TELESIO INTERLANDI – PANE BIGIO. SCRITTI POLITICI

TELESIO INTERLANDI – PANE BIGIO. SCRITTI POLITICI
TELESIO INTERLANDI – PANE BIGIO. SCRITTI POLITICI
TELESIO INTERLANDI – PANE BIGIO. SCRITTI POLITICI
TELESIO INTERLANDI – PANE BIGIO. SCRITTI POLITICI

TELESIO INTERLANDI – PANE BIGIO. SCRITTI POLITICI

L’ITALIANO – 1927

** Copia acquistata, purtroppo, priva delle pp.da 7 a 10, da 19 a 36 e da 53 a 56

Prefazione di Vincenzo Cardarelli

Immerso nella vita e nello spirito dei suoi tempi fino al collo, sebbene di razza antica e savia e di abitudini casalinghe, intorno a lui si respira la fiducia, l’ottimismo, il piacere di lavorare e di vivere.(p. VI)

L’attività intera di questa affiliatissima lama del giornalismo fascista, di quest’uomo ombroso e pericoloso a cui, certo, pestare un callo, non sarebbe consigliabile impresa, è la dimostrazione viva e quotidiana che si può essere modesti e dinamici, modesti e buoni fascisti, modesti e persone di molto ingegno e di molto spirito. (pp. VI-VII)

Basta sfogliare questo libro e leggere nella prima pagina il fervorino ai letterati che operano discosti troppo dalla politica e dalla vita. Dice che, per il bene loro, vorrebbe costringerli ad uscire dalla torre d’avorio in cui vivono, di prepotenza. (p. VII)

Uno che conosce l’arte di chiamare le cose col loro vero nome senza essere mai scurrile, e sa perorare le pi belle cause in maniera palpabile e concreta, senza enfasi. Un uomo di temperamento e di gusto, un polemista di razza, un originale impasto di scrittore sarcastico e passionale, pedagogico e lirico, nel cui stile vibrante e massiccio, chi lo conosce di persona, vede rispecchiata la sua robusta fibra fisica e morale. (p. VIII)

[…]sembra che Interlandi abbia voluto dire in sostanza che la civiltà e la grandezza d’un popolo non consistono nel pane che mangia, negli biti che indossa, e neppure elle opere che produce, bensì nello spirito che lo anima, e se questo è spirito di privazione la sua forza fa muovere i monti, come dice il poeta indiano. (pp. X-XI)

PER MOLTI, PER TROPPI p. 3

Per molti, per troppi scrittori non solamente il Fascismo, ma il patriottismo è una cosa che non ha nulla a che fare con l’Arte. Si tratta di politica, e gli scrittori non vogliono far politica; si tratta di sentimenti che occorre dividere con l’enorme massa del popolo, e ciò è di cattivo gusto, è «borghese», non è originale. Lo scrittore si chiude nella sua torre d’avorio e non ne esce se non per qualche bizzarra mascherata che, molto spesso, è d’origine giudea o internazionalistica. (p. 3)

Lo scrittore ha orrore di pensare come pensa l’uomo qualunque, ha bisogno d’apparire «superiore», ha bisogno di tener la distanza, teme d’insudiciarsi con la politica; e, in definitiva, vuole vivere tranquillo. (pp. 3-4)

Eppure, questi «creatori» che vogliono straniarsi alla vita della nazione non sanno quanto impoveriscono la loro vita interiore così facendo. Essi riducono l’Arte a un giuoco insipido; e i loro fogli di carta saranno soffiati via dal tempo come foglie secche.[…]

Politica non è oggi il giuoco vile dei parlamentari, ma la passione di un popolo che vive la sua tragedia di grandezza. (p. 4)

NOI NON CREDIAMO p. 5

Noi non crediamo alla possibilità di una cooperazione intellettuale fra le nazioni europee, divise da abissi incolmabili; e tutti i tentativi fatti in questo senso li giudichiamo pericolosi. (p. 5)

Un «pensiero europeo» non esiste al di fuori di talune zona filo-comuniste ed ebraiche delle quali è creazione. (p. 6)

– –

Pagine 7-8-9 e 10 purtroppo mancanti…

IN ITALIA, PRIMA p. 11

In Italia, prima del Fascismo, non c’erano fedi. C’erano luoghi comuni di importazione, e una gran smania di far bottino politico. (p. 11)

IL LIBERALISMO p. 12

Il socialismo è stupido e criminale; poiché pensa che basta migliorare i salari dei lavoratori per risolvere taluni problemi che investono la vita di tutte le classi. La plutocrazia è cieca ed egoista; poiché pensa che basta aumentare i dividendi per superare la crisi. Errano tutti. L’egoismo, la demagogia, l’agnosticismo sono fatali alla vita delle nazioni: ogni giorno ne vediamo le prove.[…]

Il Fascismo trova nella vita la formula felice che servirà al benessere di tute le classi, e, quindi, di tutto il paese. Non si possono taglieggiare le classi lavoratrici e non si possono mortificare e impaurire i capitalisti[…]. (p. 12)

SEMPRE CI SIAMO RIBELLATI p. 15

Tutti i giorni ci portano una prova nuova della profonda trasformazione che la società nazionale ha subito, fin nei suoi strati più profondi, per virtù del Fascismo; e non riconosciamo più la vecchia Italia di ieri, mortificata, avvelenata, impigrita, disperata, suicida. (p. 15)

Coloro che andranno a rompere col piccone la terra saranno uomini del popolo, braccianti, contadini, gente di poca o di nessuna lettera. Eppure questa gente intende il Fascismo meglio di tanti fabbricatori e mangiatori di carta stampata, meglio di tanti oratori, meglio di tanti propagandisti. Ecco perché noi diciamo che il Fascismo è soprattutto fenomeno di popolo. (p. 17)

LE RAGIONI IDEALI p. 17

Le ragioni ideali della nostra Rivoluzione vanno ricercate in quei moti popolari che travolsero la casta politica e parlamentare – liberale e socialista – estranea e nemica alla Patria, e imposero ai governanti d’allora una decisione che essi altrimenti non avrebbero saputo prendere. La storia di questi ultimi dieci anni è storia di popoli, non già di governi o di partiti che, anzi, recalcitravano quando potevano e tentavano di violentare con ogni mezzo il corso del destino. (p. 17)

– –

Pagine 19-20-21-22-23-24-25-26-27-28-29-30-31-32-33-34-35 e 36 purtroppo mancanti…

GLI AMERICANI AGISCONO

Gli è che noi agiamo sullo spirito e non sulla materia; e le opere dello spirito sono immortali, laddove quelle materiali sono caduche. (p. 37)

La civiltà fascista, che l’Italia ha fondato in un’Europa decadente la quale non vede altra salvezza se non in una sublimazione «americana» delle sue malattie, è ciò che va in alto, che è destinato a prevalere. (p. 38)

BISOGNA ABITUARE GLI ITALIANI p. 38

Bisogna abituare gli italiani a disprezzare profondamente le nazioni vicine; a disprezzarle di gran cuore, a ridere di essere, a farle oggetto della satira più spietata. (p. 38)

I GIOVANI SI PREPARANO p. 39

Una razza non si afferma nel mondo ricopiando le civiltà altrui; vergognandosi delle proprie qualità; definendo difetto ciò che è la sua felice originalità.

NOI ABBIAMO GETTATO… p. 40

Noi abbiamo gettato dunque le fondamenta d’un edificio; ora occorre elevare quest’edificio. (p. 40)

Noi dobbiamo ora fare del Fascismo non solamente uno strumento di lotta contro gli avversarii, ma il pane quotidiano della nostra vita dell’altrui, tradurlo in atti e in opere sempre più vaste e durature. (p. 41)

SE SIAMO RIUSCITI… p. 43

Se siamo riusciti a far di cinquanta milioni di italiani cinquanta milioni di fascisti, bene: vuol dire che abbiamo rialzato di non poco il tono della vita nazionale. (p. 43)

POICHÉ NOI VOGLIAMO CREARE p. 43

Poiché noi vogliamo creare un nuovo costume, un nuovo modo di vita, una nuova società che chiameremo fascista, poiché lo Stato fascista che sogniamo deve essere unitario, poiché il Fascismo deve sempre più profondare le sue radici nel popolo, nel popolo finora tenuto lontano con le guardie di pubblica sicurezza dallo Stato[…]. (p. 43)

Dobbiamo fare dei giornali per gli operai, di giornali per i contadini, dei giornali per i soldati. Non ne abbiamo; nessuno ci pensa. Cosa volete che trovi, sui nostri giornali, di interessante per lui, il contadino del Mezzogiorno che lascia l’aratro dopo diciotto ore di fatica?

RICORDIAMOCI CHE GLI ANNI… p. 46

Ricordiamoci che gli anni passano, che noi giovani andiamo verso la maturità, che i maturi invecchiano, che il Fascismo deve distendersi verso l’avvenire, per pigliarne possesso. I giovani contengono una parte dell’avvenire; che quest’avvenire sia fascista, e sia mondo di tutto ciò che di caduco, di secco, di impuro il Fascismo d’oggi può contenere. (p. 46)

L’EPOCA DELL’ECONOMIA… p. 48

L’epoca dell’economia liberale, in cui gli individui, come le classi, lavoravano per conto proprio, col solo miraggio dell’arricchimento particolare, con un egoismo senza limiti, con una cecità degli interessi nazionali davvero spaventosa, è chiusa, per virtù del Fascismo. È finita l’epoca delle ingiustizie che avevano scavato un solco profondo tra capitale e lavoro e che avevan fatto la fortuna del socialismo inteso come sfruttamento politico di quelle ingiustizie.

Con Mussolini, il Fascismo rende giustizia ai lavoratori, tutela e accresce la produzione ai fini della prosperità generale, subordina ogni interesse agli interessi della Nazione, realtà viva ed operante. (p. 48)

SE LA COLONIZZAZIONE… p. 50

Se siamo poveri, non diventeremo certo ricchi vendendo il nostro Paese ai plutocrati; non riempiremo le nostre tasche facendoci controllare dallo straniero. Ci rimetteremo in piedi con le nostre forze, come sempre e in tutti i campi abbiamo saputo fare. (p. 50)

Bisogna farsi una mentalità di guerra, bisogna risparmiare,bisogna stringere i denti, bisogna disprezzare chi si tira indietro, denunciarlo, colpirlo; bisogna fare; ogni minuto, un rigoroso esame di coscienza. (p. 51)

LE NOSTRE SIMPATIE p. 51

Le nostre simpatie sono tute per chi lavora e lavorando si fa ricco. Non disprezziamo il denaro: il denaro è cosa sacra, giacché rappresenta il lavoro degli uomini. È pessima letteratura socialistoide e petroliera l’invettiva contro il denaro. Il denaro è la misura dello sforzo lavorativo d’ognuno e va difeso e onorato. Ma non bisognerà mai farne una divinità, né mai considerarlo come forza a se stante, né mai farne oggetto di avido commercio senza scrupolo. (pp. 51-52)

Alla base del nostro edificio sociale ci fu sempre, dalle origini ad oggi, l’amore per la terra; il quale rivela il sacro desiderio dell’ordine, della stabilità, della continuità, tipico della nostra razza. […]

È l’economia semita che ha insegnato a qualcuno il gusto della speculazione senza scrupoli, l’arte di sfruttare il lavoro degli altri e la (p. 52)

+++ Le pagine n. 53-54-55 e 56 risultano, purtroppo, assenti…