FERNANDO PESSOA – IL VIOLINISTA PAZZO
PASSIGLI – Collana LE OCCASIONI. PICCOLA BIBLIOTECA PASSIGLI – 2004
TRADUZIONE E CURA: Amina di Munno
TITOLO ORIGINALE: The mad fiddler
FERNANDO PESSOA, “UN OCEANO SENZA CONFINI”
Di Amina di Munno p. 5
IL VIOLINISTA PAZZO p. 33
IL VIOLINISTA PAZZO p. 35
[…]
Egli apparve all’improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all’improvviso se ne andò, e invano
sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà. (p. 35)
[…]
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell’ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda –
risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere –
la melodia del violinista pazzo. (pp. 36-37)
“SONO PALLIDO E TREMO” p. 46
Sono pallido e tremo.
Quale potere del chiar di luna
vibrante sotto il fiume
mi addolora così con diletto?
Quale incantesimo raccontato dalla luna
libera la mia anima intera?
Oh, parlami! Svengo!
Cede in me il dominio sulla vita!
Io sono uno spirito lontano, perfino
nel luogo sentito di me stesso.
O fiume troppo sereno
per la mia tranquillità!
O mal di vivere!
O tristezza per un qualcosa!
O luna-dolore che mi dai la consapevolezza
di essere inutilmente re
nel magico confine di un reame muto,
in una solitaria terra lunare!
O sofferenza di un flauto che muore
mentre vorremmo che continuasse a suonare! (p. 46)
IL LAGO LUCENTE p. 47
LA SCELTA SBAGLIATA p. 59
MOMENTI DI UN’ESTATE I p. 71
Il cielo è blu,
e gaia l’erba verde.
I miei occhi tristi blandiscono
l’estraneo scenario.
Oh, potesse il mio cuore
prendervi parte
e non sentire la dolorosa
sensazione della vita che fugge!
Non ho dimora,
né ore che mi preservino dal dolore.
Dolci brezze, accorrete
alla mia mente!
Grande fiume, così
calmo e vero,
insegnami ad andare
incontro alla vita come te!
Io non ho tregua,
i miei fiori sono appassiti.
Cos’era quel cercare
che la mia volontà ha eluso?
Non m’importa
neppure ciò che desidero.
Il mio cuore è ricco
e il mio amore povero.
Oh, giorno dorato,
penetra in me
e irradia la mia anima
con la gioiosa luce del sole!
Lascia che io sia soltanto
una finestra
attraverso cui tu passi con un chiaro,
tiepido non-dolore.
Svengo e tremo
nel sentire avvicinarsi la vita.
O fiume che scorri,
dov’è la mia casa?
O liete ore
che i prati consumano,
fresche piogge estive!
O mia disperazione!
O felici orizzonti!
O allegre colline!
Quale dolore imprigionano
i miei struggenti desideri?
Cosa c’è tra
me e me stesso?
Che cosa avrebbe dovuto essere
perché così non fosse?
La mia vita non
sarà
che una spiaggia solitaria
colpita dal mare!
Quale fato, quale potere
dell’oscura disperazione
fa sentire ogni ora allegra
come se non lo fosse?
Oh, per un po’ di riposo!
Dammi una dimora,
una speranza, un nido
per non smarrirmi!
In qualche luogo nella vita
deve pur esserci
qualcosa che non sia lotta
ad aspettarmi.
Guidami fin lì,
o giorno felice!
Lascia che il mio cuore sopporti
la tua dipartita!
Sveglia in me le speranze
almeno, anche se false.
Il mio spirito cerca a tentoni
le mura di una prigione.
Lieve mormorio di ruscelli,
dolce sposa dell’estate –
perché ho fatto di sogni
la mia unica vita? (pp. 71-74)
MOMENTI DI UN’ESTATE II p. 75
Il sole splende.
I passeri volano.
Il sentiero delinea
l’erba.
Cammino
lungo i prati,
lontano dagli affanni
e dalle gesta.
Qui ora
non c’è speranza,
nulla da cercare
né da temere.
Niente: il cielo
e la terra verde;
una vaga meraviglia del perché
si nasce.
Questo e nient’altro,
questo e la mia anima
e, sopra, il cielo,
questo tutto di niente. (p. 75)
Sono di nuovo il bambino che ero,
non sento dolore
più dell’erba.
Vivo una vita
libera dal domani
e dimentico la lotta
e il dolore […]
Così le radure
e il blu del cielo
in vaghe ombre dell’anima
penetrino nel mio cuore,
finché non diverrò
quel qualcosa di esteriore
che non ha casa;
un sospiro, un’ala,
una parte indefinita
dell’ora,
estraneo allo sforzo
di essere di più. (pp. 76-77)
Quest’ora passerà
come ogni cosa che conosco;
eppure, mentre scorreva,
fresca era la mia fronte,
le mie palpebre si chiudevano
in una pace finale,
non ero oppresso
dalla morsa del pensare. (p. 77)
Così lasciatemi riposare
in questo momento e credere
che ilo lato migliore della vita
sia molto simile al sognare. […]
in un cupo
abbandono
vivo sul bordo della curva
del mio pensiero,
e questo pensiero è ora
un filo d’erba
che non conosce neppure
il passaggio delle ore. (p. 78)
IL VUOTO p. 81
[…]
Il mio cuore rinunci a ogni cosa.
Sarò più ricco in tutto il mio io.
Ogni sospiro, ogni ala che passa
mi sottrae a me stesso. Tutto il cielo
si nutre della mia autocoscienza
e offusca la mia reale sofferenza.
Poiché la mia vera tristezza non è l’essere
il giorno così triste come me,
ma il non poter alcun momento alleviare
il dolore, ché nient’altro che dolore ho dovuto
sopportare e vedere e sentire
mentre la vita gira come una semplice ruota.
No: cose più vaghe dei cieli e le pianure
si sono abbattute oscure su di me;
le mie pene sono dolori più vuoti
di quelli che possono simboleggiare le pianure;
e il mio inutile peso della vita e dell’io
non assomigliano che a se stessi. (pp. 81-82)
MONOTONIA
[…]
La notte ferisce. La rossa brace
tende a un rosso più caldo!
Ahimé! Quando ricordo
vorrei poter dimenticare.
Quali vaghe e fredde folate entrano
nella mia anima come da una porta!
La mia anima è il centro vivo
dei sogni che non ci sono più. (p. 83)
[…]
Tutta la nostra anima è rimpianto.
Rimpianto di ciò che ricordiamo
e rimpianto di ciò che dimentichiamo. (p. 84)
QUATTRO LAMENTI p. 87
IL GIARDINO DEL DELITTO p. 95
CANTI NEL DORMIVEGLIA p. 111
LE ORE p. 116
Le ore sono stanche di essere ore.
Oh, poter essere qualcos’altro! Esse dicono.
Il nostro compito è quello di far crescere i bambini, le speranze e i fiori,
di dar colore alle labbra fredde e ai capelli grigi.
Esse indeboliscono e rattristano e spengono la bellezza.
Quando passano e si guardano indietro,
delineando il sentiero del loro compiuto dovere,
non trovano che lacrime.
Così, oh, poter essere qualcos’altro! Esse dicono,
poiché ritengono di sapere
che le cose e i pensieri che si portano via
realmente sbiadiscono e se ne vanno.
Ma esse non sanno, avide cieche che nascondono
una falsa ricchezza tramutata in ladro,
che tutto ha un altro Significato –
Ah, persino Dio. (p. 116)
LA TORCIA CADUTA p. 121
LA PREESISTENZA
Ho avuto un io e una vita
prima di quest’io e questa vita.
Quando la luna popola i boschi
di possibili fate o di folletti,
mi pervade un sogno
simile a una luce sfavillante
in un punto in me lontano,
su mari che ho conosciuto
e terre senza spazio che hanno
un’altra sorta di giorno.
Io sogno, e come il vento
soffia nel fuoco la cenere,
il mio cuore si illumina di un passato
che non posso ricordare.
E come la brace ardente
non è fuoco, ma l’apparenza del fuoco,
io dissipo la vuota ricchezza
della mia muta sensazione di me.
Come la pioggia nel mare
così mi dissolvo in me stesso.
Ci sono molti io confusi.
Io sono il mio essere sconosciuto.
Ho, non so perché,
un altro genere di vista,
(diversa da questa vana visione
che è la divisione della mia anima
da quando circonda la vista)
dove vedere è conoscere,
la cui vita è fede e dolore
sfuggiti alla mano del Dubbio.
La mia vita ha ore liete:
ed è quando non sento di vivere;
e, come la fragranza dei fiori
intesse attorno ai fiori un’anima-fiore
che è un ente spirito,
io eredito me stesso,
l’aria spirito del sangue dell’anima,
un io anteriore e intrinseco
che è l’essere-ricchezza
che divido con la perdita di Dio. (pp. 130-131)
IL LABIRINTO p. 139
Un giorno, quando il Tempo sarà cessato,
le nostre vite s’incontreranno ancora,
libere da Luoghi e Nomi.
Non resterà altro
di ciascuno di noi che potrà
sembrare naturale in quel Giorno.
Lì ci ameremo nuovamente,
meravigliandoci del vecchio sentimento
con il quale l’amor ci mosse,
quando il dolore e la solitudine
era ciò che le nostre anime possedevano
come loro eventuale fortuna.
[…]
Non ci sarà la mote in alcun luogo.
Il bisogno di soffrire e di dolersi,
gli inevitabili affanni,
l’attesa e il pianto
che va dalla gioia alle lacrime –
non devono appartenere
all’eternità dell’amore.
Le ore renderanno il nostro amore
più giovane, non più vecchio.
Un inganno del tempo sospingerà
persino la consuetudine verso l’oro più vero.
Lì il rimpianto non sarà
possibile al pensiero.
[…]
lei è irreale come tutto
ciò che invoco in questo verso. (pp. 151-152)
Forse questo amore, questa felicità,
questo conscio lieto non-essere
è una realtà
che vedo attraverso la fantasia.[…]
Perché, se lo sogno, non
può essere mio un giorno? […]
Forse la vita non fa altro che offuscare
l’immediata verità che acquista
la sua bellezza nell’essere sognata.
Mai nulla è semplicemente apparso. (p. 153)
Un alone di speranza circonda
la mia anima. Io sono quel bambino
che piange: ecco! Ho trovato
questo fiore strano e selvatico.
Il fiore sconosciuto che ho fatto
crescere sulla tomba dei miei sogni morti. (p. 154)
Lascia che nulla per cui mi struggo
meriti di essere divino.
Fa’ che somigli al paradiso
e sia la mia casa per sempre,
anche se per sempre una vita dimessa
all’infuori di quest’ora realmente bella.
un’ora in Dio sarà
una sufficiente eternità. (p. 155)