EMILY DICKINSON – PORTATEMI IL TRAMONTO IN UNA TAZZA
ACQUAVIVA – OTTOBRE 2004
Versione di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo
IO SONO NESSUNO!
Io sono nessuno! Chi sei tu?
Sei nessuno anche tu?
Allora siamo in due…
Non dir niente!
Ci bandirebbero, lo sai bene.
Come è orribile essere qualcuno!
Come è osceno, come una rana
Che dice il tuo nome
Per tutto il giorno
A un pantano di ammirazione. (p. 1)
QUANDO LA NOTTE È APPENA COMPIUTA
Quando la notte è appena compiuta
e l’alba cresce così vicina
che noi possiamo toccare gli spazi,
è tempo di ravviarsi i capelli
e tenere pronte
le fossette del sorriso,
e stupirsi
di essersi preoccupati
per quella vecchia mezzanotte
ormai scomparsa
che ci angosciò
nemmeno per un’ora. (p. 17)
IO SENTII UNA MOSCA RONZARE QUANDO MORII
Io sentii una mosca ronzare
Quando morii.
Il silenzio attorno alla mia forma
Era come il silenzio nell’aria
Tra gli ansiti di una tempesta.
Gli occhi intorno
Avevano pianto le loro lacrime,
e i respiri si erano radunati
sicuri
per l’ultimo assalto,
quando il re
si sarebbe svelato
nel suo potere.
Io disposi i miei ultimi doni,
con una firma assegnai
la parte di me che potevo
assegnare, – e poi
si interpose una mosca
con un ronzio blu, incerto,
diseguale,
tra la luce e me.
E poi le finestre vennero meno,
e poi
io non potei più vedere
per vedere. (pp. 22-23)
PORTATEMI IL TRAMONTO IN UNA TAZZA
Portatemi il tramonto in una tazza,
contate le ampolle del mattino,
e dite quante sono di rugiada.
Ditemi quanto lontano salta
Il mattino,
ditemi quanto tempo dorme
il tessitore
che filò le ampiezze di blu.
Scrivetemi quanto note ci sono
Nell’estasi del nuovo pettirosso
Tra i rami attoniti.
Quanti viaggi si sbevazza l’ape, –
La baccante delle rugiade!
E ancora, chi gettò i molti
Dell’arcobaleno,
e ancora, chi guida
le docili sfere
con sferzate di flessibile azzurro?
Le dite di chi filano
La stalattite,
chi conta i grani di rosario
della notte,
per vedere che nessuno è atteso?
Chi costruì questa piccola
Casa bianca
E chiuse le finestre
Così sprangate
Che il mio spirito
Non può vedere?
Chi mi lascerà uscire
In qualche giorno di festa
Con gli attrezzi per volare via,
passando con pomposità? (pp. 27-28)