ROBERT LOUIS STEVENSON – LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKYLL E DEL SIGNOR HYDE The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde

ROBERT LOUIS STEVENSON – LO STRANO CASO DEL DOTTOR JAKYLL E DEL SIGNOR HYDE

The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde

CORRIERE DELLA SERA (Licenza RCS) – Collana: I Grandi Romanzi n °2 – 2002

TRADUZIONE e NOTE

Oreste Del Buono

PREFAZIONE

Di Sandro Veronesi p.5

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE p.13

LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKYLL E DEL SIGNOR HYDE p.21

I – STORIA DELLA PORTA p.23

L’avvocato Utterson, alto, magro, dall’aspetto triste ma amabile, severo con se stesso ma indulgente con gli altri, si ritrova, durante una delle passeggiate domenicali con suo cugino Richard Enfield, di fronte alla casa in cui il cugino sa abitare un losco individuo, mr Hyde, che tempo prima aveva calpestato una bambina…

L’avvocato Utterson era un uomo dall’aspetto rude, non s’illuminava mai di un sorriso; freddo, misurato e imbarazzato nel parlare, riservato nell’esprimere i propri sentimenti; era un uomo magro, lungo, polveroso e triste, eppur in un certo senso amabile.

[…]

L’avvocato era severo nei riguardi di se stesso[…]

Nei riguardi del prossimo era tuttavia di una grande indulgenza[…] (p.23)

In uno di quei vagabondaggi accadde che passassero per una strada secondaria di un quartiere affollato di Londra.[…]

A due porte dall’angolo, sul lato sinistro della strada procedendo verso est, la linea era spezzata dall’ingresso di un cortile, e, proprio in quel punto, sporgeva sulla via un sinistro fabbricato. Era alto due piani; non presentava finestre, solo una porta al piano inferiore, e una facciata cieca con il muro scolorito al piano superiore; recava in tutto i segni di una prolungata e sordida negligenza. (pp.25-26)

Enfield gli racconta con ribrezzo quanto accaduto in quella notte d’inverno…

Il signor Enfield e l’avvocato passavano sull’altro lato della strada; ma, quando arrivarono davanti a

quell’ingresso, il primo alzò il bastone e lo indicò: «Avete mai notato quella porta?» chiese; il compagno rispose affermativamente, e allora lui aggiunse: «nella mia mente è connessa a una storia molto strana.»

«Davvero?» disse il signor Utterson, con un leggero mutamento di voce «di che storia si tratta?» «Ebbene, è così,» rispose il signor Enfield: «io stavo tornando a casa da qualche posto in capo al mondo, circa alle tre di una scura mattina d ’inverno, e i miei passi mi portavano attraverso una parte della città dove non c’era letteralmente nulla da vedere se non lampioni. (p.26)

Un uomo orribile che, calpestata la bimba, prosegue come se nulla fosse. Riacciuffatolo, Enfield lo porta nei pressi della ragazzina dove un capannello di persone si è già formato…

A un tratto, vidi due figure: una era un uomo piccolo, che camminava in fretta verso est, e l’altra una bimba di circa otto o dieci anni che correva il più velocemente possibile per una via traversa. Ebbene, signore, quei due come era naturale si scontrarono all’angolo; allora accadde la cosa orribile: infatti l’uomo calpestò tranquillamente il corpo della bimba e la abbandonò che gridava, lì per terra. A sentir dire questo sembra nulla, ma era terribile a vedersi. Quello non somigliava a un uomo; era come una creatura infernale. Detti in un grido, mi misi a correre, e afferrai per il colletto il mio uomo, e lo riportai là, dove già s’era formato un gruppo di gente intorno alla bimba in lacrime.[…] Sin dalla prima occhiata il mio uomo mi aveva fatto orrore. (p.27)

Un uomo così orrido da turbare perfino l’impassibile dottore mandato a chiamare e giunto sul posto…

Ma quello che mi colpì fu il caso del dottore. Egli era il solito medico angoloso e asciutto, senza età e senza colore, con un forte accento scozzese, incapace di emozioni come una cornamusa. Ebbene, signore, provava quello che provavamo tutti noi: ogni volta che guardava il mio prigioniero, vedevo il sega-ossi diventare pallido dal desiderio di ucciderlo. (p.28)

Ma l’incredibile viene dopo. Accordatisi per un risarcimento di cento sterline, l’uomo li conduce proprio alla porta che hanno ora di fronte e… gli consegna un assegno firmato da un notissimo e illustre uomo di cui non vuol rivelare il nome…

Ora si trattava di prendere il denaro; e dove credete che ci accompagnò, se non qui, davanti a questa porta? Estrasse una chiave, aprì, entrò, e subito tornò fuori con dieci sterline d’oro e un assegno per la banca Coutts, pagabile al portatore, e firmato con un nome che ora non posso dire, benché costituisca una delle cose principali della mia storia; ma era un nome per lo meno molto conosciuto e spesso stampato. La cifra era alta; ma la firma valeva ben di più, se non era falsa. (p.29)

Dato che l’assegno si rivela genuino, Enfield ha da allora sempre pensato che l’illustre personaggio sia vittima di un ricatto…

La casa del ricatto”, così ora io chiamo di conseguenza quell’edificio con quella porta. (p.30)

Utterson chiede allora al cugino il nome dell’uomo: Mr Hyde. E che aspetto aveva?, lo incalza ancora l’avvocato, accontentato dal cugino. Indescrivibilmente ripugnante…

«Sì, lo credo anch’io,» rispose il signor Enfield.

«Però,» continuò l’avvocato «c’è una cosa che io vorrei chiedervi: voglio domandarvi il nome di quell’uomo che calpestò la bambina.»

«Ebbene,» rispose il signor Enfield «non vedo che male potrebbe fare dirvelo. Si chiamava Hyde.»

«Hmm ! » fece il signor Utterson. «E che specie di uomo era?» (p.31)

«Non è facile a descriversi. C’è qualcosa di non chiaro nel suo aspetto; qualcosa di sgradevole, anzi di veramente detestabile. Non avevo mai visto un uomo che mi ripugnasse tanto, e non ne so la ragione. Doveva avere qualche deformità; dava l’impressione di essere deforme, sebbene io non riesca a specificare la cosa. Aveva un aspetto anormale, eppure non so dire precisamente in quale senso. No, signore; non posso descriverlo, non ci riesco. E non per mancanza di memoria; infatti, vi dico che mi sembra di vederlo anche in questo momento.»

Al termine della descrizione di Hyde, Utterson rivela all’interlocutore di conoscere il nome dell’uomo illustre. Il caso lo conosce per altri motivi, sebbene gli aspetti negativi di Hyde gli fossero ignoti. I due si ripromettono quindi di non parlar più della vicenda, riprendendo il cammino…

Mi vergogno della mia lingua lunga. Facciamo il patto di non parlare più di questa faccenda.»

«Ben volentieri» disse l’avvocato. «Ecco la mia mano, Richard.» (p.33)

II – ALLA RICERCA DEL SIGNOR HYDE p.35

Inquieto, Utterson dopo cena apre la cassaforte estraendone il testamento del Dr Jekyll, suo vecchio amico, nel quale l’uomo indica quale unico erede, in caso di morte, scomparsa o assenza superiore a tre mesi, il fantomatico Mr Hyde. Un testamento frettoloso che lo aveva fin da subito lasciato perplesso e indignato. Ora ancor più dopo aver appreso orribili notizie sul conto di Hyde…

Quella sera, però, appena la tavola fu sparecchiata, prese una candela e si recò nel proprio studio. Qui aprì la cassaforte, trasse dallo scomparto più segreto un documento che recava scritto sulla busta «Testamento del Dottor Jekyll», e sedette con il viso rannuvolato a leggerne il contenuto. […]

esso stabiliva non solo che, in caso di morte di Henry Jekyll, M.D., D.C.L., L.L.D., F.RS., eccetera, tutti i suoi beni dovessero passare nelle mani del suo «amico e benefattore Edward Hyde», ma che in caso di «scomparsa o inspiegata assenza del dottor Jekyll per un periodo superiore a tre mesi, il suddetto Edward Hyde doveva immediatamente prendere il posto del detto Henry Jekyll, libero da qualsiasi peso e obbligo, tranne il pagamento di qualche piccola somma ai domestici del dottore». (pp.35-36)

Sino a quella sera, il non sapere nulla circa il signor Hyde aveva accresciuto la sua indignazione; ora, per un improvviso gioco della sorte, proprio l’avere appreso qualcosa lo indignava maggiormente.(p.36)

Decide allora di recarsi dall’amico comune, il dottor Lanyon, per ricevere informazioni su eventuali problemi di Jekyll…

Così dicendo, spense la candela, indossò il sopra­bito, e uscì nella direzione di Cavendish Square, quella cittadella della medicina dove il suo amico, il celebre dottor Lanyon, abitava e riceveva i suoi numerosi pazienti. (p.37)

Dopo un generico dialogo, Utterson chiede all’ospite notizie su Jekyll. Ma Lanyon gli dice che ormai da anni i due non si frequentano molto e che non ha mai visto tale Mr Hyde…

Infatti i due erano vecchi amici, compagni di scuola e di università, ambedue rigorosamente rispettosi uno dell’altro e di se stessi, e, cosa che non accade sovente, erano effettivamente felici di poter stare insieme.

Dopo una breve conversazione generica, l’avvocato affrontò l’argomento che occupava tanto spiacevolmente la sua mente. (p.37)

Ebbene? Io lo vedo così poco, ora.»

«Davvero?» chiese Utterson. «Pensavo che aveste interessi in comune.»

«Ne avevamo,» fu la risposta, «ma da più di dieci anni Henry Jekyll è diventato troppo stravagante per me. Cominciò ad avere idee molto strane; e, sebbene naturalmente io continui a interessarmi a lui per la nostra vecchia amicizia, lo vedo molto poco ormai. (p.38)

«Non avete mai incontrato un suo protetto, un certo Hyde?»

«Hyde?» ripete Lanyon. «No. Non ne ho mai sentito parlare. Almeno, da quando lo conosco.» (p.38)

Utterson torna a casa passando la notte insonne tra pensieri e visioni tratte dal racconto del cugino…

Queste furono le sole informazioni che l’avvocato portò con sé, nel grande letto scuro, nel quale si agitò sinché non passarono le ore piccole e non fu giorno. (p.38)

[…]e, mentre lui giaceva nel letto e si tormentava nell’oscurità della notte e della stanza velata da tende, la storia del signor Enfield gli ripassò davanti alla mente in una serie di immagini chiare. (p.39)

Quella persona nelle sue due fasi perseguitò l’avvocato per tutta la notte; (p.39)

Gli sorge così il desiderio di conoscere questo Mr Hyde. Ed eccolo a cercare di individuarlo tenendo d’occhio l’uscio del losco individuo…

Eppure quella figura non aveva una faccia per la quale potesse conoscerla; anche nei sogni non aveva faccia, oppure aveva una faccia che lo scherniva, e si dissolveva davanti ai suoi occhi; e fu così che nacque e crebbe nella mente deH’awocato una curiosità stranamente viva e quasi irresistibile di vedere i lineamenti del vero signor Hyde. […]

Da allora il signor Utterson cominciò a tener d ’occhio continuamente la porta nella strada dei negozi. (p.40)

Fino a che, in una fredda notte, eccolo scorgere l’uomo e, toccatolo sulla spalla mentre gli passa vicino per andare ad aprire la porta, scambiarci poche parole, farsi mostrare il viso e riceverne l’indirizzo…

Alla fine la sua pazienza venne ricompensata, Era una bella notte asciutta; gelo nell’aria[…]

Il signor Utterson era al suo posto da alcuni minuti, quando si accorse che un curioso passo leggero si stava avvicinando. (p.41)

L’avvocato, sporgendosi dal vano, potè ben presto vedere con quale sorta di uomo avesse a che fare. Era basso di statura e vestito in modo dimesso, e il suo aspetto, anche a quella distanza, urtò fortemente la sensibilità dell’osservatore. Ma l’individuo si diresse verso la porta, attraversando la strada per fare più presto; e, mentre si avvicinava, si tolse di tasca una chiave, come fa chi sta arrivando a casa sua.

Il signor Utterson uscì dal nascondiglio e toccò l’uomo sulla spalla, quando gli passò accanto.

«Siete il signor Hyde, vero?» (p.42)

«Vorreste lasciarmi vedere la vostra faccia?» chiese l’avvocato.

Il signor Hyde parve esitare, poi, come dopo aver riflettuto, si mise di fronte all’interlocutore con aria di sfida; i due si guardarono fissi per qualche secondo.

«Ora potrò riconoscervi,» disse Utterson «e forse mi sarà utile.»

«Sì,» ribattè il signor Hyde «è bene che ci siamo incontrati; a proposito, eccovi il mio indirizzo.» E

dette il numero di una via di Soho. (p.43)

Stordito dall’incontro, Utterson si reca a casa di Jekyll…

Dio mi perdoni, ma quell’uomo non sembra una creatura umana! (p.44)

Oppure si tratta della semplice irradiazione di un’anima malvagia che traspare e trasfigura l’involucro di argilla? Penso sia proprio così; perché, mio povero Harry Jekyll, se mai io vidi il marchio del diavolo su una faccia, è proprio su quella del vostro nuovo amico!» (p.45)

Il vecchio domestico Poole gli apre…

Un domestico ben vestito e anziano venne ad aprire.

«Il dottor Jekyll è in casa, Poole?» chiese l’avvocato. (p.45)

Ma Utterson è ancora scosso dall’incontro con Hyde e, non essendo in casa Jekyll, ne approfitta per chiederne informazioni a Poole. Sì, gli risponde il domestico, Mr Hyde ha libero accesso al laboratorio e tutti loro hanno ricevuto l’ordine di obbedirgli…

Ma quella sera l’avvocato aveva un brivido nel sangue; la faccia di Hyde era impressa fortemente nella sua memoria; avvertiva (cosa insolita) come una nausea e un disgusto della vita; e, in quella depressione, gli pareva di leggere una minaccia nei bagliori del fuoco riflessi sulla superficie levigata degli armadi e nelle ombre che fluttuavano sul soffitto. Si vergognò del sollievo che avvertì quando Poole tornò ad annunciare che il dottor Jekyll era uscito.

«Ho visto il signor Hyde entrare dalla porta della vecchia sala anatomica, Poole,» disse Utterson. «È cosa normale, in assenza del dottor Jekyll?»

«Normalissima, signor Utterson,» fece il domestico. «Il signor Hyde ha la chiave.»

«Sembra che il vostro padrone riponga una gran fiducia in quel giovane, Poole,» riprese l’altro, pensieroso.

«Sì, signore, infatti,» disse Poole «noi tutti abbiamo l’ordine di obbedirgli.»

«Io non credo di avere mai conosciuto il signor Hyde, vero?» chiese Utterson.

«Oh, no, signore. Non pranza mai qui» rispose il maggiordomo. «Lo vediamo pochissimo, da questa parte della casa; per lo più viene e se ne va dal laboratorio.» (pp.46-47)

Utterson riprende la strada di casa con il sospetto che Jekyll si trovi in cattive acque. Deve aiutarlo. Se quell’Hyde scoprisse qualcosa del testamento…

E l’avvocato se ne andò verso casa, con il cuore molto pesante. «Povero Harry Jekyll», pensava, «mi posso sbagliare, ma temo che si trovi in cattive acque! (p.47)

Infatti, se quell’Hyde sospetta dell’esistenza del testamento, diventerà impaziente di ereditare. Sì, bisogna che io mi metta all’opera… purché Jekyll me lo permetta», aggiunse, «se soltanto Jekyll me lo permette.» (p.48)

III – IL DOTTOR JEKYLL ERA PROPRIO TRANQUILLO p.49

Quindici giorni dopo, invitato a cena proprio dal dottore, Utterson ne approfitta per rimanere solo con l’amico…

Quindici giorni dopo, per buona sorte, il dottore offrì uno dei suoi eccellenti pranzi a cinque o sei dei suoi vecchi amici, tutti uomini intelligenti, stimabili e ottimi conoscitori del buon vino; il signor Utterson fece in modo di rimanere ultimo, dopo che gli altri se ne furono andati. (p.49)

E così eccolo affrontare l’argomento “testamento” e Mr Hyde…

«Volevo parlarvi Jekyll,» cominciò quest’ultimo.

«Ricordate il vostro testamento?»[…]

«Ebbene, ora ve lo torno a dire» continuò l’avvocato. «Ho saputo qualcosa circa il giovane Hyde.»

L’ampia faccia cordiale del dottor Jekyll sbiancò sino alle labbra, nei suoi occhi passò un lampo scuro. (p.50)

Jekyll dice di trovarsi in una situazione scabrosa di cui non può parlare e sulla quale non vuole s’indaghi oltre…

«Io sono in una situazione penosa, Utterson; una situazione strana, molto strana. È una di quelle faccende che non si possono risolvere con le parole.»[…]

[…]e, per mettervi il cuore in pace, vi dirò una cosa: appena lo vorrò, potrò liberarmi di Hyde. Ve ne do la mia parola; e vi ringrazio ancora; e ancora aggiungerò una parolina, Utterson, che sono sicuro non prenderete male: questa è una faccenda privata, vi prego di non occuparcene.» (p.51)

Gli chiede infine di rispettare Hyde in caso di sua futura scomparsa…

[…] «vi chiedo solo di essere giusto; vi chiedo solo di aiutarlo per amor mio, quando non sarò più in vita.» Utterson trasse un profondo sospiro.

«Va bene,» disse «lo prometto.» (p.52)

IV – L’ASSASSINIO CAREW p.53

Quasi un anno dopo, nel mese di ottobre, ecco consumarsi di notte un efferato omicidio che ha per vittima il parlamentare Danvers Carew. Sotto lo sguardo di una domestica affacciata alla finestra, un uomo di bassa statura, da quella riconosciuto nel disgustoso Mr Hyde, entrato poco tempo prima in casa del suo padrone, elimina brutalmente a bastonate il suo momentaneo interlocutore…

Quasi un anno dopo, nel mese di ottobre del 18.., Londra venne messa sottosopra da un delitto di singolare ferocia, e reso ancor più notevole per l’alta posizione sociale della vittima. I particolari erano pochi e sconcertanti.[…]

E, mentre sedeva lì, notò un signore d ’età, dai capelli bianchi e dal bell’aspetto che s’avanzava nel vicolo; poi un altro signore molto piccolo gli procedette incontro ma la donna vi prestò da principio poca attenzione. (pp.53-54)

Ora lo sguardo della donna passò all’altro uomo, e fu sorpresa di riconoscere in lui un certo signor Hyde, che era venuto un giorno in casa del suo padrone, e per il quale aveva provato disgusto. Il signor Hyde aveva in mano un pesante bastone, con il quale giocherellava; ma non rispondeva nulla, e pareva ascoltare con una malcelata impazienza. Poi, d’improvviso, scoppiò in un impeto d’ira, battendo il piede a terra, brandendo il bastone e comportandosi (secondo la descrizione della ragazza) come un pazzo. Il vecchio signore fece un passo indietro, con l’aria di chi è molto sorpreso e anche un poco offeso; allora il signor Hyde oltrepassò ogni limite, e lo gettò in terra. Poi, con scimmiesca furia, lo calpestò, tempestandolo con una gragnuola di colpi, sotto i quali si udivano scricchiolare le ossa e il corpo rimbalzava sulla strada. All’orrore di quella vista e di quel rumore, la domestica svenne. (p.54)

Tanto efferato l’omicidio da far svenire la povera donna. All’arrivo della polizia restano in terra solo il corpo sfigurato e una parte del bastone spezzatosi per la violenza dei colpi inferti. Ma, fatto strano, l’uomo recava seco una lettera indirizzata ad Utterson!…

Erano le due quando riprese i sensi, e chiamò la polizia. L’assassino era ormai lontano; ma la vittima giaceva lì in mezzo al vicolo, incredibilmente sfigurata. Il bastone con il quale era stato commesso il delitto, benché fosse di legno molto raro e solido e pesante, s’era rotto a metà sotto la foga di quella insensata ferocia; uno dei pezzi era rotolato nel rigagnolo vicino, e l’altro, senza dubbio, era stato portato via dall’assassino. Addosso al cadavere vennero rinvenuti un portamonete e un orologio d’oro; ma nessuna carta, tranne una busta sigillata e affrancata, che probabilmente il malcapitato stava portando alla posta, e che portava il nome e l’indirizzo del signor Utterson.

La busta fu recapitata all’avvocato la mattina dopo, prima che si alzasse; egli appena la ebbe sotto gli occhi e seppe dell’accaduto, si lasciò sfuggire una solenne imprecazione. (p.55)

Ricevuta la lettera, sconvolto, l’indomani Utterson riconosce all’obitorio il cadavere sfigurato dell’amico Carew. Ma un’agghiacciante scoperta lo aspetta: il bastone spezzato è quello che aveva regalato tempo prima a Jekyll! Dietro l’omicidio c’è pertanto Hyde, proprio come detto dalla cameriera agli investigatori…

Il signor Utterson aveva già sussultato all’udire il nome di Hyde; ma, quando gli misero davanti il bastone, non ebbe più dubbi: rotto e rovinato come era, lo riconobbe per un bastone che lui stesso aveva regalato molti anni prima al dottor Jekyll. (p.56)

Utterson conduce quindi i poliziotti al domicilio di Hyde…

«Questo signor Hyde è una persona di bassa statura?» domandò.

«Particolarmente basso e particolarmente cattivo, così almeno lo descrive la cameriera,» disse l’ufficiale. Il signor Utterson rifletté un attimo; poi, alzando la testa, disse:

«Se venite con me nella mia carrozza, credo di potervi condurre alla sua abitazione.» (p.56)

Giunti all’abitazione, una vecchia apre la porta dicendo loro che Mr Hyde non è in casa. La donna fa quindi entrare poliziotto ed avvocato che, giunti nelle due sole stanze occupate da Hyde, trovano tutto a soqquadro con molti documenti bruciati e la parte mancante del bastone…

Quella era la casa dell’amico prediletto di Henry Jekyll, dell’erede di un quarto di milione di sterline. Una vecchia dalla faccia color avorio e dai capelli argentei aprì la porta. Aveva un’espressione cattiva, smussata dall’ipocrisia, ma i suoi modi erano compiti. Sì, disse, quella era la casa del signor Hyde, ma lui non si trovava in casa; quella notte era tornato molto tardi, ed era uscito di nuovo dopo neppure un’ora; non c’era nulla di strano in quel fatto; le abitudini del signor Hyde erano molto irregolari, ed era spesso assente; ad esempio, erano quasi due mesi che non lo si vedeva, prima del ritorno di quella notte. (pp.57-58)

In quel momento però le stanze rivelavano d’essere state messe sottosopra da poco, e in fretta: a terra giacevano indumenti, con le tasche rivoltate; i cassetti erano aperti, e sul focolare era un mucchio di cenere grigia, come se molte carte fossero state bruciate. Da quelle ceneri l’ispettore trasse l’estremità di un libretto verde di assegni, che aveva resistito all’azione del fuoco; l’altra metà del bastone fu trovata dietro una porta; e, poiché questa scoperta confermava i suoi sospetti, l’ispettore si dichiarò soddisfatto. Una visita alla banca, dove parecchie migliaia di sterline risultarono depositate a credito dell’assassino, completò la sua soddisfazione. (pp.58-59)

V – IL CASO DELLA LETTERA p.61

Nel pomeriggio Utterson si reca da Jekyll…

Era pomeriggio inoltrato quando il signor Utterson si presentò alla porta del dottor Jekyll; venne subito introdotto da Poole[…] (p.61)

Il dottore è affranto e promette all’amico di tagliare i legami con Hyde che, giustappunto, gli ha lasciato una lettera. Lettera che il dottore vuole legga e tenga…

[…]lì, vicino al fuoco, sedeva il dottor Jekyll, con un aspetto mortalmente affranto. (p.62)

Spero che non siate tanto pazzo da nascondere quell’individuo.»

«Utterson, giuro davanti a Dio,» esclamò il dottore «giuro che non poserò più gli occhi su di lui. Vi do la mia parola d ’onore che non ho più nulla a che fare con lui a questo mondo. Tutto è finito.(p.62)

Io ho… ho ricevuto una lettera; e non so se debbo mostrarla alla polizia o no. Mi piacerebbe lasciarla nelle vostre mani, Utterson; voi giudicherete saggiamente, ne sono certo; ho tanta fiducia in voi.»[…]

Nella lettera Hyde rassicura Jekyll sulla propria sorte avendo trovato il modo di dileguarsi…

La lettera era scritta con una curiosa calligrafia diritta, ed era firmata «Edward Hyde»: diceva, abbastanza brevemente, che il benefattore dello scrivente, il dottor Jekyll, che lui aveva così indegnamente ripagato per le mille generosità ricevute, non doveva essere in pena per la sua salvezza, perché aveva un modo di fuggire, nel quale riponeva la massima fiducia. (p.62)

Jekyll confessa infine che le clausole del testamento gli sono state estorte da Hyde…

«Bene, ci penserò» rispose l’avvocato. «E ancora una parola: è stato Hyde a dettare le clausole del vostro testamento, riferentisi a una eventuale vostra scomparsa?»

Il dottore parve preso da un principio di deliquio; strinse le labbra, e annuì.

«Lo sapevo» disse Utterson. «Aveva l’intenzione di assassinarvi. L’avete scampata per caso.» (p.64)

Più tardi Utterson si reca dal suo amico, il signor Guest, scrivano esperto grafologo. Ed è proprio a lui che mostra la lettera per averne un parere… Mentre sono intenti a disquisire sulla lettera, ecco un domestico di Guest portare un invito a pranzo di Jekyll per Utterson. L’avvocato porge il biglietto a Guest, come da questi richiestogli. L’esito del confronto è sorprendente: le scritture, inclinatura delle lettere a parte, sono identiche!. Utterson pensa quindi che Jekyll abbia scritto la falsa lettera per proteggere Hyde…

«Ecco, signore,» rispose lo scrivano, «esiste una rassomiglianza piuttosto singolare: le due scritture sono in molti punti identiche: solo inclinate in modo diverso.»[…]

«Come?» pensò «Henry Jekyll può fare un falso per un assassino?» E il sangue gli gelò nelle vene. (p.68)

VI – LO STRANO INCIDENTE DEL DOTTOR LANYON p.69

Nonostante la cospicua taglia le ricerche di Hyde si rivelano vane. L’uomo sembra essersi volatilizzato…

Passava il tempo: una taglia di migliaia di sterline era stata offerta come ricompensa a chi avesse rintracciato l’assassino. La morte di Sir Danvers, infatti, era considerata un’offesa alla comunità; ma il signor Hyde era scomparso dal raggio delle ricerche della polizia, quasi non fosse mai esistito.[…] Dal giorno che aveva lasciato quella casa di Soho, la mattina del delitto, era semplicemente sparito; e a poco a poco, con il passare del tempo il signor Utterson cominciò a riaversi dal suo stato di ansietà, e a sentirsi più tranquillo nell’animo.(p.69)

La scomparsa di Hyde sembra peraltro aver ridato vita a Jekyll, ora di nuovo cortese ospite dei suoi amici…

La morte di Sir Danvers era secondo lui più che com­pensata dalla scomparsa del signor Hyde. Ora che la malvagia influenza era cessata, una nuova vita incominciava per il dottor Jekyll. Egli uscì dalla sua reclusione, rinnovò i legami con gli amici, e diventò ancora una volta il loro ospite familiare. (pp.69-70)

Ma dopo due mesi l’amico cambia ancora e ad Utterson non è più concessa ospitalità…

[…]e per più di due mesi il dottore visse in pace. (p.70)

Si reca allora dal dottor Lanyon, amico comune, per parlare di questa nuova negativa situazione. Ma l’amico è ridotto male, ormai prossimo alla morte! Un cambiamento straordinario in così poco tempo…

Il giorno quindici l’avvocato tentò di nuovo, e ancora non venne ricevuto; essendo abituato da due mesi a vedere l’amico tutti i giorni, questo ritorno del dottore alla solitudine gli oppresse l’animo.

La quinta sera invitò Guest a cena, e la sesta sera si recò dal dottor Lanyon. Lì almeno non gli veniva negata l’ospitalità; ma, appena entrato, restò colpito dalla trasformazione che era avvenuta nell’aspetto del dottore, che portava scritta ben leggibile in faccia una sentenza di morte. (p.70)

Quando gli parla di Jekyll, Guest taglia corto non volendolo neanche più sentir nominare…

«Anche Jekyll è malato,» osservò Utterson. «Lo avete visto?»

Ma la faccia di Lanyon si trasformò, egli sollevò una mano tremante.

«Non voglio più vederlo né sentir parlare di lui» disse con voce alta e malsicura. «L’ho finita del tutto con quella persona; e vi supplico di risparmiarmi ogni allusione a un uomo che considero come morto.» (p.71)

Rientrato a casa, Utterson scrive a Jekyll per lamentarsi della sua esclusione e per chiedergli spiegazioni sul perché della rottura con Lanyon…

Appena arrivato a casa, Utterson sedette alla scrivania e scrisse a Jekyll, lamentandosi di essere stato escluso dalla sua casa, e chiedendogli la causa dell’infelice rottura con Lanyon; il giorno dopo gli giunse una lunga risposta, in certi punti scritta molto pateticamente, in altri incomprensibile e misteriosa. (p.72)

L’altro gli risponde di rispettare il suo isolamento e il suo silenzio…

Da questo momento ho l’intenzione di fare una vita estremamente segregata; non dovete meravigliarvi né dubitare della mia amicizia, se la mia porta è spesso chiusa anche per voi. Dovete permettere che io segua il mio oscuro cammino. Mi sono tirato addosso una punizione e un pericolo che non posso neppure nominare. Se sono il primo dei peccatori, io sono anche il primo a soffrire. Non pensavo che questo mondo fosse in grado di contenere sofferenze e terrori tanto innominabili. E voi potete fare una sola cosa, Utterson, per alleviare questo mio destino, e cioè rispettare il mio silenzio.» (pp.72-73)

Quindici giorni dopo Lanyon muore e Utterson apre la lettera a lui indirizzata e da leggersi dopo la sua scomparsa…

Una settimana dopo il dottor Lanyon si mise a letto, e, in meno d ’una quindicina di giorni, era morto. La notte seguente a quel funerale, dal quale era stato molto rattristato, Utterson chiuse la porta del proprio ufficio, e, seduto vicino al lume di una malinconica candela, estrasse e si pose davanti una busta che recava l’indirizzo tracciato dalla mano dell’amico morto e recava il suo sigillo. «Personale: soltanto per il signor G.J. Utterson; in caso di suo decesso, da distruggersi senza essere letta.» (p.73)

Aperta la lettera, l’avvocato si accorge che questa ne contiene un’altra da aprirsi solo dopo la morte o la scomparsa di Jekyll! Utterson è curioso, ma si trattiene riponendola in cassaforte…

[….]la busta ne conteneva un’altra, similmente sigillata, e questa portava scritto: «Da non aprirsi prima della morte o della scomparsa del dottor Henry Jekyll». Utterson non poteva credere ai propri occhi. Sì, si trattava di scomparsa; anche qui, come nel folle testamento che da molto tempo aveva restituito al suo autore, anche qui l’idea della scomparsa era unita al nome del dottor Henry Jekyll. (p.74)

A poco a poco, dato l’isolamento di Jekyll, i contatti di Utterson con il dottore si fanno sempre più radi…

Il dottore, apparentemente, ora più che mai restava confinato nel suo gabinetto sopra il laboratorio, dove talvolta dormiva persino; era depresso, era diventato silenzioso, e non leggeva; pareva che avesse qualcosa nell’animo. Utterson si abituò tanto all’invariabile carattere di questi rapporti, che a poco a poco diradò la frequenza delle visite. (p.75)

VII – L’EPISODIO DELLA FINESTRA p.77

Una domenica ecco che Utterson ed Enfield si ritrovano di fronte alla solita porta. Si fermano, notando alla finestra Jekyll che, triste, scambia con loro qualche parola prima di ritirarsi sbattendo improvvisamente la finestra…

Una domenica, il signor Utterson era fuori per la solita passeggiata con il signor Enfield, e accadde loro di passare ancora una volta per la strada dei negozi; e, quando si trovarono di fronte alla famosa porta,tutt’e due si fermarono a guardarla. (p.77)

La finestra centrale, delle tre, era aperta per metà; seduto proprio davanti a essa, respirando l’aria con infinita tristezza, come un prigioniero sconsolato, Utterson vide il dottor Jekyll.

«Ehi! Jekyll!» gridò, «spero che stiate meglio.»

«Sono molto giù, Utterson,» rispose il dottore in tono lugubre, «molto giù. Ma non durerà molto, grazie a Dio!» (p.78)

La finestra centrale, delle tre, era aperta per metà; seduto proprio davanti a essa, respirando l’aria con infinita tristezza, come un prigioniero sconsolato, Utterson vide il dottor Jekyll.

«Ehi! Jekyll!» gridò, «spero che stiate meglio.»

«Sono molto giù, Utterson,» rispose il dottore in tono lugubre, «molto giù. Ma non durerà molto, grazie a Dio!»tratto dalla sua faccia e fu seguito da un’espressione di così abietto terrore e di così abietta disperazione che agghiacciò il sangue dei due amici che si trovavano lì sotto. Essi lo videro solo in un lampo, perché la finestra venne istantaneamente chiusa; ma quel lampo era stato sufficiente, ed essi si voltarono, e uscirono dal cortile senza una parola. (pp.78-79)

VIII – L’ULTIMA NOTTE p.81

Una sera, dopo cena, il signor Utterson riceve la visita di Poole che, spaventato, lo prega di seguirlo fino a casa del suo padrone dato che “c’è qualcosa che non va”…

Il signor Utterson era seduto accanto al camino, una sera dopo cena, quando fu sorpreso di ricevere la visita di Poole.[…]

«Signor Utterson,» disse l’uomo, «c’è qualcosa che non va.»(p.81)

«Io non oso parlare, signore,» fu la risposta, «ma, se volete venire con me, lo vedrete voi stesso.» (p.82)

Era una brutta, fredda e ventosa notte di marzo, con una pallida luna, che se ne stava coricata come se il vento l’avesse inclinata, e con una fuga di nubi leggere e trasparenti. (pp.82-83)

Giunti a casa di Jekyll, la porta gli viene aperta dai servitori che, preoccupati, si sono riuniti in salotto…

«Ebbene, signore, eccoci qui,» disse, «e Dio voglia che non sia accaduto nulla di male.»

«Speriamo, Poole» disse l’avvocato. Così detto il maggiordomo bussò alla porta in modo molto discreto; la porta si aprì con la catena di sicurezza, poi una voce chiese dall’interno:

«Siete voi, Poole?»

«Sono io, aprite pure» disse Poole. (p.83)

L’ingresso, quando entrarono, era chiaramente illuminato; il fuoco ardeva con una bella fiamma; intorno al focolare tutta la servitù, uomini e donne, se ne stava raggruppata come un gregge. (p.84)

«Sono tutti spaventati» disse Poole.[…]

Fattosi portare una torcia, Poole chiede ad Utterson di seguirlo in silenzio fino all’ingresso del laboratorio…

«E ora,» continuò il maggiordomo, rivolgendosi ad uno sguattero «portami una candela, e mettiamo a posto subito questa faccenda.» Poi pregò il signor Utterson di seguirlo, e lo condusse verso il cortile interno.

«Adesso, signore,» disse «camminate più piano che potete. Voglio che sentiate, ma che non vi facciate udire. E badate, signore, se per caso vi dicesse di entrare, non entrate.»

I nervi del signor Utterson, a quella inattesa conclusione, ebbero una tale scossa che quasi perse l’equilibrio; ma l’avvocato si riprese, e seguì il domestico nel laboratorio e attraverso la sala anatomica, fra tutte le casse e le bottiglie, sino ai piedi della scala.(pp.84-85)

Poole bussa quindi alla porta dove una voce risponde di non poter ricevere visite. Non è quella del suo padrone, ammette anche l’avvocato…

Qui Poole gli fece segno di fermarsi da un lato, e di mettersi in ascolto; intanto lui, depositando la candela e raccogliendo tutto il proprio ardire, salì la scala e bussò con mano malsicura sulla stoffa rossa della porta del gabinetto privato.

«Signore, c’è il signor Utterson che vuole vedervi» disse; e così dicendo, ancora una volta fece cenno con forza, all’avvocato, di ascoltare.

Una voce rispose dall’interno in tono lamentoso:

«Ditegli che non posso vedere nessuno.»

«Grazie, signore» rispose Poole, con accento quasi di trionfo, e, prendendo la candela, riaccompagnò il signor Utterson attraverso il cortile nella grande cucina, ove il fuoco era spento e gli scarafaggi correvano sul pavimento. (p.85)

[…]posso forse ingannarmi sulla voce del mio padrone? No, signore. Il mio padrone non c’è più. Non c’è da otto giorni, da quando lo udimmo gridare il nome di Dio; ma chi è lì dentro, al suo posto, e perché se ne sta lì, è una cosa che grida vendetta al cielo, signor Utterson!» (p.86)

Il servitore dice che per tutta la passata settimana l’uomo che si è sostituito a Jekyll ha gridato per ottenere una certa medicina…

«Tutta la scorsa settimana, dovete sapere, lui, o chiunque sia quello che vive nel gabinetto, ha gridato notte e giorno per avere una certa specie di medicina, che non riusciva a ottenere. (p.86)

È convinto trattarsi di… Hyde! Da lui stesso sorpreso ad aggirarsi per il laboratorio…

«Signore» disse il domestico, con una sorta di pallore in viso «quello non era il mio padrone, è certo. Il mio padrone…» (e qui si guardò intorno e cominciò a parlare a bassa voce) «è un uomo alto e ben fatto, e quello era poco più di un nano.» […]

No, signore, quella persona con la maschera non era il dottor Jekyll… Dio solo sa chi era, ma non era affatto il dottor Jekyll; e sono profondamente convinto che ci sia stato un assassinio.»(p.89)

«Ma se volete dire… che quello era il signor Hyde, ebbene, sì, credo che lo fosse! Vedete, era della sua corporatura; e aveva la stessa sua rapidità; e poi, chi altro poteva essere entrato dalla porta del laboratorio? (p.90)

[…] e io vi giuro sulla Bibbia che quello era il signor Hyde! (p.91)

Non resta che sfondare la porta per scoprire chi sia l’intruso. Poole userà l’ascia, Utterson un grosso attizzatoio. I due mandano due servitori all’estero della porta del laboratorio, affinché Hyde non possa fuggire. Poi, giunta l’ora convenuta, rompono il silenzio della notte fin lì spezzato solo dai frenetici passi del recluso. Utterson chiede, invano, a Jekyll di aprire la porta. Ma, udita la voce di Hyde in risposta, invita l’altro a sfondarla. Un grido si leva nella stanza, che piomba subito dopo nel silenzio mentre la porta a poco a poco cede ai colpi d’ascia…

[…] ma lì vicino, il silenzio era rotto soltanto dal rumore dei passi che andavano su e giù sul pavimento del gabinetto privato. (p.92)

«Jekyll,» gridò Utterson, forte, «chiedo di potervi vedere.» Tacque un minuto, ma non gli giunse alcuna risposta. (p.93)

«Utterson,» rispose la voce, «per amor di Dio, abbiate pietà!»

«Ah, questa non è la voce di Jekyll! È la voce di Hyde!» esclamò Utterson. «Sfondiamo la porta, Poole.»

Poole alzò la scure sopra la testa; il colpo scosse tutta la casa, e la porta coperta di rosso si ruppe tra i cardini e la serratura. Un terribile grido, come di un terrore animale, si levò nella stanza. […]

Gli assalitori, stupiti dalla loro stessa violenza e dal silenzio che ne era seguito, si ritrassero un poco, e guardarono dentro. (p.94)

Penetrati nel locale, i due vi trovano il corpo riverso in terra ed esanime di Hyde, con indosso vestiti troppo larghi. L’uomo si è suicidato con una fiala di veleno…

Proprio nel mezzo della stanza giaceva il corpo di un uomo dolorosamente contorto e ancora palpitante. Si avvicinarono in punta di piedi, lo rivoltarono sulla schiena, e videro la faccia di Edward Hyde. Era vestito con abiti troppo ampi per lui, abiti della misura del dottore; i muscoli della sua faccia ancora si contraevano in una parvenza di vita, ma la vita era completamente cessata; e dalla fiala che teneva in mano e dal forte odore di medicinale che fluttuava nell’aria, Utterson capì di essere in presenza del cadavere di un suicida. (pp.94-95)

I due si mettono quindi in cerca del cadavere di Jekyll che però non riescono a rinvenire in nessun luogo…

«Siamo arrivati troppo tardi,» disse seccamente, «per salvare e per punire. Hyde ha scontato con la

morte, e ora non ci resta che trovare il corpo del vostro padrone.»[…]

I due ora esaminarono tutti questi locali accuratamente. (p.95)

In nessun posto esisteva traccia di Henry Jekyll, morto o vivo. (p.96)

Sulla scrivania trovano una grande busta con su scritto il nome di Utterson. L’avvocato la apre estraendone un testamento, che lo indica come erede di tutti i beni di Jekyll, e un foglio con il quale il defunto lo invita a leggere, prima di aprire un secondo plico, lo scritto lasciatogli da Lenyon. L’avvocato si accorda con Poole: tornerà a casa a leggere il plico di Lanyon e quello di Jekyll. Poi, a mezzanotte, tornerà e chiameranno la polizia…

Poi si girarono verso la scrivania. Sul ripiano, tra le carte bene ordinate, era una grande busta che recava, tracciato dalla calligrafia del dottore, il nome di Utterson. L’avvocato l’aprì, e molti fogli caddero al suolo. Il primo era un testamento, scritto negli stessi eccentrici termini di quello che l’avvocato aveva restituito al dottore sei mesi prima, e che valeva come testamento in caso di morte, e come atto di donazione in caso di scomparsa; ma al posto del nome di Edward Hyde, l’avvocato, con indescrivibile stupore, lesse il nome di Gabriel John Utterson. Guardò Poole, e poi di nuovo il foglio, e infine il colpevole morto, disteso sul tappeto.[…]

Poi prese il secondo foglio; era un breve scritto, di mano del dottore, e portava in cima una data. (p.98)

e così dicendo si portò il foglio davanti agli occhi e cominciò a leggere quanto segue:

Mio caro Utterson, quando questo foglio cadrà in vostre mani, io sarò scomparso, in quali circostanze, non posso prevederlo, ma il mio istinto e tutte le condizioni di questo mio indicibile stato mi dicono che la fine è certa e prossima. Leggete, allora, per prima cosa, il racconto che Lanyon mi avverti di dover porre nelle vostre mani; e, se volete saper di più, rivolgetevi alla confessione del vostro indegno ed infelice amico Henry Jekyll

«C’è un altro plico?» chiese Utterson.

«Eccolo, signore» disse Poole, e gli mise in mano un grosso plico sigillato in vari punti.

L’avvocato se lo pose in tasca.

«Non vorrei dir nulla di questo foglio. Se il vostro padrone è fuggito o è morto, potremo almeno salvare il suo onore. Ora sono le dieci; devo andare a casa a leggere questi documenti con tranquillità; ma sarò di ritorno prima di mezzanotte, e, allora, manderemo a chiamare la polizia.»

Uscirono, chiudendosi dietro la porta della sala anatomica; e Utterson, lasciando ancora tutta la servitù radunata intorno al camino nell’entrata, si avviò verso il suo ufficio per leggere i due documenti che avrebbero dovuto svelare il mistero. (pp.99-100)

IX – IL RACCONTO DI LANYON p.101

Nella lettera Lanyon dichiara di aver ricevuto una raccomandata, il 9 gennaio, da parte di Jekyll. Il vecchio compagno di scuola gli chiedeva con la stessa di fargli un grosso favore: recarsi in casa sua e, guidato da Poole, forzare la porta del laboratorio per recuperare tutto quanto collocato nel ripiano della vetrina E (delle polveri, una fiala e un fascicolo), portandolo poi nella propria stanza di consultazione dove, a mezzanotte, un uomo da lui inviato giungerà per ritirarlo…

Il nove di gennaio, quattro giorni or sono, ricevetti con la posta serale una lettera raccomandata, che

recava l’indirizzo di mano del mio collega e vecchio compagno di scuola, Henry Jekyll. (p.101)

Vi scongiuro di portare questo cassetto con voi, a Cavendisch Square, esattamente come si trova ora. (p.102)

A mezzanotte, dunque, vi chiedo di trovarvi solo nella vostra stanza di consultazione, per ricevere di persona un uomo che vi si presenterà a mio nome, e per consegnargli il cassetto che avrete portato con voi dal mio gabinetto. (pp.102-103)

Sebbene sconcertato dalla richiesta, l’uomo decide di assecondarne la richiesta recandosi subito a casa sua per prelevare quanto occorrentegli…

Dopo aver letto questa lettera, fui certo che il mio collega fosse impazzito. Ma sinché questo non fosse stato dimostrato senza possibilità di dubbio, mi sentii costretto ad agire come mi veniva chiesto. […]

Mi alzai perciò da tavola, presi una carrozza, e andai direttamente a casa di Jekyll . 11 maggiordomo aspettava la mia venuta[…]

La vetrina contrassegnata «E» era aperta; e io estrassi il cassetto, lo ricoprii di paglia, lo avvolsi in una carta, e me ne tornai con quello in Cavendish Square. Qui procedetti a esaminarne il contenuto. Le polveri erano composte abbastanza accuratamente,ma non con l’esattezza di un chimico; era chiaro che le aveva fatte Jekyll stesso, in privato[….] (pp.104-105)

C’era una fiala di un qualche liquido colorato, una cartina di una qualche polvere, e l’annotazione di una serie di esperimenti che non avevano condotto (come tanti altri nelle ricerche di Jekyll) ad alcun risultato di pratica utilità. (p.105)

A mezzanotte ecco giungere l’uomo inviato da Jekyll. Un tipo losco, mai visto prima, dai vestiti troppo larghi e in breve colto da una cupa agitazione…

Era appena suonata la mezzanotte su Londra, quando fu bussato lievemente alla mia porta. Andai

io stesso ad aprire, e mi trovai davanti a un uomo di bassa statura accovacciato fra i pilastri del portico.[…]

Finalmente potei vederlo chiaramente. Non avevo mai messo gli occhi su di lui prima, ne ero certo. Era piccolo, come ho già detto; fui colpito, oltre che dalla terribile espressione della sua faccia, dalla notevole mescolanza di grande forza muscolare e di grande debolezza di costituzione, e, cosa non meno notevole, dalla strana e soggettiva sensazione di disagio che mi provocava la sua vicinanza. (p.106)

Il mio visitatore era in preda a una cupa agitazione.(p.108)

Fattosi dare il cassetto, l’uomo armeggia con il contenuto e, preparata una pozione, ricevuto l’assenso di Lanyon a vederlo compiere un prodigioso esperimento, la ingurgita…

Mi rivolse un terribile sorriso, e con l’impulso della disperazione, tirò fuori il cassetto. Alla vista del

contenuto, emise un forte singhiozzo di un tale immenso sollievo che io rimasi pietrificato. Subito dopo, con una voce già tornata normale, mi domandò:

«Avete un bicchiere graduato?»

Mi alzai con una certa fatica e gli porsi quello che chiedeva.

Mi ringraziò con un sorridente cenno d ’assenso, misurò poche gocce del liquido rosso e vi aggiunse una delle polveri. (p.109)

Ma ormai sono andato troppo avanti su questa via di inesplicabili servigi, per arrestarmi prima di

vederne il termine.»

«Bene» rispose il mio visitatore. «Lanyon, ricordate i vostri voti: ciò che segue è sotto il suggello del segreto professionale. (p.110)

Si portò il bicchiere alle labbra, e bevve il contenuto in un sorso. Udii un grido; barcollò, vacillò, si

aggrappò alla tavola con gli occhi sbarrati e iniettati di sangue, ansando con la bocca aperta; e, mentre lo guardavo, si trasformava, così mi sembrò, pareva gonfiarsi, la faccia diventò improvvisamente nera, i suoi lineamenti parvero dissolversi e alterarsi; l’attimo successivo io ero balzato in piedi ed indietreggiavo verso il muro, alzando il braccio come per difendermi da quel prodigio, con l’animo sommerso dal terrore.

«Oh, Dio!» gridai, e poi di nuovo: «Oh, Dio, oh, Dio!» Davanti ai miei occhi, pallido, tremante, e mezzo svenuto, con le mani che annaspavano in avanti, come un uomo che risusciti, stava Henry Jekyll! (pp.110-111)

L’uomo misterioso si trasforma sotto gli occhi increduli di Lanyon nel dottor Jekyll. L’esperimento scuote talmente tanto Lanyon da farlo ammalare e morire in breve…

Quello che mi disse durante l’ora che seguì, non sono capace di trascriverlo sulla carta. Vidi quello che vidi, udii quel che udii, e il mio animo ne cadde ammalato; e anche ora, che quella vista non è più davanti ai miei occhi, mi chiedo se debbo credervi, e non so rispondere. La mia stessa vita è scossa dalle radici; il sonno mi ha abbandonato; il più mortale terrore mi domina a ogni ora del giorno e della notte; sento che le mie ore sono contate, e che devo morire; eppure morrò incredulo. (p.111)

Hyde il nome dell’uomo entrato in casa sua quella notte…

[…]la creatura che s’insinuò in casa mia quella notte era, secondo la confessione dello stesso Jekyll, conosciuta con il nome di Hyde, ed era ricercata in ogni angolo della terra come l’assassino di Carew.

Hastie Lanyon (p.112)

X – LA RELAZIONE DI JEKYLL SUL CASO p.112

Utterson inizia a leggere la relazione di Jekyll…

Cresciuto in una famiglia religiosa e rigorosa, Jekyll ha da sempre represso e nascosto i propri piaceri, sviluppando così a poco a poco una duplice personalità…

Di conseguenza avvenne che io nascondessi i miei piaceri; e, quando raggiunsi l’età della riflessione e cominciai a guardarmi intorno e a considerare il mio progresso e la mia situazione nel mondo, mi trovai già impegnato in una profonda duplicità di vita. (p.113)

I suoi studi lo portano a considerare la duplice natura dell’uomo, diviso tra bene e male, parti in lotta tra loro. Decide quindi di iniziare una serie di esperimenti al fine di riuscire a separare le due parti lasciando in sé la sola parte buona…

Avvenne che la direzione dei miei studi scientifici, che portavano direttamente verso il mistico e il trascendentale, deviasse e gettasse una viva luce su questa coscienza della perenne lotta tra le mie membra. Ogni giorno, e secondo i due impulsi del mio animo, morale e intellettuale, io mi avvicinai così a quella verità, la scoperta parziale della quale mi ha trascinato a una così orribile catastrofe: e cioè che l’uomo non è in verità unico, ma duplice. Dico duplice perché lo stato della mia conoscenza non va oltre questo punto. Altri seguiteranno, altri mi sorpasseranno in questa direzione, e io posso osare prevedere che infine l’uomo verrà riconosciuto come un risultato di molteplici, incongrui ed indipendenti entità. Da parte mia, per la na­ tura della mia vita, ho proceduto infallibilmente in una sola direzione. Fu studiando il lato morale nella mia stessa persona che imparai a riconoscere la profonda e primitiva dualità dell’uomo; ho visto che, delle due nature che lottavano nel campo della mia coscienza, anche se potevo dire giustamente di essere l’una o l’altra, appartenevo in realtà radicalmente a tutt’e due; e sin dagli inizi, anche prima che il corso delle mie scoperte scientifiche avesse cominciato a suggerirmi la possibilità di un simile miracolo, avevo appreso a compiacermi, come in un bel sogno, al pensiero della separazione di quegli elementi. Se ciascuno di essi, dicevo a me stesso, potesse solamente essere riposto in identità separate, la vita sarebbe alleviata di tutto quanto ha d ’insopportabile; l’ingiusto potrebbe andarsene per la sua strada, liberato dalle aspirazioni e dal rimorso del suo gemello più onesto; e il giusto potrebbe camminare tranquillo e sicuro per la sua strada elevata, compiendo il bene in cui trova il suo piacere, non più esposto alla vergogna e al pentimento a causa del male a lui estraneo. Era la maledizione del genere umano, il fatto che quei due elementi contrastanti fossero così legati insieme, che nel seno agonizzante della coscienza, questi due poli dovessero essere in continua lotta. Come dissociarli allora? (pp.114-115)

Preparata una pozione con la quale liberare la parte malvagia, eccolo trasformarsi in Hyde…

Trovai che certi agenti avevano il potere di scuotere e di strappare questo rivestimento di carne, come il vento può strappare una tenda. […]

Basti dire che non solo io riconobbi il mio corpo naturale come una semplice emanazione e irradiazione di certi poteri del mio spirito, ma mi adoperai a comporre una sostanza con la quale tali poteri potessero essere annullati nella loro supremazia, e sostituiti da una seconda forma e da un secondo aspetto non meno naturali per me, perché offrivano l’espressione e portavano il marchio degli elementi più vili della mia anima. Esitai a lungo prima di porre questa teoria alla prova della pratica.(p.116)

[…]e in una notte maledetta, composi gli elementi, li guardai bollire e fumare mescolati nel bicchiere, e, appena l’ebollizione fu cessata, con un gran gesto di coraggio, mandai giù la pozione.

Subito dopo provai dolori laceranti: uno scricchiolio nelle ossa, una nausea mortale, e un orrore dello spirito che non può essere superato nell’attimo della nascita o della morte. Poi questa agonia cominciò a placarsi, e tornai in me come da una grave malattia. C’era qualcosa di strano, nelle mie sensazioni, qualcosa di indescrivibilmente nuovo, e, appunto per la novità, incredibilmente dolce. Mi sentii più giovane, più leggero, più felice fisicamente; dentro di me avvertivo uno sconvolgimento cerebrale, una corrente di disordinate immagini sensuali che mi tumultuava nella fantasia e una sensazione sconosciuta ma non innocente di libertà m ’invadeva l’anima. Io stesso capii, al primo alito di questa nuova esistenza, che ero ben malvagio, dieci volte più malvagio, venduto come uno schiavo al mio peccato originale; e in quel momento un tal pensiero mi esaltò, m’inebriò come vino. Tesi le braccia, entusiasta per la freschezza di quelle sensazioni; e in quel gesto, mi avvidi immediatamente di come la mia statura si fosse ridotta. (pp.118-119)

Specchiandosi in camera, eccolo vedersi per la prima volta con l’aspetto di Edward Hyde. Minuta e gracile la sua parte malvagia, perché in quel momento meno sviluppata di quella buona…

[…]e io decisi, esaltato com’ero dalla mia speranza e dal mio trionfo, di avventurarmi nella mia

nuova forma sino alla stanza da letto. […]

mai notato; scivolai lungo i corridoi, straniero in casa mia, e arrivai nella mia camera. Allora conobbi per la prima volta l’aspetto di Edward Hyde.

A questo punto devo parlare soltanto teoricamente, dicendo non quello che so ma quello che credo probabile. La parte malvagia della mia natura, alla quale ora io avevo dato una vigorosa efficacia, era meno robusta e meno sviluppata della parte buona. Inoltre nel corso della mia vita, che era stata, dopo tutto, per nove decimi una vita di sforzi, di virtù e di disciplina, avevo molto meno esercitato e

messo alla prova quella parte cattiva. Proprio da questo derivava il fatto, credo, che Edward Hyde era più piccolo, più magro e più giovane di Henry Jekyll. Come la bontà splendeva sulla fisionomia

dell’uno, la malvagità era ampiamente e chiaramente scritta in faccia all’altro. La malvagità inoltre (che ancora reputo essere la parte mortale dell’uomo) aveva impresso in quel corpo un marchio di deformità e di decadenza. (pp.118-119)

Tornato in laboratorio prepara un’altra pozione per scoprire se in grado di tornare nei panni di Jekyll. Cosa che avviene…

Restai solo un minuto davanti allo specchio: dovevo tentare il secondo e conclusivo esperimento; dovevo ancora decidere se avessi perduto la mia identità senza possibilità di recupero e se, quindi, fossi costretto ad abbandonare precipitosamente, prima del giorno, una casa che non era più la mia; rientrai dunque in fretta e furia nel mio gabinetto, preparai una nuova pozione, la trangugiai, ancora una volta patii l’agonia della dissoluzione e ritornai di nuovo in me con il carattere, la statura e la faccia di Henry Jekyll. (p.120)

L’esperimento è dunque riuscito solo in parte. Mentre infatti Hyde è pura malvagità, in Jekyll permane il dualismo…

Hyde. E così, sebbene io possedessi ora due caratteri allo stesso modo che possedevo due facce, uno era interamente malvagio, ma l’altro era ancora il solito Henry Jekyll, quel miscuglio incongruo, a proposito della riforma e del miglioramento del quale avevo già imparato a disperare. (p.121)

Ma la voglia di dar sfogo alla sua malvagità e alle sue perversioni, lo rende in breve schiavo della pozione. Affitta addirittura una casa di Soho e informa i servitori di lasciar libero accesso al laboratorio a tale Mr Hyde. Inizia a compiere delitti per puro piacere…

Provavo spesso voglia di divertirmi; e siccome i miei piaceri (per non dir altro) non erano decorosi e siccome io ero persona non solo conosciuta e considerata ma anche prossima all’età matura, tale incoerenza della mia vita diventava ogni giorno più sgradevole. Ecco perché il mio nuovo potere mi tentò sempre di più, sino a ridurmi suo schiavo. Dovevo solo vuotare quella coppa per abbandonare immediatamente il corpo dello stimato professore e assumere, come un fitto mantello, quello di Edward Hyde. L’idea mi attraeva, mi pareva quasi divertente, e un giorno compii i miei preparativi con cura minuziosa. Presi e ammobiliai quella casa a Soho, dove la polizia andò a cercare Hyde, e assunsi al mio servizio una donna che sapevo di poche parole e di pochi scrupoli. D’altra parte comunicai alla mia servitù che un tal signor Hyde (e lo descrissi loro) doveva avere piena libertà e autorità nella mia casa sulla piazza e, per evitare equivoci, mi feci parecchie visite e mi resi familiare nel mio secondo personaggio. Quindi scrissi quel testamento[…] (p.121)

Io fui il primo a commettere delitti direttamente e per il mio piacere. (p.122)

A lungo andare inizia a trasformarsi in Hyde senza bisogno di assumere la pozione. In cerca di un rimedio per non soccombere alla natura malvagia, deve decidere tra chi mantenere in vita…

[…]cominciai a vedere il pericolo che, prolungandosi gli esperimenti, l’equilibrio della mia natura potesse venire alterato per sempre, e la mia capacità di trasformarmi a volontà potesse cessare, e il carattere di Edward Hyde diventare irrevocabilmente il mio. (p.126)

Adesso, però, alla luce dell’esperienza di quella mattina, dovevo concludere che, mentre nei primi tempi avevo faticato per liberarmi del corpo di Jekyll, ora, lentamente ma sicuramente, tale difficoltà riguardava la mia liberazione dal corpo di Hyde. Tutto pareva indicarmi questo: che stavo perdendo il dominio dell’originario e migliore me stesso, e mi stavo incorporando nel secondo e peggiore mio aspetto. Tra questi due esseri, ormai, dovevo far la mia scelta.(p.127)

Scegliere di essere Jekyll significava rinunciare a quei piaceri che avevo goduto segretamente per tanto tempo, e che da ultimo avevano cominciato a soddisfarmi in pieno. Scegliere di essere Hyde significava morire a mille interessi e aspirazioni e diventare di colpo, e per sempre, un reietto, significava perdere ogni amico. (pp.127-128)

Eccolo scegliere Jekyll e condurre due mesi di vita irreprensibile e serena prima di cedere nuovamente ai richiami di Hyde, nel quale si trasforma dopo averi ricreato la pozione…

[…]mi accadde, come alla maggior parte dei miei simili, di scegliere la parte migliore, e di non saperla mantenere.

Sì, preferii il vecchio e scontento dottore circondato da amici e da oneste speranze, e detti un addio risoluto alla libertà, alla relativa gioventù, al passo leggero, ai palpiti violenti, alle segrete voluttà che avevo goduto con il corpo di Hyde. Forse feci tale scelta con qualche involontaria riserva, perché non lasciai la casa di Soho, non distrussi gli abiti di Hyde, sempre a portata di mano nel mio gabinetto. Tuttavia per due mesi mantenni fede alla mia decisione; per due mesi condussi una vita austera come mai prima di allora avevo condotto, e ne ebbi in compenso una coscienza tranquilla. Ma il tempo cominciò a indebolire i miei timori, il compiacimento della mia coscienza diventò una cosa naturale; cominciai invece a essere torturato da desideri e angosce, come se Hyde lottasse per la sua libertà, e infine, in un’ora di debolezza morale, ricomposi ancora una volta e trangugiai la pozione metamorfica.(pp.128-129)

Il male si scatena ed eccolo allora massacrare Denvers provando piacere nel farlo. Fugge e distrugge le carte e il libretto degli assegni. Pensa a mettersi in salvo, ma anche a progettare nuovi delitti per il futuro…

Il demone della malvagità, che era stato a lungo in gabbia, irruppe fuori ruggendo. (p.129)

Istantaneamente lo spirito demoniaco si svegliò in me e imperversò. Con una foga gioiosa percossi quel corpo senza resistenza, provando delizia a ogni colpo; solo quando la stanchezza cominciò a farsi sentire, repentinamente, nell’accesso culminante del mio delirio, provai un gelido brivido di terrore. La nebbia si disperse; vidi la mia vita in pericolo; e fuggii dal teatro di quegli eccessi, esaltato e tremante, con il mio bisogno di male soddisfatto ed eccitato e con il mio amore della vita portato al parossismo. Corsi nella casa di Soho, e (per essere ancora più al sicuro) distrussi le mie carte; quindi vagai per le strade illuminate sempre nella stessa contrastante estasi mentale, felice per il mio delitto, progettando di commetterne altri in avvenire e tuttavia affrettandomi nella paura di udire dietro di me i passi del vendicatore. (p.130)

Il delitto sembra l’occasione buona per la scomparsa di Hyde, ma la quiete dura poco…

All’acutezza del rimorso prese a poco a poco a sostituirsi una sensazione di sollievo. Il problema della mia condotta era risolto. Diventar Hyde non era più possibile; volente o nolente, ero confinato nella parte migliore della mia natura: oh, come mi rallegrai a tale pensiero! Con quale premurosa umiltà abbracciai di nuovo le restrizioni della mia vita abituale! (p.131)

Sempre più in lotta con la sua parte malvagia, seduto su una panchina, un giorno di gennaio Jekyll si trasforma senza pozione in Hyde!…

[…]ma ero ancora torturato dal dualismo dei miei propositi e, via via che il mio pentimento si placava, la mia parte peggiore, a cui tanto a lungo avevo ceduto e che solo recentemente avevo incatenata, cominciava a brontolare per liberarsi.(p.132)

E, proprio nel momento nel quale mi cullavo in quel vanaglorioso pensiero, fui colto da improvviso malore; un’orrenda nausea e un tremito quasi mortale. Il malessere passò, e mi lasciò esausto; e, quando finì quel collasso, mi avvidi d ’un mutamento della natura dei miei pensieri, una maggiore audacia, uno sprezzo del pericolo, un senso di libertà dal dovere. Mi guardai: le mie vesti s’afflosciavano senza forma sulle mie membra rattrappite; la mano che tenevo sulle ginocchia era nodosa e pelosa. Ero Edward Hyde! (p.133)

Come recuperare le pozioni celate nel laboratorio, ora che è ricercato per l’omicidio del parlamentare? Il diabolico Hyde elabora un piano che lo porta ad ottenere quanto occorrente tramite il dottor Lanyon…

Le pozioni erano in un cassetto del mio gabinetto; come raggiungerle? Questo era il problema (e mi tenevo le tempie tra le mani) da risolvere subito. Avevo chiuso la porta del laboratorio. Se avessi cercato di penetrare in casa dall’ingresso principale i miei servitori mi avrebbero consegnato alla giustizia. (p.114)

E a casa del terrorizzato Lanyon torna ad essere Jekyll…

Quando ritornai me stesso in casa Lanyon, l’orrore del mio vecchio amico mi colpì non poco, credo;

non lo so; comunque tale impressione fu come una goccia nel mare dell’orrore che avevo dovuto patire nelle ore precedenti. Un cambiamento era avvenuto in me. Non mi tormentava più la paura del patibolo, ma il terrore d’essere Hyde. Ascoltai la condanna di Lanyon quasi in sogno: quasi in sogno rincasai, e mi misi a letto. (p.136)

Solo a dosi sempre maggiori il dottore riesce a rimanere Jekyll… Ma la materia prima in breve termina e in nessun modo riesce a procurarsene di eguale all’originale (probabilmente sali impuri). Rimane così recluso in casa con l’orrore di essere l’altro sé…

In breve, a partire da quel giorno, soltanto con uno sforzo continuo e so­ lo sotto lo stimolo della pozione riuscii a riassumere l’aspetto di Jekyll. A tutte le ore del giorno e della notte ero assalito dal brivido premonitore: soprattutto se dormivo, o anche soltanto se sonnecchiavo sulla mia poltrona, mi risvegliavo sempre nelle sembianze di Hyde. Sotto la minaccia di un tal destino continuamente incombente e per l’insonnia alla quale mi condannai, diventai nella mia persona debole di mente e di corpo, ossessionato da un unico pensiero: l’orrore dell’altro me stesso. (p.137)

La provvista di sali da me non più rinnovata dopo l’ultimo esperimento cominciò a scemare. Feci acquistare altri sali, composi la pozione: si verificò l’ebollizione e avvenne il primo mutamento di colore, ma non il secondo; bevvi ugualmente quella miscela e non ottenni più alcun effetto. Potrete sapere da Poole come io abbia fatto compiere ricerche nell’intera Londra; invano; e adesso sono convinto che la mia prima provvista di sali doveva essere impura e che fu proprio tale sconosciuta impurità a cagionare la potenza della droga.

È trascorsa quasi una settimana, e io sto ultimando questa relazione sotto l’influenza dell’ultima delle mie vecchie polveri. (pp.139-140)

Sotto l’influenza dell’ultima dose delle vecchie polveri è dunque riuscito a scrivere la relazione, suicidandosi al termine della redazione…

Lo sa Dio: io non me ne curo più; questa è l’ora della mia vera morte, quanto accadrà dopo concerne un altro individuo. A questo punto, mentre depongo la penna e suggello la mia confessione, pongo fine alla vita dell’infelice Henry Jekyll. (p.140)

robert louis stevenson, lo strano caso del dottor jekyll e del signor hyde, corriere della sera, oreste del buono, sandro veronesi,