MICHAEL ENDE – LA NOTTE DEI DESIDERI

 

MICHAEL ENDE – LA NOTTE DEI DESIDERI
SALANI – 2015
[DER WUNSCHPUNSCH]

TRADUZIONE: Elisabetta Dell’Anna Ciancia e Rosella Carpinella Guarnieri

MICHAEL ENDE – LA NOTTE DEI DESIDERI
Ovvero IL SATANARCHIBUGIARDINFERNALCOLICO GROG DI MAGOG

*** Libro ricevuto in dono da Valentina Paolacci, cui il presente riassunto è dedicato, il 04 maggio 2016 ***

LE CINQUE p.5

Parco Morto. Villa Incubo. La sera dell’ultimo dell’anno, calato il buio prima del solito, nel laboratorio di magia un solo riverbero del camino illumina la stanza…

Quell’ultimo pomeriggio dell’anno si era fatto buio pesto molto prima del solito. Nuvoloni neri avevano oscurato il cielo e una tempesta di neve spazzava da ore il Parco Morto.
All’interno di Villa Incubo tutto era immoto – fuorché il guizzante riverbero del fuoco che ardeva nel camino con alte fiamme verdi, immergendo in una luce spettrale il laboratorio di magia. (p.5)

La stramba pendola batte le cinque e lo fa con un meccanismo che prevede un martello schiacciare un dito in luogo del più tradizionale uccellino in uscita da porticina di una casupola in legno… Assillato da preoccupazioni, intento a fumare la pipa e a vagare di tanto in tanto per la stanza, c’è il consigliere d’affatturazione Belzebù Malospirito, convinto di esser chiamato a giustificarsi entro la mezzanotte da non si sa bene chi…

In circostanze normali sentir battere quell’orologio metteva sempre decisamente di buonumore il Consigliere d’Affatturazione Belzebù Malospirito, ma quella sera di San Silvestro egli lanciò alla pendola uno sguardo piuttosto corrucciato. […]
Sapeva che lo aspettavano grosse seccature, molto presto per giunta, al più tardi a
mezzanotte – allo scadere dell’anno. (p.6)
Belzebù Malospirito fece un profondo sospiro, si alzò e prese ad andare su e giù per il laboratorio. (p.7)

LE CINQUE E OTTO p.8

Il mago è preoccupato per via della pozione che non ha ancora preparato. Ne sta giusto elaborando una da spacciare come dietetico da distribuire su cibi e bevande ma che non è ancora pronta… Del resto da sempre in ritardo sui tempi di consegna il povero Malospirito…

LE CINQUE E UNDICI p.11

Tre minuti dopo un leggero tossicchiare lo fa trasalire… Un ignoto e inquietante visitatore che, seduto sulla poltrona, rivela di essere Maledictus Verme, è giunto su incarico di Belzebù…

Un leggero tossicchiare lo fece trasalire.
Si voltò di scatto.
C’era qualcuno seduto nella vecchia grande bergère. (p.11)

Ma quel visitatore era tutta un’altra cosa. Aveva un aspetto assolutamente normale, come un qualsiasi uomo della strada – così normale da risultare addirittura inquietante. E questo sconvolse Malospirito.
L’uomo portava un impeccabile cappotto nero, un cappello rigido nero, guanti neri, e teneva sulle ginocchia una cartella nera.[…]
Malospirito si fece coraggio e andò verso il visitatore.
«Chi siete? Che cosa ci fate qui?» (p.12)

«Il mio nome è Verme – Maledictus Verme, col vostro permesso».[…]
L’altro seguitò: «Sono qui per incarico personale di Sua Infernale Eccellenza il vostro illustrissimo protettore». (p.13)

Verme estrae dalla cartellina che ha con sé un contratto firmato da Malospirito in cui il signore degli inferi concede poteri illimitati al mago (su natura ed esseri viventi) in cambio di malefatte ai danni del pianeta e degli stessi esseri viventi. Contratto che, a poche ora dal termine dell’anno, non è evidentemente stato rispettato. Malospirito chiede tempo, una proroga, del resto non ha forse negli anni passati diffuso più Male di quanto contrattualmente previsto? All’avversione degli spiriti si è aggiunta quella del Gran Consiglio degli Animali che ha deliberato d’inviare osservatori per scovare la causa del Male. Uno di essi, un gatto, è giustappunto in casa sua a rallentargli il lavoro…

«Ma nel frattempo si sono oramai insospettiti anche gli animali. Hanno convocato il loro Gran Consiglio, il quale ha deciso d’inviare segretamente osservatori in ogni parte del mondo, alla ricerca delle radici del male. E purtroppo anch’io ho in casa uno di questi spioni – da circa un anno. Si tratta di un piccolo gatto. Per fortuna non è dei più furbi. (p.19)

È stato piuttosto snervante dover onorare i miei impegni contrattuali e al tempo stesso menare costantemente per il naso lo spione che ho per casa. (p.20)

Verme è però inamovibile e riparte con l’avviso di esser di ritorno per la mezzanotte, termine ultimo per la conclusione di quanto previsto dal contratto…

«Significa» disse il signor Verme rispondendo con glaciale cortesia alla prima domanda di Malospirito, «che ora siete avvisato. A mezzanotte in punto, allo scadere dell’anno, sarò di nuovo qui. Così vuole il mio incarico. Se fino allora non avrete realizzato la quantità di malefatte prevista dal contratto…».
«Che cosa succederà?»
«Succederà che voi, signor Consigliere» disse il signor Verme, «sarete personalmente, pignorato d’ufficio. Vi auguro un’allegra serata di San Silvestro». (p.22)

Partito il visitatore, Malospirito si accascia sulla poltrona pensando, con la testa tra le mani, a come uscire dall’incresciosa situazione in cui si è venuto a trovare…

«Aspettate!» esclamò Malospirito. «Ancora una parola, vi prego, signor Larva – ehm – signor Verme…».
Ma il visitatore era già scomparso.
Il mago si lasciò cadere nella poltrona, si tolse le spesse lenti e nascose la faccia tra le mani. Avrebbe pianto, se a un cultore di magia nera fosse dato di piangere. Ma dai suoi occhi uscirono solo un paio di asciutti granellini dì sale.
«E adesso?» gracchiò. «Per tutte le torture e i test di laboratorio, e adesso?» (p.22)

LE CINQUE E VENTITRÉ p.23

Malospirito vaga per casa alla disperata ricerca di una soluzione al problema che lo affligge, ben conscio del resto dell’impossibilità di adempiere alle clausole contrattuali… Vano sarebbe ogni tentativo di trasformazione o di fuga…

Accompagnato dallo sventolare della sua veste da camera, Belzebù Malospirito correva di stanza in stanza, di corridoio in corridoio, alla disperata ricerca di un’ancora di salvezza. Ma lui stesso sapeva fin troppo bene che oramai era troppo tardi per qualsiasi cosa. Gemeva e sospirava come un’anima in pena, facendo gran soliloqui a fior di labbra. I suoi passi echeggiavano nel silenzio della casa.
Onorare il contratto non era più possibile[…] (p.24)

Alla fine decide di recarsi in biblioteca per consultare i volumi in essa presenti ma senza trovarvi nulla di per lui utile…

Malospirito attraversò di corsa la biblioteca dov’erano allineati gli uni sopra gli altri antichissimi volumi infolio e opere di consultazione nuove di zecca. Passò velocemente in rassegna i titoli incisi sui dorsi in pelle dei libri. C’era scritto «L’eliminazione della coscienza – corso avanzato» o «Guida all’avvelenamento delle fonti» oppure «Dizionario enciclopedico delle bestemmie e delle maledizioni», ma niente che gli potesse giovare nella sua difficile situazione attuale. (p.25)

Malospirito prosegue la sua frenetica corsa di stanza in stanza nella sua adorata dimora ritrovandosi infine, dopo aver passato il corridoio dove ha accumulato gli spiriti imprigionati nel corso degli anni, presso l’abbaino in cui dimora il gatto Maurice. Maurice De Saint-Maure, cantore da camera, recita la scritta affissa sulla porta. Il gatto era giunto fin lì l’anno prima su incarico del Gran Consiglio degli Animali per spiare e sabotare il mago fingendosi un trovatello. Ma, rabbonito dai vizi cui Malospirito lo ha assuefatto, ma soprattutto dalla promessa di fargli riavere la voce da cantore persa, il buffo gatto ha finito per dimenticare la propria missione, spiato peraltro tramite lo specchio installato nella sua stanza…

Continuò a correre di stanza in stanza. (p.25)
Infine il mago giunse a un certo piccolo abbaino sulla cui porta era scritto
Maurice de Sainte-Maure Cantore da Camera (p.27)

In quel lettino era acciambellato un gatto piccolo e grasso che dormiva. Dire grasso è dire poco, in realtà quel gatto era tondo come una palla. Poiché aveva il pelo di tre colori – ruggine, nero e bianco – somigliava piuttosto a un cuscino da sofà troppo imbottito e ridicolmente macchiato con attaccate quattro zampette cortarelle e una coda striminzita.
Quando poco più di un anno prima Maurice era arrivato lì in missione segreta per conto del Gran Consiglio degli animali, era ammalato e arruffato e così magro che gli si potevano contare le costole ad una ad una. Con il mago aveva finto sulle prime di essere un semplice trovatello in cerca di padrone, sentendosi per questo molto furbo. Quando però in seguito vide che Malospirito non solo non lo scacciava ma addirittura
lo viziava, non gli ci volle molto per dimenticare la sua missione. (p.28)

«Se lo desideri e se hai fiducia in me» erano state le parole del mago, «io ti guarirò e ti restituirò la voce. Troverò per te una medicina adatta. Ma tu dovrai avere pazienza, ci vuole tempo. E soprattutto dovrai fare quello che ti dico. D’accordo?»
Maurice naturalmente era stato d’accordo.
Da quel giorno in avanti si rivolse a Malospirito chiamandolo sempre e solo il suo «caro Maestro». All’incarico ricevuto dal Gran Consiglio degli animali non pensò quasi più.
Naturalmente non sospettava neppure che Belzebù Malospirito, grazie al suo Specchio Nero e ad altri magici mezzi d’informazione, sapesse da un pezzo perché gli era stato messo in casa quel gatto. E il Consigliere d’Affatturazione aveva subito deciso di sfruttare la piccola debolezza di Maurice per neutralizzarlo in un modo che non avrebbe potuto suscitare in lui il minimo sospetto. Al piccolo gatto pareva proprio di essere nel paese di Bengodi. Mangiava e dormiva, dormiva e mangiava, e intanto diventava sempre più grasso e sempre più indolente; oramai era già troppo pigro perfino per dare la caccia ai topi. (pp.30-31)

Per paura di essere sorpreso nella preparazione di una delle sue malefatte, Malospirito ha così rallentato il proprio operato al punto di risultare in ritardo. Raggiunge dunque il dormiente gatto per ucciderlo, ma desiste…

Malospirito doveva stare continuamente in guardia per non essere sorpreso da lui mentre faceva uno dei suoi malvagi incantesimi. E proprio questo lo aveva condotto nella situazione disperata nella quale adesso si trovava.
Eccolo ora dunque davanti al letto a baldacchino a fissare con pensieri omicidi quella variopinta palla di pelo che respirava adagiata tra i cuscini di velluto. (pp.31-32)
Il mago si ritrasse.
«No» disse sottovoce, «non servirebbe a niente, e poi… per questo c’è sempre tempo». (p.32)

LE CINQUE E TRENTA p.30

Alle cinque e trenta Malospirito si ritrova così suo malgrado, nonostante i soli centottantasette anni, a dover redigere un testamento…

Poco più tardi il mago sedeva di nuovo al suo tavolo nel laboratorio e scriveva alla luce di un lampada.
Aveva deciso di fare testamento. (p.33)

S’interrompe dapprima pensando alla zia, poi per l’arrivo di Maurice che lo disturba chiedendo chi sia stato in precedenza nella stanza e perché appaia tanto depresso (forse perché è costretto a trascorrere in solitudine e al lavoro la sera di Capodanno?). Se ne libera mandandolo infine a rimestare l’elisir n.92 in ebollizione a fuoco lento…

LE CINQUE E QUARANTACINQUE p.38

Dopo lungo silenzio, Maurice dichiara a Malospirito di dovergli confessare qualcosa di cui si vergogna profondamente: è una spia inviata dal Gran Consiglio degli Animali per scoprire la causa del sempre più diffuso malessere di esseri viventi e animali. Ma, una volta guarito, gli giura che riferirà al Consiglio stesso la completa estraneità ai fatti di colui che ormai chiama Maestro. Dapprima divertito da quella che non è di certo una rivelazione, poi irritato, Malospirito taglia corto. Qualcuno bussa infine alla porta…

«Maestro» riattaccò infine il piccolo gatto quasi bisbigliando, «Maestro, ho un peso sul cuore».(p.38)
«Le cose stanno così» dichiarò Maurice con qualche esitazione: «io non sono quello che sembro».
«E chi mai lo è» disse Malospirito ambiguo.
Il gatto seguitò a rimestare. Teneva gli occhi fissi su quella broda nera.
«Da quando sono qui vi ho sempre taciuto una cosa, Maestro. E di questo adesso mi vergogno terribilmente. Perciò in questa sera così speciale ho deciso di confessarvi tutto».[…]
E così io sono venuto da voi, caro Maestro – per spiarvi». (pp.38-39)

«Potete perdonarmi, Maestro?»
«Va bene va bene, Maurice, ti perdono. Non parliamone più!»
«Oh» alitò commosso il piccolo gatto, «che nobile cuore! Non appena sarò guarito e non avrò più addosso tutta questa stanchezza, mi trascinerò davanti al Gran Consiglio degli animali e riferirò che anima bella siete. È la promessa che vi faccio solennemente per l’anno nuovo». (p.40)
In quel momento si udì bussare. (p.41)

LE CINQUE E CINQUANTA p.41

Temendo possa trattarsi di Verme, sebbene inspiegabilmente ed ingiustamente in anticipo, Malospirito decide d’ignorare l’ignoto visitatore che bussa però sempre più insistentemente facendo udire il proprio disappunto…

Il mago si turò le orecchie con tutt’e due le mani.
«Che mi lascino in pace. Io non ci sono».
I colpi battuti alla porta si fecero martellanti, e confusa tra il sibilare della tempesta giunse da fuori una voce gracchiante che suonava piuttosto arrabbiata. (p.42)

Il mago incarica così Maurice della bisogna… Ma, aperta la porta, nessuno si palesa alla vista del gatto…

«Maurice» sussurrò il mago, «caro micio, saresti così gentile da andare ad aprire la porta e dire che sono dovuto partire all’improvviso? Di’ semplicemente che sono andato dalla mia vecchia zia Tirannia Vampiria per festeggiare con lei l’ultimo dell’anno».
«Ma Maestro» disse il gatto meravigliato, «sarebbe una bugia bell’e buona. Volete davvero che io faccia questo?»
II mago alzò gli occhi al cielo sospirando. «Dopotutto non posso mica andare a dirglielo io».
«Va bene, Maestro, va bene. Per voi faccio qualsiasi cosa». (p.42)

Ma fuori non c’era nessuno. (p.43)

LE SEI p.43

Maurice perlustra velocemente lo spazio antistante la porta, confermando l’assenza di persone…

Il gatto fece qualche cauto passo fuori dalla porta, scrutò da ogni lato nell’oscurità, tornò dentro e si scrollò la neve dalla pelliccia.
«Niente» disse, «dev’essersi trattato di un errore. (pp.43-44)

Malospirito si calma, ma nuovamente qualcuno principia a bussare rabbiosamente alla porta. Il mago decide allora di sparare raggi di luce da uno speciale anello crivellando la porta. Il disturbatore pensa così di averlo eliminato…

Ed ecco che si udì bussare di nuovo, e questa volta i colpi suonarono addirittura rabbiosi. (p.44)

Ma ecco che qualcuno bussa ancora…

Ed ecco che si udì bussare un’altra volta. (p.45)

LE SEI E CINQUE p.46

Malospirito resta impietrito per la paura mentre Maurice si accorge che il rumore viene dalla finestra. Accortosi della presenza di un corvo, il gatto apre la finestra e così uno spennacchiato e goffo corvo atterra nel centro della stanza lamentandosi della lentezza con cui gli è stato aperto e per la quasi uccisione con i raggi luminosi. Poi, accortosi di Maurice, si prepara a finire mangiato…

Malospirito riuscì solo a muovere le mascelle, incapace di parlare.
«La finestra!» esclamò Maurice. «Maestro, credo che sia la finestra».
Saltò sul davanzale, aprì un’imposta e sbirciò attraverso una fessura della persiana.
«C’è qualcuno qui fuori» sussurrò, «mi sembra sia un uccello, una specie di corvo, credo».[…]
«Forse si tratta di un’emergenza» osservò il piccolo gatto. E senza aspettare l’ordine del mago spalancò la persiana.
Insieme a una nuvola di neve entrò nel laboratorio un uccello così spennacchiato da somigliare piuttosto a una grossa, informe patata in cui qualcuno avesse conficcato qua e là a casaccio qualche penna nera. (pp.46-47)
«Cribbio! Cribbio! Cribbio!» strillò con un tono di voce impressionante. «Ammazzalo se ve la prendete comoda prima di aprire. Uno fa in tempo a venirgli un accidente. E poi gli sparano pure addosso. (p.47)

Il mago, dopo ulteriore periodo di ammutolimento, si decide infine a far chiedere a Murice chi sia e che cosa voglia il visitatore. Quello afferma di chiamarsi Jacopo Gracchi e di essere il fattorino della zia del mago, Tirannia Vampiria. Le piume le ha perse, continua a raccontare ammiccando nel mentre a Maurice che gli gira intorno, a causa di una nube tossica, dichiarandosi peraltro estremamente jellato…

Tuttora incapace di parlare, il mago fissava pieno di sospetto lo strano pennuto.[…]
«Maurice» ordinò, «chiedi a quest’uccello del malaugurio chi è e che cosa vuole». (p.48)
«Porta i miei saluti al tuo maestro» – gli disse strizzandogli disperatamente un occhio – «e digli che il mio pregiato nome è Jacopo Gracchi, col suo permesso, e che sono per così dire il fattorino volante di madam Tirannia Vampiria, la sua illustrissima zia»[…]. (p.49)

Dopo aver giustificato gli ammiccamenti come tic nervosi dovuti alla presenza di Maurice, Jacopo si lascia finalmente sfuggire del prossimo arrivo di Tirannia per recuperare presso il nipote un grog che a lei manca e serve… Malospirito va su tutte le furie convinto che la zia voglia compiere opera di sciacallaggio appropriandosi delle formule da lui elaborate nel corso degli anni. Decide quindi di andare a nascondere gli incartamenti in cantina lasciando a Maurice l’incarico di sorvegliare Jacopo…

«Dice che deve assolutamente passare la sera di San Silvestro col suo adorato nipote, dice, perché il nipote, dice, ci ha non so che speciale ricetta, di un grog o roba del genere, dice, che a lei gli manca urgentemente, così ha detto».
Malospirito spinse via il gatto e balzò in piedi.
«Sa tutto» sbottò, «per tutti i tumori maligni, vuole solo approfittare della mia situazione. Con il pretesto degli affetti familiari vuole insinuarsi in casa mia per perpetrare uno spudorato furto di idee. La conosco, oh se la conosco!» (pp.52-53)
Il Consigliere d’Affatturazione intanto frugava con mani tremanti tra le montagne di carte che erano sulla sua scrivania, buttava tutto sottosopra e ruggiva: «Per tutte le piogge acide, non avrà una sola virgola dei miei preziosi calcoli! Quella subdola iena pensa forse che ora potrà avere gratis i risultati delle mie ricerche. Ma si sbaglia di grosso! Niente erediterà, proprio niente! Gl’incartamenti con le formule più importanti li depositerò senza indugio nella mia cantina segreta assolutamente a prova d’incantesimo. Mai riuscirà a entrare lì, né lei né nessun altro».
Fece per correre via, ma si bloccò di nuovo frugando con occhi folli il laboratorio.
«Maurice, per tutti i pesticidi, dove ti sei cacciato?»
«Sono qui, Maestro» rispose Maurice dall’alto della testa di pescecane.
«Stammi a sentire» gli gridò il mago di sotto in su, «mentre sono via, tu mi sorveglierai ben bene quel corvaccio insolente, capito! Ma non ti riaddormentare. (p.54)

LE SEI E UN QUARTO p.55

Fedele all’ordine del padrone, Maurice intima a Jacopo di non tentare la fuga e di raggiungere la camera dove resterà recluso. Il corvo lo chiama ripetutamente collega e solo dopo un po’ si convince a chiedergliene il motivo. Sono colleghi, lo informa il corvo, entrambi spie. L’uno del mago, l’altro della strega…

«A proposito, come mai continui a chiamarmi collega?»
«Santo capestro, ma perché lo siamo» rispose Jacopo, «o almeno lo eravamo, mi pareva». (p.57)

«Insomma, anche tu sei qua come agente segreto a controllare il tuo maestro, o no?»[…]
Insomma: io faccio la spia in casa di madam la strega come tu fai la spia in casa di monsù il mago.[…]
Dallo stupore Maurice dovette sedersi.
«È proprio la verità?» (p.58)

LE SEI E VENTI p.59

Il tonto Maurice chiede a Jacopo perché non si sia presentato prima e l’altro gli risponde che gli ha strizzato l’occhio continuamente non potendo spingersi oltre per la presenza di Malospirito… Ma il gatto replica che il mago sa già tutto perché lui stesso lo ha informato, convinto della sua bontà palesata dall’averlo sempre trattato bene…

Tutt’a un tratto trovava estremamente simpatico quel vecchio corvo.
«Ma perché non ti sei fatto riconoscere fin da principio?»
«Ci ho provato eccome!» strepitò Jacopo. «Se non ho fatto che strizzarti l’occhio tutto il tempo!»
«Ah, già!» esclamò Maurice. «Ma avresti potuto dirlo tranquillamente ad alta voce».
Adesso toccava a Jacopo non capire più nulla.
«Ad alta voce?» gracchiò. «Così il tuo principale sentiva tutto? Ma sei proprio un bel tipo!»
«Il mio Maestro sa comunque tutto».
«Coosa?!» boccheggiò il corvo. «L’ha scoperto?»
«No» disse Maurice, «sono stato io a metterlo a parte della cosa».
Il corvo rimase a becco aperto.
«Non può essere vero» sbottò infine. «Roba da stramazzare dal ramo! Ripeti un po’!»
«Non potevo non farlo» spiegò Maurice con aria d’importanza. «Non sarebbe stato cavalleresco continuare a ingannarlo. A lungo l’ho osservato e l’ho messo alla prova, e ho potuto constatare che è un uomo nobile e un vero genio, ed è degno di tutta la nostra fiducia. (pp.59-60)

Tra i due nasce un battibecco, con il corvo a cercare di aprire gli occhi al gatto sulla vera natura malvagia del padrone, litigio che sfocia nella rissa…

Su questo non ci piove, minchione che non sei altro! Ah ah – un genio! Un benefattore! Tsè, mi venga la tosse asinina! Lo sai cosa sa fare quello là? Appestare l’aria, questo sa fare. Avvelenare l’acqua, far ammalare uomini e bestie, distruggere boschi e campi – in questo è proprio grande, il tuo maestro, in questo e nient’altro!»
Maurice quasi soffocava dall’indignazione. (pp.61-62)
«Io non tollero che tu offenda quel grand’uomo. Chiedi scusa, o t’insegnerò io a aspettare la gente, uccellaccio del malaugurio!»
Ma Jacopo oramai era partito in quarta e non lo fermava più nessuno.
«E fatti sotto!» schiamazzò. (p.62)

E all’improvviso, senza che nessuno dei due sapesse esattamente come ci fossero arrivati e chi avesse incominciato per primo, furono un solo viluppo di pelo e di penne che rotolava qua e là sul pavimento. Volavano botte da orbi. (pp.63-64)

La lotta procede alla pari e i due, giunti con i corpi aggrovigliati di nuovo nel laboratorio, vi pongono fine facendo la pace. Jacopo spiega quindi a Maurice che Malospirito lo ha viziato per addomesticarlo, la stessa cosa che Tirannia ha tentato invano con lui che si è solo finto docile carpendole preziose informazioni…

Così facendo erano ritornati senza accorgersene nel laboratorio.[…]
Poi entrambi lasciarono la presa contemporaneamente e si ritrovarono senza fiato l’uno di fronte all’altro. (p.64)
Ma come spesso accade dopo simili zuffe, entrambi si sentivano ora abbastanza concilianti e disposti a far pace.[…]
«Ti chiedo scusa» miagolò.
«Mi dispiace anche a me» gracchiò Jacopo.[…]
E infatti non è niente vero che lui ti ha trattato bene: ti ha solo addomesticato per farti fesso. La mia padrona, madam Tirannia, ci ha provato anche con me. Ma io non mi sono lasciato addomesticare. Ho fatto solo finta. E lei non se n’è accorta. Sono io che ho fatto fessa lei».
Rise scaltro. (p.65)

Jacopo si domanda infine cosa stia facendo Malospirito…

LE SEI E TRENTA p.66

Mentre Malospirito è ancora impegnato a coprire la distanza che lo separa alla cantina segreta, i due animali continuano a dialogare. Il corvo spiega a Maurice che Tirannia acquista dal mago pozioni velenose. Non ha potuto intervenire prima non avendo a disposizione prove certe, prove che pensava di poter ottenere tramite l’altra spia, quella insidiata presso Malospirito, ossia Maurice!… È inoltre convinto che i due malvagi stiano preparando qualcosa di grosso proprio per la sera di capodanno. Maurice ritiene sia solo pessimista e i due finiscono per fare una scommessa al riguardo. Il perdente dovrà inghiottire un chiodo arrugginito…

Per arrivare alla cantina segreta assolutamente a prova d’incantesimo Malospirito doveva percorrere un vero e proprio labirinto di corridoi sotterranei, ognuno dei quali era chiuso da varie porte magiche che si potevano aprire e chiudere solo con un sistema parecchio complicato. Era una procedura che richiedeva molto tempo.
Jacopo si fece più vicino a Maurice e bisbigliò in tono da cospiratore: «Allora, adesso stammi bene a sentire, micio. Devi sapere che la mia madama non è solo la zia del tuo maestro, ma gli passa pure uno stipendio. Lui le fornisce quello che lei ordina, e lei fa grossi affari con tutta quella robaccia velenosa che lui prepara. (pp.66-67)

«Io contavo su di te» rispose Jacopo tetro, «perché vedi – finora non ci ho mica le prove che quei due se la intendono. (p.67)
Io non so ancora cosa ci hanno in testa quei due, ma ci scommetto le mie ultime penne che è una gran umaneria».(p.68)
Apposta sono volato fin qui nella notte e nella tempesta. La mia madama non ne sa proprio niente. Il fatto è che io contavo su di te. […]
«Se ci hai ragione tu, io inghiotto un chiodo arrugginito, se ci ho ragione io, lo inghiotti tu. D’accordo?»(p.69)

LE SEI E TRENTACINQUE p.70

Jacopo ispezione il laboratorio per trovare un posto in cui nascondersi per poter origliare i discorsi di Tirannia e Malospirito. Un fusto con la scritta “Scorie di lavorazione”, sembra fare al caso loro e l’arrivo di Vampiria per la canna fumaria li obbliga ad accelerare le operazioni… Rumorosa la strega che provoca il rovesciamento dell’elisir n.92 in preparazione…

Jacopo Gracchi annuì e cominciò senza indugio a ispezionare il laboratorio. Maurice lo seguì.
«Stai già cercando il chiodo?»
«No» rispose il corvo, «cerco un nascondiglio che va bene per noi».
«Ma per quale motivo?»
«Be’, perché dobbiamo ascoltare di nascosto quello che dicono quei signori». (p.70)
«Ma non si origlia!» dichiarò Maurice. «Non sta bene!» […]

Nel frattempo erano giunti in un angolo buio davanti a un grande bidone di latta col coperchio alzato. Scorie di Lavorazione, c’era scritto sopra. (p.71)
«E vieni una buona volta! Forza! Salta!»
Il piccolo gatto lo raggiunse con un balzo, il corvo lo spinse dentro con il becco ed entrò a sua volta. All’ultimo momento, unendo le loro forze, i due riuscirono a chiudere il coperchio ribaltabile.
La voce stridula proveniente dal camino era ormai vicinissima. (p.73)
Adesso dalla canna fumaria venne giù una vera e propria grandinata di monete, poi nel camino ci fu un greve tonfo, il paiolo con l’elisir numero 92 si rovesciò, il suo contenuto sparì sfrigolando tra la brace (per il momento dunque il «Dietofitintegratore dietetico» non sarebbe stato messo in commercio), e seduta nel bel mezzo delle fiamme che divampavano alte Tirannia Vampiria squittì:
«Non mi fai un battimano?» (pp.73-74)

LE SEI E QUARANTA p.74

La pingue e avida Tirannia, spente le fiammelle accesesi sul vestito, chiama il nipote, indispettita peraltro che quello non fosse presente al suo arrivo… Ma eccolo giungere Malospirito con un sorriso forzato sulle labbra. I due arrivano ad insultarsi, salvo poi conciliarsi immediatamente…

Quando si parla di una strega, la maggior parte della gente si figura una vecchierella grinzosa e rinsecchita che si trascina sulla schiena una grossa gobba e ha la faccia piena di verruche pelose e un unico lungo dente che le balla in bocca. Ma oggigiorno le streghe Tirannia Vampiria, in ogni caso, era l’esatto contrario di tutto questo. È vero che era piuttosto piccola di statura, almeno in confronto all’allampanata figura di Malospirito, ma in compenso era incredibilmente grassa. Era letteralmente più larga che lunga. (pp.74-75)

Era stracarica di ori e gioielli, perfino i suoi denti erano tutti d’oro e al posto delle otturazioni avevano fulgidi brillanti. (p.75)

«Iuhuhu!» chiamò cercando di dare un suono dolce alla sua voce stridula e scrutando da ogni lato. «C’è nessunooo? Ohoh! Bubettinooo!»
Nessuna risposta.
Ora, se c’era una cosa che Tirannia Vampiria non poteva proprio soffrire, era che non le si prestasse attenzione. Lei ci teneva moltissimo alle sue spettacolari entrate in scena. Il fatto che Malospirito si permettesse addirittura di non essere presente al suo show la mandava già su tutte le furie.
Senza indugio cominciò a sficcanasare tra le carte che erano sul tavolo, ma non andò lontano perché quasi subito udì dei passi che si avvicinavano. Era Malospirito che finalmente stava tornando. A braccia aperte la strega corse incontro al nipote.
«Belzebù!» cinguettò. «Belzebubino! Lasciati guardare! Sei proprio tu?»
«Sono io, zia Titti, sono io» rispose lui corrugando la faccia in un acido sorrisetto di finta gioia. (pp.76-77)

LE SEI E QUARANTACINQUE p.79

Esauriti i convenevoli, i due parenti restano a fissarsi, diffidenti l’uno dell’altra. È Tirannia la prima a rompere gli indugi e a chiedere di parlare di affari. Malospirito le chiede se Jacopo sappia qualcosa dei suoi loschi traffici, ma la strega è convinta di no, anzi, è lei a sapere tutto di lui e della sua missione per conto del Gran Consiglio degli animali… Malospirito parla allora dell’ingenuo e credulone Maurice, causando un moto di profonda tristezza nel cuore del gatto nascosto nel bidone…

Il colloquio tra il mago e la strega proseguì ancora per un po’ su questo tono vacuo. Era evidente che si stavano soppesando a vicenda e che nessuno dei due si fidava dell’altro. Ma alla fine le loro riserve di convenevoli si esaurirono.
Intanto si erano seduti faccia a faccia e ora si squadravano con gli occhi socchiusi, come due giocatori di poker prima della partita. (p.79)

«E ora veniamo agli affari» disse Tirannia. (p.80)
«Quanto sa» chiese infine Malospirito, «quanto sa di te – e dei tuoi affari?»
«Proprio nulla» disse Tirannia, «è solo un proletario, nient’altro». (p.81)
«In realtà lui è uno spione che il Gran Consiglio degli animali mi ha messo in casa per sorvegliarmi. Quell’uccello del malaugurio si considera molto scaltro. Ancor oggi è convinto che io non mi sia accorta di nulla». (p.81)
«Guarda guarda» disse, «anch’io da qualche tempo ho per casa uno spione come il tuo – un gatto completamente rincitrullito che s’illude di essere un cantante. È fiducioso, ingordo e vanesio, dunque ha un’indole molto gradevole – almeno per me. È stato un gioco da ragazzi neutralizzarlo fin da principio. L’ho rimpinzato di cibo – e di sonniferi. Non fa altro che sonnecchiare, però è felice e contento, il piccolo idiota. Mi idolatra addirittura».
«E non sospetta nulla?»
«È un tale credulone» rispose Malospirito. «Lo sai che cosa ha fatto oggi? Mi ha confessato di sua spontanea volontà tutto quanto – perché è qui e chi lo ha mandato. Mi ha perfino chiesto scusa per avermi ingannato in tutto questo tempo. Riesci a figurarti un simile babbeo?»
La tensione fra il mago e la strega esplose in una fragorosa risata. (p.82)

LE SEI E CINQUANTA p.83

Tirannia si mostra un po’ preoccupata per l’invio delle spie, chissà per colpa di chi di loro due… Andrebbero torchiati i due animali, ma prima è meglio parlare d’affari, conclude. Vorrebbe infatti che Malospirito le cedesse una pergamena appartenuta al di lui nonno, Belial. Il mago replica che l’avo solamente metà gliene ha lasciata e che non gliela cederò gratis. La zia estrae allora mazzetti di banconote…

«Ciononostante» disse Tirannia ridiventando seria di colpo, «s’impone la massima cautela, ragazzo mio! Il fatto che ci mettano in casa delle spie significa che il Gran Consiglio degli animali ha cominciato a sospettare di noi. Mi chiedo solo: per colpa di chi, Bubi?» (p.83)
«Dovremmo torchiarli un po’, quei due. Ma dove si sono cacciati?» (p.84)
Tra le cose che ti ha lasciato in eredità tuo nonno Belial Malospirito c’era, se ben ricordo, un vecchissimo rotolo di pergamena di circa due metri e mezzo di lunghezza». (p.86)
«Regalartelo?!» – Sputò letteralmente quella parola come se fosse un boccone amaro. – «Io non faccio regali. Chi fa regali a me?» (p.87)
Poi aprì di scatto la piccola porta blindata e ne tirò fuori alcune grosse mazzette di banconote che fece scorrere velocemente tra le dita sotto il naso di Malospirito. (p.88)

LE SETTE p.88

Vampiria commette l’errore di chiedere al nipote quanto voglia per quella metà di pergamena, fatto che convince il nipote dell’importanza di quanto richiestogli…

Un milione – due milioni — tre -quattro – quanto vuoi?» […]

Se dunque gli offriva una somma simile, voleva dire che ci teneva moltissimo a quel mezzo rotolo di pergamena. (p.89)

Jacopo è intanto costretto a tenere sveglio Maurice, vittima dei sonniferi somministratigli da Malospirito, dandogli un fortissimo pizzico…

LE SETTE E CINQUE p.90

Vampiria continua ad alzare l’importo dell’offerta convincendo sempre più il nipote dell’importanza rivestita da quella pergamena. Il rifiuto gli è relativamente facile, dato il ritorno a mezzanotte di Verme… Malospirito decide allora di bluffare per cercare di capire cosa la zia nasconda. Obbligatala ad ammettere di essere in possesso della prima metà della pergamena, il mago la convince poi a mostrargliela. E Vampiria estrae così il rotolo dal ridicolo copricapo che le copre la testa…

Il mago fissò attraverso le spesse lenti quella montagna di soldi. Allungò le mani con un gesto convulso, ma poi si trattenne: nella sua situazione disperata i soldi oramai non gli sarebbero serviti comunque. Ma più lei gli offriva, e più lui era certo che gli offriva troppo poco. Doveva assolutamente scoprire che cosa avesse in animo quella vecchia strega.
Tentò la tattica dell’attacco a sorpresa e sparò per così dire un colpo nel buio.
«Dai, dai, vecchia mia» disse con tutta la calma che gli riuscì di racimolare, «lo so
bene che la prima parte del rotolo ce l’hai tu». (p.92)
«L’hai mai mostrata a un esperto? Lascia che le dia un’occhiata io».(p.93)

La zia si strappò dalla testa il gigantesco cappello e cominciò a cavar fuori dall’interno dell’enorme falda un lungo rotolo di pergamena. (p.94)

Il rotolo è originale e sembrerebbe proprio la prima parte di una formula, afferma Malospirito. Ma la zia non gli rivela altro, proponendogli ulteriore denaro…

«Questo è l’originale» ripetè stizzita la strega mostrando al nipote l’estremità strappata del suo mezzo rotolo.[…]
«Ehm» fece Malospirito accarezzandosi il mento, «sembra proprio la prima parte di una ricetta – ma la ricetta di cosa?» (p.94)
Insomma quanto vuoi, spara!»
E ricominciò a cavare dalla borsetta blindata, con il solito incantesimo, altre
mazzette di banconote.[…]
«Mi chiedo chi dei due è lo strozzino qui, carissima zia» borbottò, «insomma, sputa il rospo una buona volta – di che ricetta si tratta?»
Furibonda, Tirannia serrò i piccoli, grassi pugnetti.
«Ah, alla malora tu e la tua curiosità! È semplicemente la ricetta di un vecchio grog. (p.95)

LE SETTE E DIECI p.96

Tirannia alla fine cede e confessa a Malospirito trattarsi della ricetta del Grog del Re di Magog in grado di far realizzare qualsiasi desiderio pronunciato da chi ne abbia bevuto un bicchiere la notte di San Silvestro…

«E va bene» lo investì improvvisamente, «te lo dirò, maledetto zuccone! Ma prima devi giurarmi sul Banco Tenebroso di Plutospirito che dopo mi venderai la tua metà della pergamena».
Il mago brontolò qualcosa e fece con la testa un vago cenno che si poteva anche interpretare come un segno di assenso.
La strega avvicinò la propria sedia alla sua, si sedette ansante, e parlando a bassa voce disse:
«Dunque, stammi a sentire: si tratta della ricetta del leggendario satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog. È uno degl’incantesimi malvagi più antichi e potenti dell’Universo: apparteneva addirittura al mitico re Gog di Magog. Funziona solo nella notte di San Silvestro, perché è il momento in cui i desideri hanno un’efficacia tutta speciale. Oggi ci troviamo infatti proprio nel bel mezzo delle Dodici Notti di Ghiaccio, durante le quali – com’è noto – tutte le forze delle Tenebre si aggirano liberamente sulla Terra. Per ogni bicchiere di questa pozione magica che vuoti tutto d’un fiato, hai a disposizione un desiderio che – se lo esprimi ad alta voce – si realizza al cento per cento». (pp.96-97)

Le parole della zia accendono un barlume di speranza in Malospirito che, però, dovrà trovare il modo di impossessarsi anche della prima parte della pergamena, altro che cedere la sua…

Nel cervello del mago guizzavano mille e mille brandelli di pensieri, come lampi di un temporale in arrivo. Con quel Grog di Magog – fulmineamente se ne rese conto
avrebbe fatto ancora in tempo a recuperare, per così dire in una sola smazzata, tutte le malefatte arretrate. Quella che improvvisa e insperata vedeva davanti a sé, a portata di mano, era la salvezza! Avrebbe giocato davvero un bel tiro all’ufficiale giudiziario dell’Inferno. Solo che doveva assolutamente avere tutto per sé quel favoloso beveraggio – su questo non c’erano dubbi. Per nessuna ragione al mondo oramai avrebbe ceduto alla zia il proprio mezzo rotolo, qualunque cosa lei gli offrisse in cambio – anzi, al contrario, doveva assolutamente mettere le mani anche su quello di lei, a qualunque prezzo[…] (p.100)

LE SETTE E UN QUARTO p.101

Malospirito prova a mettere timore alla zia paventando la possibilità che i due animali possano poi denunciarli al Gran Consiglio. Ma la strega lo tranquillizza, anzi, è suo obiettivo quello di averli presenti. Il Grog realizza infatti il contrario di quello che si pronuncia e, quindi, chiedendo la pace e il bene della natura, scateneranno guerra e distruzione. Le spie riferiranno della loro bontà, non potendoli denunciare come causa del male propagatosi…

«Com’è carino da parte tua, Bubi, preoccuparti tanto per me. Ma quello che dici è completamente sbagliato. Infatti il gatto e il corvo devono essere presenti! Ci tengo addirittura moltissimo ad averli per testimoni. È proprio questo il lato più spassoso di tutta la faccenda».
Il mago tornò indietro.
«Come sarebbe a dire?»
«Dopotutto non si tratta mica di una pozione magica qualsiasi» spiegò la strega. «Il satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog ha una proprietà che lo rende addirittura ideale. Ogni desiderio che esprimi, lui lo trasforma infatti nel suo esatto contrario. Tu auguri salute, e viene fuori una pestilenza; parli di benessere per tutti, e in realtà provochi miseria; fai discorsi di pace, e il risultato è la guerra. Riesci adesso a capire la finezza, Bubino?» (pp.102-103)
«Per lo stronzio radioattivo!» esclamò. «E i due spioni potranno addirittura testimoniare che noi abbiamo fatto del nostro meglio – nient’altro che opere di bene per questo povero mondo sofferente!» (p.103)
«E nessuno» strillò lei, «nessuno saprà mai da dove sono venute tutte quelle sciagure!»
«No, proprio nessuno» urlò a squarciagola lui, «perché noi due, Titti, tu e io – noi ne usciremo candidi come agnellini!»
Si buttarono l’uno nelle braccia dell’altra e cominciarono a saltellare qua e là. (p.104)

LE SETTE E VENTI p.105

Jacopo dichiara a Maurice d’iniziare a sentirsi male. Che abbia forse letto male quel che c’è scritto sul bidone? E il gatto, contrito, confessa di non saper leggere…

«Ehi, micio» bisbigliò Jacopo, «mi sa che sto per sentirmi male. Ci ho la testa così strana». (p.105)
«Scusami!» alitò contrito il piccolo gatto.
«Cosa devo scusare?»
«Io non so affatto leggere». (p.106)

LE SETTE E VENTITRÉ p.107

Terminato di ridere, Tirannia dichiara di esser la sola che berrà il Grog. Malospirito la corregge: ne berrà anche lui pronunciando in sua vece alcuni desideri. La strega s’infuria per la promessa tradita e i due iniziano a guardarsi di nuovo in maniera minacciosa…

Il Grog di Magog naturalmente lo bevo solo io, e i desideri li esprimo solo io. Tu con questo non c’entri».
«Errore, zietta» rispose Malospirito, «così ti prenderesti soltanto una sbornia infernalcolica e magari finiresti pure con l’ammalarti. Dopotutto non sei più una ragazzina. Fidati di me, lascia che ci pensi io. Puoi sempre dirmi tu quali desideri devo esprimere per te. Solo a questa condizione ci sto».
Tirannia scattò come una molla.
«Ho sentito bene?!» gridò. «Avevi giurato sul Banco Tenebroso di Plutospirito che mi avresti venduto la tua parte». (p.108)

Per un po’ i due si fissarono ostili.
«Se continuiamo così» riprese infine la strega, «arriva l’anno nuovo e noi siamo ancora seduti qui a litigare». (p.109)

LE SETTE E VENTICINQUE p.109

Felice di poter finalmente avere la zia in pugno dopo anni di umiliazioni, Malospiritio si rende al contempo conto di non aver troppo tempo a disposizione. Tirannia dichiara poi che il Grog perde il suo potere al primo rintocco di campana dopo la mezzanotte. Per far avverare il contrario di quanto espresso, il mago deve pertanto preparare la pozione ben prima di mezzanotte…

Guardò di nuovo l’orologio, ed era evidente che oramai si controllava solo a fatica. Le sue guance cascanti tremolavano e la pappagorgia multipla fremeva.
Malospirito in cuor suo si godeva la situazione – benché nemmeno lui fosse messo molto meglio. Era stato costretto a dipendere da quella strega finanziaria per tanti e così lunghi anni – e lei non aveva certo mancato di farglielo pesare – che adesso gli procurava un vero e proprio godimento l’idea di poterla finalmente, per una volta, cucinare a fuoco lento.
Gli sarebbe piaciuto prolungare ancora il gioco, ma anche a lui rimanevano oramai solo poche ore fino a mezzanotte.
«L’anno nuovo» mormorò un po’ assente, «eh già, fra poco incomincia».
«Appunto» esplose Tirannia, «e lo sai che cosa succede allora, idiota? Al primo rintocco delle campane di San Silvestro il Grog di Magog perde il suo effetto invertitore!» (pp.109-110)
«Non il potere magico» sbuffò lei, «solo l’effetto invertitore – il che è molto peggio! Perché così la menzogna diventa verità, capisci! Tutto quello che si dice vale così com’è, parola per parola». (p.110)
«Significa che dobbiamo assolutamente aver finito di preparare il grog prima di mezzanotte, anzi, possibilmente molto prima di mezzanotte. Perché io devo averlo bevuto fino all’ultima goccia e aver espresso tutti i miei desideri prima che risuoni il primo rintocco dello scampanio di capodanno. Basta che ne rimanga un piccolissimo residuo, e tutto va storto! (p.111)

Tirannia gli offre altri milioni, cento, tre miliardi, finendo per infuriarsi giacché il nipote non accetta ancora dichiarando di non saper che farsene dei soldi. Vuol piuttosto che gli confessi perché ci tenga tanto alla seconda metà della pergamena…

«Niente da fare, Titti» replicò lui, «o mi dai la tua parte di pergamena – o ti decidi a confessarmi una volta per tutte perché ci tieni tanto alla mia». (p.113)

Tra smorfie di dolore simili al pianto, la strega confessa di aver ricevuto la visita di Verme a preannunciarle il pignoramento di tutti i suoi beni per non aver adempiuto alle clausole contrattuali…

La strega si produsse a titolo di prova in un paio di singhiozzi, ma poi rinunciò a proseguire l’esibizione e dichiarò con voce rotta: «E va bene, se te lo dico tu mi terrai in pugno al cento per cento – e naturalmente sfrutterai la cosa senza il minimo pudore, da come ti conosco. Ma che importa, in un modo o nell’altro sono perduta comunque. Oggi è stato da me un funzionario infernale, un certo Maledictus Verme, per incarico del mio protettore, il Ministro delle Finanze Infernali Mammona. Mi ha annunciato che questa notte stessa, allo scadere dell’anno, sarò personalmente pignorata. Ed è tutta colpa tua, Belzebù Malospirito! Come tua committente ora mi ritrovo nei guai fino al collo. Siccome tu non sei riuscito a concludere niente di niente, io sono rimasta indietro con i miei affari e non ho potuto provocare tutte le sciagure previste dal mio contratto. (p.115)

Malospirito dichiara di trovarsi nelle sue stesse condizioni e che pertanto non resta loro altro da fare che far causa comune, preparare assieme la pozione e iniziare ad esprimere i desideri uno alla volta…

Se le cose stanno come tu dici, allora a noi due non resta che fare causa comune. Perché ci teniamo in pugno a vicenda, mia cara zia. Anche da me è venuto quell’ufficiale giudiziario dell’inferno, e anch’io a mezzanotte sarò personalmente pignorato, a meno che non recuperi l’arretrato. Siamo nella stessa barca, mia cara, e delle due l’una: o ci salveremo insieme o insieme affonderemo».[…]
Procederemo insieme e senza indugio alla preparazione del favoloso satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog, poi lo berremo a turno, un bicchiere
io e poi uno tu, e intanto esprimeremo insieme i nostri desideri, prima uno io, poi uno tu, poi di nuovo io…».[…]
«Allora vado a prendere la mia parte di ricetta» disse lui.[…]
Malospirito corse via e Tirannia lo seguì con sorprendente agilità.(p.117)

LE SETTE E TRENTA p.118

Usciti i due malvagi per andare a recuperare la parte di pergamena del mago, corvo e gatto escono intontiti dal bidone. La scommessa l’ha vinta Jacopo e la loro priorità è ora quella di escogitare qualcosa con cui poter mandare in fumo i progetti di Tirannia e Malospirito…

Il rumore dei loro passi si era appena spento quand’ecco che il piccolo gatto ruzzolò fuori dal bidone. Gli girava la testa e si sentiva malissimo. Il corvo, che non stava meglio di lui, lo seguì.
«Be’» gracchiò, «hai sentito tutto?»
«Sì» disse Maurice.
«E hai anche capito tutto?»
«No» disse Maurice.
«Ma io sì» dichiarò il corvo, «e allora chi è che ha vinto la scommessa?»
«Tu» disse Maurice. (p.118)
Dovremmo mettere in piedi qualcosa che così quelli non ce la fanno più a preparare in tempo il loro intruglio magico. (p.120)

Compiuti pochi passi, ecco un colpo di fortuna: la metà della pergamena di Tirannia sul tavolo! Pensano di distruggerla, ma quella si anima e inizia a stritolarli come un serpente. Solo il provvidenziale intervento del rientante Malospirito li salva…

«Ehi, vieni un po’ qua!».
Aveva scoperto il rotolo di pergamena che Tirannia aveva lasciato sul tavolo, e lo stava osservando ora con un occhio ora con l’altro.
Con un balzo il piccolo gatto fu al suo fianco.
«Guarda qua, guarda!» sussurrò il corvo. «Se ‘sta roba la buttiamo nel fuoco, quelli avrebbero chiuso con il loro grog magico. L’ha detto il tuo maestro, no?, che con la seconda metà da sola non poteva farci proprio niente di niente». (p.121)
Stavano giusto per afferrarlo insieme, quando all’improvviso quel serpente di pergamena si srotolò tutto da solo e rizzò la parte anteriore, come un cobra gigantesco davanti all’incantatore di serpenti. (p.122)
E prima ancora che avessero afferrato cosa stesse succedendo, il rotolo di pergamena, con un movimento fulmineo, si era avvolto intorno a loro, più e più volte, fino ad assumere l’aspetto di un cartoccio dal quale spuntavano in alto le teste di un gatto e di un corvo. I due non potevano più fare un movimento e quasi neppure respirare. La morsa si stringeva sempre più. (p.123)

LE SETTE E TRENTAQUATTRO p.124

Jacopo ringrazia, seppur a malincuore, Malospirito per aver salvato loro la vita. Il mago chiede dove siano stati fino a quel momento e il corvo inventa una lunga storia in cui litigano fino a ritrovarsi nuovamente nello studio. Tirannia chiede loro di esser buoni. In caso positivo, come premio, avranno diritto a prender parte al veglione…

«Umilissimi ringraziamenti, Vostra Grazia» ansimò Jacopo, «appena a tempo!» (p.124)
«Di’ un po’» disse il mago rivolgendosi al gatto, «dove vi siete cacciati per tutto questo tempo voi due birbantelli?» (p.126)
«Niente ma!» lo interruppe la strega con voce flautata. «Siate gentili tra voi, piccole birbe! Perché abbiamo avuto un’idea bellissima, il mio formidabile nipote e io. E se ve ne state belli tranquilli e andate d’accordo, avrete il permesso di partecipare al nostro veglione di San Silvestro. Ci divertiremo un mondo, nevvero Bubi che ci divertiremo?»
«Ma certo» rispose Malospirito con un sorriso sghembo, «sarà davvero una bella festa. Se farete i bravi».
«A me non mi va tanto» strepitò Jacopo, «ma se proprio non si può fare a meno: vogliamo far pace, signor barone?»
Con l’ala diede una gomitata nel fianco a Maurice, che annuì un tantino istupidito. (p.127)

LE SETTE E QUARANTA p.128

Tirannia e Malospirito tirano fuori le rispettive parti di pergamena e, dopo aver pronunciato la formula appropriata, soddisfatti le vedono unirsi in un unico rotolo. Chiedono quindi agli animali di andar via, finendo per condurli di peso nella stanza di Maurice dove li chiudono a chiave prima di tornare in laboratorio…

Nel frattempo la strega aveva nuovamente arrotolato il serpente di pergamena. Ora il mago tirò fuori dall’ampia manica della veste da camera un rotolo assolutamente identico.
«Per prima cosa, Titti» dichiarò, «adesso dobbiamo fare la prova del nove, per vedere se le due parti in origine formavano davvero un tutto unico. Sai qual è la formula e che cosa devi fare?» (p.128)
Le estremità delle due parti si erano riunite di scatto, come attirate dalla forza di un enorme magnete, e si erano saldate insieme – perfettamente e senza giunture, come se non fossero mai state separate.[…]
«E adesso» disse Malospirito rivolgendosi ai due animali, «bisogna che ci lasciate un momentino soli. Dobbiamo preparare il veglione di San Silvestro, e per ora voi ci siete solo d’impiccio». (p.129)
Infine, vedendo che i discorsi non servivano a nulla, la strega afferrò per la collottola il corvo, e il mago il gatto. Li portarono in camera di Maurice e qui li rimisero giù.[…]
«E perché non vi venga la tentazione di curiosare prima del tempo guastando la festa a noi e a voi stessi» seguitò Malospirito, «fino a quel momento vi terremo sotto chiave».
Chiuse la porta e girò la chiave nella toppa dall’esterno. I loro passi si allontanarono. (p.130)

LE SETTE E QUARANTACINQUE p.131

I due animali si ritrovano dunque chiusi a chiave senza poter far nulla per impedire i piani di distruzione del mondo dei due maghi… Inizialmente scoraggiati, è Maurice a dare a Jacopo lo stimolo per cercare di far qualcosa. Decidono quindi di uscire dalla finestra per andare in cerca di aiuto…

«Bisogna sempre pensare al peggio, per principio, e poi bisogna fare tutto quello che si può per impedirlo».
«E che cosa possiamo fare in questo caso?» chiese Maurice.
«Niente» ammise Jacopo. (p.132)
«Ehm, dunque» – chiocciò – «su una cosa non ci piove: finché ce ne stiamo seduti qua dentro, non si combina proprio niente. Dobbiamo uscire di qua. Il problema è: come. La porta è chiusa. Ci hai qualche idea?»
«Forse potrei riuscire ad aprire la finestra» propose Maurice zelante.
«Provaci!»
«E perché?»
«Perché dobbiamo metterci in cammino – un lungo cammino, probabilmente».
«Per andare dove?»
«A chiedere aiuto». (p.135)
Maurice rifletté un istante, poi si riscosse, saltò sul davanzale e aprì con qualche sforzo la finestra.
Entrò turbinando della neve.
«Forza allora!» gracchiò il corvo, e volò fuori. Fu subito afferrato da una ventata e scomparve da qualche parte nelle tenebre.
Il piccolo grasso gatto chiamò a raccolta tutto il suo coraggio e saltò a sua volta. Cadde piuttosto pesantemente e sprofondò in un cumulo di neve che si richiuse sopra di lui. Solo a fatica riuscì a tirarsene fuori sgambettando.
«Jacopo, dove sei?» miagolò impaurito.
«Qua!» rispose lì vicino la voce del corvo. (p.136)

LE SETTE E CINQUANTA p.137

Dopo aver cantato l’Antifonario di Satana per porsi nella giusta negativa predisposizione d’animo, Malospirito inizia la fabbricazione del recipiente idoneo alla preparazione della pozione…

A questo punto comunque erano dell’umore giusto per accingersi alla loro opera.
«Per prima cosa» dichiarò Malospirito, «adesso dobbiamo fabbricare il recipiente adatto per il satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog». (p.140)

E in brevissimo tempo ecco Malospirito dar vita a una grande boccia simile a quella per pesciolini rossi…

Ben presto tra le mani esperte di Malospirito prese forma una specie di vassoio, poi il mago ci attaccò delle pareti laterali ottenendo infine una specie di grande boccia per pesciolini rossi, di un metro circa di altezza e uguale diametro. (p.142)

LE OTTO p. 143

Abbandonato il parco morto, i due animali si ritrovano ben presto in strada, tra palazzi illuminati a festa e rari pedoni frettolosi ignari di quel che a Villa Incubo due maghi stan preparando…

Nessuno in tutta la città sospettava la sciagura che si stava preparando a Villa Incubo. E nessuno faceva caso al piccolo grasso gatto e al corvo spennacchiato che si erano messi in cammino alla ventura per cercare di salvare il mondo. (p.147)

Jacopo e Maurice continuano a camminare con la speranza di farsi venire in mente a chi rivolgersi per chiedere aiuto. Non agli umani di certo…

No, dagli uomini non c’era da aspettarsi nessuna salvezza immediata. Ma allora da chi? Jacopo e Maurice non lo sapevano. Continuavano solo a camminare e camminare. (p.147)

Dopo un lungo silenzio Maurice dichiara a Jacopo di esser felice di aver incontrato un corvo esperto della vita come lui, un amico da ammirare. Jacopo si dice altrettanto lieto di aver conosciuto un nobile gatto, ma ecco che il felino, quasi in lacrime, confessa di essersi inventato tutto del proprio passato, lui orfano, debole e con una brutta voce. Maurizio il suo vero nome…

Dopo che ebbero camminato per un bel po’ in silenzio l’uno accanto all’altro,
Maurice disse sottovoce: «Jacopo, forse queste sono le ultime ore della nostra vita. Perciò devo assolutamente dirti una cosa. Non avrei mai creduto che un giorno avrei fatto amicizia con un uccello, e con un corvo per giunta. Ma adesso sono orgoglioso di aver trovato un amico così intelligente ed esperto della vita come te. In tutta sincerità: io ti ammiro».
Il corvo si schiarì la gola un po’ imbarazzato e poi rispose con voce roca: «Manco
io avrei mai pensato che ci avrei avuto un vero compagno che è un artista famoso e, come se non bastasse, pure un tipo per la quale come te. (p.148)

«Ah Jacopo, Jacopo» esclamò il piccolo gatto facendo fatica a non lasciar capire quanto fosse vicino a piangere, «io non discendo affatto da un’antica stirpe di cavalieri, e i miei antenati non vengono affatto dalla Provenza. A essere sinceri, non so neppure bene dove si trovi, la Provenza. E non mi chiamo neanche Maurice de Sainte-Maure, questo nome me lo sono semplicemente inventato. In realtà mi chiamo Maurizio – Maurizio e basta. (p.149)
E un celebre menestrello, quello poi non lo sono stato proprio mai. Non ho mai avuto una bella voce». (pp.149-150)

È il suo sogno che ha finto di credere reale. Ma un giorno potrà forse realizzarlo per davvero?… La marcia dei due animali riprende silente…

E in silenzio i due continuarono a camminare nella neve e nel vento.
Lontano lontano, in fondo alla strada, il campanile del grande duomo si stagliava contro il cielo notturno. (p.152)

OTTO E CINQUE p.152

In laboratorio intanto i due maghi alacremente studiano la pergamena e, decifrando il codice infernale in cui è scritta, iniziano a radunare gli ingredienti necessari alla preparazione del Grog di Magog… Un lavoro di squadra che denota un affiatamento inimmaginabile…

Nel laboratorio, intanto, il lavoro ferveva.
Per prima cosa si trattava di radunare le varie sostanze che erano indispensabili per la preparazione del satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog. La lunga striscia di pergamena giaceva srotolata sul pavimento, tenuta ferma da pile di libri perché non si riavvolgesse su se stessa.
Dopo aver studiato ancora una volta attentamente le istruzioni per l’uso riportate in apertura, Malospirito e Tirannia passarono alla ricetta vera e propria. Entrambi stavano chini sopra il testo e lo decodificavano. Per i non-maghi la cosa sarebbe stata del tutto impossibile, poiché si trattava di una scrittura cifrata terribilmente complessa, il cosiddetto «codice infernale». (pp.152-153)
Si andò avanti sempre così: una volta era Malospirito a sapere che cosa si dovesse fare, la volta dopo era Tirannia. Spronati dalla comune cattiva volontà, i due lavoravano insieme senza alcuna fatica, come se in vita loro non avessero fatto altro. (pp.155-156)

LE OTTO E UN QUARTO p.158

Ai piedi del campanile del duomo Jacopo si rammarica dell’assenza della vecchia gufa, suor Buba, che ivi abitava e che tante cose conosceva. Parlando del rumore delle campane al corvo viene in mente che basterebbe suonarle per annullare l’effetto invertitore del Grog di Magog. Ma chi potrebbe suonarle?… Tirando la corda sarebbe impossibile, anche perché ormai le si suona premendo un interruttore elettrico. Ma la porta d’ingresso è chiusa a chiave. Maurizio, esaltato dall’impresa, dichiara allora di voler scalare l’edificio dall’esterno…

Jacopo Gracchi e Maurizio sedevano ai piedi del campanile del duomo, che si ergeva nel cielo notturno simile a una parete rocciosa tutta dentellata. Entrambi guardavano in su con la testa rovesciata all’indietro e tacevano. (p.158)

LE OTTO E TRENTA p.163

Terminata la raccolta degli ingredienti, tocca ora a Malospirito iniziare il processo di magizzazione che solo lui può eseguire…

La gigantesca boccia di Fuoco Freddo nel frattempo si era riempita fino all’orlo. Il liquido che vi era contenuto mostrava adesso una colorazione violetta. Pur essendo già composto degli ingredienti più strani, era ancora ben lungi dall’essere un Grog di Magog. Per diventarlo aveva bisogno di essere magizzato, cioè sottoposto a una serie di processi che lo mettessero in grado di assorbire le oscure forze dei poteri magici veri e propri. Questa era la parte più propriamente scientifica del lavoro e rientrava nelle competenze di Belzebù Malospirito. (p.163)

Dopo molto lavoro qualche pericoloso imprevisto, la magizzazione ha infine termine…

Finalmente il processo di magizzazione si concluse. La sostanza nella boccia appariva ora opaca e riflettente come il mercurio. Adesso era pronta ad assorbire qualsiasi potere magico, e quindi in questo caso la misteriosa capacità di far avverare ogni desiderio. (p.167)

LE OTTO E QUARANTACINQUE p.167

Maurizio si arrampica con ardore lungo cornicioni e muri ma, giunto a metà strada, le forze iniziano a mancargli per via della scarsa forma fisica e per l’avvelenamento subito dentro il fusto. A salvarlo è Jacopo che tenta invano di farlo desistere in considerazione del fatto che in loro assenza i due malvagi non avranno alcun bisogno dell’effetto invertitore per ingannarli. Il gatto tenta ancora di proseguire ma è ancora una volta lo sfinito corvo a salvargli la vita…

Ma adesso che non siamo più là, che bisogno ci hanno dell’effetto invertitore? Adesso possono desiderare tutto il male che vogliono, e tutto si avvererà parola per parola. Non ci hanno più bisogno di stare attenti, perché noi non gli stiamo più tra i piedi. […]
Ma Maurizio non stava a sentire. (p.170)
[…]continuò ad arrampicarsi. (p.171)

LE NOVE p.172

In laboratorio la preparazione prosegue con l’intervento di Tirannia che decifra parte della pergamena redatta in gergo stregonesco, consentendo così di iniziare a pronunciare assieme a Malospirito una serie infinita d’incantesimi che generano continue apparizioni…

Nella fase che bisognava affrontare successivamente, toccò di nuovo a Tirannia assumere il ruolo di guida. L’istruzione per introdurre nel grog il potere di esaudire desideri era redatta infatti in gergo stregonesco. (pp.172-173)
Tirannia padroneggiava quel linguaggio alla perfezione. (p.173)
Quando Tirannia l’ebbe tradotta per intero, zia e nipote spensero tutte le luci del laboratorio. Rimasti totalmente al buio, ingaggiarono una vera e propria gara d’incantesimi. Come in un delirio si accavallarono le apparizioni: emergevano dalle tenebre, prendevano il posto di quelle precedenti e scomparivano a loro volta.(p.175)
Andò avanti sempre così, le apparizioni si susseguivano via via più veloci, e tutte scomparivano dentro la boccia, il cui contenuto ribolliva a sfrigolava ogni volta come se qualcuno vi avesse immerso un ferro rovente. (p.176)

LE NOVE E UN QUARTO p.176

La quarta e ultima parte della preparazione, quella indispensabile ad introdurre nel grog l’effetto invertitore, necessita un viaggio nella quarta dimensione dei due maghi. Malospirito inietta a sé e alla zia l’lsd che consente loro di intraprendere tale necessario viaggio…

Dopo un ultimo furioso vortice d’immagini ormai indistinguibili, il tutto si concluse con una specie di esplosione in cui il Grog di Magog nella sua boccia di Fuoco Freddo avvampò di una luce arancione. Malospirito riaccese la luce.
Sia lui che la zia, dopo questo sforzo comune, erano sulle prime totalmente esausti. Dovettero tirarsi su con speciali pillole magoenergetiche per poter affrontare ancora l’ultima parte, la più difficile, della preparazione. Ma adesso non potevano più concedersi pause di riposo, poiché il tempo incalzava inesorabile.
La quarta e ultima parte del processo non si poteva affatto compiere nel nostro mondo, nell’ambito di ciò che noi chiamiamo «tempo» e «spazio». Bisognava trasferirsi nella Quarta Dimensione. (pp.176-177)
Quest’ultimo ed estremo sforzo era indispensabile per introdurre nel grog l’effetto invertitore, quello che aveva il potere di far avverare, di ogni desiderio espresso, l’esatto contrario. (p.177)
Questa parte della ricetta sulle prime non riuscirono a decifrarla né Malospirito né Tirannia. Ma entrambi sapevano che l’esorbitaneo si può parlare e capire, per l’appunto, solamente nella Quarta Dimensione: dunque non restava altro da fare che recarsi senza indugio laggiù. (p.178)
A questo punto zia Titti non avrebbe saputo come andare avanti, ma Belzebù Malospirito conosceva un sistema per saltare da una dimensione all’altra.
Andò a prendere una siringa per iniezioni e un flaconcino dalla forma strana in cui sciabordava un liquido incolore.
Luciferino
Salto
Dimensionale
c’era scritto sopra.
«Bisogna iniettarlo direttamente nel sangue» spiegò. (p.179)

Il mago aspirò il liquido nella siringa, poi entrambi si denudarono il braccio sinistro, lui verificò attentamente la quantità e fece l’iniezione prima a lei e poi a se stesso.
I contorni delle loro figure presero a vibrare, a confondersi, ad allungarsi e allargarsi in modo grottesco, e infine i due scomparvero alla vista.
Nella boccia di Fuoco Freddo però cominciarono ad accadere, apparentemente da sole, le cose più strane… (p.181)

LE NOVE E VENTI p.182

Incredibilmente e nonostante le rimostranze di Jacopo, Maurizio riesce a raggiungere la sala delle campane, giacendo però esanime non appena penetratovi. Il corvo lo raggiunge e, a sua volta, perde le forze. I loro corpi sono a poco a poco coperti dalla neve che dalla finestra entra, mentre le immote campane tra poche ore risuoneranno…

In effetti Maurizio – lui stesso non sapeva più come – aveva raggiunto finalmente una finestra a ogiva, dalla quale poteva entrare nel campanile. Le forze lo abbandonarono definitivamente proprio mentre Jacopo atterrava accanto a lui. Svenne e ruzzolò nell’interno, e per fortuna il volo fu breve. Come un minuscolo fagottino di pelo giacque nella grande oscurità sull’impiantito di legno della cella campanaria.
Jacopo saltellò fino a lui e lo spinse un po’ con il becco. Ma il piccolo gatto non si muoveva più. (pp.183-184)
Poi anche lui si sentì mancare e cadde a terra. Il vento fischiava intorno alla punta del campanile portando dentro della neve, che a poco a poco coprì i due animali.
Fra le impalcature annerite dagli anni incombeva su di loro la sagoma incerta e gigantesca delle possenti campane, che aspettavano in silenzio l’inizio dell’anno nuovo per salutarlo con le loro voci poderose. (p.184)

LE NOVE E TRENTA p.185

Esausti di ritorno dalla Quarta Dimensione a Malospirito e Tirannia resta solo la parte più difficile di tutta la preparazione: non fare domande o mostrarsi dubbiosi sulla formula fino a che il grog non sia diventato limpido… Mentre il mago ripete a mente le poesie imparate da piccolo, la strega si cimenta in difficili calcoli. Stanno per cedere ma, picchiandosi a vicenda, riescono a superare la prova. Possono finalmente sfogarsi, afferma ora Malospirito che ha in mente qualcosa di losco ai danni della zia…

Malospirito e Tirannia erano tornati dalla Quarta Dimensione e ora, esausti, sedevano ciondoloni sulle loro sedie.(p.185)

Secondo l’ultima istruzione del rotolo di pergamena, adesso dovevano solo aspettare che il liquido si calmasse completamente e tutto il torbidume si dissolvesse. Fino a quel momento però non dovevano assolutamente fare domande, anzi non dovevano neppure pensare una domanda. (p.186)

Ora, come si sa, niente è più difficile che non pensare a qualcosa di preciso a cui ci è stato detto di non pensare. […]
Così Malospirito e Tirannia se ne stavano lì seduti, con gli occhi letteralmente fuori dalla testa per l’angoscia e per lo sforzo di non pensare a nessuna domanda.
Il mago si ripeteva sottovoce tutte le poesiole che aveva imparato ai tempi del deserto d’infanzia. (p.187)
Nel frattempo Tirannia Vampiria calcolava a mente[…] (p.189)
E a questo punto ebbe inizio tra i due uno scambio di colpi che avrebbe fatto onore perfino ai più duri campioni di catch. (p.190)
Adesso possiamo pensare tutto quello che vogliamo. E tanto per cominciare, adesso ognuno di noi dovrebbe sfogarsi a volontà, non ti pare?»
«D’accordo» rispose la strega stravolgendo voluttuosamente gli occhi.
Malospirito si fece un ghignatina. Naturalmente dietro la sua proposta si nascondeva un secondo fine. La zietta avrebbe avuto una bella sorpresa. (p.191)

LE NOVE E QUARANTACINQUE p.193

Jacopo e Maurizio rinvengono trovandosi di fronte un vecchio: San Silvestro!, che li invita a spiegargli il motivo per cui son fin lì giunti… E i due animali in maniera concitata gli rivelano tutto sui loschi piani di Malospirito e Tirannia…

Quando il corvo e il piccolo gatto si ripresero dallo svenimento e tornarono lentamente in sé, sulle prime credettero di sognare. […]
Si trattava di un vecchietto con un lungo mantello ricamato d’oro, che aveva sulle spalle alti cuscinetti di neve. (p.192)
«Adesso potete parlare, ma uno alla volta se non vi dispiace, e niente scuse fasulle».
E così i due eroi misconosciuti, gracchiando e miagolando, poterono finalmente spiegare che cosa li aveva spinti a salire lassù, e chi erano, e in che cosa consistevano i malvagi disegni del mago e della strega. Nel loro fervore capitava che talvolta parlassero tutti e due insieme, sicché a San Silvestro non riuscì proprio facile capire con chiarezza ogni cosa. Ma più ascoltava e più i suoi occhi risplendevano benevoli. (pp.194-195)

LE DIECI p.195

Malospirito e Tirannia sono invece caduti in un circolo vizioso, entrambi intenti a ipnotizzarsi vicendevolmente per poter tenere  il Grog tutto per sé…

Belzebù Malospirito e Tirannia Vampiria, nel frattempo, si erano cacciati da soli in una situazione senza via d’uscita.
Nel proporre di dare finalmente libero corso ai loro pensieri per rilassarsi un po’, il mago perseguiva in realtà un perfido disegno: voleva giocare all’ignara zia un bel tiro a sorpresa. Il Grog di Magog era pronto, e lui dunque non aveva più bisogno della sua collaborazione. Perciò aveva deciso di tagliarla fuori per avere tutta per sé l’inimmaginabile potenza di quella magica bevanda. Ma ovviamente Tirannia aveva aderito all’idea della piccola pausa solo in apparenza e con la stessa identica intenzione. Anche lei riteneva che fosse giunto il momento di sbarazzarsi finalmente del nipote.
Ancora una volta i due raccolsero nel medesimo istante tutte le loro forze magiche, ora però cercando di paralizzarsi a vicenda con lo sguardo incantatore. Seduti l’uno di fronte all’altra, occhi negli occhi, ingaggiarono una lotta silenziosa e terribile. Ma ben presto risultò che quanto ai poteri della volontà le loro forze erano perfettamente pari. E così mago e strega restavano seduti, senza scambiare una parola, senza muoversi, con la faccia rigata di sudore per lo sforzo. Nessuno dei due staccava gli occhi dall’altro, entrambi andavano avanti furiosamente a ipnotizzarsi a più non posso. (pp.195-196)
Ma nel frattempo neanche zia e nipote potevano più muoversi. Ognuno dei due, mentre ipnotizzava l’altro, sul più bello era rimasto ipnotizzato a sua volta. E naturalmente, proprio per questo, ora non potevano più smettere di ipnotizzarsi a vicenda. (p.197)
Per loro stessa colpa erano caduti in quello che nell’ambiente della magia viene definito un circulus vitiosus, vale a dire una sciagurata spirale senza uscita. (p.198)

LE DIECI E UN QUARTO p.198

Ascoltato il resoconto dei due animali, San Silvestro chiede loro scusa. Cosa possono fare? Suonare le campane e modificare il corso del Tempo non gli è consentito. Chiedere il permesso per un miracolo all’Altissimo richiederebbe troppo tempo. Forse però qualcosina potrebbe riuscire a farla…

«Non si finisce mai d’imparare» disse San Silvestro. «Guarda un po’ come anche uno di noi si può sbagliare. Vi ho fatto torto, miei piccoli amici, e vi prego di scusarmi». «Non vale neanche la pena di parlarne, Monseigneur» rispose Maurizio accompagnando le parole con un gesto elegante della zampina, «sono cose che capitano nella migliore società». (p.198)
San Silvestro sorrise sotto i baffi, ma tornò subito serio. «Che cosa facciamo adesso?» chiese un po’ smarrito. «Quello che avete raccontato mi sembra davvero terribile». (p.199)
«Ah già, certo» osservò San Silvestro, che di nuovo faceva fatica a scendere dalle altezze a cui si libravano i suoi pensieri, «a esser sincero, miei piccoli amici, io vi capisco, temo però che non sia moltissimo quello che posso fare per voi. Non sono nemmeno proprio sicuro che mi sia consentito di agire di mia iniziativa fino a questo punto. Ma dal momento che in via eccezionale sono qui, forse una piccola possibilità ci sarebbe…». (p.202)

LE DIECI E TRENTA p.203

San Silvestro si decide infine a regalare ai due animali una nota da gettare dentro il Grog, nota grazie alla quale in due soli secondi fanno ritorno nella camera di Maurizio…

«E voi pensate che così cambierebbe qualcosa in questa terribile storia?»
«Certamente» fece Jacopo, «ma solo se quei due tizzoni d’inferno non mangiano la foglia. Così loro fingono di augurare il bene per fare del male, e invece verrebbe fuori solo del bene».
«Ebbene, sì, forse» rifletté San Silvestro, «un solo rintocco del mio personale concerto di capodanno potrei anche regalarvelo. Spero solo che nessuno si accorgerà che manca». (p.204)
«Ecco» disse gentilmente, «prendetela, portatela in fretta laggiù e, senza farvi vedere, buttatela nel grog inferneccetera. Ma state attenti a non sbagliare la mira e a non perdere questa nota, perché è l’unica che avete, e una seconda non ve la potrei più dare». (p.206)
Volerete con questa nota, vi ci vorranno solo un paio di secondi per arrivare.[…]
Gatto e corvo si avvinghiarono l’uno all’altro e subito si ritrovarono a volare nella notte alla velocità del suono; pochi secondi più tardi, con loro somma sorpresa, erano già arrivati nella cameretta del gatto. La finestra era aperta e sembrava proprio che i due animali non avessero mai lasciato quella piccola stanza.
Ma che non si era trattato di un sogno lo dimostrava il pezzettino di ghiaccio, con dentro quella bella luce, che Jacopo Gracchi stringeva nel becco. (p.207)

LE DIECI E QUARANTA p.208

Venendo in parte meno il potere con cui i maghi sottopongono a continuo controllo gli esseri soggiogati, gli spiriti tenuti sotto vetro da Malospirito si liberano dando il via a una rivolta. Ad avviare il tutto lo Spulcialibri, caduto in terra con il vaso che lo conteneva e liberatosi, ben presto seguito dagli altri spiriti soggiogati dal mago. In cerca di un libro da leggere, l’essere si tira dietro in laboratorio anche gli altri, laboratorio dove ben presto scaturisce una vera e propria battaglia. Gnomi e altri spiriti fuggono, poi è Malospirito, colpito assieme a Tirannia e caduto in terra con essa, a riportare sotto il proprio dominio gli oggetti rimasti in stanza. Caos e devastazione regnano ovunque. Unico oggetto rimasto incolume il recipiente con il Grog…

Dunque: più Malospirito era costretto a impiegare i poteri della sua volontà per opporre all’effetto ipnotico paralizzante di Tirannia quello suo personale, meno energia gli restava per tenere sotto controllo permanente gl’innumerevoli spiriti elementari del suo cosiddetto «museo di scienze naturali». (p.209)
Ad uno ad uno i barattoli andarono in pezzi, le vittime liberate aiutarono a loro volta gli altri prigionieri a liberarsi, e così le loro schiere s’ingrossarono sempre più. (p.209-210)

[…]e alla fine tutto quell’esercito di migliaia e migliaia di spiriti elementari si ritrovò in marcia, con in testa lo spulcialibri che così – in realtà senza volerlo – aveva assunto il ruolo di capo e guida della rivoluzione. (p.210)
I muri tremarono fino alle fondamenta, come per un terremoto, quando quell’armata prese d’assalto il laboratorio e cominciò a fracassare ogni cosa. […]
Lo spulcialibri era fuggito da quella baraonda e si era rifugiato nel silenzio della biblioteca per abbandonarsi in tutta calma alle sue voglie. (p.211)
Nel frattempo anche gli ultimi spiriti elementari erano fuggiti all’aperto e si erano sparpagliati ai quattro venti. Libri, mobili e oggetti, che fino a quel momento avevano combattuto prevalentemente tra loro, ora dirigevano sempre più la furia comune contro gli oppressori. Malospirito e Tirannia furono colpiti da libri volanti, morsicati dalla testa di pescecane, imbrattati dalle ampolle, spintonati dai comò, travolti dalle gambe scalcianti dei tavoli, finché entrambi, nel medesimo istante, ruzzolarono sul pavimento. Ma in tal modo naturalmente l’ipnosi reciproca si era interrotta e i due poterono riprendersi. (pp.213-214)
Respirando a fatica, Malospirito e Tirannia si guardarono intorno. Il laboratorio era ridotto da far spavento: libri a brandelli, finestre e recipienti in frantumi, mobili rovesciati e demoliti, cocci d’ogni genere. Dalle pareti e dal soffitto le varie sostanze gocciolavano formando sul pavimento pozzanghere fumanti. Mago e strega non erano meno malconci: pieni di ammaccature, graffi e lividi, e con i vestiti sbrindellati e insudiciati.
Solo il satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog, nella sua boccia di Fuoco Freddo, troneggiava tuttora incolume nel bel mezzo della stanza. (p.215)

LE DIECI E CINQUANTASEI p.215

Usciti i malvagi dal laboratorio devastato per andare in cerca dei due animali per iniziare ad esprimere i desideri, Maurizio e Jacopo si lanciano nella stanza per gettare la nota nel Grog. Jacopo si ritrova però il becco congelato e solo grazie all’ausilio di Maurizio riesce a gettarla nella pozione appena prima del rientro dei padroni che non li hanno trovati nella cameretta del gatto…

«Bubi» disse infine la strega, «cerchiamo di essere ragionevoli. Comunque siano andate le cose, abbiamo perso un mucchio di tempo. E se non vogliamo che questo grog sia stato preparato per niente, non dobbiamo perdere un minuto di più».
«Hai ragione, zia Titti» rispose lui con un sorriso sghembo. «Andiamo a prendere i due spioni, così la festa potrà incominciare».
«Allora preferisco venire con te» fece Tirannia, «se no finisce che ti viene di nuovo qualche idea stupida, ragazzo mio».
E in tutta fretta i due scavalcarono i cumuli di macerie e corsero via per il corridoio.
«Adesso se ne sono andati» sussurrò Maurizio che con i suoi occhi di gatto poteva osservare meglio l’interno della casa, «svelto adesso, Jacopo! Dai, vola che io ti seguo». (p.217)
Jacopo stava già sul bordo della boccia del grog e tentava e tentava e ritentava di buttarci dentro il pezzettino di ghiaccio, ma non ci riusciva. Il becco gli si era congelato. (p.218)
Poi all’improvviso ci fu un «tonfete!» e tutta la gigantesca boccia cominciò a vibrare, ma non si udì nulla, solo la superficie del liquido s’increspò come se le fosse venuta la pelle d’oca. Poi tornò a spianarsi: il pezzettino di ghiaccio con dentro la nota si era dissolto nel Grog di Magog senza lasciare traccia. I due animali saltarono giù dalla boccia e si nascosero dietro un comò rovesciato. In quel medesimo istante entrò Malospirito, seguito da Tirannia. (p.220)

LE UNDICI E OTTO p.220

Tirannia sospetta che qualcuno sia stato nella stanza in loro assenza e lo starnuto di Maurizio glielo conferma. Gli animali sostengono però di essere entrati solo al termine della battaglia che ivi si è combattuta. Tranquillizzatisi, Malospirito dichiara loro di averli scelti come testimoni per l’attuazione di una grande opera di bene per il mondo intero, ora che la lotta contro gli esseri maligni che hanno assaltato il laboratorio, mente, si è conclusa con la vittoria del bene…

«E qui dentro?» chiese Tirannia con gli occhi a fessura. «Avete toccato qualcosa qui?»
«Proprio niente» strepitò Jacopo, «c’è bastato lo spavento di prima con quel serpente di carta, c’è bastato».
«Lascia perdere, Titti» disse il mago. «Stiamo solo perdendo tempo».
Ma lei scosse la testa. «Eppure ho sentito qualcosa. Ne sono sicura».
Squadrò gli animali con un’occhiata penetrante. […]
«Voi vi chiedete come mai questa stanza sembra un campo di battaglia, miei piccoli amici» disse Malospirito. «E certo vi chiederete chi ci abbia conciati così, me e la mia povera vecchia zia, non è vero?» (p.223)

«Ma contro i buoni propositi le forze del Male sono sempre pronte a scendere in campo. Queste ci hanno assaliti e hanno fatto di tutto per impedirci di realizzare il nostro nobile progetto – il risultato lo vedete con i vostri occhi. Ma siccome noi eravamo due corpi e un’anima sola, non sono riusciti a sopraffarci. Le abbiamo battute e messe in fuga. Ed ecco lì il frutto del nostro comune lavoro: quella meravigliosa bevanda che possiede magicamente il divino potere di esaudire ogni desiderio. (p.225)
«E voi, miei cari piccini, siete stati prescelti per essere testimoni di questo favoloso evento. È un grande onore per voi. Chissà come sarete felici, nevvero?». (p.226)

LE UNDICI E UN QUARTO p.226

Mago e strega iniziano quindi a bere e a pronunciare i desideri di pace, figurandosi in mente gli effetti nefasti che il grog provocherà con il suo effetto invertitore, divertiti anzi di star prendendo in giro gli animali spia presenti…

Mago e strega cercarono tra le stoviglie sparse tutt’intorno due bicchieri ancora sani, trovarono anche un mestolo, poi presero due sedie e si sedettero da una parte e dall’altra del contenitore del grog. Riempirono i loro bicchieri di quella mistura opalescente e li vuotarono tutto d’un fiato, senza fermarsi. Quando ebbero finito si ritrovarono boccheggianti: il grog aveva effettivamente un’alta gradazione infernalcolica. (pp.226-227)
Quindi diedero la stura ai loro desideri. Naturalmente dovevano esprimerli in rima perché la cosa funzionasse. (p.227)
Via via che andavano avanti a trincare e a verseggiare, i due facevano sempre più fatica a soffocare le loro perfide risatine.
Ciascuno cercava di raffigurarsi mentalmente quali sciagure stavano provocando in realtà nel mondo quei loro desideri apparentemente così nobili, e si divertiva come un pazzo all’idea di menare così magistralmente per il naso i due animali presenti e di conseguenza il loro Gran Consiglio. Così almeno credevano loro. (p.230)

LE UNDICI E VENTISEI p.231

I due malvagi continuano a bere il grog e a pronunciare desideri. Ad ascoltarli i due animali, incerti sull’effetto della nota gettata nella pozione. I desideri si stanno avverando nel mondo in maniera positiva o negativa?…

Più andavano avanti con le loro smargiassate, più altisonanti e retorici diventavano
i loro desideri. Quando si furono scolati oltre dieci bicchieri a testa, berciavano oramai senza ritegno. (p.231)

Il corvo e il gatto morivano di paura nell’ascoltarli e guardarli. Non potevano controllare cosa succedesse in realtà nel mondo esterno a ogni desiderio espresso da quei due. Aveva avuto l’effetto desiderato quell’unica nota finora inudibile dello scampanio di capodanno? O era stata troppo debole per annullare il diabolico effetto invertitore del grog? E se invece avevano ragione il mago e la strega, e di tutti i loro desideri si avverava l’esatto contrario? In tal caso la peggiore delle catastrofi si stava abbattendo sul mondo, e nessuno era in grado di fermarla. (p.233)

LE UNDICI E TRENTASEI p.233

Ubriachi fradici, in difficoltà nel trovare nuove rime, convinti di aver ormai adempiuto agli obblighi contrattuali ed impossibilitati del resto a verificare l’efficacia dei desideri pronunciati, i due malvagi decidono di prendersela con i due animali. Ma il corvo si ritrova vigoroso e dal piumaggio nuovo, il gatto muscoloso, con il pelo lucente e la voce da cantante!…

Nel frattempo anche mago e strega parevano perdere via via lo slancio, un po’ perché facevano sempre più fatica a trovare le rime, un po’ perché oramai ritenevano di avere più che onorato il loro impegno contrattuale, e un po’ anche perché prendevano sempre meno gusto alla cosa. Neanche loro infatti potevano osservare con i propri occhi le effettive conseguenze dei desideri che esprimevano, e la gente del loro stampo si diverte davvero solo quando può pascersi direttamente delle sventure che provoca.
Perciò adesso, con il grog magico residuo, decisero di divertirsi un poco, sbizzarrendosi con i loro incantesimi su chi gli stava più vicino.
A Jacopo e Maurizio quasi si fermò il cuore dallo spavento nell’udire questo loro proposito. Ora le possibilità erano solo due: o il rintocco di San Silvestro non aveva funzionato, e allora era comunque tutto perduto, oppure aveva davvero annullato l’effetto invertitore del grog, e allora naturalmente Malospirito e Tirannia adesso se ne sarebbero accorti. E in questo caso non era difficile indovinare quale sarebbe stata la sorte del gatto e del corvo. I due animali si scambiarono un’occhiata sgomenta. (p.234)

Ma invece Jacopo avvertì improvvisamente addosso il favoloso tepore di un lucente piumaggio nero dai riflessi blu, bello come mai in vita sua ne aveva posseduto uno.[…]
Malospirito e Tirannia fissavano il corvo con occhi vitrei. Avevano il cervello troppo annebbiato per capire realmente che cosa era accaduto. (p.236)
Maurizio, che ancora un attimo prima stava male da morire ed era pressoché incapace di emettere un suono, sentì tutt’a un tratto che la sua misera figura piccola e grassa si tendeva, cresceva e assumeva la taglia di un magnifico gatto tutto muscoli. (p.237)

LE UNDICI E QUARANTACINQUE p.238

Sempre più ubriachi, mentre i due animali fuggono, Malospirito e Tirannia decidono di annientarsi usando il grog rimasto e augurandosi vicendevolmente gioventù, salute e bellezza. Subito dopo eccoli trasformati in giovani e belli come i principi e le principesse delle favole…

Ma per fortuna mago e strega non sentivano proprio nulla, perché tra loro era scoppiata una lite furibonda. Urlando e farfugliando ognuno dei due incolpava l’altro di avere sbagliato qualcosa. (pp.238-239)
«Vieni, micio» bisbigliò Jacopo, «mi sa ch’è meglio se ce la squagliamo. Quelli fra poco capiscono cos’è successo e allora facciamo ancora a tempo a fare una brutta fine». […]

E mentre mago e strega litigavano ancora, i due se la filarono dalla finestra infranta.
Del Grog di Magog rimaneva adesso soltanto un piccolo residuo. (p.239)

Agli animali non pensavano più, e così per fortuna non si accorsero neppure della loro scomparsa. L’idea che qualcosa avesse potuto annullare l’effetto invertitore della pozione magica continuava a non sfiorarli. Ognuno dei due invece, nella sua collera incontrollata, prese la decisione di sistemare l’altro una volta per tutte – ricorrendo alla forza del grog stesso. Ognuno aveva intenzione di accollare all’altro tutti i guai e le disgrazie possibili; voleva farlo diventare per incanto vecchio come il cucco, brutto come un rospo e malato da crepare. (p.240)
Ed ecco che con sommo sbalordimento reciproco si ritrovarono tutt’a un tratto l’uno di fronte all’altra – giovani e belli come il principe e la principessa delle favole. (p.240)

LE UNDICI E QUARANTANOVE p.241

I due maghi si trovano dunque cambiati in tutto, tranne che nella sbronza. Con la bontà nel cuore, si dichiarano rispettosi l’un dell’altra di lì in avanti e mai più cattivi come in passato…

LE UNDICI E CINQUANTADUE p.243

Tirannia si commuove al pari di Malospirito al quale chiede però di calmarsi visto che con i desideri espressi di Bene nel mondo ne han portato tanto. I due realizzano così con orrore non solo di non aver onorato il contratto, ma di aver cancellato anche tutto quanto di male fatto negli anni passati. Resta però ancora del grog da utilizzare per esprimere un ultimo desiderio malvagio…

Malospirito piangeva sempre più a dirotto.
«Ah sì, ah sì, faremo proprio così! Sono tanto commosso per noi due».
Tirannia gli diede un buffetto sulla guancia e singhiozzò: «Non piangere così, cuoricino mio, o mi spezzerai il – hic… uore. E poi non è neanche il caso, perché abbiamo già fato una montagna di bene noi due».
«Quando?» chiese Malospirito stropicciandosi gli occhi.
«Be’, stasera» spiegò la strega.
«Come sarebbe a dire?»
«Ma perché il grog ha esaudito tutti i nostri buoni desideri parola per parola, capisci? Non ha inverti… tito niente».
«Come fai a sa… saperlo?»
«Be’» disse la zia, «gua’da un po’ noi. Hic! Non siamo forse una prova?»
Solo allora si rese lei stessa conto di quello che aveva appena detto. Fissò il nipote, e il nipote fissò lei. Lui si fece verde, e lei gialla.
«M… m… ma allora significa» balbettò Malospirito, «che non abbiamo affatto onorato il nostro contratto».
«Molto peggio» frignò Tirannia, «ci siamo addirittura giocati tutto quello che prima potevamo registrare a nostro credito. E al cento per cento!»
«Allora siamo irrimediabilmente perduti!» ruggì Malospirito.
«Aiuto!» gridò la strega. «Non voglio, non voglio essere pignorata! Guarda, è ri… ri… rimasto ancora un ultimo bicchiere di grog per ciascuno. Se lo utilizziamo per desiderare qualcosa di mo… momo… molto cattivo, qualcosa di pe… perfido, forse riusciamo ancora a salvarci». (pp.244-245)

LE UNDICI E CINQUANTACINQUE p.245

I due bevono in fretta la rimanente pozione, ma, ormai troppo buoni, sono incapaci di desiderare il male. Riescono tuttavia a tornare come prima pur senza utilità alcuna, stramazzando infine al suolo appena prima dei rintocchi della mezzanotte…

Con una fretta forsennata i due riempirono per l’ultima volta i bicchieri. Malospirito capovolse addirittura la boccia di Fuoco Freddo per essere sicuro che ne uscisse anche l’ultima goccia. Poi entrambi bevvero d’un fiato.
Cominciarono a cincischiare parole su parole, ma nessuno dei due riusciva a tirare fuori un bel desiderio perfido.
«Non va» guaiolò Malospirito, «non riesco più nemmeno a maledire te, Titti».
«Neanche io, Bubi» singhiozzò lei, «e sai p… p… perché? Perché adesso noi due siamo semplicemente troppo buoni!»
«Orribile!» piagnucolò lui. «… vorrei… vorrei ritornare esattamente com’ero prima, così non ci sarebbero plobremi».
«Anch’io, anch’io!» singhiozzò lei.
E benché non si trattasse di una strofetta in rima, la pozione magica esaudì anche quest’ultimo desiderio. Entrambi ridivennero di colpo quelli di prima: brutti di fuori e di dentro.
Ma oramai non serviva a nulla: del satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog non restava neanche una goccia. E quel bicchiere diede loro il colpo di grazia. Caddero dalla sedia e rimasero lunghi distesi sul pavimento.
Nel medesimo istante un possente bronzeo rintocco rimbombò dalla boccia di Fuoco Freddo ormai vuota, mandandola in frantumi.
Fuori le campane di capodanno cominciarono a suonare. (pp.245-246)

MEZZANOTTE p.247

Verme adempie diligentemente al proprio compito ai danni dei due dormienti e ubriachi maghi…
Jacopo e Maurice si godono la mezzanotte sul campanile del Duomo. Prima di accommiatarsi e recarsi a far rapporto al Gran Consiglio il gatto vuol dedicare la sua più bella canzone a San Silvestro… tutto è bene quel che finisce bene…

«Signori miei» disse il signor Verme che improvvisamente era di nuovo seduto nella vecchia poltrona di Malospirito, «eccoci al dunque. Il vostro tempo è scaduto. Ora procederò all’adempimento dei miei doveri d’ufficio. Avete ancora qualche obiezione?»
Per tutta risposta gli giunse un ronfare a due voci. (p.248)
Infilò una mano nella sua cartella nera e ne trasse dei sigilli sui quali era raffigurato un pipistrello. Li leccò e li appiccicò con cura uno sulla fronte di Malospirito e uno su quella di Tirannia. Ogni volta si udì un breve sfrigolio. Poi Maledictus Verme si sedette di nuovo nella poltrona, accavallò le gambe e rimase ad aspettare gl’imballatori d’anime che presto sarebbero venuti dall’Inferno a prelevare i due. Intanto fischiettava piano tra sé e sé, tutto contento al pensiero dell’imminente promozione.
In quello stesso momento Jacopo Gracchi e Maurice de Sainte-Maure sedevano l’uno accanto all’altro sul grande tetto del duomo. (p.249)
«Aspetta!» disse Maurice. «Dal Gran Consiglio possiamo sempre andarci dopo. Adesso mi piacerebbe cantare la mia prima canzone».
Jacopo lo guardò spaventato. (p.252)

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Libro estremamente divertente e d’agevole lettura.
Tre refusi nell’indice.
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