GIORGIO GIRARDET – PROTESTANTI E CATTOLICI: LE DIFFERENZE

GIORGIO GIRARDET – PROTESTANTI E CATTOLICI: LE DIFFERENZE
CLAUDIANA – Collana LE SPIGHE n.1 – 2003

 INTRODUZIONE p.5

LA PRIMA GRANDE DIFFERENZA p.6

La prima differenza che salta all’occhio è che al centro del cattolicesim o c’è il papa e la gerarchia (almeno così sembra), mentre per il protestantesimo è la Bibbia che sta al centro e il papa non c’è. (p.6)

Semplificando, diremo che il protestantesimo è un cristianesimo «emendato» o reso essenziale e, nelle intenzioni, purificato, per aver eliminato dottrine, riti e devozioni che esso considera aggiuntivi ed estranei al messaggio originario di Gesù Cristo e della chiesa apostolica. (p.7)

IL FONDAMENTO COMUNE p.9

 Ecco i punti fondamentali della fede sui quali tutti i cristiani, di tutte le chiese, concordano.
1   Al  centro sta la fede in Gesù il Cristo, unico Signore e salvatore di tu tti gli esseri umani, uomo fra gli uom ini e insiem e figlio di Dio e Dio, che ha manifestato all’umanità l’amore di Dio. Nato da donna, è stato crocifisso, è morto ed è risuscitato per la nostra salvezza. Egli è «il solo nom e per il quale possiamo essere salvati» (Atti 4,12).
Su questo punto la fede cristiana si differenzia da ogni altra religione.
2. Un solo Dio creatore, che si è fatto conoscenella storia, anzitutto al popolo di Israele, parlando per mezzo dei profeti e compiendo la sua rivelazione in Cristo. (pp.9-10)

3. Lo Spirito santo, ovvero lo Spirito divino presente nell’universo, la mano di Dio nella storia. Dio che chiam a, che opera, che dà vita. È lo Spirito che con il Padre e il Figlio costituisce la Trinità, dove le tre persone sono distinte, ma un solo Dio.[…]
4. La sacra Scrittura dell’Antico e del Nuovo Testamento è per tutti i cristiani il luogo storico della rivelazione di Dio in Gesù Cristo […] (p.10)

Con le sue preghiere, leggi e insegnamenti, la Bibbia è il grande patri­monio insostituibile di tutti i cristiani, anche se il posto che occupa e il ruolo che svolge è sensibil­mente diverso nelle diverse confessioni cristiane. […]
5. Le affermazioni centrali della fede cristiana sono state formulate nei gran di testi dottrinali della chiesa antica, i cosiddetti «Simboli», fra cui il Credo, che sono patrimonio comune di tutti i cristiani. (p.11)

6. La chiesa. essa è realtà e istituzione essenziale, che differenzia il cristianesimo dalle
altre religioni; è comunità dei credenti, o popolo di Dio. […]
7. I due sacramenti del battesimo e della Cena del Signore, o eucaristia. […]
Nelle chie­se evangeliche battiste il battesimo è tuttavia ammi­nistrato solo ai credenti che lo domandano: non si pratica il battesimo dei bambini. Vi è anche una sola Cena del Signore, o eucaristia[…] (p.12)

8 . La vita cristiana, nel senso di una vita coerente con la fede.[…]
La professione della fede non può essere separata da un comportamento etico corrispondente. (p.13)

9. Infine è comune a tutte le chiese l’apertura al futuro, al regno di Dio, la tensione verso il
compimento finale dei tempi, quando le promesse che Dio ha fatto per mezzo dei profeti e di Gesù Cristo saranno alla fine realizzate.

LE DIFFERENZE p.15

LA CHIESA E IL PAPATO p.15

L a differenza più importante è quella della concezione della chiesa e di conseguenza il papato,il cosiddetto «ministero di Pietro».[…]
[…]l’essere umano è «giustificato» per grazia mediante la fede. (p.16)
Fu solo allora che all’autorità della Bibbia – che avvalorava la tesi della salvezza per grazia mediante la fede – fu oppo­sto il ricorso all’autorità della chiesa, sì che alla fine fu su questo terreno che la controversia si cristalliz­zò: la concezione della chiesa e della sua autorità divenne il fulcro di tu tta la questione che, semplifi­cando, , si ridusse per molti al dilemma: o con la Bibbia o con il papa.[…]
Ma qui la dottrina cattolica fa un passo ulteriore e definisce la chiesa come una «società gerarchica»[…](p.16)

Qui sta il dissenso: quando la società gerarchica si esprime nella istituzione di un sacerdozio con compiti di mediazione che culmina nel «ministero di Pietro», quando essa «trasmette» la grazia di Dio e si attribuisce com piti di insegnamento, definendo dot­trine, dettando regole e governando gerarchica­mente i fedeli, allora siamo fuori dalla concezione
biblica e protestante della chiesa. […]
Il papa pertanto , «vescovo di Roma e successore di S.Pietro, è il per­petuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli», è «vica­rio di Cristo e pastore di tutta la chiesa, ha sulla chiesa potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente». Inoltre il papa è infallibile quando proclama «con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale». A lui spetta di governare la chiesa, nel quadro della colle­gialità episcopale di approvare la nomina dei vesco­vi; di dire l’ultima parola in fatto di dottrina e morale. Il papa è superiore anche al Concilio, cioè all’assemblea straordinaria di tu tti i vescovi. E il papa che convoca il Concilio, e le sue deliberazioni possono essere da lui m odificate o rifiutate.
Questa concezione del «ministero di Pietro» non è condivisa da nessuna delle altre chiese cristiane […] (pp.17-18)

Questo è il più alto muro di divisione e, nella prospettiva attuale, il più arduo. In effetti, il messaggio evangelico e l’esperienza storica di tutte le chiese danno un’altra risposta, ben differente: l’autorità ultima non è stata delegata a nessuno, perché è il Cristo vivente che guida la chiesa nelle complesse vicende della storia, mediante due strumenti essenziali: la Scrittura e lo Spirito. (p.19)

QUALE FONDAMENTO PER IL MINISTERO DI PIETRO? p.19

In realtà, al papato manca una carta di fondazione e una base storica. (p.19)

Tutto indica infatti, sul piano storico, che Gesù non ha creato una chiesa organizzata su base gerarchica, non ha istituito un collegio degli apostoli e tanto meno un suo capo.

1. In primo luogo, mancano comandamenti espliciti o indiretti in questo senso. Nel Nuovo Testamento non troviamo ordini o prescrizioni, o suggerimenti sul modo con cui la chiesa, dopo la resurrezione, debba essere governata.[…]

2. Nessuna gerarchia ecclesiastica dunque, e quindi neppure un qualche «ministero di Pietro». Diciamolo chiaramente: nella chiesa del  tempo apostolico e negli scritti del Nuovo Testamento il papato, semplicemente, non esiste[…] (p.20)

Di questo ministero centra­le non vi è traccia: esso non viene né prescritto né presupposto. Neppure nel famoso «tu es Petrus», che abbiamo citato. Come vedremo fra breve. (p.21)
Storicamente e sulla base del Nuovo Testamento, diremmo che il personaggio centrale è piuttosto Paolo e non Pietro. (p.22)

Non c ’è dubbio che Pietro abbia svolto una funzione di iniziativa e di guida nei prim i anni della mis­sione cristiana, m a tale funzione, secondo il raccon­to del libro degli Atti degli apostoli, (la sola fonte che abbiamo) si sarebbe conclusa abbastanza presto, quando Paolo gli sarebbe subentrato com e figura centrale. Pietro da allora scom pare. (p.23)

 Di una siffatta autorità trasmissibile non troviamo tracce nella storia della chiesa antica. (p.25)

MA OCCORRE UN GOVERNO CENTRALE? p.25

Fu la storia a creare, per così dire, il papato e a consolidarlo, fino a farne uno dei poteri forti dell’Occidente, accreditandolo com e un’i­stituzione necessaria. Il che potrebbe anche essere difendibile dal punto di vista storico, senza alcun seguito, tuttavia, sul piano delle verità della fede. (p.25)

In tutto il mondo delle religioni il cattolicesimo roma­no è il solo ad avere un governo di tipo «politico». È l’eccezione, non la regola. (p.26)

QUALE «GOVERNO» PER LA CHIESA? p.26

1. Tutti i credenti sono eguali fra loro[…]
Nessuno nella chiesa deve essere chiamato «maestro», o «padre», o «guida» (Matteo 23,9), perché uno solo è il maestro.
Neppure, come abbiamo detto, esiste nella chiesa un «sacerdozio» nel senso di un ministero speciale e riservato ad alcuni appositam ente ordinati a tal fine  e che abbiano il monopolio del rapporto con Dio, la celebrazione dei sacramenti, il governo della chiesa.(p.27)

2. I doni e i servizi sono suscitati dallo Spirito. […]
3. Ministro vuol dire «servitore».[…]~
4. Ogni chiesa locale è indipendente, localmente responsabile della sua vita; essa è, per dirla nel linguaggio di oggi, «autonoma». […]
La chiesa non ha perciò una struttura gerarchica, piramidale, ma è una realtà orizzontale e circolare, ondata sulla solidarietà di ogni sua parte. (p.28)

LE NOSTRE RAGIONI p.29

 La chiesa cristiana non può reggersi legittimamente nella forma di una monarchia universale. Inoltre, le chiese evangeliche vedono chiaramen­te il danno storico che è rappresentato dall’esistenza del papato, e si collegano al filo rosso della protesta antiromana, presente in tutti i secoli. Se il papato è antico, altrettanto antico ne è il suo rifiuto. (p.29)

E motivo di intop­po e di scandalo continua ad essere la dimensione politica e pesantemente «temporale» del papato, con la sua struttura simile a quella di uno Stato (lo “Stato” della Città del Vaticano!) che intrattiene relazioni diplomatiche con gli altri Stati. (p.30)

Nel concreto, il papato «reale», quello che cono­sciamo, viene rifiutato dalla metà dei cristiani, orto dossi e protestanti: al di là di ogni buona volontà e cortesia ecumenica. (p.32)

LE DIFFERENZE NEL DOGMA p.32

1. Il Dio di Gesù Cristo, di cui ci parla la Bibbia, si rivolge a tutti gli esseri umani, direttamente e senza intermediari
Quindi: nella chiesa cristiana non vi è posto per sacerdoti, specialisti del «religioso». (p.34)

Qui le chiese evangeliche si fondano sull’insegnamento della Scrittura.[…]
In un altro senso però tutti i credenti sono, sacer­doti, con il medesimo compito di gestire e comunica­re la verità dell’evangelo[….]
Non vi è dunque posto per un ministero sacer­dotale particolare, limitato ad alcune persone. Nelle chiese evangeliche i ministeri (come quello del pasto­re) non hanno un carattere sacerdotale, ma sono sol­tanto dei «servizi». Ministero significa servizio.
Pertanto rifiutiamo l ’affermazione secondo la quale Gesù avrebbe istituito nella chiesa un ministero sacerdo­tale che lo rappresenti, che ne continui la missione e che abbia in particolare la prerogativa esclusiva di celebrare i sacramenti. (p.35)

2. Dio solo è «santo», tutta la terra è il suo tempio e il luogo della sua presenza
Dio non abita in luoghi particolari o in case fatte dalla mano di esseri umani. Non esistono perciò né luoghi consacrati né atti in sé sacri[…]
La chiesa si costituisce là dove due o tre sono riuniti nel nom e di Gesù (Matteo 18,20) in ogni luogo e tempo, senza bisogno di luoghi consacrati, né, come abbiamo detto, di persone munite di funzioni sacerdotali. (p.36)

Allo stesso modo vanno escluse reliquie, santuari, pellegrinaggi. I sacramenti sono soltanto due, il battesimo e Cena del Signore, i soli che rispondano a un preciso mandato
evangelico.
Pertanto rifiutiamo l ’affermazione secondo la quale la predicazione dell’evangelo e l’amministrazione dei sacramenti siano di competenza esclusiva della chiesa gerarchicamente costituita attorno ai vescovi e al papa. (p.37)

3. A Dio solo la gloria: non a Maria o ai santi
A Dio soltanto va reso il culto, ogni forma di culto, e non a creature umane, a uomini e donne «santi», per quanto degni possano essere di rispetto e di lode. (p.37)

Pertanto rifiutiamo l’affermazione secondo cui una speciale devozione e preghiere, e feste possano essere dedicate alla «santa Vergine» o alla memoria di uomini e donne di Dio detti «santi», in quanto si tratta di devo­zioni e usanze estranee a una spiritualità evangelica fondata sulle Scritture. (p.39)

4. Della centralità della sacra Scrittura abbiamo già detto. (p.39)

Pertanto rifiutiamo l ’affermazione che la chiesa abbia il potere di esercitare il suo magistero definendo in modo infallibile verità di fede o comandamenti etici che tutti dovrebbero credere e osservare. (p.40)

5. La chiesa cristiana non può avere una dimensione istituzionale pesante, che faccia di lei un soggetto di potere politico

Essa è la raccolta o assemblea dei discepoli di Gesù, che in quanto istituzione non partecipa al potere né alle sue lotte. (p.40)

Per questa ragione i cristiani evangelici sono particolarmente sensibili, e critici, davanti al fatto che la chiesa cattolica si identifichi con una realtà di potere storico e «mondano», che sia governata in modo autoritario al suo interno e che sia coinvolta nelle strutture politiche del mondo, con le quali è costretta a venire a patti.[…]
Pertanto rifiutiamo l’affermazione che la chiesa, che tutte le chiese, possano o debbano contare, per l’esercizio della loro missione spirituale, sul potere politico ed econo­mico, e che possano accettare da parte dello stato, una particolare protezione o situazioni di privilegio. (p.42)

6.1 Il culto
Nelle chiese evangeliche il culto si svolge nella lingua del popolo[…]
Al centro del culto sta l’ascolto della parola di Dio e quindi la predicazione, fatta da un pastore, o da un predicatore laico. […]
La Cena del Signore (eucaristia), che non si cele­bra tu tte le dom eniche, è intesa come conferma e commento simbolico della predicazione. Questa è una differenza di un certo peso, dal momento che al centro della messa cattolica sta invece la celebrazio­ne eucaristica. (p.43)

6.2 I sacramenti

I cinque riti della riconciliazione (o confessione), cresima, matrimonio, unzione e ordine sacro non sono considerati «sacramenti» […] (pp.43-44)

6.3 Paradiso, purgatorio e inferno

Sul mondo dell’aldilà della morte e sul destino futuro dei defunti i cristiani evangelici preferiscono tacere, come davanti a un mistero troppo grande per la conoscenza umana, che la rivelazione biblica non ha inteso svelare. […]morte e non hanno pertanto alcun interesse nelle speculazioni relative al purgatorio, del quale del resto non vi è traccia nella Bibbia. I defunti si ricor­dano e si commemorano, ma non si celebrano per loro cerimonie di «suffragio».(p.44)

6.4 La chiesa e le chiese

Per i cristiani evangelici esiste una sola chiesa uni­versale che si manifesta in una pluralità di chiese sto­riche. T u tte le chiese sono fra loro sorelle, nessuna è «madre»; nessuna dispone dell’intera verità, ma tutte sono sottoposte allo stesso Signore che nello stesso modo le guida e le giudica.
6.5 Uomo e donna
Le chiese evangeliche riconoscono la parità fra uomo e donna, e le donne possono accedere a tutte le responsabilità e agli incarichi ecclesiastici.
Alle donne viene perciò affidato anche il ministero pastorale, che in Italia svolgono da oltre trent ’anni senza clamori o polemiche e con indiscussa capacità.

6.6 II matrimonio
Per la chiesa cattolica esso è uno dei sette sacra­menti, ed è ritenuto valido soltanto quando sia cele­brato dalla chiesa stessa, o con sua autorizzazione o «dispensa», e quando non sia esclusa la volontà di avere dei figli. Un nuovo matrimonio è invece negato ai divorziati. Le chiese evangeliche fondano anch’esse il m atrim onio sulla libera e reciproca promessa di amore e di fedeltà, ma accettano l’ordinamento della società civile e lasciano la scelta della forma della celebrazione alla coscienza dei coniugi. E riconoscono la possibilità di nuove nozze per i divorziati.

6.7 Similmente per i matrimoni interconfessionali, gli evangelici insistono sulla libertà di decisione dei coniugi, il cui matrimonio essere celebrato nella chiesa evangelica o al municipio, o nella chiesa cattolica, preoccupandosi solamente che ai coniugi venga assicurata la libertà di coscienza. (p.45)

6.8[…] Per il cattolico il settimo comandamento è «non rubare», per i protestanti è l’ottavo. (p.46)

6.9 Altra differenza nata da un vicenda storica è la composizione della Bibbia, o più esattamente l’elenco dei libri che compongono l’Antico Testamento. (p.46)
I protestanti si attengono al cosiddetto canone ebraico.(p.47)

LE DIFFERENZE NELLA MENTALITÀ, NELLA CULTURA, NEL COSTUME. p.47

Ecco alcuni tratti caratteristici di queste differenze.
1. A una vita cristiana, orientata sulla riconoscenza di dio, e quindi sulla libertà del cristiano, si oopone una spiritualità maggiormente orientata sui meriti e sulle buone opere. (p.48)

Egli è chiamato a vivere in m odo fedele e coerente ed è chiamato a fare il bene: non però per contribuire alla propria giustificazione mediante le buone opere, bensì perché la salvezza è stata già rag­giunta, sulla base della promessa evangelica. (p.49)

2. Di qui anche un diverso atteggiamento nei confronti della sofferenza, alla quale i cattolici danno talvolta un valore positivo, quasi un contributo per la propria redenzione, o quella degli altri.

3. La libertà della coscienza, cioè l’abitudine alla libera scelta personale e ad esercitare la propria responsabilità individuale. Per il protestante il cristiano è, prima di tutto, un essere libero e responsabile: un maggiorenne che può e deve decidere da solo, nelle questioni politiche e culturali, o in relazione alla fede e alla vita della chiesa. (p.49)

4. La libertà nella chiesa e il modo di celebrare il culto. (p.50)

I pasto­ri, come si è detto, non sono sacerdoti e il loro compito di predicare e amministrare i sacramenti è svol­to anche da non pastori. (p.51)

5. Un diverso atteggiamento davanti alla vita
Di fronte al male, all’errore, al peccato, il prote ­stante è posto dinanzi alla legge di Dio e riconosce di essere, personalmente, un trasgressore, cioè un «peccatore». (p.51)

Tendenzialmente il protestante vede le scelte etiche in bianco e nero, rifugge dalla saggezza delle mediazioni che invece caratterizzano il cattolico.[…]
Non vi è posto per un pecca­to che venga riscattato dalle elemosine o atti di devozione, com e le cosiddette «indulgenze». (p.52)

6. Un altro interrogativo è quello sollevato dal cattolicesimo «popolare», per la disponibilità che il cattolicesimo sembra a vere nell’accettare e inglobare credenze, riti e usanze popolari che ben poco hanno  a che vedere con l’evangelo di Gesù Cristo. […]
Pensiamo alla venerazione delle reliquie e delle immagini sacre, a molte feste dei santi, ai miracoli che le autorità tollerano, alle vere e proprie superstizioni popolari, come il miracolo di San Gennaro, ma anche alla più ufficiale venerazione della sindone di Torino o alle statue di madonne che piangono. (p.53)
[…] promuovano tale religiosità e vi si compiacciano, facendo anche frequente ricorso all’amplificazione dei mezzi di comunicazione di massa, i quali da parte loro sono convinti e convincono che quello sia il cattolicesimo: devozioni di massa, pellegrinaggi, Padre Pio.
Tutto questo non è solamente estraneo al protestante: gli è del tutto incomprensibile, ostico, e al limite, irritante. (p.54)

8. Ancora una tradizione di scarsa familiarità con la Bibbia e il suo messaggio, che va di pari passo con una minore importanza attribuia alla ricerca teologici. […]
il protestante si meraviglia nel vedere quanto siano ancora sporadici e fragili, soprattutto nei documenti del magistero, i riferimenti biblici.
Inoltre, sembra spesso al protestante che la teologia abbia nella chiesa cattolica uno scarso rilievo, e una troppo modesta autorità, rispetto all’autorità del magistero. (p.55)

9. Infine i preti celibi e i pastori sposati.

CONVERGENZE E DIFFERENZE p.58

LE CONVERGENZE

– Tutti i cristiani, ortodossi, cattolici e protestanti, credono in Gesù Cristo, unico Signore e salvatore; in un solo Dio creatore, che si è rivelato in Israele e in Gesù, come Dio di provvidenza ed amore dello Spirito santo, che è presente nel­l’universo e nella storia.
– Credono in un solo Dio in tre persone[…]
– Tutti i cristiani confessano che Dio ha parlato per mezzo dei profeti e, quando i tempi furono maturi, ha parlato in Gesù Cristo: credono che la testimonianza della sua parola è contenuta nelle sacre Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento cioè la Bibbia, che è pertanto, per tutti, il testo fondamentali della rivelazione.
– Tutti i cristiani praticano il battesimo, che è di acqua e di Spirito, e che riconoscono vicendevolmente valido; tutti i cristiani celebrano la Cena del Signore, eucaristia, alla quale
tuttavia danno significato diverso, ed alla quale non sono ancora in grado, in linea di principio, di partecipare insieme.
– Tutti i cristiani ritengono che il Signore chiami coloro che credono in lui e che lo seguono, cioè il suo popolo, ad una vita di fedeltà nella testimonianza di fede e nella scelta di,una vita vissuta in modo coerente con l’evangelo.
– Tutti i cristiani si riconoscono come popolo di Dio, chiamato a servirlo e ad evangelizzare: essi costituiscono la chiesa, la cui realtà e modi di vita essi intendono tuttavia in maniere diverse.
– Tutti i cristiani vivono una vita aperta al futuro e al regno di Dio che viene, e attendono la realizzazione della piena, redenzione promessa in Cristo. (p.58)

LE DIFFERENZE

– Riteniamo che la chiesa si regga sotto la sola autorità di Cristo, guidata dalla sua Parola e dallo Spirito, senza media­zioni[…]
– Rifiutiamo l’istituto dì un «ministero sacerdotale» che Cristo avrebbe istituito per amministrare i sacramenti e governare la chiesa; rifiu­tiamo un «ministero di Pietro» che intenda governare la chiesa in nome di Cristo.
– Riteniamo che a Dio soltanto si debba rendere ogni culto e ogni devozione[…]
Rifiutiamo ogni culto o devozione o onore o festa resi a creature umane, Maria o i santi.
– Riteniamo che la sacra Scrittura e lo Spirito santo, ricevuti nella comunione della chiesa, siano guida sufficiente per la chiesa di ogni tempo.
– […]
Rifiutiamo una a chiesa che per esercitare il suo compito di annunciare l’evangelo di Gesù Cristo si appoggi sul potere politico o economico; o che accetti da parte dello stato protezioni o privilegi. (p.59)

3 – I PROTESTANTI IN ITALIA E NEL MONDO p.61

4 – LE CHIESE ORTODOSSE p.65

Ne consegue che la vita dei cristiani ortodossi ha una dimensione che noi diremmo più mistica che sociale o politica, più interiore che istituzionale. Al suo centro sta la celebrazione eucaristica, ovvero la «Santa Liturgia» che con la sua rigorosa osservanza della tradizione e il suo rituale intenso e volutamente «ultraterreno» trasporta il credente in antici­po nel mondo a venire. Grande importanza spirituale hanno la venerazione delle icone, ovvero sacre immagini, quasi finestre aperte sul mondo di Dio, e il culto di Maria e dei santi.  (pp.67-68)

I protestanti dal canto loro prendono le distanze dall’ortodossia per gli stessi motivi che li differenziano dai cattolici (mediazione sacerdotale, sacramenti, culto di Maria e delle immagini) cui si può aggiungere l’orientamento giudicato troppo ultraterreno e distante dal sociale e dall’impegno fattivo per correggere i mali del mondo. (p.69)

5 – E ORA? p.71

LE DIFFERENZE CHE DIMINUISCONO p.71

LA DIFFERENZA CHE RESTA p.75

PER APPROFONDIRE p.77

INDICE p.84

 

Si segnala la presenza di qualche refuso di troppo.