma, privo di armi, desiste. In casa assiste alla preparazione dei bagagli poi, sceso in strada per picchiare l’uomo che non ha tirato la catena del water, finisce per lasciar stare e tentare di sfruttare le nuove opportunità offertegli dalla vita… Anni dopo avrà la sua rivincita, venendo informato della mote della donna per parto dopo che la coppia era peraltro stata ingaggiata per degli esperimenti socio-scientifici…

Reintegrandosi nella propria professione egli condusse gli Humbert sino alla loro residenza, e per tutto il tragitto Valeria parlò e Humbert il Terribile deliberò con Humbert il Piccolo se Humbert Humbert dovesse uccidere lei, o il suo amante, o entrambi, o nessuno dei due. (p.41)

A New York Humbert scrive testi per pubblicità di profumi per l’azienda del defunto zio, continuando al contempo a lavorare alla storia della letteratura francese in inglese. Più volte l’uomo finisce però ricoverato per esaurimento nervoso, tra insonnia, eccesso di lavoro e bramosia insoddisfatta di ninfette…
Per staccare dal malessere e dalla routine quotidiana, eccolo quindi prender parte a una spedizione scientifica in Canada, con l’icnarico di redigere un testo sulle condizioni psiclogiche dei partecipanti e intervistando gli stessi… Le sue condizioni migliorano…

Un terribile esaurimento mi costrinse in clinica per più di un anno; tornai al
lavoro… solo per esser di nuovo ricoverato. Sembrava che un po’ di corroborante vita all’aperto mi avrebbe giovato. Uno dei miei psichiatri preferiti, un uomo simpaticissimo e cinico dalla barbetta bruna, aveva un fratello, e questo fratello doveva partire alla guida di una spedizione nelle regioni artiche del Canada. Mi aggregai in qualità di «addetto al verbale delle reazioni psichiche». (p.46)

La mia salute, nonostante la vacuità e la noia smisurate – o forse proprio per quelle –, subì un prodigioso miglioramento. Circondato da una vegetazione deprimente come i salici nani e i licheni; permeato e, immagino, purificato da un vento sibilante; seduto su un masso sotto un cielo assolutamente traslucido (non che ne trasparisse nulla d’interessante), mi sentivo curiosamente estraniato da me stesso. Niente tentazioni esasperanti. (p.47)

Dopo venti mesi, la spedizione si conclude e Humbert conclude il suo rapporto… Ma una nuova crisi nervosa lo coglie e così, appena uscito dall’ospedale, si mette in cerca di un posto tranquillo dove lavorare in pace alla sua Storia della letteratura francese in inglese…

Al lettore dispiacerà apprendere che poco dopo il mio ritorno alla civiltà ebbi un’altra crisi di follia (sempre che alla melanconia e a un senso di intollerabile oppressione vada applicato questo termine crudele). Devo la mia completa guarigione a una scoperta che feci proprio mentre mi curavano in quella particolare, costosissima clinica: scoprii che prendere in giro gli psichiatri mi procurava un inesauribile, gagliardo godimento (p.48)

Uscito dall’ospedale cominciai a cercare nel New England, in campagna o in una cittadina sonnolenta (olmi, chiesetta bianca), un posto dove poter trascorrere un’estate operosa, sostentandomi con una compatta cassa di
appunti che ero andato accumulando e bagnandomi in qualche lago dei dintorni.(p.49)

Un ex dipendente dello zio lo indirizza alla casa dei McCoo che però finisce in fiamme. Deluso dalla perduta prospettiva di poter convivere assieme alla figlia della signora McCoo, Humbert è tuttavia costretto ad andare a visitare la casa della vedova Haze, offertasi di ospitarlo come coinquilino. Educatamente arriva fino alla casa, dalla quale vorrebbe allontanarsi senza neanche suonare ma la presenza dell’autista negro lo costringe a farlo. E così eccolo costretto a sorbirsi le chiacchiere e la presentazione dei locali da parte della bella ma ai suoi occhi insignificante Charlotte Haze…

Sarà meglio che la descriva subito, per togliermi il pensiero. La poveretta era sui trentacinque anni; aveva la fronte lucida, le sopracciglia depilate e i tratti piuttosto elementari ma non sgradevoli, del tipo che si potrebbe definire una soluzione molto diluita di Marlene Dietrich. (p.51)

Decisamente convinto ad andarsene, ecco una visione paradisiaca presentarglisi di fronte in giardino: una bella dodicenne, Dolores, intenta a prendere il sole… Annabel rediviva e migliore…

Filiamocela subito di qui, mi dissi con fermezza, mentre fingevo di soppesare la somma minacciosamente risibile che la mia trepidante padrona di casa mi chiedeva per vitto e alloggio. (p.52)

Nel 1947 Humbert inizia la redazione di un diario, diario che segnerà una svolta decisiva per la sua vita. Di esso rammenta bene il mese di giugno 1947, quello dei primi incontri e delle prime ammirazioni di Dolores, da lui ribattezzata Lolita…

Il reperto numero due è un’agendina rilegata in finta pelle nera, con un anno dorato, il 1947, inciso en escalier sull’angolo in alto a sinistra. (p.55)
Sabato. (Prime righe forse rimaneggiate). Lo so che è da pazzi tenere questo diario, ma il farlo mi dà uno strano brivido; e solo una moglie amorosa potrebbe decifrare la mia microscopica grafia.(p.57)

La ragazza sfoggia un incredibile miscuglio di sfrontatezza, audacia, volgarità e innocenza, facendogli perdere completamente la testa fino ai primi riusciti tentativi di carezzarla. È precoce, ribelle e indubbiamente spudorata…
La Haze gli propone poi di restare anche per l’inverno, durante il quale potrebbe dare ripetizioni alla discola che, forse, lui ritiene essersi invaghita proprio come la madre…
L’ossessione morbosa di Humbert cresce sempre più, fino a che, una domenica in cui riesce a rimanere solo con Dolores (che ha litigato con la madre che non ha seguito a messa), raggiunge l’orgasmo nell’averla al fianco sul divano con le gambe poggiate sul ventre… La sera stessa però, un duro colpo lo attende: Dolores partirà il giovedì seguente per la colonia estiva dalla quale tornerà solo prima dell’inizio del nuovo anno scolastico…
Il giovedì della partenza giunge infine, e Lolita se ne va in auto dopo averlo abbracciato e baciato in bocca…
Mentre è intento a toccare e odorare indumenti di Dolores nella sua cameretta, Louise, la domestica, lo chiama consegnandogli una lettera. È della Haze che, nel confessarle il proprio amore, certa di non poter essere ricambiata, gli intima di andarsene. Se non lo farà, al ritorno interpreterà tal gesto come la volontà di essere suo marito e padre di Dolores… Humbert prende tempo e, dopo aver scorto la pubblicità con un modello a lui somigliante sulla quale Lolita ha siglato una doppia acca, decide di rileggere la lettera nel letto dell’adolescente… Poi, più tardi, nella sua stanza la decisione è presa: resterà…

[…]la buona Louise lasciò nella mia mano tremante una lettera non affrancata dall’aspetto stranamente lindo.(p.88)

«E ora, mio caro, carissimo, mon cher, cher monsieur, hai letto questa confessione; ora sai. Dunque, per piacere, fa’ immediatamente le valigie e
parti. Te lo ordina la tua padrona di casa. Sfratto il mio pensionante.
[…]il fatto stesso che tu sia rimasto vorrebbe dire una cosa sola: che mi vuoi quanto ti voglio io: come compagna di tutta la vita; e che sei pronto a legare per sempre la tua vita alla mia e a fare da padre alla mia bambina.(p.89)
Dopo essermi assicurato che Louise se n’era andata mi infilai nel letto di Lo e rilessi la lettera. (p.91)
Dopo un po’ distrussi la lettera e andai nella mia stanza; lì ruminai, mi scompigliai i capelli, sfilai con la vestaglia viola, mugolai a denti stretti e d’un tratto… D’un tratto, signori della giuria, come un sole distante e terribile sentii albeggiare (sotto la smorfia che mi deformava la bocca) un ghigno dostoevskiano. Immaginai (in condizioni di nuova e nitidissima visibilità) tutte le carezze occasionali che il marito della madre avrebbe potuto profondere sulla sua Lolita. L’avrei stretta a me tre volte al giorno, tutti i giorni. Tutte le mie pene sarebbero svanite, sarei diventato un uomo
sano.(p.92)

E così, tra repulsione all’idea di dover essere il marito di Charlotte e l’estasi di poter stare con Lolita, Humbert decide di sposare la padrona di casa… Avverte telefonicamente Dolores in colonia, poi, in attesa della futura moglie, inizia a bere…

[…]Lo le dissi – trepido e traboccante d’orgoglio per aver così magistralmente padroneggiato il destino – che avrei sposato sua madre.

Nel giardino attende il ritorno di Charlote che lo scorge solo affacciandosi dalla stanza di Lolita, dove lui la raggiunge…

E così il matrimonio si celebra e consuma. Nel fare sesso, con l’ausilio dell’alcol, Humbert traspone il viso di Dolores in quello di Charlotte… Lei lo adora, dandosi da fare con la casa e con le borghesi del posto, sebbene solo i Farlow siano loro veri amici, troppo snob gli altri… Charlotte si rivela peraltro gelosa e avversa alla figlia indisciplinata…
Humbert è sempre più esasperato, fino a che, durante una gita al lago, Charlotte lo informa di voler mandare Dolores in collegio subito dopo la colonia! Sconvolto, l’uomo cammina per un po’ da solo nel bosco… Che fare ora che i suoi piani di controllare Charlotte sposandola sono falliti?…

«Temo proprio che la piccola Lo uscirà di scena. La piccola Lo andrà dritta dritta dalla colonia in un buon collegio: severa disciplina e una buona dose di insegnamenti religiosi. Dopodiché, il Beardsley College. Ho già pianificato tutto, tu non devi preoccuparti». […]
La scialba, americana Charlotte mi faceva paura. Il mio sogno sventato di controllarla mediante la sua passione per me si era rivelato del tutto fallace. Non potevo rischiare di offuscare l’immagine di me che lei aveva deciso di adorare. (p.108)
Il debole che sua figlia aveva per me la irritava, ma i miei sentimenti non poteva indovinarli. (p.109)

Non può opporsi per non scoprirsi… Bisognerebbe piuttosto ucciderla…

La soluzione naturale era sopprimere la signora Humbert. Ma come? (p.110)

Tornato dalla moglie, i due entrano in acqua, ma l’idea di affogarla non riesce a metterla in pratica…

Quel gesto fatale traversò come la coda d’una stella cadente le tenebre del contemplato delitto.[…]

[…]e ancora l’inferno urlava il suo consiglio, e ancora non potevo risolvermi ad annegare quella povera, grossa, viscida creatura. L’urlo si faceva sempre più remoto mentre io mi rendevo conto della melanconica realtà: né l’indomani, né venerdì, né nessun altro giorno o nessun’altra notte mi sarei risolto a ucciderla. (p.113)

[…]il suo fantasma mi avrebbe perseguitato per tutta la vita. […]
Oggi, se vuoi fare l’assassino, devi essere uno scienziato. No, no, io non ero né l’uno né l’altro. (p.114)

Sulla spiaggia li raggiunge poi l’amica fotografa e pittrice Jean Farlow e, più tardi ancora, il di lei marito e curatore degli affari di casa Haze, John…

Humbert si fa silente fino a che tenta di ribaltare la situazione. Profittando della scelta di Charlotte di andare n Inghilterra in autunno, l’uomo le fa notare che è ora che non sia solo lei a prendere le decisioni in casa. La donna si fa così più discreta, sebbene un giorno, nello studio, gli chieda cosa ci sia nel cassetto di un brutto mobile che lui tiene chiuso a chiave…
Dal collegio giunge una lettera che informa gli Humbert dell’impossibilità di accettare Dolores prima di gennaio. Felice, Humbert decide di recarsi dal medico per farsi prescrivere il più forte dei sonniferi da usare sulle donne di casa… Rientra quindi ancora più felice in casa, ma ad attenderlo trova una distrutta Charlotte, intenta a scrivere lettere, che gli intima di andarsene definendolo mostro… L’uomo si precipita nello studio dove trova il cassetto del mobiletto aperto: Charlotte ha trovato e letto il diario, brani del quale ha citato al suo rientro. Tenta di giustificarsi affermando trattasi della bozza di un romanzo… Poco dopo, preparati due whisky, la telefonata di Leslie Tomson lo informa dell’investimento di Charlotte…


«La signora Humbert è stata investita, signor Humbert, è meglio che venga subito». (p.125)

Appena uscito di casa, Humbert scorge una Packard di traverso sul marciapiede. Guidata da Frederick Beale, l’auto ha investito Charlotte uccidendola sul colpo. La donna è ora coperta da un plaid, mentre il padre dell’investitore viene soccorso in terra per un malore…

[…]il plaid sul marciapiede (di cui Charlotte mi aveva spesso indicato con disappunto le frastagliate crepe erbose) nascondeva i resti straziati della signora Humbert, che mentre traversava la strada di corsa per impostare tre lettere nella buca, all’angolo del giardino della signorina Dirimpetto, era stata investita e poi trascinata per alcuni metri dalla macchina dei Beale. […] Presto arrivarono tre medici e i Farlow, che presero in mano la situazione. (p.127)

Tre giorni dopo Humbert prova invano a ricostruzione le tre missive distrutte con le unghie subito dopo l’incidente…

«…peggio che se avessi avuto un’altra, una mantenuta…», «…o forse morirò…». Ma nell’insieme non riuscii a dare a quei reperti un senso compiuto; i vari frammenti delle frettolose missive erano confusi nei miei palmi quanto lo erano stati nella testa della povera Charlotte. (p.128)

Ai Farlow, ripetendo astutamente la diceria da lui stesso messa in circolo prima del matrimonio di un amore con Charlotte già nel 1934, riesce a far credere di essere il padre naturale di Dolores! Poi simula anche una finta telefonata alla colonia, dove ha intenzione di recarsi per portare via Lolita. Dice loro di volerla portare all’Ovest per un viaggio di svago…

Il padre sconvolto precisò che sarebbe andato a prendere la sua vulnerabile figlioletta subito dopo il funerale, e avrebbe fatto del suo meglio perché si divertisse in luoghi del tutto nuovi – magari un viaggetto nel New Mexico o in California; questo, naturalmente, se fosse riuscito a sopravvivere. (p.130)

A trovarlo giunge anche Beale che, mostrandogli uno schizzo firmato da vari testimoni dimostranti la sua innocenza, si offre di pagare il funerale. Humbert, sorprendendo l’ospite, cinicamente accetta…

Con la matita colibrì che svolazzava con maestria e delicatezza sulla carta, Frederick dimostrò la propria assoluta innocenza e la sconsideratezza di mia moglie: mentre lui evitava il cane, lei era scivolata sull’asfalto innaffiato di fresco, e invece di gettarsi all’indietro come avrebbe dovuto (Fred mi mostrò il movimento con uno scatto della spalla imbottita) era caduta in avanti. Ero certissimo, dissi, che lui non aveva alcuna colpa, e l’inchiesta suffragò la mia opinione. Respirando energicamente attraverso le contratte narici di pece scosse il capo e mi strinse la mano; poi, con un’aria di perfetto savoir-vivre e signorile generosità, si offrì di pagare le spese del funerale, aspettandosi che rifiutassi. Con un ebbro singulto di gratitudine accettai. Rimase sconcertato. Lento, incredulo, ripeté la domanda. Lo ringraziai di nuovo, ancora più profusamente di prima. (p.132)

E così, dopo dieci settimane dal suo arrivo, eccolo lasciare Ramsdale salutato dai Farlow sotto un cielo plumbeo…

Lasciavo per ignote avventure la livida casa in cui avevo affittato una stanza solo dieci settimane prima. (p.133)

Durante il tragitto che lo separa dal Campo, l’ansia lo assale: qualcuno potrebbe averla informata…
Il suo piano è quello di prenderla e portarla via in viaggio dopo averle detto che la madre è malata…
Si decide infine a telefonare, scoprendo con gioia che è assente per un’escursione con le compagne… Chiede quindi che sia preparata per la partenza prevista per l’indomani pomeriggio…

Il mio piano era un prodigio d’arte primitiva: avrei fatto una fulminea comparsa al Camp Q e, informata Lolita che sua madre doveva affrontare una seria operazione in un ospedale inesistente, me ne sarei andato di albergo in albergo con la mia sonnolenta ninfetta mentre la madre si riprendeva a poco a poco e alla fine moriva. Più mi avvicinavo al campo, però, più la mia ansia cresceva. Non potevo sopportare l’idea di non trovarla – o di trovare un’altra Lolita terrorizzata, che invocava a gran voce chissà quale amico di famiglia: non i Farlow, grazie a Dio – li conosceva appena –, ma forse c’era qualcuno che non avevo calcolato… Finalmente decisi di fare la telefonata che avevo simulato così bene qualche giorno prima. (p.136)

La Holmes, direttrice del campeggio, mi informò che lunedì (era mercoledì) Dolly era partita con il suo gruppo per un’escursione sulle colline, e sarebbe tornata in serata. Era meglio che arrivassi l’indomani, se non mi dispiaceva, e di che cosa esattamente…? Senza entrare in particolari dissi che la madre di Lo era all’ospedale, che la situazione era grave, che non bisognava dire alla bambina che era grave e che Lo doveva esser pronta a venir via con me il pomeriggio seguente. (p.137)

Nel pomeriggio le compra ogni sorta d’indumento e accessorio poi, per la notte successiva, prenota beffardamente l’albergo che la moglie aveva scelto per le loro vacanze:  I cacciatori incantanti… È il 15 agosto 1947…

L’indomani, alle 14.30, eccolo al Campo e, da lì, subito in viaggio con Dolores cui racconta di esser diretti verso Lepingville, sede dell’immaginario ospedale dove Charlotte è ricoverata…
Diretti come prima tappa a Briceland, Lolita lo provoca e, fattolo fermare, gli salta sopra baciandolo in bocca… Prosegue poi a provocarlo a parole chiedendogli se siano amanti, dicendo parolacce e alludendo ad azioni spinte commesse al campeggio…
Giunti a sera a Briceland, ecco l’impaziente Humbert costretto a guidare a lungo prima di trovare I Cacciatori Incantati… La stanza prenotata con i letti gemelli è però stata già assegnata, ma riesce comunque ad ottenerne una matrimoniale… In camera le mostra gli acquisti e, lavatisi e cambiatisi, eccoli a cena dove, presente anche il commediografo Quilty, al termine Humbert le somministra il sonnifero prima di riaccompagnarla in stanza dove lei vorrebbe confessargli quanto fatto in campeggio… Poi l’uomo esce…
In attesa di poter dar sfogo alle proprie deviate pulsioni, Humbert gira per l’hotel, finendo anche immortalato dal fotografo di un giornale alle spalle di un illustre medico…

Il mio sangue arcobaleno mi scorreva dentro e fuori dal cuore. Avrei dato tempo a Lo fino alle nove e mezzo. (p.161)

Alle 21.30 eccolo rientrare in stanza dove scopre che le pillole ricevute dal medico non sono poi affatto potenti…
Per tutta la notte, tra rumori e timore di svegliarla, Humbert resta in stato di veglia senza riuscire nell’intento. Cade in dormiveglia e alle sei Lolita si sveglia piazzandosi al suo fianco e baciandolo. L’adolescente gli chiede infine di fare sesso, per mostrargli quanto appreso in campeggio… Dolores gli racconta le sue esperienze sessuali, dalle pratiche saffiche dell’anno precedenti con Elizabeth Talbot alla perdita della verginità e al sesso quotidiano al Camp Q con il figlio della direttrice, il tredicenne Charlie Holmes…


L’indomani la coppia riprende il viaggio verso Lepingville, sede dell’imaginario ospedale in cui Charlotte sarebbe ricoverata… Tra bramosia e sensi di colpa lui, dolore fisico per il troppo sesso lei… Chiedendo di telefonare dopo una sosta in bagno, Humbert è costretto a rivelarle della morte della madre…

Humbert si sentiva sempre più inquieto. Era davvero speciale, quella sensazione: un disagio atroce e opprimente, come se fossi a tavola col piccolo fantasma di una persona che avevo appena ucciso. Mentre stavamo per tornare in macchina un’espressione sofferente percorse il viso di Lolita, e poi lo percorse di nuovo, più accentuata, mentre mi si sedeva accanto. Quella seconda volta l’aveva certo riprodotta a mio uso e consumo. (p.177)
«Perché non posso chiamare mia madre, se voglio?».
«Perché» risposi «tua madre è morta». (p.133)

La notte, in motel, la ragazza finisce per cercare conforto nell’attigua stanza di Humbert…

PARTE SECONDA p.181

I due vagano per mesi attraverso gli Stati Uniti, di motel in motel…

Fu allora che incominciarono i nostri viaggi in lungo e in largo per gli Stati Uniti. (p.183)

Dapprima verso Ovest, ovviamente… Dolores si rivela volubile e capricciosa e, per comprarne il silenzio e la complicità, inizia a pagarne le prestazioni sessuali, poi a prospettarle una fine in riformatorio o in comunità qualora lui venisse imprigionato…
Lontana l’allegria dalla ragazza… Ansioso e sempre a vigilarla lui, comunque felice di poterla possedere a piacimento… Ricorrente il rischio d’esser scoperti…

Riuscii, sì, a stabilire quel sottofondo di colpa e segretezza condivise, ma non potei far nulla per tenerla allegra. Ogni mattina, durante il nostro anno di viaggi, dovevo creare qualche nuova aspettativa, un punto speciale nello spazio e nel tempo che risvegliasse il suo interesse, che la facesse sopravvivere fino all’ora di andare a letto. (p.191)

Nonostante i nostri battibecchi, la sua villania, tutte le storie e le smorfie che faceva, e la volgarità, e il pericolo, e la spaventevole inanità di tutto quanto, io ero sprofondato nel mio paradiso d’elezione – un paradiso i cui cieli avevano il colore delle fiamme dell’inferno, ma pur sempre un paradiso.(p.210)

Verso Est, di ritorno sulla costa atlantica…
Il viaggio, iniziato nell’agosto del 1947, termina quindi nel New England, a Beardsley, un errore per Humbert, con il senno del poi…

Ora ritengo che sia stato un grave errore tornare all’est e mandare Lo in quella scuola privata di Beardsley, invece di svignarcela finché era possibile oltre il confine messicano e starcene quatti quatti per un paio d’anni, immersi in una subtropicale beatitudine, finché non avessi potuto sposare senza rischi la mia piccola creola[…] (pp. 218)

All’università di Beadsley, dipartimento di Francese, lavora un suo conoscente, Gaston Godin, che ha adottato per i suoi corsi i libri di Humbert sulla lettearatura francese in inglese. È lui a trovargli una sistemazione in casa di un professore di chimica al momento in congedo… La decisione di fermarsi è stata anche  dovuta alla necessità di porre fine allo sperpero di denaro, a placare Dolores (che piangeva continuamente non appena lui si fingeva addormentato) e a darle un’istruzione…

E così andammo all’est, io più devastato che ringagliardito dal soddisfacimento della mia passione, lei raggiante di salute, con la ghirlanda bi-iliaca ancora breve come quella di un ragazzetto, benché avesse aggiunto cinque centimetri alla sua statura e quattro chili al suo peso. Eravamo stati dappertutto e non avevamo visto nulla. E oggi mi sorprendo a pensare che il nostro lungo viaggio abbia solo sfregiato con una sinuosa linea di fango la magnifica, fiduciosa, sognante, enorme terra
che per noi, retrospettivamente, era solo un insieme di cartine con le orecchie, guide squinternate, pneumatici consunti e i suoi singhiozzi nella notte – ogni notte, ogni notte – non appena io fingevo il sonno. (p.221)

Humbert iscrive Dolores al Beardsley College…
Le giornate passano monotone in attesa del ritorno della figlia da scuola, con in più il timore dell’invadenza delle vicine e della governante… Dolores sembra ambientarsi bene ed essere più felice con le sue nuove amiche, alcune molto procaci, come Mona Dahl, di un anno più grande della figliastra e che tenta di sedurlo…
Lolita alza il prezzo delle proprie prestazioni, facendo temere al turpe padre di poter fuggire con i soldi guadagnati… Sempre geloso, le proibisce di frequentare i ragazzi e le attività ricreative ed extracurriculari della scuola…
A dicembre viene infine convocato dalla direttrice per i pessimi voti, il gergo scurrile
e l’indolenza della figlia ritenendo opportuno fa. Ritenendo che ci sia qualcosa che non vada, gli consigliano di farle frequentare i ragazzi della sua età e di farle prender parte ai corsi di teatro. Proprio per la recitazione la ragazza si mostra a suo agio, recitando una parte nella commedia di Clare Quilty Cacciatori incantati, titolo che ricorda beffardamente il motel dove per la prima volta ne ha violato l’innocenza… Lo scrittore in persona si complimenta con lei… Humbert le fa prendere anche lezioni di piano, lasciandole raggiungere l’insegnante con la bici… Ma presto scopre che la ragazza  salta le lezioni per dedicarsi al teatro con la lasciva Mona…
A più di quattordici anni, Humbert inizia ad accorgersi di come sia cambiata… Scoperto dunque il salto di lezione, i due litigano e la ragazzina fugge di casa approfittando di una telefonata di protesta della vicina. L’uomo la ritrova poco dopo dentro la cabina telefonica di un drugstore poco distante. Con chi parlava? Dolores gli chiede peraltro di voler tornare a casa per preparare un nuovo viaggio, la cui destinazione e le cui tappe sarà lei a decidere. Humbert acconsente… E così, la domenica successiva, eccoli di nuovo in viaggio… Mete da raggiungere: dapprima Wace, poi Elphinstone…
A Chestnut Court, vicino Kasbeam, Dolores chiede di fermarsi perché indisposta. Mentre lei riposa, Humbert si reca a far compere e, al ritorno, la trova con la faccia inebetita e palesemente reduce da un’uscita. Convinto che l’abbia tradito con l’uomo del bungalow vicino, il depravato patrigno si fa sempre più sospettoso  e paranoico, al punto da iniziare a pensare sempre più assiduamente alla pistola presa dagli oggetti di Harold Haze… Ben presto si convince di essere seguito da un uomo calvo e grassoccio, che associa a un suo parente, Gustav Trapp. L’ignoto inseguitore, giustappunto ribattezzato Trapp, li bracca a bordo della sua auto rossa, tanto da farlo ritenere ad Humbert un investigatore sulle sue tracce…
Un giorno, nel pagare in un drugstore, scorge Lolita intenta a parlarci, ma lei nega di conoscerlo… Seminato l’inseguitore, i due giungono infine a Wace, dove assistono a una commedia di Clare Quilty che Dolores dice essere una donna… Mentre è intento a leggere alcune lettere, Humbert si accorge della scomparsa di Dolores, che invano cerca in giro credendola infine fuggita… Ma ecco che la ragazza fa ritorno all’auto, senza tuttavia rivelare dove sia realmente stata in quella mezz’ora di assenza… Sempre più paranoico, l’uomo è convinto si sia intrattenuta con l’inseguitore, altro che vecchia amica di Beardsley… Giunge addirittura a vedere Trapp ovunque, a bordo di auto che cambia in continuazione…
Un giorno, mentre Trapp li segue, l’auto fora. Humbert si dirige verso di lui, e così Lolita mette in moto permettendo all’altro di darsi alla fuga…

In effetti – disse l’Humbert in secca all’Humbert che annaspava per tenersi a galla – poteva esser saggio prepararsi, trasferire l’arma dal cofanetto alla tasca, per esser pronti ad approfittare dell’accesso di follia non appena fosse arrivato. (p.287)

A Champion, durante una partita di tennis in doppio da iniziare con due nuovi venuti, Humbert è chiamato al telefono. La direttrice di Beardsley gli chiede di richiamarla, gli comunica l’addetto alla reception. Ma ben presto Humbert si accorge dell’inganno, scorgendo Dolores intenta a giocare in doppio con Trapp che, scortolo, si dà alla fuga…
La ragazza gli chiede poi di andare poi in piscina. Uscita per prima, Humbert la ritrova intenta a giocare un po’ troppo allegramente con un cane, scoprendo che sta facendo l’esibizionista per un pervertito a bordo piscina… Rabbioso e con i soliti problemi cardiaci, finisce per vomitare…
Ripreso il viaggio, eccoli infine ad Elphinstone… Lì Dolores dice di sentirsi male e, in effetti, è Humbert costretto a portarla in ospedale con la febbre sopra i quaranta per un’infezione virale. La ragazza si ristabilisce in fretta ed è Humbert a cominciare poi ad accusare i primi sintomi dello stesso male, scoprendo durante una delle sue visite in ospedale, che il suo amore resterà per sempre privo di speranza…

Non mi aveva mai amato. In quel momento capi iche mai  il mio amore aveva avuto meno speranze… (p.304)

Mentre viene bruscamente messo alla porta dalla perfida infermiera divenuta amica di Dolores, Humbert riesce a sentire la figliastra chiedergli di portarle due valigie e tutti i suoi vestiti. L’indomani, malatissimo, l’uomo fa recapitare quanto richiesto alla figliastra dal camionista Frank. Al secondo giorno l’infermiera telefona chiedendo se sarebbe passato in ospedale. L’uomo risponde di non potere, ma che si sarebbe fatto vivo l’indomani.  Il terzo giorno, svanita la febbre, telefonando in ospedale scopre che Dolores se n’è andata, prelevata dallo zio Gustav… Furioso, ancora spossato e sotto l’effetto di alcol, si reca in ospedale dove è però costretto a calmarsi per mantenere la libertà e provare a rintracciare i fuggitivi… Convinto si tratti di Trapp, Humbert comincia una vana ricerca che lo porta ad arrivare, il giorno seguente, nei motel occupati dai due fuggitivi. La ricerca è ardua e Trapp astuto e beffardo nel firmare con nomi allusivi alla letteratura e a vicende personali sue e di Dolores…

Scoprii subito che lui aveva previsto le mie ricerche, e seminato pseudonimi insultanti a mio esclusivo beneficio. (pp.310-311)
Le sue allusioni erano decisamente dotte. Aveva letto molto. Sapeva il francese. (p.312)

Tornato a Beardsley si mette in cerca di un professore di storia dell’arte, tale Riggs, unico docente di sesso maschile del collegio oltre a Gaston, peraltro pederasta, e al pastore. Ma, atteso l’uomo all’uscita del museo, scambiandoci due parole desiste dall’intento di ucciderlo non ritenendolo il rapitore… Si affida quindi, invano, anche a un investigatore privato…

Trascorrono tre anni, durante i quali triste, addolorato e sempre più alienato, Humbert trova conforto nella compagnia e nell’amore di Rita, triste trentenne beona e dai facili costumi ma capace di dargli il conforto cercato……

Avevo bisogno di compagnia e di affetto. Il mio cuore era un organo isterico e precario. Fu così che entrò in scena Rita. (p.321)

Con lei inizia un nuovo viaggio verso l’Ovest…

Rita! Andammo in giro insieme per due anni nebulosi, dall’estate del 1950
all’estate del 1952, e lei era la più dolce, la più ingenua, la più tenera, la più stupida Rita che si possa immaginare. In confronto a lei Valechka era uno Schlegel, Charlotte uno Hegel. Non c’è ragione terrena per cui io debba occuparmi di lei ai margini di queste sinistre memorie, ma lasciatemi dire (ciao, Rita – dovunque tu sia, con la sbornia o il doposbornia, Rita, ciao!) che era la compagna più consolante e comprensiva che io abbia mai avuto, e che certamente mi salvò dal manicomio. (p.323)

Tornati verso Grainball, città natale di Rita, Humbert finisce per trovare un posto di docente al Cantrip College dopo al pubblicazione di un saggio (settembre 1951- giugno 1952). Rita viene anche reclusa in carcere mentre Humbert ha ormai perso la speranza di ritrovare Dolores… Eppure si reca con Rita a I cacciatori incantati, cercando, invano, nella biblioteca comunale ritagli di giornale del 1947 dove rivedersi nella foto scattata durante quella prima notte con Dolores… Rita, tra le lacrime, capisce che tra loro è ormai quasi finita…

Settembre 1952… Due lettere nella cassetta della posta. La prima di John Farlow che, risposatosi con una cilena dopo la morte di Jean, gli chiede di occuparsi dei beni di Dolores a Ramsdale, passati a un altro avvocato… La seconda: di Lolita! La ragazza gli chiede dei soldi, quattrocento dollari, per permettere a lei e a suo marito, Richard Schiller, di raggiungere l’Alaska)…

Ricordo che entrai in casa e cominciai a dire: Be’, stavolta dovremo proprio trovarli – quando l’altra lettera iniziò a parlarmi con una vocetta pratica:
«Caro papà,
«come vanno le cose? Sono sposata. Sto per avere un bambino. (p.332)

Humbert parte subito dopo aver lasciato un biglietto d’addio all’addormentata Rita… Direzione: Coalmont, milletrecento chilometri da New York, da dove, il 18 settembre 1952, la lettera era stata imbucata… Durante il viaggio Humbert non può far altro che meditare l’uccisione di Schiller, colui il quale crede Trapp il rapitore…
Da una cabina telefonica ottiene un indirizzo di Richard Schiller ma, raggiunto il posto, scopre che si è trasferito. Una negoziante però gli dà l’informazione giusta: Hunter Road, ultima casa…

Trovata l’abitazione Humbert suona e, così, poco dopo, eccolo a distanza di tre anni nuovamente di fronte a Dolores… La ragazza lo fa entrare… Richard è intento ad eseguire dei lavori nell’abitazione del vicino, il monco Bill… È un reduce di guerra il giovane marito… Uno sconosciuto, non Trapp… Niente omicidio quindi… Il ragazzo non sa peraltro nulla della sua storia, credendola una ricca ragazza fuggita di casa e finita a fare la lavapiatti in un ristorantino… Humbert le chiede il nome, il nome del rapitore… un nome che non lo lascia sorpreso…

Dick non sapeva nulla di tutta quella storia. Pensava che io fossi suo padre. Pensava che fosse fuggita da una famiglia altolocata per andare a
lavare i piatti in un ristorantino. Credeva a tutto quello che gli diceva. Perché volevo rendere le cose ancora più difficili rivangando tutto quel fango? (p.338)

Non ci fu choc. Non ci fu sorpresa. (p.339)

Era stato dunque lo scrittore, il commediografo Quilty a portarla via. Lui che l’aveva già conosciuta in casa della madre a Ramsdale, ospite dello zio medico… L’ingresso di Richard e Bill interrompe il loro dialogo. Usciti i due per tornare al lavoro, Dolores racconta al patrigno del tentativo di Clare di farne una pornoattrice, da riprendere nel fare sesso con i suoi numerosi ospiti-schiavi… Il tutto dopo avrla ingannata con la promessa di una parte in una sua commedia… Con Fay, la ragazza con cui aveva giocato in doppio a Champion, si erano cercate vari lavori, poi aveva incontrato Richard…

Non c’era molto altro da dire. Quell’inverno del 1949 lei e Fay si erano trovate un lavoro. Per quasi due anni era andata, be’, in giro, aveva lavorato in qualche ristorante in posti piccoli, e poi aveva conosciuto Dick. No, non sapeva dove fosse quell’altro. A New York, immaginava. (p.345)

Seppur appesantita e disfatta, Humbert capisce di amarla ora più che mai…

[…] e la guardai, la guardai, e seppi con chiarezza, come so di dover morire, che l’amavo più di qualunque cosa avessi mai visto o immaginato sulla terra, più di qualunque cosa avessi sperato in un altro mondo. (p.346)

Le chiede di andar via con lui, ma Dolores rifiuta. Non l’ha mai amato e mai potrà farlo per le sofferenze infertele… Prima di andarsene, in lacrime, Humbert le lascia quattromila dollari frutto dell’affitto della casa di Ramsdale, poi riparte alla ricera di Clare Quilty…

Sì, dovevo proprio partire subito. Dovevo partire, dovevo trovarlo, dovevo annientarlo. (p.348)

E dopo non molto guidavo nella pioggerellina del giorno morente, coi tergicristalli in piena azione ma incapaci di tener testa alle mie lacrime. (p.349)

Nel tentativo di guadagnar tempo con una scorciatoia, finisce per perderne ritrovandosi con l’auto impantanata. Soccorso a mezzanotte, a notte inoltrata è costretto, spossato, a fermarsi… Con la mente torna al suo primo viaggio con Lolita, l’infanzia violata, i segni d’insofferenza…

E c’erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l’inferno, piccola mia. Bambina Lolita, coraggiosa Dolly Schiller. (p.354)

Eccolo a Ramsdale, dopo tanto tempo, per sistemare gli affari di Dolores e rinverdire i ricordi del suo incontro con lei. Ma, soprattutto, pr scoprire dove rintracciare Clare…

Prima del grande spargimento di sangue avevo diritto a un po’ di sollievo, a uno spasmo catartico di rigurgito mentale. (p.358)

Giunto alla vecchia casa, sporco di fango per la ruota forata la sera prima e la conseguente camminata nel fango in cerca di soccorso, è costretto a dileguarsi…
In albergo è raggiunto dall’insinuante signora Chatfield (dalla quale apprende, non senza gioia, della morte in Corea di Charlie Holmes), prima di passare da Ivor Quilty dopo aver sbrigato gli affari legati alle proprietà di Dolores…

Avevo la sensazione di perdere tempo, e guidai energicamente fino all’albergo del centro dov’ero sceso con la valigia nuova più di cinque anni prima. Presi una stanza, fissai due appuntamenti per telefono, mi feci la barba e il bagno, indossai un abito nero e scesi a bere qualcosa al bar. (p.360)

L’ufficio di Windmuller era a due soli isolati di distanza. Mi salutò con una lenta stretta di mano molto vigorosa, avviluppante e indagatrice. Credeva che fossi in California. Non abitavo a Beardsley, una volta? Sua figlia si era appena iscritta al Beardsley College. E come stava…? Gli diedi tutte le necessarie informazioni sulla signora Schiller. Intrattenemmo un piacevole colloquio d’affari. Uscii nel caldo sole settembrino soddisfatto e povero in canna. (p.361)

Con la scusa di farsi fare un preventivo da Ivor, Humbert ottiene l’indirizzo di Clare: Grimm Road, nei pressi di Parkington…
Raggiunta la casa dello scrittore, decide di tornarvi l’indomani…

Sebbene alticcio, Humbert raggiunge la mattina seguente la casa di Clare. Suona, ma nessuno apre. La porta è però aperta e così ne approfitta per introdurvisi… Subito inizia a togliere le chiavi dalle porte, per evitare che il padrone di casa possa rinchiudervisi… Da un bagno ecco uscire Clare, palesemente reduce da una notte di droga e bagordi che gli passa accanto senza neanche notarlo, abituato ad aver casa piena di estranei…

A proposito di bagni: stavo per visitarne un terzo quando ne uscì il padrone, lasciandosi dietro una breve cascata. L’angolo di un corridoio non mi celò del tutto. Il volto grigio, le borse sotto gli occhi, scarmigliato nel
modo vaporoso di chi si avvia verso la calvizie, ma sempre perfettamente riconoscibile, mi passò rapido accanto con una vestaglia viola molto simile a una delle mie. Non mi notò, oppure non mi diede importanza, come si fa con un’allucinazione familiare e innocua – e, mostrandomi i polpacci pelosi, scese come un sonnambulo giù per le scale. Intascai l’ultima chiave e lo seguii nell’atrio. Raggiuntolo in cucina, finiscono per sedersi in poltrona. Lo scrittore lo crede forse tale Brewster, della compagnia telefonica, giunto per fargli pagare il conto? (p.366)

«E lei chi è?» chiese con voce alta e rauca, le mani sprofondate nelle tasche della vestaglia, gli occhi fissi su un punto a nord-est della mia testa. «Non sarà per caso Brewster?». Era palesemente ottenebrato e alla mia, come si dice, mercé. Avevo di che divertirmi. «Proprio così» risposi con voce melliflua. «Je suis Monsieur Brustére. Facciamo due chiacchiere prima di cominciare». Sembrò compiaciuto. La macchia sbavata dei suoi baffetti ebbe un fremito. Mi tolsi l’impermeabile. Avevo un completo nero, camicia nera, niente cravatta. Ci sedemmo su due poltrone.[…]

Vagare con cento occhi sulle sue sete viola e il petto irsuto, pregustando i fori, e lo sfacelo, e la musica del dolore… (p.367)

Dopo un po’ Humbert taglia corto, iniziando a chiedere all’altro di Dolores Haze… Clare nega di averla violentata, bensì salvata da un pervertito… Ottenebrato dagli effetti della droga fatica a capire, fino alla visione della pistola… Humbert vuol fargli comprendere perché debba morire…

«Quilty,» dissi «voglio che si concentri. Tra un momento lei morirà. L’aldilà, per quel che ne sappiamo, può essere un eterno stato di torturante follia. L’ultima sigaretta lei l’ha fumata ieri. Si concentri. Cerchi di capire quello che le sta succedendo».(p.369)

Allungò una mano. Io lo rimisi a sedere con una spinta. Quella gioia opulenta stava scemando. Era proprio venuto il momento di ucciderlo, ma doveva capire perché lo uccidevo. Il suo stato mi contagiava, l’arma sembrava floscia e goffa tra le mie dita.[…]
«Non l’ho rapita affatto!» gridò. «È assolutamente fuori strada! Io l’ho salvata da un pervertito, un animale! Mi faccia vedere il distintivo, invece di spararmi a un piede, specie di scimmione! Dov’è il distintivo? […]
Gli domandai se voleva essere giustiziato da seduto o in piedi. (p.370)

Con una mossa a sorpresa Clare si getta contro Humbert dando il via ad una colluttazione durante la quale l’assalitore perde la pistola…

E con un formidabile balzo mi si avventò tutto addosso, scagliando con fracasso la pistola sotto un comò. Per fortuna aveva più impeto che vigore, e non mi fu molto difficile ricacciarlo nella sua poltrona. (p.370)

E poi ancora una goffa zuffa tra i due…

 Lottammo di nuovo.
Ci rotolammo per tutto il pavimento, l’uno tra le braccia dell’altro, come due bambinoni incapaci.[…]
Era una zuffa silenziosa, molle, informe, messa in atto da due letterati, l’uno completamente scoordinato da qualche stupefacente, l’altro menomato da un vizio cardiaco e troppo gin.(p.371)

Recuperata la pistola, Humbert obbliga l’altro a leggere la condanna a morte scritta, in forma di versi, appositamente per lui…

Per colmare l’intervallo gli proposi di leggere la sua condanna a morte – nella forma poetica che le avevo dato. In questo contesto l’espressione «nemesi» può essere usata assai felicemente. Gli porsi un foglio accuratamente battuto a macchina. (p.372)

Gli propone la casa, diritti su una sua opera, ma Humbert non si lascia certo corrompere…  Clare tenta quindi una fuga nella sala di musica dove, nascosta, tiene lui stesso una pistola. Ma i colpi di Humbert cominciano a penetrare il suo flaccido corpo… Nel salire le scale, Humbert lo colpisce ancora… I due raggiungono al camera da letto dove Clare viene colpito da numerose altre pallottole. Credendolo morto, l’assalitore scende dabbasso, dove i sopraggiunti amici dello scrittore hanno iniziato a bere alcolici lamentandosi del ritardo dell’ospite e non credendo all’annuncio della sua morte. Ma ecco Quilty scendere le scale prima di stramazzare al suolo definitivamente morto…

Ricaricai l’arnese con mani nere e insanguinate – avevo toccato qualcosa
che lui aveva cosparso del suo grumoso unguento. Poi lo raggiunsi di sopra, con le chiavi che mi tintinnavano in tasca come oro. Si trascinava da una camera all’altra sanguinando maestosamente, cercando una finestra aperta, crollando il capo e tentando ancora di dissuadermi dall’ucciderlo. Mirai alla testa, e lui si ritirò nella camera da letto padronale con uno sprazzo di regale porpora là dove prima c’era l’orecchio.
«Se ne vada, se ne vada!» disse tossendo e sputacchiando; e in un incubo di stupore vidi quell’uomo insanguinato e tuttavia baldanzoso mettersi a letto e avvolgersi nelle caotiche coltri. Lo colpii molto da vicino attraverso la coperta, e allora si arrovesciò all’indietro, e una gran bolla rosa con connotazioni infantili si formò sulle sue labbra, raggiunse le dimensioni di un palloncino e poi svanì.[…]
C’era voluta più di un’ora per portare a termine quella triste bisogna. Taceva, finalmente. Lungi dal provare sollievo, sentivo con me, su di me, sopra di me un fardello ancora più pesante di quello che avevo sperato di scaricare dalle mie spalle. Non potei risolvermi a toccarlo per accertarmi che fosse morto davvero. Lo sembrava un quarto del suo viso sparito, e due mosche fuori di sé per l’incipiente percezione di un colpo di fortuna incredibile. Le mie mani non stavano molto meglio delle sue. Mi lavai come potei nel bagno attiguo. Ora potevo andarmene. Quando emersi sul pianerottolo scoprii con meraviglia che un vivace brusio, da me scambiato per un banale fischio nelle orecchie, era in realtà un guazzabuglio di voci e musica radiofonica proveniente dal salotto al pianterreno. Vi trovai un certo numero di persone, evidentemente appena arrivate, che bevevano allegramente il liquore di Quilty.[…]
Mi fermai sulla soglia e dissi: «Ho appena ucciso Clare Quilty«.(pp.377-378)
Quilty, figuratevi, era riuscito a trascinarsi sul pianerottolo, e lo vedemmo sbattere le ali e poi afflosciarsi, questa volta per sempre, in un cumulo viola.[…]
Col cuore pesante lasciai la casa e raggiunsi la Melmoth attraverso la vampa maculata del sole. (p.379)

Ormai fuori di sé, Humbert inizia anche a guidare contromano in autostrada, fino allo sbarramento della polizia. L’uomo sale quindi su un pendio erboso, fermandosi ad ammirare il paesaggio in attesa dell’arresto. La sua mente torna al ricordo di un paesaggio montano, con canti e grida di bambini intenti a giocare. Voci tra le quali non c’era quella di Lolita…

Intanto stava nascendo qualche complicazione. Ero seguito, scortato. Poi, di fronte a me, vidi due macchine disporsi in modo da bloccarmi completamente la via. Con un movimento aggraziato uscii di strada e, dopo due o tre poderosi sobbalzi, salii per un pendio erboso, in mezzo a mucche stupite, e lì mi fermai con un lento dondolio. Una sorta di premurosa sintesi hegeliana che collegava due donne morte. Presto mi avrebbero tirato fuori dalla macchina (Ciao, Melmoth, mille grazie, amica mia), e anzi non vedevo l’ora di arrendermi a molte mani, senza collaborare affatto, mentre quelle mi spostavano e mi trasportavano: rilassato, comodo, pigramente arrendevole, come un malato, traevo un arcano godimento dal mio molle abbandono e dall’appoggio assolutamente fidato che mi davano la polizia e il personale dell’ambulanza. E mentre aspettavo che corressero da me in cima all’alta salita evocai un ultimo miraggio di stupore e disperazione. Un giorno, poco dopo la scomparsa di Lolita, un attacco di abominevole nausea mi costrinse a fermarmi lungo lo spettro di una vecchia strada di montagna, che ora accompagnava, ora traversava un’autostrada nuova di zecca; la sua popolazione di aster si bagnava nel tepore distaccato di un azzurrino pomeriggio di tarda estate.
Dopo aver vomitato l’anima mi riposai per un momento su un masso e poi, pensando che l’aria dolce mi avrebbe giovato, percorsi a piedi un breve tratto verso un basso parapetto di pietra lungo il lato dell’autostrada che dava sul precipizio. Tante piccole cavallette scaturirono dalle erbacce
risecchite sulla banchina. Una nuvola leggerissima andava incontro a braccia aperte a una seconda, un pochino più sostanziosa, che apparteneva a un altro sistema, più torpido e più impregnato di paradiso. Mentre mi avvicinavo a quell’amichevole abisso mi accorsi di una melodiosa combinazione di suoni che si levava come vapore da una cittadina mineraria adagiata ai miei piedi, in un anfratto della valle. Si distingueva la geometria delle strade fra gli isolati di tetti rossi e grigi, e verdi ciuffi d’alberi, e un torrente serpentino, e il luccichio sontuoso, da minerale aurifero, dell’immondezzaio, e oltre la città le strade che intersecavano la balzana trapunta di campi scuri e pallidi, e dietro a tutto grandi montagne boschive. Ma ancor più vivida di quei colori che gioivano tranquilli – perché ci sono colori e sfumature che sembrano divertirsi in buona compagnia –, più vivida e più sognante all’orecchio di quanto essi non fossero all’occhio, c’era quella vaporosa vibrazione di suoni accumulati che non cessava neanche per un attimo, mentre si levava verso il bordo di granito dove io mi tergevo la bocca fetida. E presto mi resi conto che tutti quei suoni avevano un’unica natura, che nessun altro suono giungeva dalle strade della città trasparente, con le donne in casa e gli uomini al lavoro.
Lettore! Ciò che udivo era soltanto la melodia dei bambini che giocavano, soltanto quello, e l’aria era così limpida che in mezzo a quel vapore di voci mescolate, maestose e minute, remote e magicamente vicine, schiette e divinamente enigmatiche, si poteva udire di tanto in tanto, come liberato, uno zampillo quasi articolato di vivide risa, o il colpo di una mazza, o lo sferragliare di un camion giocattolo, ma era tutto troppo lontano dagli occhi perché si potesse distinguere un movimento nelle strade appena tratteggiate. Rimasi ad ascoltare quella vibrazione musicale dall’alto del mio dirupo, quegli sprazzi di grida isolate che avevano per sottofondo una sorta di schivo mormorio, e allora capii che la cosa disperatamente straziante non era l’assenza di Lolita dal mio fianco, ma l’assenza della sua voce da quel concerto di suoni. (pp. 380-381)

Queste dunque le memorie di Humbert scritte, a suo dire, per salvarsi l’anima, con l’indicazione di pubblicarle solo dopo la morte di Dolores…

Questa, dunque, è la mia storia. L’ho riletta. (p.382)

Quando cominciai, cinquantasei giorni fa, a scrivere Lolita, prima in osservazione nel reparto psicopatici e poi in questa clausura ben riscaldata, seppur tombale, pensavo che avrei usato in toto queste note al mio processo, per salvare non la testa, naturalmente, ma l’anima. (pp.382-383)

Prendo la decisione che segue con tutta la forza e il sostegno legali di un testamento firmato: desidero che queste memorie vengano pubblicate solo quando Lolita non sarà più in vita. Così, nessuno di noi due sarà vivo quando il lettore aprirà questo libro. […]
Penso agli uri e agli angeli, al segreto dei pigmenti duraturi, ai sonetti profetici, al rifugio dell’arte. E questa è la sola immortalità che tu e io possiamo condividere, mia Lolita. (p.383)

A PROPOSITO DI UN LIBRO INTITOLATO LOLITA
Di Vladimir Nabokov p.385