CHARLES BAUDELAIRE – DIARI INTIMI

 

CHARLES BAUDELAIRE – DIARI INTIMI

ACQUAVIVA – MAGGIO 2001

 

A cura di Mauro Sinigaglia

 

IL MIO CUORE MESSO A NUDO p. 7

 

Calcolo a favore di Dio.

Nulla esiste senza scopo.

Dunque la mia esistenza ha uno scopo. Quale scopo? Lo ignoro. (p. 9)

 

La superstizione è il serbatoio di tutte le verità.

 

In ogni cambiamento c’è qualcosa d’infame e di piacevole al tempo stesso, qualcosa che ha dell’infedeltà e del cambio di parrocchia. Sufficiente a spiegare la rivoluzione francese. (p. 10)

 

[…] C’è una certa viltà, o piuttosto una certa fiacchezza, nelle persone per bene.

Solo i briganti sono convinti: di che cosa? Di dover riuscire. E così riescono.

Perché dovrei riuscire, se non ho nemmeno il desiderio di tentare?

Si possono fondare sul delitto imperi gloriosi, e nobili religioni sull’impostura. (p. 12)

 

Sentimento di solitudine, sin dall’infanzia. Nonostante la famiglia, – e soprattutto in mezzo ai compagni, – sentimento di destino eternamento solitario.

Eppure, giusto vivissimo della vita e del piacere. (p. 13)

 

La fede nel progresso è una dottrina da pigri, una dottrina da belgi. È l’individuo che, per adempiere il suo compito, conta sul prossimo.

Non ci può essere progresso (vero, cioè morale) che nell’individuo, e per opera dell’individuo stesso. (p. 14)

 

Bisogna lavorare, se non per gusto, almeno per disperazione, perché tutto ben considerato, lavorare è meno noiso che divertirsi.

 

Ogni uomo, in ogni momento, ha in sé due tensioni simultanee: una verso Dio, l’altra verso Satana.

L’invocazione a Dio, o spiritualità, è desiderio di salire di grado; quella a Satana, o animalità, è gioia di discendere. (pp. 15-16)

 

Ragionevole e sicuro è solo il governo aristocratico.

Monarchia o repubblica, basate sulla democrazia, sono egualmente assurde e deboli. (pp. 17-18)

 

Non esistono che tre esseri rispettabili: il prete, il guerriero, il poeta. Sapere, uccidere e creare.

Gli altri uomini sottostanno a imposizioni e a servitù son fatti per la scuderia: per esercitare, cioè, quelle che si chiamano professioni. (p. 18)

 

L’essere più prostituito è l’essere per eccellenza, è Dio, giacché è per ogni individuo l’amico supremo, giacché è il depositario comune, l’inesauribile amore. (p. 28)

 

Fra gli uomini, grandi sono soltanto il poeta, il prete e il soldato.

L’uomo che canta, l’uomo che sacrifica e si sacrifica.

Il resto è fatto per la frusta.

Diffidiamo del popolo, del bonsenso, del cuore, dell’ispirazione e dell’evidenza. (p. 29)

 

Popoli nomadi, pastori, cacciatori, agricoltori, e perfino antropofagi, tutti possono essere superiori per l’energia, per la dignità personale, alle nostre razze d’Occidente.

Queste forse saranno distrutte.

Teocrazie e comunismo. (p. 34)

 

Avviso ai non-comunisti:

Tutto è comune, perfino Dio. (p. 35)

 

Quest’orrore della solitudine, il bisogno di dimenticare il proprio io nella crne esteriore, l’uomo lo chiama nobilmente bisogno d’amare. (p. 38)

 

[…]Il commercio è satanico, perché è una delle forme dell’egoismo, la più bassa e la più vile. (p. 42)

 

[…]Dio è il solo essere che, per regnare, non ha nemmeno bisogno d’esistere. (p. 48)

 

Il prete è immenso, perché fa credere a una quantitàdi cose meravigliose. (p. 49)

 

Allo stesso modo, in politica, vero santo è colui che fustiga e uccide il popolo, per il bene del popolo. (p. 57)

 

Quando avrò ispirato il disgusto e l’orrore universali, avrò conquistato la solitudine. (p. 64)

 

Nel cattivo gusto c’è, d’inebriante, il piacere aristocratico di non piacere. (p. 66)

 

[…]Nuovo esempio e nuove vittime delle inesorabili leggi morali, periremo per colpa di ciò di cui abbiamo creduto vivere. La meccanica ci avrà talmente meccanicizzati, il progresso avrà così bene atrofizzato in noi tutta la parte spirituale, che nulla delle fantasie sanguinarie, sacrileghe o antinaturali degli utopisti potrà essere paragonato ai suoi risultati positivi. (p. 72)

 

Perduto in questo mondaccio, urtato dalle gomitate delle folle, sono come un uomo spossato, che veda dietro a sé negli anni profondi solo delusione e amarezza, e, davanti, solo una tempesta che nullaracchiuda di nuovo, né insegnamento né dolore. (p. 75)

 

A ogni minuto, siamo schiacciati dall’idea e dalla sensazione del tempo. E non ci sono che due mezzi per sfuggire a questo incubo, per dimenticarlo: il piacere e il lavoro. Il paicere ci logora. Il lavoro ci fortifica. Scegliamo.

Più ci serviamo di uno di questi mezzi, più l’altro c’ispira ripugnanza. (p. 77)

 

D’altro canto, dall’estrema giovinezza si traggono ragioni di dilaziuone; quando si ha molto tempo da spendere, ci si persuade che si piò scherzare per anni davanti agli eventi.

Chateubriand (p. 80)