GANDHI – PAROLE DI PACE

 

GANDHI – PAROLE DI PACE

FABBRI EDITORI – APRILE 2005

 

A cura e con introduzione di Maria Otto

Traduzione di Marcella Goldin

 

INTRODUZIONE p. 5

 

I – IL PONTE: I CAPISALDI DEL DISCORSO DELLA MONTAGNA p. 11

 

Dopo aver studiato per quanto mi fu possibile le religioni più importanti, sorse in me l’idea che dovesse esserci una chiave con la quale dischiudere l’unità fondamentale di tutte le religioni; è infatti significativo e necessario scoprire che esse hanno qualcosa in comune. Queste chiavi sono la verità e la nonviolenza. (p. 13)

 

Finché non realizzeremo questa fondamentale unità, le guerre combattute in nome della religione non cesseranno. (p. 14)

 

[…]ci è lecito impiegare soltanto strumenti di lotta non violenti. Se venissero adottati mezzi violenti, non m’importerebbe più nulla della libertà dell’India: perché la violenza non conduce alla libertà, ma ad una schiavitù dissimulata. (pp. 14-15)

 

E quindi io prego per i cristiani, perché diventino cristiani migliori, e per i musulmani, perché diventino musulmano migliori. Sono convinto che un giorno Dio ci chiederà conto, e lo fa già oggi, di quello che siamo, e cioè di quello che facciamo, e non della denominazione che ci siamo dati. (p. 15)

 

Se potessimo contemplare la verità tutta intera non saremmo più semplicmente ricercatori della verità, ma una cosa sola con Dio. Poiché, però, siamo semplicemente dei ricercatori, continuiamo a cercare, coscienti della nostra imperfezione…

Il rispetto delle altre confessioni religiose non deve renderci ciechi di fronte ai loro errori. Dobbiamo considerare anche difetti della nostra fede; e tuttavia non per questo possiamo volgerle le spalle: dobbiamo invece cercare di correggerne i difetti…

La tolleranza non è indifferenza nei confronti della propria fede, ma più profonda comprensione e più puro amore. (p. 22)

 

è mia convinzione che l’Europa di oggi non mette in pratica lo spirito di Dio o del cristianesimo, ma lo spirito di Satana. E Satana ottiene il più grande successo là dove si presenta con il nome di Dio sulle labbra. L’Europa di oggi è cristiana soltanto di nome, in realtà adora mammona. […]

so che Dio è la verità, e per me c’è una sola via per conoscere Dio: la nonviolenza, l’amore. […]

 

All’uomo non è dato di conoscere tutta la verità. Il suo compito consiste nell’orientare la sua vita sulla verità[…]. (p. 23)

 

La tendenza ad esagerare, a reprimere o a distorcere la verità è una debolezza dell’uomo; la si può vincere esercitando il silenzio. (p. 24)

 

[…] La coerenza consiste nel seguire la verità riconoscbile come tale momento per momento. […]

 

La motificazione delal cerne è necessaria quando la carne prende il sopravvento; è peccaminosa quando al carne è stata disciplinata e può essere messa al servizio degli altri. In altre parole, la mortificazione della carne non è meritoria di per se stessa. (p. 25)

 

Buono e cattivo sono concetti relativi: cil che è buono in certe condizioni, può diventare cattivo o peccaminoso quando le condizioni sono cambiate. (p. 26)

 

Chi mangia carne, ma siede a tavola con tutti nel timore di Dio è più vicino alla libertà di chi pratica l’astinenza delle carni e da molte altre cose, ma nello stesso tempo bestemmia Dio con le sue opere.

Un bramano che si vanta del suo sapere con gli altri, dimostra di non possedere un vero sapere.

 

Io sono dolorosamente consapevole della mia imperfezione, e in questa conoscenza è tutta la forza che ho, perché è raro che un uomo conosca i suoi limiti.

 

[…]Io cerco la luce. Sono circondato dalle tenebre, e tuttavia devo agire o astenermi dall’agire come mi induce a fare la verità. (p. 27)

 

II – BEATI I NON VIOLENTI p. 29

 

Il dolore è la legge dell’essere umano, la guerra è la legge della giungla.

 

È dai tempi di Adamo che applichiamo la legge del taglio, e sappiamo per esperienza che ha fallito tragicamente. Noi tutti gemiamo sotto i suoi effetti devastanti.

 

Intesa come esigenza dinamica, la non violenza è dolore sofferto consapevolmente. (p. 31)

 

[…]significa opporsi al nostro oppressore con tutta la forza della nostra anima. (p. 32)

 

Non ho mai penasto alla nonviolenza come arma dei deboli, ma come arma dei cuoi forti. (p. 33)

 

[…]la rinuncia alla violenza come espressione di forza. (p. 35)

 

[…]ma se riconosciamo che, nonostante il suo apparente predominio, non è la violenza che foverna l’universo, ma la forza morale, allora dobbiamo fare pratica di nonviolenza e porre tutta la nostra fiducia nelle sue sconfinate potenzialità.

 

L’esercito dei non violenti si comporta in modo diverso da quello armato, sia in tempo di pace che in tempi di tensione. Esso deve essere creativo, deve promuovere ogni sorta di operazioni al fine di evitare le sommosse popolari. Il suo dovere è quello di ottenere in ogni modo di riconciliazione tra i gruppi contrapposti[…].

[…]e un numero sufficiente di questi soldati della pace deve essere pronto a rischiare la vita pur di placare le masse inferocite. (p. 36)

 

Il potere dell’autodisciplina è così grande che un uomo può diventare quello che crede. (p. 37)

 

Il rifiuto a piegarsi alla volontà del tiranno annienta la violenza… (p. 38)

 

[…]ma ho potuto vedere che la legge dell’amore è oggettivamente giusta e dà migliori risultati della legge della devastazione.

 

[…] Chi pratica la disobbedienza civile deve distinguersi per una radicale nonviolenza, poiché agisce in base al principio di conquistare l’avversario con il dolore e con l’amore. (p. 40)

 

Lo spirito della nonviolenza si acquista per mezzo di un lungo esercizio di autodisciplina, entrando in familiarità con le misteriose forze dell’interiorità. (pp. 43-44)

 

III – BEATI QUELLI CHE HANNO FAME DI GIUSTIZIA p. 45

 

Odia il peccato, non il peccatore: questo detto è di facile comprensione ed è raramente messo in pratica: è per questo che il veleno dell’odio si diffonde nel mondo. (p. 51)

 

Se ciascuno di noi limitasse i suoi possessi al necessario, nessuno sarebbe costretto a vivere nell’indigenza, e tutti sarebbero contenti; mentre così anche i ricchi non sono meno scontenti dei poveri.

 

Occorre innanzitutto smettere di utilizzare le conoscenze e le scoperte scientifiche come semplici strumenti di arricchimento. Se si farà così, i lavoratori non saranno più sfruttati e le macchine non saranno più dannose, ma utili[…]. (p. 54)

 

Odio i privilegi e i monopoli. Rifiuto tutto quello che non può essere condiviso con tutto il popolo.

 

Dalla democrazia non verrà nulla di buono se non saremo disponibili ad ascoltare chi la pensa diversamente da noi. (p. 55)

 

Quando l’intolleranza diventa un’abitudine, si arriva fino a perdeer di vista la verità.[…]

[…]ma nello stesso tempo dobbiamo mantenerci aperti nello spirito ed essere sempre pronti ad ammettere che ciò che reputavamo verità si è rivelato come non verità.

 

[…]In nessun caso ci è lecito reprimere un’opinione con l’intolleranza, perché allora non sapremo mai chi è con noi o contro di noi. (p. 56)

 

La disubbidienza civile nella forma autentica esige l’osservanza puntualissima e volontaria del codice penale. La disubbidienza ad una lgge deve essere unita alla docile accettazione della punizione prevista per la sua violazione. Ma se una persona si ribella ad una legge e, dopo averla violata, si ribella anche alla pena prevista per tale violazione, il suo comportamento non può più dirsi civile né pacifico e necessariamente causa l’anarchia e il caos. […]

L’anarchico è, invece, un nemico dello sdtato e quindi anche un nemico degli uomini. (p. 58)

 

Dobbiamo trattare sempre con cortesia e pazienza chi vede le cose in modo diverso da noi. (p. 63)

 

È sempre stato un enigma per me il fatto che gli uomini possano sentirsi onorati dall’umiliazione dei loro simili. (p. 65)

 

IV – BEATI I PURI DI CUORE p. 67

 

E tuttavia, la nonviolenza è soltanto un mezzo – il fine è la verità.

 

La nostra energia vitale si dissipa continuamente nei cattivi pensiri, anzi, anche soltanto nei pensieri oziosi, disordinati, vani. Ma, poiché il pensiero è la radice delle parole e delle opere, queste saranno della stessa qualità del pensiero. Pertanto, un pensiero completamente sotto controllo è una forza potentissima e può diventare esso stesso stimolo ad agire. (p. 71)

 

[…]l’attenermi alla verità mi ha insegnato ad apprezzare la bellezza del compromesso. (p. 72)

 

Abbiamo il dovere di prendere sempre in considerazione le conseguenze delle nostre azioni. (p. 75)

 

La preoccupazione ansiosa per il futuro è causa di molti furti. Oggi abbiamo un desiderio è già domani prenderemo disposizioni oneste, se possibile, disoneste, se neccessario, per ottenere quello che desideriamo. Le idee possono essere rubate come le cose materiali. Chi si spaccia per il creatore di un’idea che non è nata da lui, è un ladro di pensieri. Per astenersi dal furto, occorre esercitarsi molto nell’umiltà, nel rispetto, nella vigilanza e nella semplicità del tratto. (pp. 76-77)

 

Un seguace della verità non può comportarsi in ossequio alle convenzioni. Deve sempre tenersi pronto a correggersi, e quando scopre di essere in errore, deve riconoscerlo ad ogni costo e porvi rimedio. (p. 77)

 

Gettare discredito sulla religione altrui… dire il falso, fracassare la testa di persone innocenti, profanare templi o moschee – tutte queste azioni rinnegano Dio. (p. 78)

 

Nessun uomo è così cattivo da essere estromesso da ogni possibilità di redenzione. Ma, d’altro lato, nessun uomo è neppure così perfetto da avere il diritto di annientare un presunto peccatore incorreggibile. (p. 79)

 

Le cose che vorremmo nascondere al mondo, non andrebbero neppure pensate. (p. 80)

 

L’autodisciplina,come ogni cosa buona, richiede una pazienza inesauribile… Non si facciano degli sforzi spasmodici pr scacciare i cattivi pensieri: sarebbe come cedere ad essi. Il metodo migliore è piuttosto la non-resistenza, e cioè ignorare linsorgere dei cattivi pensieri e tenersi occupati con i compiti più vicini. È bene creare intorno a sé una cerchia di obblighi da assolvere che richieda la concentrazione di spirito, anima e corpo.

 

Quando sono sveglio vigilo su me stesso. Ho raggiunto il controllo del mio corpo e ho disciplinato anche il mio linguaggio. I pensieri, invece, mi danno ancora moltoda fare: li concentro su un certo oggetto, altri pensieri possono intromettersi e ne nasce una lotta. Nelle ore di veglia sono pronto a sostenere questi conflitti e posso dire di aver raggiunto uno stato libero dai pensieri impuri. Ma durante il sonno non riesco altrettanto bene a tenere sotto controllo i miei pensieri… (p. 81)

 

La meditazione o la preghiera non sono una fuga nelle parole… (p. 82)

 

Non ho il minimo dubbio che la preghiera è un mezzo ineffabile per purificare il cuore dalle passioni. Ma ad essa deve unirsi la più grande umiltà.

 

[…]La ripetizione meccanica è cosa da pappagalli; dobbiamo tenere vivo l’intelletto e la speranza di allontanare così i pensieri indesiderati. (p. 83)

 

Si vede spesso che l’uomo diventa ciò che crede. Se mi ripeto continuamente che non posso fare una cosa, ne diventerò realmente incapace. Se, invece, credo fermamente di poterla fare, allroa sicuramente ne acquisterò la capacità, anche se all’inizio essa non mi era congeniale. (p. 84)

 

Noi siamo responsabili delle situazioni insostenibili degli “intoccabili”… Noi generiamo, diamo spazio, alimentiamo quotidianamente milioni di pensieri intoccabili. Questi dobbiamo estirpare, sono loro i veri intoccabili, essi si meritano diessere odiati ed estromessi dalla società. E facciamo penitenza per la nostra ingiustizia nei confronti dei fratelli “intoccabili”, permettiamo loro benevolmente di avvicinarsi a noi. (p. 85)

 

Giustamente la passeggiata è la regina delle attività fisiche… Il nostro lavoro spirituale è debole e privo di valore se non è accompagnato da un intenso esercizio fisico. Quando corriamo, respiriamo a pieni polmoni l’aria fresca. Con ciò si desta in noi la gioia che suscita la bellezza della natura, e ciò ha un immenso valore… Chi soffre di ulcera o cose simili, si faccia buone gambe. (pp. 85-86)

 

V – BEATI I PERSEGUITATI A CAUSA DELLA GIUSTIZIA p. 87

 

Non si può imparare la nonviolenza rimanendo chiusi in casa propria: la si deve mettere alla prova… Chi trema di paura e fugge, e vede solo da lontano due eserciti avversari nella mischia, non è un non violento, ma un vile. Un uomo non violento è pronto a sacrificare la sua vita per evitare in anticipo queste lotte. Il valore del non violento supera di gran lunga quello del violento. Il contrassegno del violento è l’arma: lancia, spada, fucile; lo scudo del non violento è Dio. (p. 90)

 

Ho potuto constatare molte volte che il bene suscita altro bene, mentre il male causa altro male. Se non si presta orecchio al richiamo del male, esso perde forza per carenza di nutrimento, e persice. Il male si nutre soltanto di altro male. (p. 91)

 

Mentre la violenza si volge contro l’iniustizia dell’aggresso e arriva fino al suo annientamento, e può avere successo soltanto quando è più forte della violenza dell’avversario, la nonviolenza può essere impiegata contro ogni avversario, a prescindere dalla forza che egli ha accumulato in vista del contronto violento. (pp. 94-95)

 

Vendicare l’assassinio con l’assassinio è impossibile. La vendetta o l’espiazione potranno soddisfare una bramosia sfrenata, ma non possono instaurare la pace o elevare l’umanità su un livello più alto. (pp. 95-96)

 

[…]Veramente non violento è colui che, mentre viene ucciso, non si adira con il suo assassino, ma anzi prega Dio di perdonarlo. La storia narra questo di Gesù.

 

[…]Non c’è salvezza per nessuno di noi se non nella verità e nella nonviolenza. […]

Credo fermamente che una libertà conquistata con lo spargimento di sangue o con la frode npon è autentica libertà. (p. 97)

 

Nei problemi di coscienza la legge della maggioranza non vale. (p. 98)

 

La violenze si nutre di opposta violenza. L’aggressore trama sempre qualcosa; vuole che l’aggredito faccia qualcosa o gli restituisca il colpo. (p. 102)

 

[…]Una parte ancor più essenziale della educazione dovrebbe consistere nell’insegnare al bambino a vincere nella lotta della vita, l’odio con l’amore, la menzogna con la verità, la violenza con la propria sofferenza. (p. 104)

 

VI – NON TEMETE p. 107

 

Il vostro più acerrimo nemico è la paura. Essa rode la vita sia di chi si lascia intimidire dal terrore, sia del terrorista. […]

Il secondo tipo di paura va sotto il nome di cupidigia. […]

Ma non è ancora mai esistito, né mai esisterà, un solo uomo che possa intimidire un altro uomo, con il cuore sgombro di paura. (p. 109)

 

L’esperienza mi ha insegnato che il silenzio è parte della disciplina spirituale di chi si schiera a farvore della verità. La tendenza ad esagerare, a reprimere intenzionalmente o no la verità o a distorcerla è una debolezza naturale dell’uomo, e il silenzio è necessario per vincerla… Sono molte loe persone che si agitano parlando nelle assemblee… (pp. 114-115)