UMBERTO ECO – IL FASCISMO ETERNO

UMBERTO ECO – IL FASCISMO ETERNO
LA NAVE DI TESEO – Collana LE ONDE n. 24 – IV ed Febbraio 2018
[I ed in Cinque scritti morali, 1997]

NOTA DELL’AUTORE p. 7

Il fascismo eterno è stato pronunciato in versione inglese a un simposio organizzato dai dipartimenti d’italiano e francese della Columbia University, il 25 aprile 1995, per celebrare la liberazione dell’Europa. (p. 7)

IL FASCISMO ETERNO p. 9

Nel 1942, all’età di dieci anni, vinsi il primo premio ai Ludi Juvenilis […] sul tema: “Dobbiamo noi morire per la gloria di Mussolini e il destino immortale dell’Italia?” la mia risposta era stata affermativa. Ero un ragazzo sveglio. Poi nel 1943 scopersi il significato della parola “libertà”. (p. 11)

Nell’aprile del 1945 i partigiani presero Milano. Due giorni dopo arrivarono nella piccola città dove vivevo. (p. 12)

Alcuni giorni dopo vidi i primi soldati americani. Erano afroamericani. (p. 13)

Così, la mia prima immagine dei liberatori americani, dopo tanti visi pallidi in camicia nera, fu quella di un nero colto in uniforme giallo-verde[…].
In maggio, sentimmo dire che la guerra era finita. (p. 14)

Nei mesi successivi scoprii che la Resistenza non era solo un fenomeno locale, ma europeo. […]
Vidi le prime fotografie dell’Olocausto, e ne compresi così il significato prima di conoscere la parola. Mi resi conto da che cosa eravamo stati liberati. […]
Era motivo d’orgoglio sapere che noi europei non avevamo atteso la liberazione passivamente. (p. 15)

In Italia c’è oggi qualcuno che dice che il mito della Resistenza era una bugia comunista. È vero che i comunisti hanno sfruttato la Resistenza come una proprietà personale, dal momento che vi ebbero un ruolo primario; ma io ricordo partigiani con fazzoletti di diversi colori.
Appiccicato alla radio, passavo le mie notte […] ascoltando i messaggi che Radio Londra trasmetteva ai partigiani. (p. 16)
Franchi (il cui vero nome era Edgardo Sogno) era un monarchico, così anticomunista che dopo la guerra si unì a gruppi di estrema destra[…]
La liberazione fu un’impresa comune per gente di diverso colore. […]
Se riconciliazione significa compassione e rispetto per tutti coloro che hanno combattuto la loro guerra in buona fede, perdonare non significa dimenticare. (p. 17)

Noi siamo qui per ricordare ciò che accade e per dichiarare solennemente “loro” non debbono farlo più.
Ma chi sono “loro”?
Se pensiamo ancora ai governi totalitari che dominarono l’Europa prima della seconda guerra mondiale, possiamo dire con tranquillità che sarebbe difficile vederli ritornare nella stessa forma in circostanze storiche diverse. (p. 18)

Se per totalitarismo si intende un regime che subordina ogni atto individuale allo stato e alla sua ideologia, allora nazismo e stalinismo erano regimi totalitari. […]
Il fascismo fu certamente una dittatura, ma non era compiutamente totalitario, non tanto per la sua mitezza, quanto per la debolezza filosofica della sua ideologia. […]
Mussolini non aveva nessuna filosofia: aveva solo una retorica. (p. 22)

Si può dire che il fascismo italiano sia stata la prima dittatura di destra che abbia dominato un paese europeo, e che tutti i movimenti analoghi abbiano trovato in seguito una sorta di archetipo comune nel regime di Mussolini. Il fascismo italiano fu il primo a creare una liturgia militare, un folklore, e persino un modo di vestire[…]. (p. 23)

[…]la parola “fascismo” divenne una sineddoche, una denominazione pars pro toto per movimenti totalitari diversi. Non serve dire che il fascismo conteneva in sé tutti gli elementi dei totalitarismi successivi[…]. (p. 24)

[…]il fascismo non possedeva alcuna quintessenza, e neppure una singola essenza. Il fascismo era un totalitarismo fuzzy. Il fascismo non era un ideologia monolitica, ma piuttosto un collage di diverse idee politiche e filosofiche, un alveare di contraddizioni. Si può forse concepire un movimento totalitario che riesca a mettere insieme monarchia e rivoluzione, esercito regio e milizia personale di Mussolini, i privilegi concessi alla chiesa e una educazione statale che esaltava la violenza, il controllo assoluto e il libero mercato? (p. 25)

Il poeta nazionale era d’Annunzio, un dandy che in Germania o in Russia sarebbe stato mandato davanti al plotone d’esecuzione. (p. 27)

Molti dei futuri partigiani, e dei futuri intellettuali del partito comunista, vennero educati dal GUF, l’associazione fascista degli studenti universitari, che doveva essere la culla della nuova cultura fascista. Questi club divennero una sorta di calderone intellettuale in cui le nuove idee circolavano senza alcun reale controllo ideologico, non tanto perché gli uomini di partito fossero tolleranti, quanto perché pochi di loro possedevano gli strumenti intellettuali per controllare.[…]
Il sentire degli ermetici era esattamente il contrario del culto fascista dell’ottimismo e dell’eroismo. (p. 29)

Il che non significa che il fascismo italiano fosse tollerante.[…]
L’immagine incoerente che ho descritto non era dovuta a tolleranza: era un esempio di sgangheratezza politica e ideologica. (p. 30)

Il termine “fascismo” si adatta a tutto perché è possibile eliminare da un regime fascista uno o più aspetti, e lo si potrà sempre riconoscere per fascista. Togliete al fascismo l’imperialismo e avrete Franco o Salazar; togliere il colonialismo e avrete il fascismo balcanico. (pp. 32-33)

A dispetto di questa confusione, ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’“Ur-Fascismo”, o il “fascismo eterno”. (p. 33)

1. La prima caratteristica di un Ur-Fascismo è il culto della tradizione. (p. 34)

È sufficiente guardare il sillabo di ogni movimento fascista per trovare i principali pensatori tradizionalisti. (p. 35)

2. Il tradizionalismo implica il rifiuto del modernismo. (p. 36)
L’illuminismo, l’età della ragione vengono visti come l’inizio della depravazione moderna. In questo senso, l’Ur-Fascismo può venire definito come “irrazionalismo”. […]

3. L’irrazionalismo dipende anche dal culto dell’azione per l’azione. l’azione è bella di per sé, e dunque deve essere attuata prima di e senza una qualunque riflessione. Pensare è una forma di evirazione. (p. 37)

[…]il sospetto verso il mondo intellettuale è sempre stato un sintomo di Ur-Fascismo. […]

4. Nessuna forma di scincretismo può accettare la critica. Lo spirito critico opera distinzioni, e distinguere è un segno di modernità. (p. 38)

Per l’Ur-Fascismo, il disaccordo è tradimento. […]

5. Il disaccordo è inoltre un segno di diversità. L’Ur-Fascismo cresce e cerca il consenso sfruttando ed esacerbando la naturale paura della differenza. Il primo appello di un movimento fascista o prematuramente fascista è contro gli intrusi. L’Ur-Fascismo è dunque razzista per definizione.

6. L’Ur-Fascismo scaturisce dalla frustrazione individuale o sociale. Il che spiega perché una delle caratteristiche tipiche dei fascismi storici è stato l’appello alle classi medie frustrate, a disagio per qualche crisi economica o umiliazione politica, spaventate dalla pressione dei gruppi sociali subalterni. (p. 39)

7. A coloro che sono privi di una qualunque identità sociale, l’Ur-Fascismo dice che il loro unici privilegio è il più comune di tutti, quello di essere nati nello stesso paese. È questa l’origine del “nazionalismo”. Inoltre, gli unici che possono fornire una identità alla nazione sono i nemici. Così, alla radice della psicologica Ur-Fascista vi è l’ossessione del complotto, possibilmente internazionale. I seguaci debbono sentirsi assediati. Il modo più facile per far emergere un complotto è quello di fare appello alla xenofobia. Ma il complotto deve venire anche dall’interno: gli ebrei sono di solito l’obiettivo migliore, in quanto presentano il vantaggio di essere al tempo stesso dentro e fuori. (p. 40)

8. I seguaci debbono sentirsi umiliati dalla ricchezza ostentata e dalla forza dei nemici. […]
I seguaci debbono tuttavia essere convinti di poter sconfiggere i nemici. Così, grazie a un continuo spostamento di registro retorico, i nemici sono al tempo stesso troppo forti e troppo deboli. I fascismi sono condannati a perdere le loro guerre, perché sono costituzionalmente incapaci di valutare con obiettività la forza del nemico. (p. 41)

9. Per l’Ur-Fascismo non c’è lotta per la vita, ma piuttosto “vita per la lotta”. Il pacifismo è allora collusione col nemico, il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente. […]
Una simile soluzione finale implica una successiva era di pace, un’età dell’oro che contraddice il principio della guerra permanente. (p. 42)

10. L’elitismo è un aspetto tipico di ogni ideologia reazionaria, in quanto fondamentalmente aristocratico. Nel corso della storia, tutti gli elitismi aristocratici e militaristici hanno implicato il disprezzo per i deboli. L’Ur-Fascismo non può fare a meno di predicare un “elitismo popolare”. (pp. 42-43)

Dal momento che il gruppo è organizzato gerarchicamente (secondo un modello militare), ogni leader subordinato disprezza i suoi subalterni, e ognuno di loro disprezza i suoi sottoposti. Tutto ciò rinforza il senso di un elitismo di massa. (p. 43)

11. In questa prospettiva, ciascuno è educato per diventare un eroe. […]
Questo culto dell’eroismo è strettamente legato al culto della morte[…]
L’eroe Ur-Fascista, invece, aspira alla morte, annunciata come la migliore ricompensa per una vita eroica. L’eroe Ur-Fascista è impaziente di morire. (p. 44)

12. Dal momento che sia la guerra permanente sia l’eroismo sono giochi difficili da giocare, l’Ur-Fascista trasferisce la sua volontà di potenza su questioni sessuali. (pp. 44-45)

Dal momento che anche il sesso è un gioco difficile da giocare, l’eroe Ur-Fascista gioca con le armi, che sono il suo Esatz fallico: i suoi giochi di guerra sono dovuti a una invidia penis permanente.

13. L’Ur-Fascismo si basa su un “populismo qualitativo”. […]
Per l’Ur-Fascismo gli individui in quanto individui non hanno diritti […] (p. 45)

Dal momento che nessuna quantità di esseri umani può possedere una volontà comune, il leader pretende di essere il loro interprete. […]
A ragione del suo populismo qualitativo, l’Ur-Fascismo deve opporsi ai “putridi” governi parlamentari. (p. 46)
Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimità del parlamento perché non rappresenta più la “voce del popolo”, possiamo sentire l’odore di Ur-Fascismo.

14. L’Ur-Fascismo parla la “neolingua”. (p. 47)

Il mattino del 27 luglio del 1943 mi fu detto che, secondo delle informazioni lette alla radio, il fascismo era crollato e Mussolini era stato arrestato. Mia madre mi mandò a comperare il giornale. Andai al chiosco più vicino e vidi che i giornali c’erano, ma i nomi erano diversi. (p. 48)

Il messaggio celebrava la fine della dittatura e il ritorno della libertà: libertà di parola, di stampa, di associazione politica. Questa parole, “libertà”, “dittatura” – Dio mio – era la prima volta in vita mia che le leggevo. In virtù di queste nuove parole ero rinato uomo libero occidentale. […]
L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. (p. 49)

Ahimé, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo. (p. 50)