AAVV – GATTI. Poesie, aforismi, raccontini

AAVV – GATTI. Poesie, aforismi, raccontini

ACQUAVIVA – GIUGNO 2007

Enigmatico, il gatto è affine a quelle strane cose che l’uomo non può vedere.

Lovecraft, I  gatti di Ulthar p. 2

IL NOME DEI GATTI

Mettere un nome ai gatti è un’impresa diffìcile, Non un gioco dei tanti che fate nei giorni di festa;

Potreste dapprima anche pensare che io sia matto da legare

Quando vi dico che un gatto deve avere TRE NOMI DIVERSI.

Prima di tutto, c’è il nome che la famiglia usa ogni giorno,

Come Pietro, Augusto, Alonzo o Giacomo, Come Vittorio o Gionata, Giorgio o Bill Baley – Tutti nomi sensati da usare ogni giorno.

Ma se pensate che vi suonino meglio ci sono nomi più fantasiosi,

Alcuni per i signori, altri per le dame:

Come Platone, Admeto, Elettra o Demetrio –

Sempre nomi sensati da usare ogni giorno.

Ma io vi dico che un gatto ha bisogno di un nome che sia particolare,

Caratteristico, insomma, e molto più dignitoso, Come potrebbe altrimenti tenere la coda diritta,

O mettere in mostra i baffi, o sentirsi

orgoglioso?

Nomi di questo tipo posso inventarne mille, Come Munkustrap, Quaxo o Coricopat,

Come Bombalurina o Jellyìorum –

Nomi che non appartengono mai a più di un

gatto alla volta.

Ma oltre a questi c’è ancora un nome che manca,

Nome che non potrete mai indovinare;

Nome che nessuna ricerca umana potrà mai scovare –

Ma il GATTO LO SA, anche se mai vorrà confidarlo.

Quando vedete un gatto in profonda

meditazione,

La ragione, io vi dico, è sempre la stessa:

La sua mente è perduta in estatica contemplazione

Del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:

Del suo ineffabile effabile

Effineffabile

Profondo e inscrutabile unico Nome.

Thomas Stearns Eliot (pp. 12-13)

IL GATTO

[…]

Quando i miei occhi, attratti   

Come da calamita, dolci si volgono

A quel gatto che amo

E guardo poi in me stesso,

Che meraviglia il fuoco

Di quelle pallide pupille,

Di quei chiari fanali,

Di quei viventi opali

Che fissi mi contemplano!

Charles Baudelaire (p. 15)

LE PETIT CHAT

È un gattino nero, spudorato, oltre ogni dire, Lo lascio spesso giocare sul mio tavolo.

A volte vi si siede senza far rumore,

Quasi un vivente fermacarte.

Gli occhi gialli e blu sono due agate.

A volte li socchiude, tirando su col naso,

Si rovescia, si stringe il muso tra le zampe, pare una tigre distesa su di un fianco.

Ma eccolo ora – smessa l’indolenza – Inarcarsi – somiglia proprio ad un manicotto; E allora, per incuriosirlo, gli faccio oscillare davanti,

Appeso ad una cordicella, un mio turacciolo. Fugge al galoppo, tatto spaventato,

Poi ritorna, fissa il turacciolo, tiene un po’ Sospesa in aria – ripiegata – la zampetta, poi abbatte il turacciolo, lo prende; lo morde. Allora, senza ch’egli la veda, tiro la cordicella, ed il turacciolo si allontana, e il gatto lo segue, descrivendo dei cerchi con la zampa, poi salta di lato, torna, scappa di nuovo. Ma appena gli dico — Devo lavorare, vieni, siediti qua, da bravo! — si siede..

E mentre scribacchio sento

che si lecca col suo lieve struscio molle.

Edmond Rostant (pp.16-17)

IL GATTO

Io mi auguro di avere in casa mia:

una donna provvista di prudenza,

un gatto a passeggio fra i libri,

e in tutte le stagioni amici

di cui non posso fare a meno.

Guillaume Apollinaire (p. 23)

GATTO CHE GIOCHI PER VIA

Gatto che giochi per via

come se fosse il tuo letto,

ambisco la sorte che è tua,

che neppur così si chiama.

Buon servo di leggi fatali

che reggono i sassi e le genti,

hai istinti generali,

senti solo quel che senti;

sei felice perché sei come sei,

il tuo nulla è tutto tuo.

Io mi guardo e non mi ho,

mi comprendo, e non sono io.

Fernando Pessoa (p. 24)

LA GATTA

Ai miei occhi è perfetta come te questa tua selvaggia gatta,

ma come te ragazza e innamorata, che sempre cercavi,

che senza pace qua e là t’aggiravi,

che tutti dicevano: «E pazza».

È come te ragazza.

Umberto Saba (p. 25)

I gatti sono incompresi perché rifiutano di spiegarsi; enigmatici lo sono solo per coloro che ignorano la potenza espressiva del silenzio.

Paul Morand (p. 41)

Non è semplice conquistare l’amicizia di un gatto. Egli è un filosofo, calmo, tranquillo, una creatura abitudinaria, amante della decenza e dell’ordine. Non concede facilmente il suo sguardo e, sebbene possa acconsentire ad essere il vostro compagno, non sarà mai il vostro schiavo.

Théophile Gautier (p.45)

Nel momento in cui l’accarezziamo, si stira e inarca la schiena in segno di gratitudine, ma perché prova una sensazione gradevole e non una sciocca soddisfazione, come il cane, che amava fedelmente un padrone ingrato

Francis Renè De Chateaubriand (p. 50)

Non c’è nulla di più dolce, nulla, che dia alla pelle una sensazione più delicata, più raffinata, più preziosa del pelo tiepido di un gatto.

Guy De Maupassant (p. 51)

UN GATTO IN GIRO PER LA CITTÀ

[…]

Ma è del tutto evidente che si stia esagerando pesante con la pazienza del pianeta.

  1. soldi, gli affari, il progresso, va bene,

ma la vita è un mistero

che appartiene a tutti

e molto spesso si ritiene

che il problema non sia il Bello di Essere Qui

ma il guadagno.

Storie già dette mille volte

ma la pazzia umana

va via via aumentando

e tutti peggio di me

che se ne fottono del giostrai,

dei cavallini di legno

dell’intero indemoniato girandolaio.

Il tram supera il Duomo

e svolta verso il Castello,

molte ragazze son belle

e tutte ben vestite,

ma si vede che son tristi

con il cuore tra le nuvole nere di un temporale

di pensieri.

Fa caldo

e io non ho voglia di scendere

benché la mia fermata

sia passata da un pezzo

io sono il gatto che se ne va per conto suo

e tutti i posti sono uguali per lui.

Vorrei stupirmi di qualcosa vorrei essere felice i questa città… ma questo mondo è un vecchio cane senza museruola

che azzanna la vita di tutti senza pietà. […]

La gente di fuori

sempre con la stessa faccia cattiva, l’aria egoista,

il cuore di cane bastardo.

Non è servita a niente

La grande Anima di Cristo,

meno che meno

la grande Anima di Marx.

Giuseppe D’Ambrosio Angelillo (pp. 61, 62, 63, 65)

Il gattino nero

Stavo preparando da mangiare una sera

quando mi accorsi

che il mio gattino nero

mi fissava pensieroso –

(il suo fratellino, pure lui nero come la pece,

giocava invece da qualche parte sul mio letto).

“Ma chi è questo fesso cosi grosso,

sembrava meditasse,

e perché ci tiene con lui?”

Io rimasi meravigliato del suo sguardo

e mi scoprii

pieno di pene,

ma così carico

da suscitare persino la compassione

del mio gattino nero.

Mi sentii visto

da un occhio universale,

sorpreso nella mia galera,

ingabbiato a vita con catene di ferro stabilito una volta per tutte nel piccolo buco del mio tempo…

Il    gattino nero mi fissava e meditava su di me.

“Anche lui ha fame,

sembrava pensasse,

prepara da mangiare per lui e per noi.

Dopotutto, è molto grosso sì,

ma è pure molto buono”.

Era così piccolino ma i suoi occhietti penetravano profondo nello squallore della mia vita e mi contemplavo così anch’io nelle meschine miserie delle mie sofferenze e nelle penose piccolezze

dei miei assurdi dolori.

Continuai a badare al mio sugo al tonno e agli spaghetti.

Ma sapevo che lui continuava a fissarmi perplesso.

“Ma chi è mai questo essere così grosso e così enigmatico?, sembrava si chiedesse.

E perché spreca il suo tonno con noi gattini così piccolini?”

Sembrava volesse spiegarsi qualcosa attraverso me

e non sapesse manco lui cosa.

“EHI! MACCHIA NERA!

VUOI SMETTERLA DI GUARDARMI COSI’ FISSO?

SÌ O NO?”,

Gli gridai.

Lui non spaventò,

ma come l’avessi distolto da un pensiero oscuro socchiuse gli occhietti dolcemente e fece:

“MIAO!”

E venne a strusciarsi affettuosamente Alle mie gambe.

“Sei un essere molto triste, sembrò volesse dirmi, ma sei pure molto fortunato perché ci sono io con te”.

Giuseppe D’Ambrosio Angelillo (pp. 69-72)

(Da “Il cavaliere del secchio” Ed. Acquaviva)

IL GATTO

Vieni sul mio cuore innamorato,

mio bel gatto:

trattieni gli artigli della zampa,

e lasciami sprofondare nei tuoi

occhi belli

misti d’agata e metallo.

Come s’inebria di piacere

la mia mano

palpando il tuo elettrico corpo

con le dita che tranquille

ti accarezzano

la testa e il dorso elastico!

E penso alla mia donna,

a quel suo sguardo

come il tuo, amabile bestia,

freddo e profondo che taglia

e fende come freccia,

e a quell’aria, a quel profumo

che pericoloso fluttua sul suo corpo

dai piedi su fino alla testa!

Baudelaire (p. 88)