INDRO MONTANELLI – VE LO AVEVO DETTO

 

INDRO MONTANELLI – VE LO AVEVO DETTO
Berlusconi visto da chi lo conosceva bene.

RIZZOLI – VI Ed. Agosto 2011

PREFAZIONE
Tutto quello che poteva accadere è già accaduto.
Di Massimo Fini p.5

In Ve lo avevo detto, curato da Massimo Fini, la Rizzoli pubblica una serie di articoli e risposte ai lettori di Indro Montanelli apparsi su Il Giornale, La Voce e Il corriere della sera tra il 1993 e il 2001, anno della morte del giornalista. Tutti interventi che hanno come protagonista Berlusconi dalla sua discesa in politica (e il conseguente abbandono del giornalista e della sua squadra de Il Giornale, di proprietà berlusconiana)…

VE LO AVEVO DETTO p.15

FRATELLI SEPARATI p.17

Da Il Giornale, 12 dicembre 1993.

CARO INDRO p.21

Lettera di Berlusconi a Montanelli pubblicata su Il Giornale l’11 gennaio 1994.

CARO SILVIO p.24

[…]
1. Considero il tuo ingresso nella via politica una iattura soprattutto per te; e siccome non sono un servo sciocco come quelli di cui ti seri servito in televisione per denigrarmi ho credto che fosse mo dovere dirtelo, e lo credo ancora. […] (p.24)

GIORNALE, ADDIO! p.26
Da Il Giornale, 12 gennaio 1994

Questo è l’ultimo articolo che compare a mia firma sul giornale da me fondato e diretto per vent’anni. Per vent’anni esso è stato – i miei compagni di la­voro possono testimoniarlo – la mia passione, il mio orgoglio, il mio tormento, la mia vita. Ma ciò che provo a lasciarlo riguarda solo me: i toni pate­tici non sono nelle mie corde e nulla mi riesce più insopportabile del piagnisteo. […]
Sia chiara una cosa: nessuno mi ha scaccia­to. Sono io che mi ritiro per una di quelle situazio­ni d’incompatibilità, di cui i lettori avranno preso atto dallo scambio di lettere, da noi pubblicate ieri,fra me e l’editore.(p.26)

Di questo editore, ne ho conosciuti due. Uno è stato l’amico che mi venne incontro nel momento in cui tutti mi voltavano le spalle; che non si è mai avvalso di questo titolo di credito per limitare la mia indipendenza; che ha sempre mostrato nei miei confronti un rispetto confinante e talvolta scon­finante nella deferenza (tutte cose che era super­fluo da parte sua ricordarmi perché non ho mai perso occasione di farlo io stesso). Eppoi ne ho co­nosciuto un altro: quello che, tramutatosi in capo­ partito, ha cercato di ridurre il «Giornale» ad orga­no di questo partito suggerendogli non soltanto le posizioni da prendere – e sulle quali non c’erano in fondo grosse divergenze -, ma perfino il linguaggio da usare; e che, a lasciarlo fare, avrebbe finito per impormi anche la «divisa» del suo partito, il suo look.[…]
A questo pun­to non avevo più scelta. O rassegnarmi a diventare il megafono di Berlusconi. O andarmene. Me ne vado. Ma non senza avvertire i lettori che manterrò l’impegno preso con loro. Fra poche settimane essi riavranno il loro giornale, fatto dagli stessi uomini del «Giornale», illustrato dalle stesse firme e nutrito delle stesse idee del «Giornale». (p.27)
Della nostra «linea» non abbiamo da cambiare una virgola. Nemmeno i nostri amici politici si fac­ciano illusioni. Noi potremo appoggiare l’uno o l’altro a seconda che si schierino sulle nostre posi­zioni liberaldemocratiche, ma mai noi su quelle lo­ro, e tanto meno a scatola chiusa. […]
A presto dunque, cari lettori. Anche a costo di ridurlo, per i primi numeri, a poche pagine, riavre­te il nostro e vostro giornale. Si chiamerà «la Voce».  In ricordo non di quella di Sinatra. Ma di quella del mio vecchio maestro – maestro soprattutto di li­bertà e indipendenza – Prezzolini. (p.28)

SE QUESTA È LA DESTRA p.29
Da Il corriere della sera, 6 febbraio 1994

Franchi infatti è nel giusto quando dice che nell’attuale schieramento politico la Destra è rap­presentata dal trinomio Fini-Bossi-Berlusconi. Ha solo dimenticato un «abusivamente» che ora mi permetto di aggiungere io. Credo di poterlo fare perché uomo di destra mi sono sempre professato, anche nei momenti in cui l’etichetta – confusa più o meno in malafede con quella di fascista – era piuttosto scomoda da portare. Ma proprio perché veterano della Destra con tanto di nastrini sul pet­to, mi arrogo il diritto di denunziare la contraffazione del marchio.
Nulla è più incompatibile con l’Italia di De­stra – tutta cifre, fatti, sobrietà e rigore – di quella fasullamente apollinea, supervitaminizzata, can­deggiata, cotonata e tutta «en rose» che il cavalier Berlusconi ci ammannisce, in vista dei soliti «immancabili destini», nelle sue flautate omelie in technicolor. E nulla è più lontano dal linguaggio e dallo stile della Destra di quelli da taverna e da bordello di Bossi coi suoi «celodurismi» e le altre delikatessen graffite sulle mutande in vendita – co­me abbiamo letto – al congresso della Lega di Bologna.
Anche a costo di essere frainteso, debbo dire che, dei tre, il meno incompatibile col galateo di Destra – che poi è il galateo tout court – è, nono­stante le sue ascendenze, Fini, nel cui retaggio ci sono molte cose per noi inaccettabili, ma non la sguaiatezza e la volgarità. Qualcuno mi accuserà di dare troppa importanza alle forme. Ma qui sta l’eterno equivoco della Destra italiana e l’origine dei suoi storici errori. (pp.29-30)

Perché come certe dame raffinate e auste­re sono attratte dal bruto, così la Destra spesso lo è dal demagogo piazzaiolo e stivalato; e, credendo di assumerlo al proprio servizio, se lo ritrova padrone.
La Storia dovrebbe averci vaccinato contro questo errore, in cui non sarebbe mai caduto un Cavour, né mai cadde Giolitti. Ed invece sembra ripetersi con sconsolante monotonia. Franchi ha ragione: i quattro quinti degli italiani che non vo­gliono – come non voglio io – la Sinistra, correran­no ad arruolarsi sotto le bandiere di Fini, Bossi e Berlusconi, convinti che siano la Destra, e senza troppo badare a ciò che dicono, purché lo dicano urlando e condito con la solita salsa di retorica mammista (Berlusconi) e di turpiloquio da taverna (Bossi).
Io credo di poter parlare, nel mio piccolo nome dell’altro quinto, quello di coloro che Prezzolini buonanima chiamava gli «apoti», che in greco vuol dire «quelli che non bevono». (p.31)

E ORA PEDALA p.33
Da La Voce, 31 marzo 1994

Era difficile immaginare che un apprendista della politica, quale Berlusconi era sino a ieri, riuscisse in tre mesi non solo a fondare un partito, ma a renderlo il più forte d’Italia. Avrà avuto dalla sua parecchie circostanze favorevoli, fra cui la malaccortezza di un nemico che, bersa­gliandolo delle più cervellotiche accuse, lo dipin­geva agli occhi della gente come un perseguitato. Ma nell’arte di accreditarsi come tale si è rivelato un maestro: nemmeno Pannella è mai riuscito a piangersi addosso come lui.[…]
Qualcuno dice che non si può affidare il gover­no a chi detiene dei mezzi di comunicazione e di propaganda tali da poter irretire e coartare la pub­blica opinione. Obbiezione respinta. Gl’italiani che hanno votato per lui sapevano benissimo che Ber­lusconi deteneva quei mezzi ed hanno anche visto come li usava. Eppure lo hanno massicciamente votato. E il loro voto che, piaccia o dispiaccia a (p.34)

CON LE PIVETTI NEL SACCO p.36
Da La Voce, 15 aprile 1994.

UNA CORONA PER SILVIO p.38
Da La Voce, 27 aprile 1994.

Se ci fosse di mezzo una corona, Berlusconi po­trebbe oggi strapparla dalle mani di Scalfaro e col­locarsela da solo sulla testa, come fece Napoleone per significare che la doveva solo a se stesso. Anche il Cavaliere la deve solo a se stesso, cioè a quei mi­lioni d’italiani che hanno votato per lui, l’uomo nuovo più nuovo di chiunque altro. A farlo apparire tale anche i suoi avversari ce l’hanno messa tutta. (p.38)

Speriamo – per lui e per noi – che la picchiata dalle inebrianti vette del Grande Disegno di un’Ita­lia tutta ricca, tutta candeggiata e patinata, tutta unita e felice di esserlo, al piccolo cabotaggio nelle acque infide del Palazzo, non lo spinga all’invenzio­ne di un altro Berlusconi, da balcone. Purtroppo, questo rischio c’è. Anche perché, per gran parte dei suoi fedeli, più che un rischio, è una speranza. (p.40)

AD OCCHIO E CROCE p.41
Da La Voce, 17 maggio 1994

IN NOME DELLA «GENTE» p.45
Da La Voce, 9 giugno 1994

Berlusconi dovrebbe limitare i suoi interventi a mo­nologhi. Compilati a tavolino, mandati a memoria, provati e riprovati davanti allo specchio, essi sem­bravano perfino spontanei ed improvvisati. Le con­ferenze stampa, dove bisogna improvvisarli davvero sotto le provocazioni maliziose, e talvolta canaglie­sche dei giornalisti non gli convengono. Lo ha dimo­strato anche l’altro ieri lasciandosi scappare di bocca che la Rai, essendo un servizio pubblico e di Stato, non può mettersi contro la maggioranza che sta al governo. Il che dimostra, da parte sua, una allar­mante confusione concettuale di Stato e governo. (p.45)

Ma è proprio questo clima di faci­lismo, di esenzione non dai problemi (di questi ce ne sono), ma da quelle angosce esistenziali che ci rendono ricettivi ai grandi principi, che può spia­nare a Berlusconi la strada verso una «democrazia del balcone». Non quello di Palazzo Venezia che gli andrebbe troppo largo. Ma quello della Casa Rosada che consentiva ad un Peron di arringare la folla […] (p.47)

Ce la farà perché la gente è con lui, non con noi. E quando la gente si mette dietro qualcuno, gli uomini delle «comunicazioni di massa» finiscono per mettersi dietro la gente. Queste cose le abbia­ mo già viste all’alba della nostra vita. Mai ci sarem­mo aspettati di rivederle al tramonto. Ma sembra che così debba essere. (p.48)

GIUSTIZIA PER STARACE p.49
Da La Voce, 18 giugno 1994

PARTITO LEGGERO, MANO PESANTE p.53
Da La Voce, 23 giugno 1994

SPERAVO IN BAGGIO CONTRO DI PIETRO p.56
Da La Voce, 16 luglio 1994

PER CHI SUONA LA CAMPANA p.60
Da La Voce, 17 luglio 1994

CHE LO SPETTACOLO NON CONTINUI p.64
La Voce, 19 luglio 1994

MA LAZZARO NON SI ALZÒ p.67
Da La Voce, 22 luglio 1994

Uno strazio aggiuntivo di questi torridi giorni sono per me le apparizioni sul video del Cavaliere che avendone a disposizione sei, tra pubblici e privati, non perde occasione di abusarne; e annuncia di volerne abusare ancor più da lunedì. […]
Ad opprimermi è il sorriso con cui Sua Presidenza ac­compagna le parole: tirato, stirato, studiato col consueto puntiglio cosmetico, ma ormai completamente estraneo ad un volto non più bene ambrato come una volta, ma lucido di sudore. (p.67)

Perché bugiardo, Silvio era an­che allora. Mentiva senz’accorgersene, come io e voi respiriamo, e disinteressatamente: per il piacere infantile d’inventare e senza nessuna pretesa che noi gli credessimo, spesso coinvolgendo nella men­zogna sua moglie – la prima, l’adorabile Carla – che lo assecondava, ma lasciando ben capire che non lo faceva per complicità, ma per una sorta di materna indulgenza. Perché era l’indulgenza che Silvio ispirava, non soltanto a sua moglie, e malgra­do i suoi già strepitosi successi. La ispirava con la sua primaverile freschezza, il suo calore umano, la forza trascinante e contagiosa dei suoi entusiasmi, la disarmante sincerità delle sue menzogne. Le di­ceva perché non distingueva tra sogno e realtà. E forse è per questo che è riuscito a tradurre in realtà tanti sogni. (p.68)
Ecco perché mi fa tanto male vederlo sul video con quel sorriso fasullo, quasi un ghigno, che non ricorda neanche di lontano la bella risata fresca e squillante del Silvio di Arcore, non ancora Cavaliere. Quante bugie mi diceva anche allora. Ma come volergliene? Erano le sue chansons de geste, qualcosa di mezzo fra I tre moschettieri e Il barone di Munchausen, senza nessuna pretesa di credibilità. (p.70)

MA NON SARÀ UN BLUFF-TRUST? p.71
Da La Voce, 30 luglio 1994

Il problema della Fininvest si risolve in un mo­do solo: con la vendita. Non ci si venga a dire che sarebbe un sopruso contro la libertà d’impresa. Se il Cavaliere vuol fare il libero imprenditore, la Fi­ninvest è sua. Se vuol fare il presidente del Consi­glio, faccia come in America sono obbligati a fare tutti coloro che occupano cariche pubbliche: ven­dere l’impresa ed affidare, finché sono in carica, il ricavato ad un gestore tenuto a rendergliene scru­poloso conto. (p.73)
Comunque, irrinunciabile rimane il principio:interesse pubblico e interesse privato non sono miscelabili: o serve l’uno, o si serve l’altro. (pp.73-74)

UN LIBRO PER L’ESTATE p.75
Da La Voce, 3 agosto 1994

PAROLE, PAROLE, PAROLE p.79
Da La Voce, 17 agosto 1994

PAROLE DI CAVALIERE p.82
Da La Voce, 26 agosto 1994

CON IL CAPO COSPARSO DI CENERE p.86
Da La Voce, 28 agosto 1994

MA NON CI SA FARE p.89
Da La Voce, 26 novembre 1994

MA QUELLA DI OGGI NON È FARSA p.93
Da La Voce, 13 dicembre 1994

A colpirci è il fatto che per la prima volta nella storia della nostra democrazia pre e postfascista un capo del governo in carica viene convocato da un tribunale penale non come testi­mone, ma come indagato. (p.94)

E NON CI PESA LA LUNGA ATTESA p.96
Da La Voce, 16 dicembre 1994

RECITA A (CATTIVO) SOGGETTO p.99
Da La Voce, 21 dicembre 1994

QUANDO LA CRISI VA IN DIRETTA p.103
La Voce, 22 dicembre 1994

FINALMENTE p.107
Da La Voce, 23 dicembre 1994

Sono quasi otto mesi che non lo si fa. Quasi otto mesi che si parla soltanto di Berlusconi. Se sia un uomo veramente nuovo, o un lascito di quelli vecchi. Se sia stato un grande imprenditore, o sol­tanto un grande profittatore dello Stato e dei suo: favori e concessioni. Se le sue imprese fossero proprio dei modelli di efficienza, o dei contenitori d’aria fritta e di debiti. Se fosse un grande finanzieri o soltanto un grande avventuriero della finanza, la riedizione di uno Stavisky. (p.107)

Berlusconi. Sempre Berlusconi. Solo Berlusconi. Per otto mesi l’Italia è stata (anche per gli stranieri, ahimè) Berlusconi. (p.108)

IL TRAMONTO DEI GLADIATORI p.111
Da La Voce, 14 gennaio 1995

C’ERA UNA VOLTA UN RE p.115
Da La Voce, 2 aprile 1995

DAGLI STATISTI ALLE TOP MODEL p.118
Da Il corriere della sera,10 dicembre 1995

SOSPETTI DI LEGGE p.122
Da Il corriere della sera, 18 dicembre 1995

LA GUERRA DEI MARTIRI
Da Il corriere della sera, 18 gennaio 1996

[…]è già scontato: come vittima, nessuno può mettersi in gara col Cavaliere, che in quella parte ci sta co­me l’ape nel miele. Nessuno ha mai fatto un uso altrettanto magistrale del lamento, specie quando gliene offrono buoni pretesti come fecero, al tem­po del suo debutto in politica, gli uomini della Si­nistra sottoponendolo ad un autentico linciaggio. Che fu il suo trionfo. (p.126)

IL TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI p.128
Da Il corriere della sera, 1 febbraio 1996

Cosa c’è, nel nostro sangue, che provoca il de­grado di qualsiasi regime, di destra o di sinistra che sia, ispirandocene regolarmente il disgusto, senza mai darci la forza di cambiarlo, ma solo la speranza che altri venga a liberarcene?[…]
Non abbandonatevi alla disperazione, ma nemmeno al­le illusioni. La generazione a cui io appartengo vi lascia soltanto un mucchio di cocci. (p.130)

PERICOLOSO CREDERE NELL’UOMO DELLA PROVVIDENZA p.132
Da Il corriere della sera, 6 aprile 1996

Il Cavaliere non è, in sé e per sé, un pericolo per l’Italia. Il pericolo, per l’Italia, sono quei milio­ni e milioni d’italiani che credono sempre nell’«uomo della Provvidenza» capace di trarli dai guai per via di un miracolo. E questo il virus annidato nel nostro sangue. (p.133)

No, Berlusconi non ha la stoffa del dittatore; ha solo quella del corruttore. Ma appunto per questo non è a escludere, anzi sembra probabile, che le urne del 21 aprile ce lo ridiano. (p.134)

MAI PENTIRSI DI AVER DATO UN GIUSTO CONSIGLIO p.135
Da Il corriere della sera, 30 maggio 1996

MA C’È QUALCOSA DI BUONO IN BERLUSCONI? p.138
Da Il corriere della sera, 23 giugno 1996

LA DESISTENZA DEL CAVALIERE p.141
Da Il corriere della sera, 27 agosto 1996

CORSO DI STORIA (PER ONOREVOLI) p.144
Da Il corriere della sera, 13 novembre 1996

I MIEI RAPPORTI CON BERLUSCONI p.148
Da Il corriere della sera, 18 febbraio 1997

PERCHÉ NON COMMENTO LE LACRIME DI BERLUSCONI p.152
Da Il corriere della sera, 8 aprile 1997

I POLITICI ESTERNATORI p.155
Da Il corriere della sera, 4 agosto 1997

E IL RESTO SIA SILENZIO p.159
Da Il corriere della sera, 14 luglio 1998

E IO PROPONGO UN REFERENDUM p.162
Da Il corriere della sera, 20 luglio 1998

IL RE ABDALLAH E IL CAVALIERE p.166
Da Il corriere della sera, 5 agosto 1999

I PREDICATORI E LE COMPARSE p.169
Da Il corriere della sera, 15 febbraio 2001

IO E IL CAVALIERE QUALCHE ANNO FA p.172
Da Il corriere della sera, 25 marzo 2001

INDICE p.175