HENRI DE MASSIS E ROBERT BRASILLACH – I CADETTI DELL’ALCAZAR. SPAGNA 1936: STORIA DI UNA RESISTENZA DIMENTICATA


HENRI DE MASSIS E ROBERT BRASILLACH – I CADETTI DELL’ALCAZAR. SPAGNA 1936: STORIA DI UNA RESISTENZA DIMENTICATA
SOCIETÀ EDITRICE BARBARIOSSA – 2001

TRADUZIONE: Augusto Ziliani
REVISIONE TRADUZIONE: Alessandra Colla

TITOLO ORIGINALE: Les Cadets de l’Alcazar

IL MESSAGGIO DELL’ALCAZAR. SAGGIO INTRODUTTIVO
Di Augusto Zuliani p. 5

I Rossi hanno occupato Toledo da cinque giorni.
Dal 22 luglio il colonnello don José Moscardò Ituarte, comandante della Scuola dei Cadetti, è asserragliato nell’Alcazar con tutti coloro che vi hanno trovato rifugio sotto l’incalzante avanzata dei miliziani. Da circa una settimana vivolo al riparo delle possenti mura, pronti a subire un assedio che tutto, al momento, lascia credere di breve durata. (p. 27)
I Rossi hanno ucciso suo figlio, che è morto gridando:
– Viva la Spagna! Viva Cristo Re!
Ci sarebbe solo da fremere e poi inchinarsi ammirati, se, nelle cruente tenebre di questa guerra di Spagna, in cui i figli di una stessa razza manifestano un uguale disprezzo per la morte, simili eroi non facessero brillare luminosità sublimi.
Un così degno, bello e santo linguaggio ci rivela il senso di una lotta in cui si battono forze feroci, quelle che degradano e sfigurano un popolo infelice, e le nobili energie che vogliono salvare quelle che sembrano essere ormai delle chimere: la fede, la fierezza, l’onore non solo dell’uomo spagnolo ma dell’uomo in quanto tale.
Tutta la storia della Spagna scorre in una sequenza di immagini dai violenti contrasti, colore del sangue e dell’oro. La resistenza dei Cadetti dell’Alcazar è l’ultima di esse e una delle più belle: essa incarna l’anima spagnola in un possente simbolo che, fin dall’inizio, ha trasfigurato questa battaglia. (p. 28)

LA RIVOLUZIONE NAZIONALE p. 31

Toledo, città imperiale, nobilissima e leale – di cui Barrès diceva profeticamente: “Crollerà prima di tradire se stessa” – era insorta fin dai primi giorni della Rivoluzione. […]
Verso il mese di luglio, dopo numerose manifestazione in cui gli oratori avevano cercato di aizzare le masse contadine, anche Toledo sembrava pronta per la rivolta.
Qualche settimana prima del sollevamento del generale Franco c’erano stati degli scontri in città tra i Cadetti della Scuola militare e strilloni di giorni estremisti, cui si erano uniti alcuni operai. […]
Si avvertiva confusamente che la salvezza avrebbe potuto giungere soltanto da un sollevamento generale contro le bande marxiste che facevano regnare dovunque il terrore. (p. 31)
Ma l’assassinio di Calvo Sotelo faceva crollare anche le ultime illusioni, acccelerando i tempi della ribellione e inducendo il generale Franco, suo amico, a superare ogni ulteriore indugio e a passare all’azione prendendo le armi.
La sera del 16 luglio, Franco lascia le isole Canarie, di cui era stato nominato governatore per tenerlo lontano, e rientra con un aereo in Marocco, dove gode di grande popolarità. Il giorno successivo scoppia il movimento insurrezionale.
Il 18 luglio, le prime truppe sbarcano nel sud della Spagna, entrano ad Algesiras, marciano su Siviglia la Rossa conquistata quasi miracolosamente dal generale Queipo de Llano con soli centocinquanta uomini; poi, senza aspettare rinforzi, decidono di marciare su Madrid.
Da parte sua il generale Mola ha preso il comando degli insorti del Nord spingendo el sue avanguardie su Somosierra. Quasi tutto l’esercito si è schierato con i vendicatori di Calvo Sotelo. […]
A Toledo, fin dal 18 luglio gli ufficiali nazionalisti sono schierati con il movimento insurrezionale agli ordini del colonnello Moscardò.[…]
Con quesi ottocento uomini, comandati dal luogotenente colonnello Romero Bazar, e con alcuni ufficiali di stanza presso la fabbrica di armi, i Cadetti organizzano la resistenza a Toledo, dove per tre giorni hanno mano libera. (p. 32)
Quando a Madrid giunge notizia che Toledo è passata ai ribelli, il governo invia un corpo di guardie d’assalto e di miliziani perriprendere il controllo della città. Il 18 luglio, alle otto di sera, il generale Riquelme – che comanda le truppe governative – telefona al colonnello Moscardò per intimargli di arrendersi immediatamente.[…]
Per tre giorni, nelle viuzze strette e tortuose di Toledo, infuriano gli scontri tra gli uomini del generale Riquelme e quelli del colonnello Moscardò.[…]
La canaglia e la plebe si uniscono ben presto ai miliziani, le cui forze sono nettamente superiori.
Per non cadere nelle mani della ciurmaglia che ormai detta legge a Toledo, il 22 luglio il colonnello Moscardò e i Cadetti decidono di asserragliarsi nell’Alcazar con le loro truppe, alle quali ben presto si aggiungono tutti coloro che preferiscono patire un assedio piuttosto che arrendersi. Ma le donne hanno voluto seguire i loro mariti, e i figli le madri: circa duemila persone sono riuscite così a rifugiarsi nella fortezza. (p. 33)
[…]all’interno della fortezza viene proclamata la legge marziale. (p. 34)

L’ALCAZAR DI TOLEDO p. 34

Nessuno che abbia visitato l’“esaltante Toledo” può dimenticare questo gigantesco edificio che la domina con le sue lunghe mura, fiancheggiato da quattro enormi torri. (p. 34)
[…]l’Alcazar si leva sopra Toledo come il muto testimone delle sue tumultuose vicende. (p. 36)

I PRIMI GIORNI p. 37

Alla fine di luglio gli assediati dell’Alcazar incominciarono a presagire che l’assedio sarebbe stato più lungo di quanto inizialmente avevano pensato.
L’armata del Sud che avrebbe dovuto liberarli nel corso ella sua marcia verso Madrid (di cui Siviglia aveva già annunciato la caduta) non era ancora in vista di Toledo. L’attacco di sorpresa era fallito. […]
Anche il generale Riquelme, comandante delle forze governative, aveva pensato subito che l’Alcazar si sarebbe presto arreso, senza che fosse necessario danneggiare uno dei monumenti più famosi di Spagna: abbiamo visto di quali armi preferisse servirsi. Ma dopo la telefonata del quinto giorno e l’abominevole stratagemma studiato per farlo venir meno al suo dovere, il colonnello Moscardò ha rapidamente organizzato la difesa della cittadella con l’aiuto dei suoi Cadetti. […]
All’inizio i difensori dell’Alcazar occupavano non solo la fortezza ma tutti gli edifici che la circondavano. (p. 37)
Fu così che la carne di cavallo e il pane costituirono la base dell’alimentazione durante i settanta giorni dell’assedio. […]
I primi giorni trascorsi all’Alcazar non furono quindi troppo penosi. La cosa più dura era la mancanza di notizie. (p. 38)
Ma la sera del 14 agosto le due armate degli insorti, quella del Nord e quella del Sud, riescono a congiungersi. Franco e Mola si incontrano a Badajoz. In quel giorno l’Alcazar di Toledo incomincia ad acquistare un valore di simbolo per le due parti in guerra. (p. 39)

L’ASSEDIO p. 39

Di fronte alla resistenza indomita dei difensori dell’Alcazar non si faceva più illusioni: bisognava piegarli con la forza. Vennero allora mobilitate tutte le forze disponibili. […]
Era intanto iniziato un bombardamento metodico. (p. 39)
La verità è che i furiosi attacchi scatenati dagli inzii di agosto contro l’Alcazar hanno reso sempre più indomita la resistenza degli assediati. (p. 40)
Tuttavia l’Alcazar resta praticamente privo della possibilità di comunicare con i nazionalisti. Che emozione – la più intensa di questo assedio – quando, il 22 agosto uno dei loro aerei riesce a lanciare un plico del generale Franco indirizzato al colonello Moscardò! Il 6 settembre un secondo aereo riesce ancora nell’impresa, recapitando un messaggio del generale Mola e un altro delle donne di Burgos rivolto ai Cadetti. Ma per intere giornate il cannoneggiamento incessante impedisce agli assediati di captare le radio nazionaliste: così, nell’Alcazar si ignora che sono stati conquistati innumerevoli paesini, i cui nomi costellano la strada per Toledo. (p. 42)
Così, dalla vita alla morte, si organizza il popolo dell’Alcazar, senza che la speranza venga mai meno. Come una “fiamma inestinguibile” che neppure “il soffio della morte” riesce a spegnere, essa arde nelle tenebre, illuminando quella note che on sembra aver mai fine e dove sorride la Vergine sotterranea. […]
Perché l’Alcazar di Toledo vede anche momenti di gioia, si svolgono feste e si cantano canzoni. Il morale è all’altezza della resistenza fisica e per rafforzarlo viene pubblicato un piccolo giornale scritto amacchina e ciclostilato, “El Alcazar”.[…]
Questi momenti di serenità facevano dimnticare le fatiche dell’assedio. (p. 45)

LE DUE SPAGNE p. 46
La sera del 14 agosto un dispaccio annuncia che Badajoz è stata conquistata dagli insorti; le armate id Franco e quella di Mola si sono congiunte. Ora sta per cominciare la vera battaglia di Madrid e, sulla strada della capitale, la battaglia per Toledo verso cui la resistenza dei Cadetti attira lo sguardo del mondo intero. (p. 46)

SOTTO LE BOMBE p. 48

Una simile tenacia non manca di stupire gli stessi assedianti , che si chiedono se i mezzi di cui dispongono sono sufficienti. La loro artiglieria in effetti non pare adeguata allo scopo. Solamente il 14 agosto i lcapitano José Garcia de Duenas riceve due pezzi da 105, cin cui decide di iniziare un bombardamento martellante per distruggere la parte superiore dell’Alcazar e radere al suolo tutto ciò che lo circonda, impedendo così agli assediati di piazzare le mitragliatrici con le quali fino ad allora hanno spezzato tutti gli attacchi dei miliaziani prendendoli d’infilata con il loro fuoco. La vigilia del 15 agosto gli obici iniziano a cadere sulle mura della fortezza. (p. 48)
Dopo quaranta giorni di assedio il morale dei combattenti dell’Alcazar non ha ceuto, anche se le condizioni di vita si fanno sempre più dure. (p. 50)

LA FESTA NEL SOTTERRANEO p. 51

All’inizio di settembre la radio trasmette ai Cadetti di Toledo un susseguirsi di esaltanti notizie. (p. 51)

SI PARLAMENTA p. 54

Il protrarsi dell’assedio incomincia a suscitare l’irritazione di Madrid. (p. 54)
La notte del 10 settembre la colonna avanzata del tenente colonnello Delgado, capo delle truppe nazionaliste di Talavera, vede salire, a una ventina di chilometri di distanza, le fiamme che ardono l’Alcazar, ridotto ormai a «un gesto di fierezza nella desolazione». (p. 56)

UN SACERDOTE p. 56

Ormai i rRossi hanno deciso che l’Alcazar deve essere fatto saltare in aria. Tuttavia verrà fatto u ultimo tentativo per convincere gli assediati ad arrendrsi[…]. (p. 56)
Calata ormai la notte, mentre ancora si attende una risposta, da un megafono echeggiano nel silenzio queste semplici parole:
– Nessuno esce di qui.
Poco dopo il colonnello Moscardò chiama al telefono il comandante Barcelo per confermargli la decisione. (p. 58)

INTERVENTI p. 59
Il 13 settembre San Sebastian viene conquistata dal generale Mola. Ormai tutto il Nord è sotto il controllo delle forze nazionaliste che ora devono affrettarsi a liberare Toledo, dove sono attesi ormai da cinquantacinque giorni. Il destino degli assediati è seguito con angoscia da tutto il mondo che si chiede se siano ancora vivi. (p. 59)

L’ALCAZAR SALTA IN ARIA p. 60

Il 17 settembre l’Alcazar registra un nuovo caso di diserzione. Il tenente Barrientoso esce con otto uomini sotto il pretesto di tentare un colpo di mano per procurarsi dei vivero; ma, giunto presso la pusterla, getta le armi e mentre i soldati rientrano precipitosamente nell’Alcazar si consegna ai miliziani. A suo dire, la situazione nella fortezza è ormai insostenibile: questo alimenta la fiducia del Comitato di guerra, che ora non nutre più alcun dubbio sull’esito vittorioso della lotta e decide immediatamente di far esplodere le mine preparate da molti giovani. […]
Verso la fine di questa terrificante giornata “El Alcazar” reca grandi notizie che confermano quanto si era venuto a sapere nelle ultime settimane.[…]
Le truppe nazionaliste sono ormai a pochi chilometri dall’Alcazar. (p. 60)
Il 18 settembre, alle 7 del mattino, un minatore preme un tasto per dar fuoco a una miccia lunga uan sessantina di metri, collocata in una delle gallerie. Scorre un minuto interminabile… Poi un’esplosione spaventosa scuote la terra, la dilania e tutta Toledo trema sul suo sperone roccioso. […]
… Trascorre un’ora infinita di silenzio spettrale. Convinti che resti solo un pugno di uomini rifugiatisi in qualche cantina, i miliziani avanzano armati di baionette e bombe a mano. Si aprono la strada su un terreno crivellato di buche, poi invadono le rovine sventolando la bandiera rossa dell’Unione Nazionale dei Lavoratori e quella rossa e nera della Federazione anarchica. (p. 61)
Da ambo le parti si combatte per ore con la stessa terribile determinazione, fino a quando Barcelo non dà l’ordine di abbandonare le posizioni avanzate dell’Alcazar. Gli insorti ne approfittano per cercare di riconquistare il vecchio palazzo del Governo militare, che gli incendi non sono riusciti a distruggere.
Ancora una volta i Cadetti sono padroni della cittadella. Verso le cinque della sera ai miliziani non resta che rafforzare le loro posizioni, risistemare i parapetti della loro trincea di partenza. (p. 62)

L’ATTACCO CON LA BENZINA p. 63

Il capo delle forze governative, generale Asensio, arriva la notte stessa a Toledo con ordini perentori.[…]
decide di far incendiare il palazzo del Governo militare e l’ala sinistra dell’Alcazar, ancora in piedi. […]
Il 19 settembre, verso le 10 del mattino, dalla torretta d’osservazione si scorge la massa traballante dei camion-cisterna che arrivano a Zocodover. (p. 63)

ATTACCHI FALLITI p. 65

Assediati e assedianti sono in contatto, e all’alba del 20 settembre il combattimento riprende. […]
Alle 5 del pomeriggio tre bombardieri dell’aviazione nazionalista volano sopra Toledo. Prima di essere intercettati dagli aerei governativi riescono a lanciare agli assediati dei viveri e un messaggio che annuncia il prossimo arrivo della colonna Yague. (p. 66)

VERSO LA LIBERAZIONE p. 67
La mattina del 21 settembre i miliziani riescono a catturare una guardia civile dell’Alcazar. […]
Viene subito condannata a morte e fucilata. (p. 67)
Sempre più numerosi, gli aerei nazionalisti sorvolano l’Alcazar e lanciano ogni giorno dei messaggi che esortano gli assediati a resistere a qualunque costo. (p. 68)

L’ULTIMO ASSALTO p. 68

Il 25 settembre i Rossi sferrano l’attacco decisivo. […]
Ma ecco che dalle rovine stesse riappaiono, quasi risorti, quegli insorti diabolici che nessuna esplosione è riuscita a colpire! Attaccano gli assalitori a furia di granate e li respingono ancora una volta. (p. 68)
Il 26 settembre, alle 6 di sera, l’avanguardia di Franco, la colonna Yague divenuta colonna Varela, giunge alle porte della città. […]
Viene immediatamente stabilito un collegamento tramite segnali con l’Alcazar, di cui è iniziato il sessantottesimo giorno di assedio. (p. 69)

LA CONQUISTA DI TOLEDO p. 69

Il generale Varela fa tagliare, a nord, tutte le comunicazioni con Madrid e l’assalto viene sferrato il 27 settembre. (p. 69)
Il Municipio cade alle nove; un quarto d’ora più tardi, l’evento meraviglioso, inaudito, cui nessuno più osava credere, il fatto indicibile, avviene con la semplicità sorprendente, l’umiltà magnifica di tute le cose veramente grandi. Nella notte scura i Cadetti di Toledo, le guardie civili, i falangisti, le donne, i bambini e perfino gli animali sopravvissuti escono tutti in massa dalle rovine ancora fumanti dell’Alcazar e si gettano tra le braccia dei loro liberatori! (p. 70)

LE FERITE DELLA VITTORIA p. 71

Il 28 settembre l’esaltazione regna a Toledo. I Rossi hanno abbandonato la città che avevano occupato per settanta giorni con cinquemila miliziani e seimila soldati venuti in rinforzo da Madrid. (p. 71)
Poi tutta Toledo si abbandonata alla gioia di acclamare i suoi liberatori.[…]
l’entusiasmo diventa delirante quando arriva il generale Franco[…]. (p. 72)
Una montagna di rovine, ecco ciò che resta di questo invincibile Alcazar dopo settanta giorni di assedio[…]. (p. […]
Malgrado questi attacchi di violenza inconcepibile, i 1900 assediati contano solo 82 morti. (p. 73)
Dopo la cerimonia religiosa i Cadetti e i difensori sfilano per Toledo davanti agli ufficiali dell’esercito nazionale. Questi uomini dai volti tirati e pallidi, la barba lunga, e questi giovani imberbi nelle loro uniformi stracciate e splendide incarnano l’onore della Spagna… Marciano salutati dalle ovazioni di tutto un popolo. (p. 74)

NOTE p. 77

IMMAGINI DALL’ALCAZAR (1936) p. 95

CRONOLOGIA p. 107