DINO BUZZATI – I SETTE MESSAGGERI


DINO BUZZATI – I SETTE MESSAGGERI
MONDADORI – Collana OSCAR MODERNI n. 210 – I ed giugno 2018

INTRODUZIONE p. III

CRONOLOGIA p. XV

BIBLIOGRAFIA p. XXXIII

I SETTE MESSAGGERI p. 3

Da oltre otto anni un principe avanza nei territori del proprio regno per raggiungerne i confini, senza tuttavia esser riuscito ancora a raggiungerli. Lo scoramento si fa in lui vieppiù sempre più vasto, con pensieri negativi quali lo “stiamo girando in cerchio” o “mai potrò arrivare alla fine” e che forse è partito troppo tardi…

Partito ad esplorare il regno di mio padre, di giorno in giorno vado allontanandomi dalla
città e le notizie che mi giungono si fanno sempre più rare.
Ho cominciato il viaggio poco più che trentenne e più di otto anni sono passati,
esattamente otto anni, sei mesi e quindici giorni di ininterrotto cammino. Credevo, alla
partenza, che in poche settimane avrei facilmente raggiunto i confini del regno, invece ho
continuato ad incontrare sempre nuove genti e paesi; e dovunque uomini che parlavano la
mia stessa lingua, che dicevano di essere sudditi miei.
Penso talora che la bussola del mio geografo sia impazzita e che, credendo di procedere
sempre verso il meridione, noi in realtà siamo forse andati girando su noi stessi, senza mai
aumentare la distanza che ci separa dalla capitale; questo potrebbe spiegare il motivo per
cui ancora non siamo giunti all’estrema frontiera.
Ma più sovente mi tormenta il dubbio che questo confine non esista, che il regno si
estenda senza limite alcuno e che, per quanto io avanzi, mai potrò arrivare alla fine.

Con sé ha portato i sette migliori cavalieri del regno per poter intrattenere comunicazioni con i genitori utilizzandoli come messaggeri…

[…] e fra i cavalieri della scorta scelsi i sette migliori, che mi servissero da messaggeri.

Inizialmente gli erano sembrati un’esagerazione, accorgendosi ben presto di essere in errore. Lasciato partire il primo al secondo giorno di viaggio e poi gli altri uno di seguito all’altro, all’ottavo giorno il primo non aveva ancora fatto ritorno… L’intervallo del loro ritorno si fa inevitabilmente sempre più ampio e la nostalgia s’impossessa di lui, ormai lontano dalla capitale e straniero nel suo stesso ignoto regno…

Le nuvole, il cielo, l’aria, i venti, gli uccelli, mi apparivano in verità cose nuove e diverse; e io mi sentivo straniero.

Dopo otto anni e mezzo eccolo accogliere durante il bivacco serale Domenico, il quarto messaggero, di ritorno dopo quasi sette anni. Ne riceve le lettere, affidandogli le sue per l’ultimo viaggio in direzione della capitale. Sa che non si rivedranno più. Nella capitale a regnare è ora il fratello maggiore e nuove costruzioni sono sorte sui luoghi dell’infanzia. L’ansia di sapere cosa si trova oltre lo coglie, pur convinto che probabilmente non si accorgerà nemmeno del valico dei confini, decidendo d’inviare di lì in poi i messaggeri in avanti per scoprire cosa lo aspetti lungo il cammino…

Porta, il mio ultimo saluto alla città dove io sono nato. Tu sei il superstite legame con il mondo che un tempo fu anche mio. […]
Dopo di te il silenzio, o Domenico, a meno che finalmente io non trovi i sospirati confini. Ma quanto più procedo, più vado convincendomi che non esiste frontiera.
Non esiste, io sospetto, frontiera, almeno non nel senso che noi siamo abituati a pensare. Non ci sono muraglie di separazione, né valli divisorie, né montagne che chiudano il passo. Probabilmente varcherò il limite senza accorgermene neppure, e continuerò ad andare avanti, ignaro.
Un’ansia inconsueta da qualche tempo si accende in me alla sera, e non è più rimpianto delle gioie lasciate, come accadeva nei primi tempi del viaggio; piuttosto è l’impazienza di conoscere le terre ignote a cui mi dirigo.
Una speranza nuova mi trarrà domattina ancora più avanti, verso quelle montagne
inesplorate che le ombre della notte stanno occultando. Ancora una volta io leverò il
campo, mentre Domenico scomparirà all’orizzonte dalla parte opposta, per recare alla città
lontanissima l’inutile mio messaggio.

L’ASSALTO AL GRANDE CONVOGLIO p. 8

Dopo tre anni di carcere per contrabbando, il capo brigante Gaspare Planetta ottiene la libertà. Debole e malato, si dirige verso il suo vecchio covo sul Monte Fumo. Nessuno dei presenti lo riconosce e così riesce a spacciarsi per un compagno di cella. Apprende che il capo è ora Andrea, forte ed energico, che arriva successivamente. Gaspare capisce di essere ormai stato tagliato fuori…

[…] capiva di essere vecchio, che per lui non c’era posto, che il suo tempo era tramontato.

Richiedendo i vecchi oggetti di Planetta, si fa infine riconoscere, sebbene nessuno, vedendone il mutamento fisico, ne faccia parola. A denti stretti Andrea gli fa recuperare gli oggetti lasciati, compreso fucile e pugnale, con i quali poco dopo il vecchio lascia il covo…
Gaspare si ritira in un rifugio immerso nei boschi del monte dove un giorno si presenta un ragazzo diciassettenne, Pietro, entusiasta di poter iniziare una vita da brigante dopo esser riuscito a rubare un fucile. Dato che cerca i briganti, Gaspare si presenta come Planetta, destando ammirazione nel ragazzo che gli chiede di poter restare. Ma i giorni passano nell’inattività e il giovane inizia a pensare che il vecchio sia malato e non voglia più compiere nessuna scorribanda nonostante le proposte che gli presenta. Per placarlo Gaspare inventa un fantomatico piano d’assalto al Grande Convoglio Imperiale che il 12 settembre di ogni anno trasporta le tasse della provincia alla capitale. Invano negli anni in molti ci hanno provato. Pietro è estasiato dal coraggio del maestro… Ma i giorni passano e l’unica cosa che Gaspare mette in moto è la lingua per profferire dettagli del piano che non ha intenzione di porre in atto, impossibile da realizzarsi com’è…
L’11 settembre il ragazzo torna furente al rifugio: ha scoperto la verità incontrando i banditi di Andrea… L’indomani se ne andrà… Scosso nell’orgoglio, Gaspare decide di tenere fede alla promessa e di tornare ad essere per un giorno il vero sé stesso, partendo al mattino per attaccare il convoglio…

Ma all’indomani fu Planetta ad alzarsi per primo.[…]
Eppure non erano storie. Planetta, ora che era rimasto solo, andò ad assalire il Gran Convoglio.

Appostatosi nei pressi della salita che quello dovrà attraversare, eccolo raggiunto dal giovane che inizialmente accetta di andarsene salvo poi tornare al suo fianco… Il convoglio è sempre più vicino e un colpo di fucile scuote improvvisamente l’aria, non di cacciatore, bensì degli uomini di scorta che hanno centrato il maldestro giovane. Ormai individuato, il vecchio raggiunge Pietro, ricevendo a sua volta un colpo al petto. Prima di morire i due hanno l’onore di essere omaggiati da una nutrita schiera di eroici briganti morti per assaltare quello stesso convoglio… Le anime dei due assassinati escono dai rispettivi corpi, unendo al gruppo. Tra gli spiriti c’è anche l’amato cavallo Polak sul quale Gaspare fa però salire Pietro che avanza con i briganti verso il Regno dei Briganti Morti… Dopo aver osservato la strada e il convoglio e la scorta, Gaspare si accorge che i gendarmi hanno assistito a tutta la scena, salutandolo mentre s’incammina a piedi, fischiettando, per il Regno dei Briganti Morti…

SETTE PIANI p. 23

Giuseppe Corte, affetto da una leggera febbre, giunge una mattina di marzo nella città dove si trova la celebre casa di cura per quel tipo di malessere…

Dopo un giorno di viaggio in treno, Giuseppe Corte arrivò, una mattina di marzo, alla città dove c’era la famosa casa di cura.

L’edificio è moderno ed efficiente e Giuseppe si ritrova sistemato in una camera del settimo piano. Lì un’infermiera gli spiega che i malati sono divisi, in base alla gravità, in sette categorie smistate sui vari piani dello stabile, con al primo quelli ormai moribondi… Prima di sera scambia qualche battuta con il malato della stanza a fianco, già ricoverato da due mesi, che gli spiega che le tapparelle delle stanze al primo piano vengono abbassate alla morte del paziente… Giuseppe inizia a pensare incessantemente ai misteri di quel primo piano, sentendosene tuttavia ben lontano…
I giorni passano e, pur attenendosi alle prescrizioni mediche, non ottiene miglioramenti. Dopo circa dieci giorni dal ricovero, con la scusa di cedere il posto al figlio di una signora che deve essere ricoverata, Giuseppe si trova trasferito al sesto piano. Lì i medici lo rassicurano, nonostante venga a sapere che il suo male è sì di lievi intensità ma di vasta espansione e che il processo di distruzione delle cellule non è forse ancora cominciato…
Passano pochi giorni e per una presunta nuova procedura di classificazione dei malati, l’ospedale procede a trasferire al piano inferiore i pazienti ritenuti più gravi di ogni piano. Giuseppe si vede così trasferito al quinto, dando in escandescenze. Il medico lo rassicura, dichiarandolo dovuto certamente a un errore, ma che forse sarà curato meglio. La febbre debilitante costringe Giuseppe a placarsi…

Alla fine si accorse che gli mancavano la forza e soprattutto la voglia di reagire ulteriormente all’ingiusto trasloco. E senza altre ipotesi si lasciò portare al piano di sotto.

Dopo solo tre giorni, con la scusa di dover curare un eczema presentatosi su una gamba, Giuseppe viene trasferito al quarto piano dove si trova il macchinario a raggi Digamma… Inizialmente si era opposto, ma l’allargarsi dell’eczema lo avevano costretto ad accettare…
I giorni passano, l’eczema si riduce ma non scompare. Pressato dai consigli del medico, Giuseppe decide di scendere al terzo piano dove si trovano macchinari ancora più potenti… Ma anche lì resta poco: i medici devono andare in vacanza e i malati sono spostati al secondo. Lì Giuseppe subisce un peggioramento delle proprie condizioni psico-fisiche, finendo trasferito all’ultimo piano, “per errore”… Verso le tre del pomeriggio si accorge del buio che invade la stanza per il lento calo delle tapparelle, segno evidente della sua prossima morte…

OMBRA DEL SUD p. 39

Il narratore, in vacanza a Porto Said con un amico, scorge un giorno aggirarsi per le affollate identiche e brulicanti strade uno strano uomo vestito di bianco che avanza barcollando… Quando tenta di mostrarlo all’accompagnatore, si è dileguato, pur lasciandogli nell’animo una forte inquietudine… I due ripartono in auto, scorgendo sulla strada che conduce alla Laguna nuovamente lo strano tizio. Ma anche stavolta solo il narratore riesce a scorgerlo provando un’inquietudine ancor più forte e sentendosi legato a quello da un qualcosa di oscuro e ignoto…

[…]e fui consapevole (per una voce che mi parlava dal fondo) di una oscura complicità che mi legava a quell’essere.

La sera gli amici ripartono in piroscafo per raggiungere il Mar Rosso. A Massaua il narratore vaga per ore nelle strade assolate in cerca del misterioso individuo, cui continua a pensare, senza tuttavia incontrarlo… La nave riparte, ormai quasi vuota e il narratore si convince che la visione è stata una sorta di messaggero…

Era venuto a me un messaggero, dai regni favolosi del sud, a indicarmi la via?

Con la nave salpata da poco, ecco in lontananza, sulla banchina, l’arabo barcollante intento ad avanzare verso sud…
Il narratore lo rivede poi ad Harar. Corre per raggiungerlo, ma quello svanisce a una svolta…
Lo rivede ancora, ma senza rincorrerlo, sapendo che la sua natura pavida gli avrebbe impedito di seguirlo verso un ignoto regno…
Ma la mia anima è deprecabilmente timida, invano la redarguisco, le sue ali tremano, i suoi dentini diafani battono appena la si conduce verso al soglia delle grandi avventure.

Ma alla fine ci ripensa: lo seguirà, salvo eventualmente pentirsene all’ultimo momento?…

Questa sera mi sento veramente bene, sebbene i pensieri ondeggino un poco, e ho preso la decisione di partire (Ma sarò poi capace?[…]

EPPURE BATTONO ALLA PORTA p. 45

Al termine della giornata di lavoro Maria Gron torna nella viva dove vive con i familiari, il marito Stefano e i figli Federico e Giorgina. In casa è presente anche l’amico medico Eugenio Martora, mentre fuori impazza un furioso temporale…
Giorgina inizia d’un tratto a raccontare di aver visto un contadino portare su di un carro uno dei cani di pietra presenti a ingresso villa con quello a dichiararle di averlo recuperato sulle sponde del fiume. Inspiegabilmente Maria cerca a più riprese di cambiare discorso, mentre un sordo rumore zittisce i presenti…
D’un tratto suona il giovane Massigher che, trafelato, sembra voler dichiarare qualcosa d’importante. Anche stavolta, inspiegabilmente, Maria cerca di impedirgli di parlare, mentre un secondo boato scuote la casa… Il giovane vorrebbe avvisare della prossima esondazione del fiume che scorre proprio a ridosso della villa… I ricchi padroni di casa sono sicuri della villa, con Federico a scacciare il fattore giunto per chiedergli di perlustrare i dintorni per via del fiume ingrossato. Massigher tenta di convincere il coetaneo, ma alla fine è costretto a sedersi al tavolo da gioco con gli uomini mentre Girgina va a dormire e Maria inizia un ricamo… L’acqua inizia però a invadere il pavimento e i tonfi si fanno rombo costante. I servitori sono fuggiti e alla fine i Gron sono costretti ad ammettere che la casa è in balia del fiume esondato… Maria non può far altro che gettarsi dalla finestra, mentre qualcuno, forse uno spirito, bussa al portone…

ELEGANZA MILITARE p. 58

Un reggimento avanza dall’altopiano in cui è dislocato fin verso una valle desertica, incontro al proprio misterioso destino e ignota missione… Con il passare dei giorni le divise, le attrezzature e gli uomini si logorano, assumendo tuttavia per contrasto, agli occhi del narratore, aspetto di pura eleganza e dignità…

TEMPORALE SUL FIUME p. 64

Una domenica di settembre la vegetazione di un laghetto attende l’arrivo di un anziano pescatore e del nipotino, evento che da decenni ormai seguono seppur con protagonisti differenti (bambini che invecchiano lasciando spazio ad altri bambini). Ma del bambino non c’è traccia e il tempo passa fino all’arrivo di un temporale pomeridiano. Il triste vecchio resta immoto, deceduto…

L’UOMO CHE SI DAVA ARIE p. 68

Il giovane medico Antonio Deroz, prima della fine del periodo di prova presso l’ospedale nel quale è stato assunto, inizia a mutare carattere e a mostrarsi altezzoso e indisponente, lui fin lì sempre umile e servizievole. Il suo tutor, il rancoroso professor Dominici, apprende dallo stesso, nel mentre sempre più deperito, di essere prossimo a un viaggio solitario…. Deroz sta sempre peggio e una sera passa a congedarsi da Dominici preannunciandogli la partenza per la notte. Ritenendolo lo scherzo di un ubriaco, assieme a due amici il professore si reca la notte a casa dell’allievo scorgendone il corpo immoto da una finestra illuminata. D’un tratto una figura avvolta da un’aura s’incammina verso il sentiero sul retro che conduce, attraverso il bosco, a un deserto. Entrato in casa, Dominici si accorge che Deroz è morto e il suo spirito è partito per un altro mondo…

IL MEMORIALE p. 75

Il contadino Teodoro Berti, licenziato dal conte Andra Petrojanni, pur di continuare a vivere a Praloro, nei campi dove è nato e cresciuto, riesce ad acquistare un terreno grazie a un prestanome. Il conte considera ciò un affronto, ordinando ai sottoposti di non avere più alcun contatto con lui… Qualche anno dopo si diffonde la notizia della prossima soppressione, da parte delle ferrovie, del servizio di casellante che dovrà così essere gestito dagli interessati: il conte e Teodoro. Il contadino e la famiglia sono preoccupati: dei numerosi incidenti che si verificano sulla linea sarà chiamato a rispondere, lui che di soldi non ne ha. Invano cerca di contattare Gervasi, tenutario del conte, consultandosi anche con un avvocato, ma nessuno vuole inimicarsi il nobile. Il figlio Piero, diciassettenne disabile ritenuto anche un po’ tardo pur avendo studiato, si propone di redigere un memoriale. Sulle prime avversato dai genitori, diviene infine la speranza dei familiari e del casellante…
Passa il tempo, più di un anno e mezzo, e un giorno il direttore della linea arriva a casa Berti per parlare con Piero. Annuncia ai presenti che il passaggio a livello sarà chiuso dal momento che la linea passerà poco distante… La delusione affligge i Berti e Piero in particolare: tanta fatica sprecata per quel bellissimo memoriale. Impietosito, l’ingegnere accetta di ascoltarne la lettura. Il testo si rivela di livello eccelso e con esso il giovane chiedeva al conte di sistemare la questione accordandosi per il pagamento congiunto delle spese di un casellante alle Ferrovie…
L’apertura della nuova ferrovia, dichiara infine l’ospite, sarà rinviata per consentire l’invio del memoriale al conte…
Passano i giorni e nessuna risposta giunge… Al nono Piero cade in preda alla febbre e nel pomeriggio una convocazione giunge per lui proprio dal conte. Ma non può muoversi dal letto e così il padre è costretto a recarsi alla casa signorile per consegnare un biglietto di scuse…
Piero peggiora e la sorella gli descrive l’uscita del conte con la carrozza. Sempre più vicina al bivio, girerà per raggiungere il capezzale di Piero o tirerà dritta?…

CÈVERE p. 89

Un giovane cadetto è curioso di assistere al passaggio di Cèvere, mitologico traghettatore di cadaveri, che ogni sette anni risale il fiume caricando i corpi che rinviene attorno a Naer…
Una sera, deriso dagli amici, decide di risalire il fiume dopo aver appreso trattarsi dell’anno giusto per Cèvere… D’un tratto il traghettatore e i cadaveri si palesano alla sua vista. Nonostante la forte tentazione, la paura ha la meglio e rifiuta l’invito a salire sulla zattera per raggiungere il favoloso regno dei fiumi… Raggiunti gli amici, mente dichiarando di non aver incontrato nessuno…

IL MANTELLO p. 94

Dopo lunghi mesi al fronte, un giovane soldato, Giovanni, torna a casa inaspettatamente. La madre e i fratelli sono felicissimi del suo arrivo, ma lui è triste e distaccato. Un uomo misterioso, avvolto in un mantello, lo attende in strada… Anche lui indossa un mantello di cui non vuol separarsi… La donna gli offre cibo e bevande, sorpresa che il figlio gli preannunci una nuova partenza non potendo far aspettare oltre chi lo attende in strada. Quando uno dei fratelli gli alza il mantello, si scorge il sangue di una ferita. Ad aspettarlo è la Morte, con cui riparte in direzione del monte…

L’UCCISIONE DEL DRAGO p. 99

Nel maggio del 1902 un contadino, Giosuè Longo, al servizio del conte Martino Gerol, torna in paese dichiarando di essersi imbattuto nella Val Secca in un animale gigantesco che sembrava un drago, leggenda molto in voga a Palissano…
Martino decide allora di partire per una battuta di caccia assieme al governatore della provincia, Quinto Andronico e alla di lui moglie, Maria, ai naturalisti Inghirami e Fusti e a una scorta di otto cacciatori…
Fermatisi per la notte a Palissano, Andronico viene sconsigliato dal suo amico medico, Taddei, a proseguire nell’impresa, dato che l’esistenza del drago potrebbe rivelarsi anche veritiera…
Il gruppo avanza, condotto da Giosuè, fino all’inoltro nella foresta. Lì s’imbattono in un ragazzetto che dal paese sta portando in sacrificio al drago una capra. Martino decide di acquistare la bestia da usare come esca per il mostro. Raggiunta la grotta dell’avvistamento, i cacciatori si appostano, fino all’uscita dell’animale, una specie di coccodrillo dinosauro che, seppur ferito a una gamba prima e poi a un occhio dallo stesso Martino, ingoia l’animale per poi tentare la fuga lontano dalla propria tana. Martino si diverte a suppliziarlo, ferendolo gravemente quando si appropria con la forza della seconda capra portata dal ragazzo al cui interno inserisce dell’esplosivo. Ad assistere alla macabra scena giungono alcuni uomini del villaggio… L’esplosione ha luogo e il ventre del drago resta squarciato con conseguente fuoriuscita di fumo, mentre due piccoli draghi escono allo scoperto. Divertito, Martino li elimina provocando il ripetuto grido disperato del drago morente. Gli uomini del villaggio se ne vanno e alla fine il drago muore. Ma, a sua volta, inalati i fumi del drago, anche Martino trova la morte…

8 – UNA COSA CHE COMINCIA PER ELLE p. 114

Il mercante di legnami Cristoforo Schroder arriva nel paese di Sisto accusando un lieve malessere. Chiamato l’amico dottore Lugosi, si mette a dormire dopo la di lui partenza. L’indomani il dottore torna accompagnato da un uomo che dichiara essere Don Valerio Melito. Insinuante, questi lascia intendere di conoscerlo e di averlo visto finire fuori strada tre settimane prima facendosi aiutare da un uomo che aveva “una cosa che inizia per elle”… Sempre più nervoso, la verità si palesa a Cristoforo: ad aiutarlo a rientrare in strada era stato un lebbroso e ora anche lui è malato. Dovrà indossare una campana e lasciare paese e Regno. Don Valerio si rivela l’alcade che si diverte ad allontanarlo senza fargli prendere nulla dei propri beni…

IL DOLORE NOTTURNO p. 122

Giovanni e Carlo Moro sono due giovani fratelli, di venti e quindici anni, che vivono in una villetta signorile. Carlo, il più giovane, s’ammala e, in una sera di tardo inverno, percepisce la presenza della porta aperta. Giovanni è scettico, ma, sceso, si accorge che l’uscio è per davvero aperto. Tornato dal fratello, s’arrabbia nel sentirlo preoccupato della presenza di un uomo misterioso. Il maggiore scende ancora, riscontrando la presenza di un inquietante distinto gentiluomo sulla cinquantina che emana un’aura irresistibile. Questi entra in casa raggiungendo il capezzale di Carlo cui impedisce di dormire mostrandogli disegni… Le visite dell’uomo misterioso perdurano per oltre due settimane, angosciando entrambi i fratelli, fino a che, una notte, Giovanni lo sorprende addormentato in corridoio. Quella notte la visita non si verifica e all’alba i due fratelli sono felici di essersi liberati di quella terrificante presenza che li stava portando allo sfinimento per insonnia…

NOTIZIE FALSE p. 133

Il reggimento comandato dal conte Sergio-Giovanni, reduce da una battaglia, si accampa nei pressi di Antioco. Allo stanco ufficiale si presenta un vecchio, il podestà del paese di San Giorgio, Gaspare Nelius. Questi chiede con enfasi che i giovani che compongono la seconda compagnia siano lasciati tornare in paese, essendo giunta notizia della fine della guerra. Il conte nega il permesso e il vecchio senza lasciarlo finire, chiede almeno quattro giorni di licenza per festeggiare. Non si può, la guerra non è finita… Che gliene accordi almeno due… No, hanno perso… Che li si possa riportare a casa da eroi… No, sono stati uccisi in fuga dopo aver provocato la sconfitta in battaglia… Affranto il vecchio si allontana mentre il conte rimugina sulla disfatta…
Quando Gaspare rientra in paese i preparativi sono in corso. I pochi presenti gli si fanno incontro e lui decide di mentire dichiarando che la festa non si farà poiché i giovani, montatisi la testa, hanno deciso di restare nell’Esercito come guardia del Re nella capitale…

QUANDO L’OMBRA SCENDE p. 141

Il ragionier Sisto Tarra, dopo insistenti manovre di boicottaggio ai danni del predecessore, viene nominato capo economo della ditta per la quale lavora…
Un sabato pomeriggio un rumore di passi umani proveniente dalla soffitta lo attira spingendolo a salire a controllare. Lì, con somma sorpresa, si trova al cospetto di un bambino di undici, dodici anni intento a cercare giocattoli in una cassa. Osservandolo bene si accorgere essere sé stesso da piccolo… Dialogandoci cerca di impressionarlo per la posizione che è arrivato ad occupare, ma le semplici domande del bambino, con spunti per cosa avrebbe potuto essere, gli fanno infine realizzare di aver forse sbagliato tutto nella vita. Il piccolo fugge e lui si dispera: non potrà più tornare indietro. Scesa ormai la sera e scoppiato un temporale si appresta a lasciare la soffitta, ormai mutato per aver realizzato di aver perso le certezze di una vita mediocre e solitaria…

VECCHIO FACOCERO p. 150

Un vecchio e maestoso facocero viene scacciato dal branco dai suoi stessi simili. Sul far del tramonto, un giorno, due cacciatori lo avvistano ed abbattono dopo breve inseguimento…

IL SACRILEGIO p. 155

Il dodicenne Domenico Molo, figlio di un industriale, si confessa alla vigilia della Comunione. Turbato da un libretto che lo fa sentire colpevole del grave peccato di superstizione, il piccolo non riesce a confessarlo a Don Paolo, finendo in preda a un forte senso di colpa per aver taciuto per codardia quella che ritiene una grave condotta. Trova però il coraggio di fermare la governante, la signora Rop, e di ripresentarsi in confessionale dal sacerdote denunciando la propria colpa. Don Paolo non dà molto peso a tale peccato, caratterizzante la vita di quasi tutti gli adulti. Ma, la sera, prima di andare a dormire, un nuovo senso di oppressione assale Domenico: ha sì rimediato alla mancata confessione, ma ha omesso di aver taciuto per vergogna… Prova a giustificare il proprio operato, ma ecco che nel libretto da messa trova una dura condanna: “chi per vergogna o per altro motivo non giusto tace colpevolmente un peccato mortale, non fa una buona confessione, ma profana il Sacramento e si fa reo di un grave sacrilegio”. (pp. 160-161) Si sente così perduto, macchiatosi di Sacrilegio!… Avrebbe dovuto confessarsi prima della Comunione dell’indomani, ma come? Alla fine il sonno lo coglie… Al mattino Pasquale, il servitore, lo sveglia per prepararsi alla funzione. Domenico si ricorda a poco a poco del sacrilegio, promettendosi si confessarsi appena giunto in chiesa, finendo per confidarsi con Pasquale. Questo lo invita a non dar peso alla faccenda, donandogli nuova gioia. Ma, al cospetto dei compagni, il turbamento attanaglia ancora l’animo del bambino che, terminato il Sacramento, si sente ancora più colpevole, reo di non aver confessato la propria colpa prima della Comunione. Finge per tutto il tempo, fino a impallidire sempre più al momento di andare a letto…
Il tempo passa ma l’angoscia non si placa in Domenico che, anzi, un giorno si ritrova tra le mani, nella stanza di Rop, un libro di religione in cui si bolla come sacrilegio meritevole di dannazione chi ha ricevuto la Comunione con un inconfessato peccato mortale sulla coscienza… Unico suo elemento di sollievo nei momenti di maggiore pena è quello di potersi confessare in punto di morte…
Un mese dopo la Comunione, Domenico si ammala finendo in preda a forti febbri. Le sue condizioni si aggravano… peritonite… il padre ode un rumore come d’ali, forse la Morte…
Domenico muore e si ritrova spirito nell’aldilà, in una città dove le anime dei morti sono in attesa di giudizio. Una donna, Maria, lo conforta, attendendo con lui. Chi si è macchiato di gravi colpe è di norma costretto ad attendere per decenni… Seduti su una panchina, i due ascoltano le parole di due uomini, quand’ecco avanzare due valletti che li invitano a presentarsi a giudizio in due differenti Tribunali. Domenico si dispera, ma, poco dopo, eccolo innanzi al giudice per rispondere dell’accusa di duplice sacrilegio… Il pubblico ministero sembra avere la meglio sul difensore, ma ecco che d’un tratto dalle gradinate scende Pasquale con il diario del piccolo in cui si confessava l’atroce rimorso per il sacrilegio commesso. Il pubblico è indignato e il giudice sospende l’udienza per il sopraggiungere della sera con rinvio all’indomani… Pasquale, che si è suicidato dopo aver scoperto il diario in un cassetto della scrivania, prende per mano Domenico, affranto dal fatto di essersi vanamente tolto la vita per portare in Tribunale quella che credeva una prova a favore del piccolo… Insieme assistono in spiaggia al passaggio della festante nave che trasporta le anime destinate al paradiso… Li raggiunge poco dopo Maria, danzante felice assieme ad altre donne graziate e in partenza per l’indomani… Insieme vanno a dormire, ma, all’alba, di Domenico non c’è più traccia. Maria e Pasquale iniziano a cercarlo per le strade, fino a che un valletto invita l’uomo a recarsi a giudizio. Lì, a sorpresa, il giudice lo assolve, informandolo che il bambino è invece tornato tra i vivi per “un errore” commesso nel farlo morire…
Domenico riprende coscienza in una stanza d’ospedale, operato d’appendicite e salvato. Realizza così che il buon Pasquale è morto per davvero per lui, apprendendo così l’amarezza della vita… Del sacrilegio non si cura ormai più…
“Il terrore del sacrilegio era nel ragazzo del tutto scomparso: gli restava invece quell’arido gusto della vita che ricominciava, come presentimento di lunga fatica”. (p. 189)

DI NOTTE IN NOTTE p. 190

Un soldato osserva melanconico il paesaggio cittadino, quello rurale e le stelle del cielo in attesa di raggiungere nuovi campi di battaglia…