FILIPPO LA PORTA – LA IMPOSSIBILE “CURA” DELLA VITA. ANTON CECHOV, LOUIS-FERDINAND CÉLINE, CARLO LEVI MEDICI-SCRITTORI COSCIENZIOSI E SENZA ILLUSIONI

FILIPPO LA PORTA – LA IMPOSSIBILE “CURA” DELLA VITA. ANTON CECHOV, LOUIS-FERDINAND CÉLINE, CARLO LEVI MEDICI-SCRITTORI COSCIENZIOSI E SENZA ILLUSIONI

FILIPPO LA PORTA – LA IMPOSSIBILE “CURA” DELLA VITA. ANTON CECHOV, LOUIS-FERDINAND CÉLINE, CARLO LEVI MEDICI-SCRITTORI COSCIENZIOSI E SENZA ILLUSIONI

SAGEN LIBRI FRANCISCI EDITORE – 2020

INTRODUZIONE p. 5

Vorrei introdurvi all’opera – intrecciata con la biografia – di tre scrittori che amo molto, e che presentano almeno un tratto in comune: hanno svolto la professione di medico, in periodi più o meno lunghi della loro esistenza. Anton Cechov, Louis-Ferdinand Céline e Carlo Levi condividono però qualcos’altro. Sono stati tutti e tre, sia pure in modi diversi, critici radicali della società del loro tempo – dei suoi idoli e delle sue servitù – e tutti sono stati medici non solo con spirito di dedizione ma con una decisa attrazione verso il “basso”, verso gli umiliati e offesi (Cechov e Céline provenivano letteralmente dal basso, da una piccola borghesia sempre sull’orlo del fallimento, mentre Levi aveva invece origini alto-borghesi).

Un legame antico

Il legame tra letteratura e medicina ha una storia antica, come vedremo tra un po’. (p. 5)

Certamente la professione di medico ha una naturale propensione verso la letteratura, e anzi verso la narrazione. (p. 6)

Pietà e cinismo

La quotidiana convivenza con la fragilità umana può produrre anche una nausea verso la nostra stessa condizione. Il contatto prolungato con la sofferenza, con lo spaventevole enigma del corpo, con la smagliatura avvenuta nella Creazione, con la “infermità” degli esseri umani, può generare sia una particolare forma di sensibilità, fatta di pietas, empatia, condivisione, calore, sia una certa dose di cinismo, indifferenza, tedio e indurimento (quasi una tecnica di sopravvivenza). (p. 9)

Vita-morte (digressione su un ospedale buddhista)

L’impermanenza e la fragilità sono la natura della vita. […]

La consapevolezza dell’impermanenza non ci rende più cinici, ma anzi più attenti alla singolarità di ogni attimo. (p. 10)

La “invenzione” della diagnosi e la “invenzione” della scrittura

Lo sguardo del bravo medico è uno sguardo straniante, proprio come quello dello scrittore, e perciò a volte vede la verità più ovvia, nascosta da tante sovrastrutture, e dice che il re è nudo. (p. 14)

La famiglia dei medici-scrittori

La famiglia dei medici-scrittori è ampia[…]. La rappresentazione letteraria della malattia, entro questa famiglia, può assumere le forme più diverse. Può diventare esplosione cosmico-grottesca come nel grande umanista cinquecentesco François Rabelais, medico personale del governatore di Torino, o resoconto freddo e spietato nel patologo (specialista di malattie veneree) e immenso poeta novecentesco Gottfried Benn. Ora, intendo concentrarmi su tre figure fondamentali di medici-scrittori. (pp. 14-15)

ANTOV PAVLOVIC CECHOV, MEDICO DELLA POVERA GENTE (1860-1904) p. 17

Venire dal basso

Nella vita di Cechov[…] si mescolano continuamente, la prima cominciata un po’ per vocazione e un pi’ per sostenere la disagiata famiglia con i primi compensi per i racconti umoristici[…], la seconda invece scelta consapevolmente con passione e senso di un dovere morale[…]. (p. 19)

Cechov viene dal basso, proprio come Céline (lo vedremo tra un po’), lì dove la vita ci mostra spesso il suo alto più duro, senza troppi margini di scelta. (p. 21)

La vita: tra amore per il burlesque e una immedicabile tristezza

Anton Cechov, di famiglia modesta e provinciale[…], nipote di un servo della gleba, figlio di un padre violento e con propensione al fallimento (negoziante) e di una madre mite e remissiva che adorava, ha sempre avuto facilità nella scrittura[…]. (pp. 25-26)

Ma decide di seguire la sua vocazione medica e, come abbiamo visto, a Mosca, dove si era trasferito nel 1879[…], si iscrive a medicina, laureandosi nel 1884. dedica però alla letteratura il tempo libero, due o tre ore al giorno, e perfino una piccola parte della notte[…]. Poi fa uscire una prima raccolta nel 1886, con un certo successo di pubblico, e da allora la sua fama letteraria si consolida, permettendo a lui e alla famiglia una vita relativamente agiata. […]

Come dice il già citato Bunin, nell’opera di Cechov accanto all’allegria spontanea e all’istinto clownesco troviamo una “immedicabile tristezza”[…]. (p. 26)

Con Poe e Maupassant Cechov è il maestro della forma breve nella modernità[…].

In vent’anni di attività letteraria Cechov ha scritto e pubblicato più di cinquemila pagine stampate di novelle e racconti. (p. 27)

Nell’ultimo periodo si trasferisce a Badenweiller, nella Foresta Nera, dove muore a soli 44 anni. (p. 28)

“Come giacerò da solo nella mia tomba, così in sostanza vivo solitario”. (Cechov, dai Quaderni) p. 31

I racconti in cui troviamo un medico come personaggio di qualche rilievo sono innumerevoli: oltre un centinaio su un totale di circa seicentocinquanta racconti. (p. 36)

LOUIS-FERDINAND CÉLINE, IL MEDICO DELLA BANLIEU (1894-1961) p. 45

CON AMORE E CON RABBIA p. 45

Subito una precisazione. Ho amato Céline, specie i primi due romanzi, di un amore sviscerato, totale. […]

Eppure lo amo anche con rabbia, con sofferenza: in preda a un obnubilamento e a un delirio paranoide[…] ha odiato, insieme alla borghesia e agli intellettuali, gli ebrei, su cui proietta tutto ciò che non sopporta (avidità, opportunismo, spirito lamentoso e vendicativo, perfino il razzismo), e ha denunciato il cosiddetto complotto giudeo-massonico, che sarebbe consistito nel progetto segreto di impadronirsi del mondo attraverso guerre e massacri. (pp. 45-46)

E poi la sua tesi di laurea (1924) sull’eroico dottor Semmelweis, che riporta la causa della febbre puerperale a una questione d’igiene (il non accurato lavaggio delle mani da parte dei medici), è il commovente omaggio a “un grandissimo cuore e a un grande genio medico”.

Però volevo dire che il mio sentimento nei suoi confronti è di amore e rabbia. (p. 47)

Un romanzo pacifista (la lingua dei miserabili)?

In Céline l’“aspra verità” che secondo il suo connazionale Stendhal costituisce l’anima stessa del genere del romanzo è inseparabile dalla visione del mondo che ha il medico[…]. (p. 48)

Nel suo personaggio semi-autobiografico lo scrittore immette le proprie contraddizioni e la propria confusione ideologica: un mix inestricabile di pacifismo e patriottismo, di vitalismo eroico e elogio della vigliaccheria, di misantropia e amore per gli umiliati e offesi[…]. (p. 49)

Da qui affiora una etica della scrittura come testimonianza, come dovere di ricordare. Il romanzo si offre come narrazione epica scritta in un impasto linguistico straordinario, un pastiche lessicale che usa modi e parole dell’argot (gergo di strada) e uno stile lirico-diaristico entro una sintassi che riproduce quella che lo scrittore chiamò “petite musique”. (pp. 49-50)

Mettersi al posto di un altro

Probabilmente per Céline la scelta della professione medica è stata un tentativo di reagire la proprio destino e all’inquietudine che costituiva la “direzione” della sua vita. Oltre a un modo di mettersi al posto di qualcun altro. (p. 54)

L’amore di riserva

Mi ostino a pensare che anche l’odio, l’esibizione di durezza in Céline nascono dal loro contrario, da un pianto disperato sulla mancanza d’amore nel mondo. (p. 56)

Morte a credito

“Mia madre… ha fatto di tutto, lei, per farmi campare, è il nascere che non ci voleva…” (Céline, Morte a credito)

Una narrazione ilarotragica, che a tratti potrebbe perfino evocare Chaplin, dove la vita come colpa e come malattia si scontra appunto vivendo (una morte a credito). E probabilmente l’unica risposta a un modo di borghesi ipocriti e di plebe degradata è da una parte la scelta di fare il medico, di dissolversi, di dimenticarsi nell’assistenza agli altri, e dall’altra di ricorre all’artificio letterario per ritrovare nella deformazione linguistica una possibile verità. (p. 58)

La trilogia maledetta: obnubilamento

Dopo il 1945 la produzione di Céline, che intreccia motivi autobiografici, pamphlettistici, picareschi e fantastici, appare ellittica e divagante, abbastanza ripetitiva e spesso impegnata a giustificare si e dimostrare la propria innocenza (ricordo che fu processato per tradimento e collaborazionismo),a celebrare la propria scrittura (nei Colloqui con il professor Y), anche se non mancano alcune punte stilistiche di qualche rilievo. (p. 60)

Un personaggio di Cechov

In tutta l’opera di Céline è preponderante l’immagine della morte, del disfacimento, della decomposizione, del corpo lacerato e infermo, delle patologie e anomalie, del ciclo di creazione-distruzione della vita biologica. Il mestiere di medico ha una evidente influenza su tale immagine “entropica”, di corruzione e degrado della materia, ed è proprio ad essa che si origina la volontà di non indorare la pillola, di non offrire versioni false e idealizzate dell’essere umano, di rappresentare impietosamente un universo dominato da istinti predatori, da una mera fisiologia della sopravvivenza, da una sopraffazione cosmica, dalla assoluta, brutale centralità del caso (tutti i protagonisti céliniani si sentono vittime impotenti del destino). (pp. 64-65)

Non crede agli uomini, interamente dominati dalla fisiologia, dai bassi istinti, tuttavia continua ad assisterli.

[…] nel suo lavoro quotidiano ci ricorda un medico tormentato di qualche racconto di Cechov! (p. 65)

CARLO LEVI, IL MEDICO DEI CONTADINI (1902-1975) p. 67

Carlo Levi era medico, oltre ad essere scrittore, pittore, militante politico, poeta. Anche se all’inizio, dopo la laurea a pieni voti, nel 1924, non esercitò mai la professione, limitandosi a fare l’assistente alla Clinica Medica dell’università di Torino[…]. (p. 67)

Elogio delle magnifiche sorti (da parte di un medico)

Quando si parla di Levi non bisognerebbe smarrire mai la sua oscillazione tra amore per la civiltà contadina e ammirazione per gli scienziati, attrazione per il passato arcaico e fiducia positivistica nel progresso[…]. (p. 82)

Allergici e diabetici

L’ultima straordinaria invenzione metaforica di Levi, nel Quaderno a cancelli (diario scritto nel 1973 in una degenza in clinica dopo il distacco della retina per il diabete, dunque temporaneamente cieco) è debitrice verso la sua professione di medico: Allergici e Diabetici. (p. 93)

CONCLUSIONI p. 96

BIBLIOGRAFIA p. 98

*Numero spropositato di refusi.