ALDOUS HUXLEY LE PORTE DELLA PERCEZIONE – PARADISO E INFERNO riassunto e citazioni

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ALDOUS HUXLEY
LE PORTE DELLA PERCEZIONE – PARADISO E INFERNO
LE PORTE DELLA PERCEZIONE
Fu nel 1886 che il farmacologo tedesco Ludwig Lewin pubblicò il primo studio sistematico del cacto al quale successivamente fu dato il suo nome (Anhalonium Lewinii). Per le religioni primitive, per gli indiani del Messico e per gli americani sudoccidentali, era un amico di vecchissima data.
Secondo uno dei primi visitatori spagnoli del Nuovo Mondo, “essi mangiano una radice che chiamano Peyotl, e che venerano come fosse una deità”.
Somministrata in dosi opportune, essa cambia la qualità della coscienza più profondamente ma è meno tossica di qualsiasi altra sostanza del repertorio farmacologico. (p.7)
Gli alienisti hanno ingerito la mescalina nella speranza di giungere in tal modo a una migliore e più diretta conoscenza dei processi mentali dei loro pazienti.
Finché un giovane psichiatra inglese fu colpito dalla grande somiglianza, nella composizione chimica, tra mescalina e adrenalina.(p.8)
L’adenocromo, che è un prodotto della decomposizione dell’adrenalina, può produrre molti dei sintomi osservati nell’intossicazione da mescalina. Ma l’adrenocromo probabilmente si forma spontaneamente nel corpo umano. In altri termini, ciascuno di noi può essere capace di fabbricare minute dosi chimiche di ciò che si ritiene provochi profondi cambiamenti nella coscienza.
Nella primavera del 1953 accettati, anzi ero impaziente, di fare da cavia. Così avvenne che, in un luminoso mattino di maggio, ingoiai i quattro decimi di un grammo di mescalina sciolta in mezzo bicchiere d’acqua e sedetti ad attendere le conseguenze.
Noi viviamo insieme, agiamo e reagiamo gli uni agli altri; ma sempre, in tutte le circostanze, siamo soli. (p.9)
Sensazioni, sentimenti, intuiti, fantasie, tutte queste cose sono personali e, se non per simboli e di seconda mano, incomunicabili. (p.10)
Sempre mi era sembrato possibile che, attraverso l’ipnosi, per esempio, o l’autoipnosi, per mezzo della meditazione sistematica, oppure prendendo la droga adatta, avrei potuto cambiare la mia coscienza ordinaria in modo da essere in grado di conoscere dall’interno ciò di cui parlano il visionario, il medium e perfino il mistico.
Ma ciò che mi ero aspettato non accadde. Mi ero aspettato di giacere con gli occhi chiusi, guardando visioni di geometrie multicolori, di animate architettature, ricche di gemme e di favolose bellezze, di panorami con figure eroiche, di drammi simbolici tremolanti perpetuamente sull’orlo dell’estrema rivelazione. Ma non avevo calcolato, era evidente, le idiosincrasie della mia struttura mentale, i fatti del mio temperamento, della mia educazione e delle mie abitudini. (p.11)
Io sono e, per quanto posso ricordare, sono stato sempre povero d’immaginazione. Le parole, anche quelle suggestive dei poeti, non evocano quadri alla mia mente. Nessuna di quelle visioni caratteristiche mi accoglie sul limitare del sonno. Quando mi ricordo di qualche cosa, il ricordo non si presenta come un avvenimento o un oggetto visto vividamente.
A coloro nei quali la facoltà di immaginare è forte, il mio mondo interiore deve sembrare stranamente grossolano, limitato e privo di interesse. Questo era il mondo che mi aspettavo di vedere trasformato in qualcosa di completamente diverso.
Il cambiamento che in effetti si verificò in questo mondo non fu in alcun senso rivoluzionario. Mezz’ora dopo aver ingoiato la droga divenni consapevole di una lenta danza di luci dorate. Un po’ più tardi vi furono sontuose superfici rosse che ondeggiarono e si distesero da nodi brillanti di energia vibranti di vita ricopiata, continuamente mutevole. Poi i miei occhi chiusi rivelarono un complesso di strutture grigie, entro le quali pallide sfere bluastre emersero in una intensa solidità e, una volta emerse, scivolarono silenziosamente in alto, fuori della vista. Mai però vi furono facce o forme di uomini o di animali. Non vidi paesaggi, né distese immense, né apparizioni magiche e metamorfosi di edifici, niente che somigliasse lontanamente a un dramma o a una favola. (pp.12-13)
Importante era che i rapporti di spazio avevano cessato di avere gran peso e la mia mente percepiva il mondo in termini diversi dalle categorie di spazio.
Posto e distanza cessano di avere grande interesse. La mente percepisce in termini di intensità di esistenza, profondità di significato, relazioni entro uno schema. Io vedevo i libri, ma non mi interessava affatto la loro posizione nello spazio. Ciò che notai, ciò che colpì la mia mente fu il fatto che tutti splendevano di luce viva, e che in alcuni la gloria era più manifesta che in altri.
Non che, senza dubbio, la categoria di spazio fosse stata abolita. Quando mi alzai e presi a camminare, potei farlo del tutto normalmente, senza falsare i contorni degli oggetti.
E con l’indifferenza per lo spazio venne una indifferenza ancora più completa per il tempo. (pp.15-16)
Il cervello è fornito di una serie di sistemi di enzimi che servono a coordinarne il lavoro. Alcuni di questi enzimi regolano la fornitura di glucosio alle cellule del cervello. La mescalina inibisce la produzione di questi enzimi e così diminuisce l’ammontare di glucosio disponibile a un organo che ha continuo bisogno di zucchero. Che cosa succede quando la mescalina riduce la normale razione di zucchero del cervello?
Ma ciò che accade nella maggioranza dei pochi che hanno preso la mescalina sotto controllo può essere riassunto come segue.
  1. La capacità di ricordare e di “pensare direttamente” è poco, se pure lo è, ridotta.
  2. Le impressioni visive sono molto intensificate e l’occhio ritrova un po’ dell’innocenza di percezione dell’infanzia. L’interesse per lo spazio è diminuito e l’interesse per il tempo cala quasi a zero.
  3. Sebbene l’intelletto rimanga inalterato e sebbene la percezione sia enormemente migliorata, la volontà subisce un profondo cambiamento in peggio. Il consumatore di mescalina non vede ragione di fare niente in particolare e trova la maggior parte delle cause per le quali, in tempi normali, egli era pronto ad agire e a soffrire, profondamente prive di interesse.
Quando il cervello lavora a zucchero ridotto, l’io denutrito si indebolisce, non si può preoccupare di intraprendere le azioni necessarie, e perde tutto l’interesse in quei rapporti di spazio e di tempo che significano tanto per un organismo soggetto a mantenersi nel mondo. (19-20)
La mescalina innalza tutti i colori a una maggiore potenza e rende consapevole l’individuo percettivo di innumerevoli e sottili ombre di variazione, alle quali, in tempi normali, egli è completamente cieco. (p.21)
La mescalina introduce alla contemplazione, ma a una contemplazione incompatibile con l’azione e anche con la volontà di agire, con lo stesso pensiero di agire. (p.33)
La maggior parte degli individui di vivida immaginazione sono trasformati dalla mescalina in visionari. Alcuni di essi – e sono forse più numerosi di quanto generalmente si creda – non richiedono trasformazione; essi sono sempre visionari. La specie mentale alla quale apparteneva Blake è abbastanza largamente distribuita anche nella società urbano-industriale del giorno d’oggi.
Un visionario senza talento può percepire una realtà interiore non meno grande, bella e significativa del mondo visto da Blake; ma egli manca completamente della capacità di esprimere, in simboli letterari o plastici, ciò che ha visto. (p.36)

E ora qualcuno portò un fonografo e mise un disco sul piatto. Ascoltai con piacere, ma non sperimentai niente di paragonabile alle apocalissi di fiori o di flanella.

La musica strumentale, cosa abbastanza strana, mi lasciò piuttosto freddo. (p.39)

Quando fu terminata, l’investigatore propose un giro in giardino. Accettai, e sebbene il mio corpo sembrasse essersi dissociato quasi completamente dalla mente – o, per essere più esatti, sebbene la mia consapevolezza del mondo esterno trasfigurato non fosse più accompagnata dalla consapevolezza del mio organismo fisico – mi trovai in grado di alzarmi, di aprire il balcone e di uscire, solo con un minimo di esitazione. Era buffo, senza dubbio, sentire che “Io” non ero lo stesso di queste braccia e di queste gambe “fuori di me”, di tutto questo tronco obiettivo e del collo e anche della testa. Era buffo; ma ci si abitua subito. E comunque il corpo sembrava perfettamente in grado di badare a se stesso. (p.41)
Che l’umanità in genere sarà mai in grado di fare a meno dei Paradisi Artificiali, sembra molto improbabile. La maggior parte degli uomini e delle donne conduce una vita, nella peggiore delle ipotesi così penosa, nella migliore così monotona, povera e limitata, che il desiderio di evadere, la smania di trascendere se stessi, sia pure per qualche momento, è, ed è stato sempre, uno dei principali bisogni dell’anima. L’Arte e la Religione, i carnevali e i saturnali, la danza e l’oratoria, sono serviti tutti, come disse H. G. Wells, da Brecce nel Muro. E per l’uso privato e quotidiano vi sono sempre stati gli stupefacenti che si sviluppano in bacche o si estraggono dalle radici, tutti, senza eccezione, sono stati conosciuti e sistematicamente usati dagli esseri umani da tempo immemorabile. E a questi modificatori naturali della coscienza, la scienza moderna ha aggiunto la sua parte di sostanze sintetiche, il cloralio, per esempio, e la benzedrina, i bromuri e i barbiturici.
Per l’uso illimitato l’Occidente ha permesso soltanto l’alcol e il tabacco. Tutte le altre Brecce chimiche nel Muro sono etichettate Narcotici, e i consumatori non autorizzati sono tossicomani. Oggi si spende molto di più per bere e per fumare di quanto si spenda per l’educazione. (p.49)
I problemi sollevati dall’alcol e dal tabacco non possono essere risolti, va da sé, con la proibizione.
L’unica politica ragionevole è di aprire altre migliori brecce nella speranza di indurre gli uomini e le donne a cambiare le vecchie e cattive abitudini per altre nuove e meno dannose.
Ma il bisogno di frequenti vacanze dalla propria intollerabile personalità cosciente e dalle circostanze spiacevoli, senza dubbio rimane. C’è bisogno di una nuova droga che conforti e aiuti la nostra dolorosa specie senza che il danno remoto sia maggiore del vantaggio immediato. Questa droga deve essere efficace in piccole dosi e sintetizzabile.
Essa deve essere meno tossica dell’oppio e della cocaina, meno probabile causa di conseguenze sociali indesiderabili di quanto lo siano l’alcol e i barbiturici, meno contraria al cuore e ai polmoni del catrame e della nicotina delle sigarette.
Per moltissime persone, la mescalina è quasi del tutto innocua.
L’uomo sotto l’influenza della mescalina si occupa tranquillamente dei fatti propri. Inoltre, i fatti di cui si occupa sono un’esperienza del tipo più illuminante. Delle conseguenze remote di un consumo regolare di mescalina, sappiamo pochissimo. (p.51)
Sebbene, senza dubbio, superiore alla cocaina, all’oppio, all’alcol e al tabacco, la mescalina non è ancora la droga ideale. Insieme alla maggioranza dei consumatori di mescalina, felicemente trasfigurati, vi è una minoranza che trova nella droga solo inferno e purgatorio. Inoltre, per una droga che dovrebbe essere destinata all’uso generale, come l’alcol, i suoi effetti durano un tempo fastidiosamente lungo. (p.52)
Il bisogno di trascendere la personalità cosciente dell’Io, come ho detto, è un’inclinazione principale dell’anima. Quando, per una qualunque ragione, gli uomini e le donne mancano di trascendere se stessi con l’adorazione, le opere buone e gli esercizi spirituali, sono infatti a ricorrere ai surrogati chimici della religione: alcol e “pillole della felicità” nell’Occidente moderno, alcol e oppio in Oriente, hashish nel mondo maomettano, alcol e marijuana nell’America Centrale, alcol e coca nelle Ande, alcol e barbiturici nelle più aggiornate regioni del Sudamerica. (p.53)
Idealmente, tutti dovrebbero essere in grado di trovare la trascendenza dell’Io in qualche forma di religione pura o applicata. In pratica sembra molto improbabile che questa speranza di perfezione possa mai essere attuata.
Le Chiese moderne, con qualche eccezione tra le sette protestanti, tollerano l’alcol; ma anche le più tolleranti non hanno fatto alcun tentativo di convertire la droga al cristianesimo o di consacrarne l’uso.
L’uso dell’alcol non può essere consacrato se non nelle religioni che non danno importanza al decoro.
I riti del cristianesimo sono incompatibili con la sbornia anche religiosa. Ciò non danneggia i distillatori, ma p un gran male per il cristianesimo. Innumerevoli persone desiderano la trascendenza dell’Io e sarebbero contente di trovarla in chiesa.
Esse partecipano ai riti, ascoltano i sermoni, recitano preghiere; ma la loro sete rimane insoddisfatta. Deluse, si rivolgono alla bottiglia. (p.54)
Vediamo, allora, che cristianesimo e alcol non si mescolano e non possono mescolarsi. Cristianesimo e mescalina sembrano molto più compatibili. (p.55)
Io non sono così stolto da mettere alla pari ciò che avviene sotto l’influenza della mescalina o di qualsiasi altra droga, già reperibile o reperibile in futuro, con l’attuazione del fine e scopo ultimo della vita umana: la Chiarificazione, la Visione Beatifica. Tutto ciò che sto proponendo è che l’esperienza della mescalina sia ciò che i teologi cattolici chiamano “grazia gratuita”, non necessaria alla salvezza, ma potenzialmente utile e da accettare con riconoscenza se resa ottenibile. (p.57)
Essere sospinti fuori delle linee dell’ordinaria percezione, ricevere, per qualche ora al di là del tempo, la manifestazione del mondo esterno e di quello interno, non come essi appaiono all’animale ossessionato dalle parole e dalle nozioni, ma come essi sono captati, direttamente e incondizionatamente, dall’Intelletto in Genere: questa è un’esperienza di valore inestimabile per chiunque, specie per l’intellettuale. (p.58)
Dobbiamo imparare come trattare efficacemente le parole; nello stesso tempo però dobbiamo preservare e, se necessario, intensificare la nostra capacità di guardare il mondo direttamente e non per il tramite mezzo opaco dei concetti, che deformano ogni dato fatto nell’apparenza fin troppo familiare di qualche etichetta generica o di qualche astrazione esplicativa.
Letteraria o scientifica, liberale o specializzata, tutta la nostra educazione è soprattutto verbale e quindi manca di adempiere agli scopi prefissi. (p.59)
In un mondo dove l’educazione è preminentemente verbale, gli individui che abbiano una educazione di prim’ordine trovano impossibile rivolgere una seria attenzione ad altro che non siano parole e nozioni.
Le Lettere non verbali, le arti di essere direttamente consapevoli dei dati fatti della nostra esistenza, sono quasi completamente ignorate. (p.60)
Ma l’uomo che ritorna dalla Breccia nel Muro non sarà mai proprio lo stesso dell’uomo che era andato: sarà più saggio ma meno presuntuoso, più felice, ma meno soddisfatto di sé, più umile nel riconoscere la sua ignoranza, eppure meglio attrezzato per capire il rapporto tra parole e cose, tra ragionamento sistematico e Mistero insondabile che egli cerca, sempre invano, di comprendere. (p.63)
ALDOUS HUXLEY
PARADISO E INFERNO
L’uomo è composto di ciò che potrei chiamare un Vecchio Mondo di coscienza personale e, al di là di un mare di divisione, di una serie di Nuovi Mondi: le non troppo distanti Virginie e Caroline del subcosciente personale dell’anima vegetativa; il Far West dell’inconscio collettivo, con la sua flora di simboli, le sue tribù di archetipi aborigeni; e, al di là di un altro, più vasto oceano, agli antipodi della coscienza quotidiana, il mondo della Esperienza Visionaria.
Se andate nel Nuovo Galles del Sud, vedrete i marsupiali saltellare nelle campagne. E se andate agli antipodi della mente autocosciente, incontrerete ogni specie di creature strane almeno quanto i canguri. (p.70)
Alcuni non scoprono mai coscientemente i loro antipodi. Altri fanno un atterraggio occasionale. Eppure altri (ma sono pochi) trovano facile andare e venire a loro piacimento.
Due di questi metodi esistono.
Nel primo caso l’anima è trasportata alla sua remota destinazione con l’aiuto di un prodotto chimico, sia mescalina oppure acido lisergico. Nel secondo caso, il veicolo è psicologico in natura, e il passaggio agli antipodi della mente viene compiuto per ipnosi. I due veicoli trasportano la coscienza alla stessa; ma la droga ha più vasta portata e conduce i suoi passeggeri più in là nella terra incognita. (p.71)
Circa gli effetti psicologici della mescalina sappiamo poco. Probabilmente (perché non ne siamo ancora sicuri) essa interferisce nel sistema degli enzimi che regola la funzione cerebrale. Così facendo diminuisce l’efficienza del cervello come strumento di messa a fuoco della mente sui problemi della vita sulla superficie del nostro pianeta. Sembra che questa diminuzione di ciò che può chiamarsi l’efficienza biologica del cervello permetta l’ingresso nella coscienza ad alcune categorie di avvenimenti mentali che normalmente sono escluse, in quanto non posseggono valore di sopravvivenza. Simili intrusioni di materiale biologicamente inutile, ma esteticamente e qualche volta spiritualmente degno, possono verificarsi in conseguenza di malattia o stanchezza; oppure possono procurare dal digiuno, o da un periodo di confinamento in luogo oscuro e di completo silenzio.
Una persona sotto l’influenza della mescalina o dell’acido lisergico smetterà di avere visioni quando le sia somministrata una buona dose di acido nicotinico. Ciò aiuta a spiegare l’efficacia del digiuno quale causa di esperienza visionaria. Riducendo la quantità di zucchero disponibile, il digiuno diminuisce l’efficienza biologica del cervello e così rende possibile l’ingresso nella coscienza di materiale privo di valore agli effetti della sopravvivenza. Inoltre, provocando una deficienza di vitamine, esso elimina dal sangue quel noto elemento inibitorio delle visioni, l’acido nicotinico. (p.72)
L’ascetismo, è evidente, ha una doppia motivazione. Se gli uomini e le donne tormentano il proprio corpo, non p soltanto perché sperano in questo modo di espiare le colpe passate ed evitare le punizioni future; ma anche perché anelano di visitare gli antipodi della mente e avere qualche apparizione visionaria. Empiricamente e dai resoconti di altri asceti, essi sanno che il digiuno e un ambiente limitato li trasporteranno dove desiderano andare. (p.73)
Quali sono i caratteri comuni che questo modello impone alle nostre esperienze visionarie? Il primo e più importante è l’esperienza della luce. Tutto ciò che è visto da coloro che visitano gli antipodi della mente è brillantemente illuminato e sembra splendere dall’interno. Tutti i colori sono intensificati a un grado molto superiore di qualsiasi cosa vista in condizioni normali, e nello stesso tempo la capacità dell’intelletto di riconoscere sottili distinzioni di tono e di colore è assai rafforzata.
La maggior parte dei sogni sono incolori, oppure sono soltanto parzialmente o debolmente colorati. Invece le visioni sperimentate sotto l’influenza della mescalina o dell’ipnosi sono sempre di colori intensamente e, potremmo dire, preternaturalmente brillanti. (pp.73-74)
I sogni, che non sono dati, ma fabbricati dal subcosciente personale, sono generalmente in bianco e nero.
Le immagini del mondo prototipo sono simboliche; ma poiché noi, come individui, non le fabbrichiamo, ma le troviamo “là” nell’inconscio collettivo, esse presentano almeno alcune delle caratteristiche della realtà data e sono colorate. (p.75)
I non simbolici abitanti degli antipodi della mente esistono per conto proprio, e come i dati fatti del mondo esterno sono colorati.
Infatti, essi sono molto più intensamente colorati dei dati esterni.
Agli antipodi della mente, noi siamo più o meno completamente liberi dal linguaggio, fuori del sistema del pensiero concettuale.
Di conseguenza la nostra percezione degli oggetti visionari possiede tutta la freschezza, tutta la nuda intensità delle esperienze che non sono state mai verbalizzate, mai assimilate alle morte astrazioni.
I1 loro colore (quel distintivo del dato) brilla con uno splendore che ci sembra preternaturale, perché esso è infatti completamente naturale, completamente naturale nel senso di essere completamente non sofisticato dal linguaggio o dalle nozioni scientifiche, filosofiche e utilitarie, con le quali noi di solito ricreiamo il mondo dato nella nostra immagine desolatamente umana. (p.76)
Spontanee o provocate, le visioni non sono mai nostra proprietà personale. I ricordi che a appartengono all’io ordinario non vi hanno parte. Le cose viste non sono affatto familiari.
Per la maggioranza di noi per la maggioranza del tempo, il mondo dell’esperienza quotidiana sembra piuttosto confuso e dozzinale.
Ma per alcuni spesso, e per un discreto numero di persone occasionalmente, un po’ dello splendore dell’esperienza visionaria si riversa, per così dire, in ciò che vediamo comunemente e l’universo quotidiano è trasfigurato. (p.77)
Luce e colore preternaturale sono comuni a tutte le esperienze visionarie. E con la luce e col colore si ha, in ogni caso, il riconoscimento di un significato più alto. (p.78)
Vi sono particolari categorie di oggetti comuni alla maggior parte delle esperienze visionarie? La risposta è: si, ve ne sono. Sotto gli effetti della mescalina e dell’ipnotismo così come nelle visioni spontanee, alcune categorie di esperienze percettive si verificano ripetutamente.
L’esperienza tipica della mescalina o dell’acido lisergico comincia con percezioni di forme colorate, mobili geometricamente vive. Ben presto la geometria pura diventa concreta, e il visionario non percepisce modelli, ma cose modellate, come tappeti, sculture, mosaici. Questi danno luogo a vaste e complicate costruzioni, in mezzo a paesaggi che cambiano di continuo, passando dalla sontuosità a una sontuosità più intensamente colorata, dalla grandezza a una più profonda grandezza. Figure eroiche, di quelle che Blake chiamava “i Serafini” possono fare, la loro apparizione, sole o in moltitudini. Animali favolosi attraversano la scena. Tutto è nuovo e sorprendente. Quasi mai il visionario vede cose che gli ricordino il suo passato.
Egli non ricorda scene, persone od oggetti, guarda una e non li inventa; egli nuova creazione. (p.79)
Da questi fatti dell’esperienza visionaria passiamo adesso alle storie tramandate in tutte le tradizioni culturali, di Altri Mondi, i mondi abitati dagli dei, dagli spiriti dei morti, dall’uomo nel suo primitivo stato di innocenza.
Leggendo queste storie, siamo colpiti immediatamente dall’intima somiglianza tra l’esperienza visionaria spontanea o provocata e i paradisi e i regni delle fate del folklore e della religione. La luce preternaturale, la preternaturale intensità di colorazione, il significato preternaturale, queste sono caratteristiche di tutti gli Altri Mondi e di tutte le Età Auree. E in ogni caso indistintamente, questa luce dal significato preternaturale splende sopra un paesaggio o in un paesaggio di tale superiore bellezza, che parole umane non possono esprimerla. (p.81)
Ogni paradiso abbonda di gemme, o per lo meno di oggetti meravigliosi come gemme che somigliano, come dice Weir Mitchell, a “frutta trasparente”. (p.82)
La maggior parte dci paradisi sono adorni di costruzioni e, come gli alberi, le acque, le colline e i campi, queste costruzioni sono splendenti di gemme. (p.83)
Gli uomini hanno speso enormi quantità di tempo, di energia e di danaro per trovare, scavare e tagliare dei sassi colorati. Perché? Ma non appena prendiamo in considerazione i fatti dell’esperienza visionaria, tutto diventa chiaro.
Queste cose sono luminose di luce propria, manifestano uno splendore preternaturale di colore e possiedono un significato preternaturale. Gli oggetti materiali che più si avvicinano in somiglianza a queste fonti di illuminazione visionaria sono le gemme. (p.84)
In altri termini, le pietre preziose sono preziose perché hanno una debole somiglianza con le splendenti meraviglie viste con l’occhio interiore del visionario.
Tra la gente che non conosce le pietre preziose né il cristallo, il paradiso non è adorno di minerali, ma di fiori.
Fiori di splendore preternaturale fioriscono nella maggior parte degli Altri Mondi descritti dagli escatologi primitivi. Tornano alla mente il loto della tradizione indù e buddista, le rose e i gigli dell’Occidente. (p.85)
Vediamo, quindi, che vi sono in natura certe scene, certe categorie di oggetti, certe sostanze, che hanno il potere di trasportare la mente dell’osservatore nella direzione dei suoi antipodi fuori dei luoghi quotidiani e verso l’Altro Mondo di Visione. Allo stesso modo, nel regno dell’arte, troviamo certe opere, anche certe categorie di opere, in cui è manifesta la stessa potenza trasportatrice.
L’arte che meglio induce alla visione è prodotta dagli uomini e dalle donne che hanno avuto esperienze visionarie.
Di tutte le arti che inducono alla visone, quella che dipende più completamente dalle sue materie prime è, senza dubbio, quella dell’orefice e del gioielliere.
E quando a questa naturale magia di metallo risplendente e di pietre luminose si aggiunge l’altra magia di nobili forme e colori abilmente mescolati, ci troviamo alla presenza di un genuino talismano.
L’arte religiosa ha fatto uso sempre e dovunque di queste materie che inducono alla visione. (p.87)
Questa sacra gioielleria è stata sempre associata alla luce delle lampade e delle candele.
Questa potenza trasportatrice della fiamma aumenta in proporzione della profondità e dell’estensione dell’oscurità circostante. I templi che danno maggiormente l’impressione della divinità sono antri crepuscolari, in cui qualche candela dà luce agli avvincenti tesori d’oltre tomba dell’altare.
I1 cristallo è appena meno efficace quale provocatore di visioni di quanto lo siano le gemme naturali. In un certo senso, infatti, esso è più efficace, per la semplice ragione che ve ne è di più. (p.88)
Dal vetro, dipinto o tagliato, passiamo al marmo e alle altre pietre che acquistano un alto grado di lucentezza e possono essere usate in massi. Il fascino esercitato da tali pietre può essere misurato dalla quantità di tempo e di fatica spesa per potersele procurare. (p.90)
I colori puri e luminosi sono caratteristica dell’Altro Mondo. Di conseguenza, le opere d’arte dipinte in colori puri e luminosi sono capaci, in circostanze adatte, di trasportare la mente dello spettatore nella direzione dei suoi antipodi. I colori puri e luminosi sono dell’essenza, non della bellezza in genere, ma solo di un particolare tipo di bellezza, quella visionaria. (pp.91-92)

La familiarità produce indifferenza.

E qui possiamo notare che, per la sua straordinaria capacità di darci le cose migliori in quantità eccessiva, la tecnologia moderna tende a svalutare le tradizionali materie fonti di visione. (p.93)

Insieme alle luci e ai colori preternaturali, alle gemme e agli schemi in continua trasformazione, i visitatori degli antipodi della mente scoprono un mondo di paesaggi di sublime bellezza, di architettura vivente e di figure eroiche. (p.96)
Cominciamo con gli abitanti umani o, piuttosto più che umani, di queste remote regioni. Blake li chiamò i “Cherubini”. E infatti tali essi sono, senza dubbio, gli originali psicologici di quegli esseri che, nella teologia di tutte le religioni, servono da intermediari tra l’Uomo e la Luce. I personaggi più che umani dell’esperienza visionaria non fanno mai niente”. (Allo stesso modo il beato non fa mai niente” in paradiso.) Si contentano semplicemente di esistere.
Sotto molti nomi e abbigliate in infinite varietà di costumi, queste eroiche figure dell’esperienza visionaria umana sono apparse nell’arte religiosa di tutte le culture. (p.97)
Ho parlato finora soltanto della beata esperienza visionaria e della sua interpretazione in termini teologici, della sua traduzione nell’arte. Ma l’esperienza visionaria non è sempre beata. Essa qualche volta è terribile. Vi è l’inferno così come vi è il paradiso. (p.107)
Per loro, come per il visionario positivo, l’universo è trasfigurato ma, nella maniera peggiore. Tutto in esso, dalle stelle in cielo alla polvere sotto i piedi, è indicibilmente sinistro o disgustoso; ogni avvenimento è carico di significato d’odio; ogni oggetto manifesta la presenza di un Orrore Onnipresente, infinito, onnipotente, eterno.
Questo mondo trasfigurato negativamente si è fatto strada, di tanto in tanto, nella letteratura e nelle arti.
L’esperienza visionaria negativa è spesso accompagnata da sensazioni del corpo di un tipo speciale e caratteristico. Le visioni beatifiche sono generalmente associate a un senso di separazione dal corpo, a un sentimento di spersonalizzazione. (p.108)
Quando l’esperienza visionaria è terribile e il mondo è trasfigurato nella maniera peggiore, l’individualizzazione è intensificata e il visionario negativo si trova associato a un corpo che sembra diventare progressivamente più denso, più strettamente compatto, finché alla fine si trova ridotto a essere la coscienza in agonia di un blocco di materia condensata, non più grande di una pietra da tenersi tra le mani. (pp.108-109)
In alcuni casi l’esperienza visionaria negativa è il risultato di cause principalmente fisiche. La mescalina tende, dopo l’ingerimento, ad accumularsi nel fegato. Se il fegato è malato, la mente che gli è associata può trovarsi nell’inferno.
Timore e ira sbarrano la via al celestiale Altro Mondo e buttano all’inferno il consumatore di mescalina.
E ciò che è vero del consumatore di mescalina è vero anche della persona che vede apparizioni spontaneamente o in stato di ipnosi. (p.109)
Le emozioni negative – il timore che è assenza di fiducia, l’odio, l’ira o la perfidia che escludono l’amore – sono garanzia che l’esperienza visionaria, se e quando si verificherà, sarà spaventosa. (p.110)
APPENDICE 1
Altri due mezzi che aiutano meno efficacemente l’esperienza visionaria meritano di essere ricordati: l’anidride carbonica e la lampada stroboscopica. Un miscuglio (assolutamente innocuo) composto di sette parti di ossigeno e tre di anidride carbonica produce, in coloro che lo inalano, alcuni cambiamenti fisici e psicologici, che sono stati esaurientemente descritti da Meduna. Tra questi cambiamenti il più importante, agli effetti del nostro studio, è una spiccata intensificazione della capacità di “vedere cose” con gli occhi chiusi. In alcuni casi si vedono solo turbinii di colori modellati. In altri casi vi possono essere vivide rimembranze di esperienze passate. In altri casi ancora l’anidride carbonica trasporta il soggetto nell’altro Mondo agli antipodi della sua coscienza quotidiana ed egli gode per brevissimo tempo di esperienze visionarie del tutto estranee alla sua storia personale o ai problemi della razza umana in generale. (p.113)
Il gridare o cantare continuo e prolungato può produrre risultati simili, ma meno accentuati.
Da ciò, le interminabili vane ripetizioni” della magia e della religione. Nella cantilena del curandero, dello stregone, del sacerdote sciamanistico; nell’interminabile canto dei salmi e dei versetti dei monaci cristiani e buddisti; nei gridi e nei lamenti ininterrotti dei metodisti, sotto tutte le differenze di fede teologica e di convenzioni estetiche, l’intenzione psicochimico-fisiologica rimane costante. Aumentare il concentramento di CO2 nei polmoni e nel sangue e cosi diminuire l’efficienza della valvola cerebrale di riduzione, finché essa ammetterà materiale biologicamente inutile dall’Intelletto-in-Genere, questo, è stato in tutti i tempi il vero scopo e punto delle parole magiche, dei mantra, delle litanie, dei salmi e dei sutra.
Con la lampada stroboscopica scendiamo dalla chimica al regno ancora più elementare della fisica. La sua luce a bagliori ritmici sembra agire direttamente attraverso i nervi ottici, sulle manifestazioni elettriche dell’attività cerebrale. (Per tale ragione vi è sempre un lieve rischio connesso all’uso della lampada stroboscopica. Esposti alla lampada stroboscopica, costoro possono cadere in un grave accesso epilettico. Un caso su ottanta può dare risultati negativi.) (p.114)
Sedere, con gli occhi chiusi, di fronte a una lampada stroboscopica, è una esperienza affascinante e curiosissima.
Non appena la lampada viene accesa, si rendono visibili i più brillanti schemi colorati. Questi schemi non sono statici, ma cambiano di continuo.
Molto più difficile da spiegare è il fatto, osservato indipendentemente da diversi sperimentatori, che lo stroboscopio tende ad arricchire e intensificare le visioni provocate dalla mescalina o dall’acido lisergico. (p.115)
APPENDICE 2
Nel Mondo Occidentale visionari e mistici sono molto meno comuni di una volta. Vi sono due ragioni principali per questo stato di cose: una ragione filosofica e una ragione chimica. Ne1 quadro correntemente in voga dell’universo non vi è posto per una valida esperienza trascendentale. Di conseguenza coloro che hanno avuto ciò che essi considerano valide esperienze trascendentali sono guardati con sospetto, e considerati o pazzi o imbroglioni. L’essere un mistico o un visionario non torna più a onore. (p.117)
Il sistema nervoso è più vulnerabile degli altri tessuti del corpo; di conseguenza le deficienze vitaminiche tendono a influenzare lo stato mentale prima di influenzare, almeno in maniera molto evidente, la pelle, le ossa, le membrane mucose, i muscoli e i visceri. La prima conseguenza di una dieta inadeguata è una diminuzione dell’efficienza del cervello quale strumento di sopravvivenza biologica. L’individuo malnutrito tende a essere colpito da depressione, ipocondria e sensazioni di ansietà. Egli è anche suscettibile di avere visioni; poiché quando la valvola cerebrale di riduzione ha avuta ridotta la sua efficienza, molto materiale inutile (biologicamente parlando) fluisce nella coscienza da “là”, nell’Intelletto-in-Genere. (p.118)
La mortificazione del corpo può produrre una serie di spiacevoli sintomi mentali; ma essa può anche aprire una porta in un Mondo trascendentale di Essenza, Conoscenza e Beatitudine. Ecco perché, nonostante gli ovvi svantaggi, quasi tutti gli aspiranti alla vita spirituale hanno, in passato, intrapreso corsi regolari di mortificazione corporale.
Il digiuno non fu la sola forma di mortificazione fisica alla quale ricorsero i primi aspiranti alla spiritualità. La maggioranza di essi usavano regolarmente su se stessi la frusta di cuoio intrecciato o anche di filo di ferro.
Grandi quantità di istamina e di adrenalina erano liberate nell’atto della frustata, e quando le relative ferite cominciavano a suppurare (come sempre praticamente accadeva prima dell’era del sapone), varie sostanze tossiche, prodotte dalla decomposizione delle proteine, si facevano strada nel sangue. Ma l’istamina provoca shock, e lo shock colpisce la mente non meno profondamente del corpo. Inoltre, grandi quantità di adrenalina possono provocare allucinazioni e si ritiene che alcuni dei prodotti della sua decomposizione producano sintomi simili a quelli della schizofrenia.
La maggioranza della gente, quindi, deve aver vissuto tutta la vita con infezioni focali; e le infezioni focali, sebbene non più in voga come causa d tutti i mali di cui è erede la carne, possono certamente diminuire l’efficienza della valvola cerebrale di riduzione. (pp.119-120)
Ma, in un modo o nell’altro, tutte le nostre esperienze sono condizionate chimicamente, e se immaginiamo che qualcuna di esse sia puramente “spirituale”, puramente “intellettuale”, puramente “estetica”, è soltanto perché non ci siamo preoccupati di indagare l’ambiente chimico interno al momento in cui si verificano. (p.121)
APPENDICE 3
Effetti visionari e mezzi per indurre alla visione hanno giocato una parte più importante nei divertimenti popolari anziché nelle belle arti. Fuochi d’artificio, spettacoli coreografici e teatrali vanno compresi tra le arti essenzialmente visionarie. (p.122)
La coreografia è un’arte visionaria che è stata usata, da tempo immemorabile, come strumento politico. Gli sgargianti costumi indossati dai Re, dai Papi e dai loro rispettivi seguiti, militari ed ecclesiastici, hanno uno scopo molto pratico, quello di imprimere nelle classi inferiori il senso vivo della grandezza sovrumana dei loro padroni.
Nel corso degli ultimi duecento anni la tecnologia dell’illuminazione artificiale ha fatto enormi progressi, e questo progresso ha contribuito molto sensibilmente all’effettività della coreografia e dell’arte strettamente affine dello spettacolo teatrale. (p.124)

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