RYOKAN. RACCONTI ZEN


RYOKAN. RACCONTI ZEN

ACQUAVIVA – MAGGIO 2002

 

A cura di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo

 

Il più grande piacere di Eizo consisteva nel restare a casa e consacrare i suoi momenti di libertà alla lettura. (p. 17)

 

Il cuore di Eizo era pieno di compassione e d’infinita dolcezza, lui non rimproverava mai nessuno.

In generale, la gente pensa che si debba essere indulgenti e pieni di bontà verso sé stessi ma, invece, verso gli altri bisogna essere severi. Non era il caso di Eizo. Gli abitanti del villaggio, però, non apprezzavano tutta la sua gentilezza. Al contrario, non si stancavano di parlare male di lui[…] (p. 27)

 

Esistere con sé stesso, per messo di sé stesso: nessuno può percorrere il cammino dell’esistenza per un altro. (p. 43)

 

[…] divenne il discepolo del maestro Gensho del tempio Kosho.

Gli vennero tagliati i capelli, venne rivestito con il vestito nero monastico. Poi ricevette il nome di Legge di Ryokan. Eizo era diventato monaco. (p. 44)

 

Quali che siano le classi sociali alle quali appartengono gli uomini, agli occhi del Budda, tutti sono uguali. Troppo spesso gli esseri umani non pensano che a loro stessi, e afflitti da un eccesso di desiderio, non arrivano mai a essere felici. Seguendo gli insegnamenti del Budda, ciascuno di noi, chiunque noi siamo, può diventare un budda dotato di un’anima preziosa. (p. 48)

 

L’atto di chiedere l’elemosina, che permette di ricevere il nutrimento e i soldi necessari, è una delle azioni essenziali della vita monastica: i monaci mendicano secondo l’esempio del Budda. (p. 60)

L’atto di chiedere l’elemosina trova la sua motivazione nel dare ai laici l’occasione di fare un’offerta e di praticare la generosità, d’imporre ai monaci la disciplina della pazienza attraverso un atto umiliante, e infine di concorrere alla vita economica della comunità. (pp. 61-62)

 

Le parole violente sono assolutamente all’opposto delle parole d’amore. […]

Nella vita buddista si consiglia di prendersi anche cura di sé stessi e si esprime la propria pietà filiale.

Quando, in stato compassionevole, ci si indirizza verso un essere vivente con la stessa dolcezza che si userebbe verso un neonato, le nostre parole sono parole d’amore.

È cosa buona elogiare l’uomo virtuoso e avere pietà dell’uomo senza virtù. (p. 64)

Grazie a questo fiorire di parole d’amore, i nemici si riconciliano e gli uomini saggi e virtuoso rendono possibile la pace.

Quando qualcuno riceve direttamente delle parole d’amore, il suo viso si illumina di gioia e il suo cuore di contentezza.

Quando le parole d’amore sono ricevute indirettamente, in assenza della persona le ha pronunciate, esse si scolpiscono in eterno nel corpo e nello spirito. (p. 65)

[…]anche se capita che qualcuno si arrabbi ala vostra vista, abbiate cura di mantenere la vostra calma e di non lasciarvi, a vostra volta, prendere dalla collera. (p. 71)

Se voi vi lasciate andare a proferire insulti, voi ostacolerete la Benevolenza del Budda e le virtù saranno contrastate e scompariranno.

In verità, la pazienza è una grande virtù. Nessuna disciplina vale la disciplina della pazienza. Quando si pratica la pazienza, si è sulla strada dell’uomo vero.

Quando sentite gli altri dire male di voi, se non lo sopportate con grazia e gioiosamente come se voi assaporaste un vino dolce, voi non arriverete mai a raggiungere lo stato della vera saggezza. Perché questo vi affliggerebbe tanto? Perché in questo caso, le vostre nobili qualità saranno distrutte.

Noi dobbiamo fare il massimo per capire chiaramente che la collera è più nociva che un terremoto. In verità, sappiamoci difendere dalle forze negative. (pp. 71-72)

Quando le persone sono persuase di avere ragione, è inutile cercare di convincerle, anche gli argomenti logici sono inutili. Non ascoltano. (p. 105)

La nuvola bianca nel cielo

l’acqua dei ruscelli sulla terra

ognuno va così. (p. 115)

 

LETTURA

 

Non si può direttamente

che io non voglia

incontrare le persone di questo mondo

ma essere solo

per rilassarmi

è il mio più grande piacere. (p. 180)

 

Non parlare troppo

non parlare veloce.

Né parlare forte.

Non dare la propria opinione

quando non è richiesta.

Non togliere la parola. (p. 213)

 

I PRECETTI

 

Non prendere la parola prima che l’altro abbia terminato la frase.

Adattare gli scopi alle situazioni.

Non parlare di ragione a qualcuno ubriaco.

Non parlare di ragione quando si è ubriachi.

Non parlare di ragione a un uomo di collera.

Non parlare di ragione quando si è in collera.

Non insistere sui dettagli.  (p. 215)

 

Non parlare esagerando.

Non rivelare quello che un altro vuol nascondere. […]

Non rispondere a qualcuno senza avere bene capito ciò che vuole dire.

Non affrontare qualcosa per litigare.

Non parlare di cose politiche.

Non ingannare un bambino.

Non fare delle lezioni troppo profonde a un bambino.

Non parlare lungamente senza scopo.

Non divertirsi a usare una parola della quale non si è ben capito il significato. […]

Non parlare male di altri.

Astenersi dal fare delle proposte che non siano veramente utili.

Ascoltare con attenzione le risposte altrui. (p. 216)

 

Non parlare delle proprie vittorie.

Non glorificarsi dei propri successi.[…]

Non dire a qualcuno che non può capire.

Non dire qualcosa senza tener conto dello stato emotivo dell’altro. […]

Non dare l’impressione di sapere tutto.

Non forzare qualcuno ad ascoltare la propria opinione.

Non parlare impunemente di soggetti religiosi. (p. 217)

Non adulare.

Non rimproverare senza aver fatto tutte le domande.

Non fare con faciloneria delle promesse che rischiano di non essere mantenute. […]

Non parlare alle spalle, ma dire in faccia quello che si pensa.

Non parlare di chi non c’è.

Non parlare con qualcuno di qualcosa che non si conosce. […]

Non tornare sulle parole già dette.

Non farsi confondere dalle gentilezze. (p. 218)

Non dire a qualcuno quello che è conveniente per lui. (p. 219)

 

Amico mio,

guarda l’ombra

in fondo ai miei occhi. (p. 231)

 

[…] il 18 febbraio 1831, circondato da suo fratello Yushi e da Teishin, all’età di 74 anni, Ryokan si spense pronunciando la lettera “a”, il suono di tutti gli inizi. (p. 268)

 

**Ultimo libro terminato a Collevecchio(RI)**