PATRICK SUSKIND – IL PROFUMO

PATRICK SUSKIND – IL PROFUMO
[DAS PARFUM]

TEA – Collana SUPERTEA – I ed. Giugno 2014

TRADUZIONE: Giovanna Agabio

*** Libro ricevuto in dono da Valentina Paolacci il 21 Novembre 2015 ***

PARTE PRIMA p.7

1 p. 9

Parigi. XVIII Secolo… Ecco la storia di Jean-Baptiste Grenouille…

Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell’epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali de Sade, Saint-Just, Fouché, Bonaparte ecc, oggi è caduto nell’oblio, non è certo perché Grenouille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri, immoralità, empietà insomma, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un territorio che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori. (p.9)

Jean-Baptiste nasce il 17 luglio 1738 nel quartiere più maleodorante (Cimitière des Innocentes) della città più maleodorante di Francia (Parigi) in un’epoca dominata dalla puzza per mancanza d’igiene. La madre, venticinquenne pescivendola vittima del suo tempo, sviene subito dopo aver tagliato il cordone ombelicale del neonato e averlo gettato tra le frattaglie dei pesci puliti. Soccorsa, viene quindi arrestata per tentato infanticidio per le grida del neonato, che attirano i soccorritori portando alla luce il delitto, e condannata a morte anche per i quattro precedenti figli lasciati morire…

Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni.(p.9)

E naturalmente il puzzo più grande era a Parigi, perché Parigi era la più grande città della Francia. E all’interno di Parigi c’era poi un luogo dove il puzzo regnava più che mai infernale, tra Rue aux Fers e Rue de la Ferronnerie, e cioé il Cimetière des Innocents. (p.10)

Qui dunque, nel luogo più puzzolente di tutto il regno, il 17 luglio 1738 nacque Jean-Baptiste Grenouille. (p.10)

In quel momento, inaspettatamente, là sotto il banco la cosa appena nata comincia a urlare. Vanno a vedere, sotto uno sciame di mosche e fra interiora e teste di pesci troncate scoprono il neonato, lo tirano fuori. Lo consegnano d’ufficio a una balia, la madre è arrestata. E poiché è rea confessa, e ammette senz’altro che avrebbe di certo lasciato crepar quella cosa, come del resto ha già fatto con le quattro precedenti, le fanno il processo, la condannano per infanticidio plurimo e qualche settimana dopo le tagliano la testa in Place de Grève.(p.12)

L’infante viene affidato a varie balie che però lo respingono per via della sua voracità… Il commissario La Fosse riesce infine ad affidarlo a un convento, quello di Saint-Merri, dove il piccolo viene battezzato Jean-Baptiste e affidato alla balia Jeanne Bussie…

Era troppo vorace, dicevano, succhiava per due, sottraeva il latte agli altri poppanti […] (p.12)

[…]l’ufficiale di polizia La Fosse pensò bene di desistere dal suo intendimento d’origine e diede ordine di consegnare il fanciullo a qualche istituto religioso, affinché là lo battezzassero e decidessero della sua sorte. Riuscirono a liberarsi di lui al convento di Saint-Merri, in Rue Saint-Martin. Là il bambino ricevette il battesimo e il nome di Jean-Baptiste. E giacché il priore quel giorno era di buon umore e i suoi fondi per la beneficenza non erano ancora esauriti, anziché spedire il bambino a Rouen si decise di nutrirlo e allevarlo a spese del convento. A tal fine lo consegnarono in Rue Saint-Denis a una balia di nome Jeanne Bussie, che fu ricompensata per le sue fatiche con tre franchi la settimana fino a nuovo ordine. (p.13)

2 p.13

Qualche settimana dopo, la sfinita Jeanne riporta Jean-Baptiste in convento affermando di esser stata da lui letteralmente prosciugata…
Il piccolo è dunque preso in custodia da padre Terrier che, invano, tenta di farlo riprendere dalla balia aumentandole la paga fino a cinque franchi la settimana… Ma la donna non ne vuol sapere: il bambino è indemoniato e la prova ne sono la voracità e l’assenza di profumo…

o so soltanto una cosa: che questo lattante mi fa ribrezzo, perché non ha l’odore che i bambini devono avere.» (p.17)

3 p. 19

Il colto Terrier non ritiene di certo possibile che il bambino possa essere indemoniato come sostenuto dalla balia. Senza essere visto, inizia allora ad odorarlo mentre è addormentato, pur senza percepirne odore alcuno… Poco dopo, mentre lo culla immaginandosene padre, Terrier vede il pargolo destarsi, ma farlo prima con il naso, mobile e ricettivo a differenza degli occhi. Terrier si sente a disagio, turbato da quel nasino che sembra in grado di scandagliare l’intimo del suo animo. Decide di doversene disfare al più presto. Il bambino inizia a urlare e così il frate si decide a portarlo il più lontano possibile, nei pressi del monastero di Madeleine de Trenelle, dove a Madame Gaillard paga l’anticipo di un anno…

Proprio il fatto che lei credesse di averlo scoperto dimostrava con certezza che lì non c’era niente di diabolico da scoprire, perché il diavolo non era poi così sciocco da farsi smascherare dalla balia Jeanne Bussie. E per di più con il naso! Con l’organo primitivo dell’olfatto, il più volgare dei sensi!(p.20)

Si chinò sulla testa del lattante finché la rada peluria rossiccia del bimbo gli solleticò le narici e annusò, aspettandosi di aspirare qualche odore. […]
E Terrier annusò e si preparò a sentire odore di pelle, di capelli e di un leggero sudore infantile. Ma non sentì niente. Con tutta la buona volontà, niente. Probabilmente un lattante non ha odore, pensò, sarà così. […]
Che odore dovrebbe avere? Cicci cicci? Proprio nessuno! (p.21)

Per Terrier era come se il bambino lo vedesse con le sue narici, come se lo guardasse attento e inquisitore in modo più penetrante di quanto avrebbe potuto fare con gli occhi, come se con il naso divorasse qualcosa che proveniva da lui, Terrier, e che lui non poteva trattenere né nascondere… Quel bambino senza odore lo stava annusando spudoratamente, così era! Lo fiutava! E d’un tratto Terrier si sentì puzzare, di sudore e di aceto, di crauti e di vestiti non lavati. Si sentì nudo e brutto, come fissato da qualcuno che, per parte sua, non rivelava nulla di sé. Era come se il bambino penetrasse con l’olfatto anche attraverso la sua pelle, fin nel suo intimo più profondo. I suoi sentimenti più teneri, i suoi pensieri più turpi erano nudi davanti a quel piccolo, avido naso, che non era ancora un vero e proprio naso, bensì soltanto un accenno, un minuscolo organo con buchi che si arricciava, si gonfiava e vibrava di continuo. Terrier rabbrividì. Si sentiva nauseato. […]
Di colpo Terrier si alzò e depose il canestro sul tavolo. Voleva liberarsi della cosa, il più in fretta possibile, ora, subito. E in quel momento il bambino cominciò a urlare. (p.21)
[…]nei pressi del monastero di Madeleine de Trenelle, aveva l’indirizzo di una certa Madame Gaillard, la quale accettava bambini a pensione di qualsiasi età e di qualsiasi specie finché c’era qualcuno che pagasse per loro, e là consegnò il neonato sempre urlante versando l’anticipo di un anno e poi volò di nuovo verso la città, e, arrivato al convento, gettò a terra i propri vestiti come se fossero sudici, si lavò dalla testa ai piedi e s’infilò a letto nella sua stanza dove si fece ripetutamente il segno della croce, pregò a lungo e infine, sollevato, si addormentò. (p.24)

4 p.24

La Gaillard, vedova priva di sentimenti e di olfatto dopo esser stata colpita da bambina dal padre in fronte con un attizzatoio, cresce il piccolo senza accorgersi della sua natura diabolica. Gli altri bambini invece, fin da subito percepiscono la sua diversità, la sua mancanza d’olfatto, tentando a più riprese di soffocarlo con coperte e rifiutandone il contatto. Con il tempo si limitano ad evitarlo… Jean-Baptiste è del resto come una zecca, attaccato alla vita pur nella sua indifferenza, privo di sentimenti proprio come la Gaillard…

Ma lì, accanto a quella donna dal cuore sterile, crebbe bene. […]
Era tenace come un batterio resistente e parco come una zecca, che se ne sta quieta su un albero e sopravvive con una minuscola goccia di sangue succhiata anni prima. (p.26)
Fin dall’inizio fu un mostro. Si decise a favore della vita per puro dispetto e per pura malvagità.[…]
Oppure come quella zecca sull’albero, cui la vita non ha altro da offrire se non un continuo sopravvivere. (p.27)

Una simile zecca era il bambino Grenouille. Viveva come incapsulato in sé e aspettava tempi migliori. Al mondo non dava nulla se non i suoi escrementi; non un sorriso, non un grido, non un guizzo degli occhi, neppure un proprio odore. Qualsiasi altra donna avrebbe scacciato questo bambino mostruoso. Non così Madame Gaillard. Infatti non sentiva che lui non aveva odore, e non si aspettava da lui nessun moto dell’anima, perché la sua stessa anima era sigillata. (p.28)

Semplicemente li disturbava il fatto che lui esistesse. Non riuscivano a sentire il suo odore. Avevano paura di lui. (p.29)

5 p.29

Non malvagio né brutto da provocare repulsione, Jean-Baptiste inizia a camminare e a parlare tardi, pronunciando poche parole dopo averne percepito l’odore al punto di sconvolgerlo… Fatica ad esprimersi soprattutto con parole indicanti idee e concetti astratti e così riduce i dialoghi al minimo indispensabile…

Ciò nonostante, da un punto di vista obiettivo, in lui non c’era proprio nulla che suscitasse paura. Quando crebbe, non era particolarmente alto, non forte, brutto sì, tuttavia non così brutto da doverne provare spavento. Non era aggressivo, non falso, non subdolo, non provocava. Preferiva stare per conto proprio. Anche la sua intelligenza sembrava essere tutt’altro che temibile. […]
cacciava fuori soltanto sostantivi, anzi in verità soltanto nomi propri di oggetti concreti, piante, animali e persone, e anche allora solo quando questi oggetti, piante, animali o persone lo sconvolgevano all’improvviso con il loro odore. (p.29)
Così imparò a parlare. Con le parole che non indicavano un oggetto dotato di odore, quindi con concetti astratti, soprattutto di natura etica e morale, aveva le difficoltà maggiori. Non riusciva a ritenerle, le scambiava tra loro, persino da adulto le usò malvolentieri e spesso in modo sbagliato: diritto, coscienza, Dio, gioia, responsabilità, umiltà, gratitudine ecc, tutto ciò che queste parole doveva-no esprimere per lui era e restò oscuro. (p.31)

A sei anni, in compenso, ha già impresso nella memoria gli odori di qualsiasi oggetto, persona e animale presenti nei dintorni… Odori che riesce a mescolare nella sua mente…

A sei anni aveva già una percezione totale del suo ambiente dal punto di vista olfattivo. In casa di Madame Gaillard non c’era oggetto, a nord di Rue de Charonne non c’era luogo, né persona, né pietra, albero, cespuglio o steccato, né pezzo di terra così piccolo che non conoscesse e riconoscesse all’olfatto e che non custodisse per sempre nella memoria con la sua particolare unicità.Aveva collezionato diecimila, centomila odori peculiari e specifici, e li teneva a sua disposizione, con tale chiarezza, quando lo desiderava, che non soltanto li ricordava quando li percepiva di nuovo, ma li
sentiva concretamente ogni volta che li ricordava; anzi, più ancora, sapeva persino combinarli tra loro soltanto con la fantasia, e in tal modo creava dentro di sé odori che nel mondo reale non esistevano. (p.32)

A scuola va solo un anno, presto considerato deficiente dall’insegnante. In compenso non ha paura del buio e sembra riuscire a vedere attraverso i muri sapendo chi si trova nelle stanze, trovando oggetti smarriti o preannunciando la visita di qualcuno. Superstiziosa, ritenendo il ragazzo una sorta di veggente, ma, soprattutto, timorosa che il piccolo gli rubi i soldi, Maillard fa di tutto per liberarsi di lui e, compiuti otto anni il bambino, non ricevendo più soldi dal convento, lo manda a lavorare nella conceria di tale Grimal cui lo cede. È il 1747 e, cinquantadue anni più tardi, la Maillard morirà di tumore alla gola all’Hotel-Dieu e sarà seppellita in una fossa comune, vanificando il lavoro e i risparmi di una vita, soldi con i quali avrebbe voluto morire in casa e non in un ospedale come il marito…

Nei confronti del mondo esterno divenne sempre più chiuso. (p.32)
Sopportava il castigo previsto, col bastone, senza manifestare dolore. Il divieto di uscire, la privazione di cibo, il lavoro assegnato per punizione non modificavano affatto il suo comportamento. Una sporadica frequenza di un anno e mezzo alla scuola parrocchiale di Notre-Dame de Bon Secours non provocò alcun visibile effetto. Imparò a sillabare un poco e a scrivere il proprio nome, nient’altro. Il suo insegnante lo giudicò deficiente. (p.33)
Madame Gaillard invece si accorse che il ragazzo possedeva determinate capacità e caratteristiche che erano molto insolite, per non dire soprannaturali: ad esempio la paura infantile del buio e della notte sembrava essergli totalmente estranea.[…]
Sapeva persino leggere nel futuro, ad esempio quando annunciava la visita di una persona molto prima del suo arrivo, oppure sapeva pronosticare immancabilmente l’avvicinarsi di un temporale prima ancora che in cielo si vedesse la più piccola nuvola.(p.33)
Era convinta che il ragazzo – deficiente o no – fosse dotato della seconda vista. E poiché sapeva che i veggenti portano sventura e morte, Grenouille divenne per lei una presenza inquietante.[…]
Dopo aver scoperto questa capacità spaventosa di Grenouille cercò di liberarsi di lui, e fu una fortuna che all’incirca nello stesso periodo – Grenouille aveva otto anni – il convento di Saint-Merri sospendesse i suoi pagamenti annuali senza dichiararne i motivi. Madame non chiese nulla. Aspettò per decoro ancora una settimana, e poiché il denaro dovuto continuava a non arrivare, prese per mano il ragazzo e si recò con lui in città.(p.34)

6 p.37

E così, proprio come una zecca, percepito che Grimal avrebbe potuto farlo morire di botte al minimo segno di ribellione, Jean-Baptiste si adatta alle più meschine condizioni di vita e al massimo grado di sfruttamento lavorativo…

Al primo sguardo rivolto a Monsieur Grimal – no, alla prima inspirazione dell’aura olfattiva di Grimal – Grenouille seppe che alla minima insubordinazione quell’uomo avrebbe potuto picchiarlo a morte. La sua vita valeva esattamente tanto quanto il lavoro che lui era in grado di sbrigare, consisteva ormai soltanto nell’utilità che Grimal gli attribuiva. E così Grenouille si piegò, senza fare neppure per una volta un tentativo di ribellione. Da un giorno all’altro isolò di nuovo in sé tutta l’energia della sua ostinazione e della sua scontrosità, la usò soltanto per sopravvivere, alla maniera di una zecca, in quel periodo di anni bui che gli stava dinanzi: tenace, parco, senza dare nell’occhio, tenendo la fiamma della speranza di vivere bassa, ma ben protetta. Era un modello di arrendevolezza, di discrezione e di solerzia, eseguiva gli ordini alla lettera, si adattava a qualsiasi cibo. (p.37)

Il ragazzo finisce per ammalarsi di carbonchio ma, incredibilmente, sopravvive… Conscio del suo valore, Grimal fa sì che le sue condizioni di vita migliorino un po’…
A tredici anni Jean-Baptiste ottiene il permesso di godersi in libertà il tempo libero e i giorni di riposo, iniziando così la caccia ai profumi nell’immensa e carica d’odori città di Parigi…

Dopo un anno di quest’esistenza più bestiale che umana si prese il carbonchio, una temuta malattia da conciatore che in genere ha un decorso mortale. Grimal aveva già rinunciato a lui e si guardava attorno per cercare un sostituto: non senza rimpianto del resto, perché non aveva mai avuto un lavorante modesto e redditizio come questo Grenouille. Ma contro ogni aspettativa Grenouille superò la malattia.[…]
E poiché adesso non era più tanto facile come un tempo sostituirlo, il valore del suo lavoro aumentò, e con esso il valore della sua vita. D’un tratto non fu più costretto a dormire sulla nuda terra, ma ebbe il permesso di costruirsi una lettiera di legno e ricevette della paglia da ammucchiarvi sopra e una coperta personale. Per dormire non lo rinchiudevano più. Il cibo era sufficiente. Grimal non lo teneva più come un animale
qualsiasi, bensì come un animale domestico utile.
Quando compì dodici anni, Grimal gli concesse mezza giornata di libertà la domenica, e a tredici persino nei giorni feriali, la sera dopo il lavoro, ebbe il permesso di assentarsi per un’ora e di fare quello che voleva. Aveva vinto, poiché viveva, e possedeva una porzione di libertà, che bastava per continuare a vivere. I tempi in cui il problema era superare l’inverno erano passati. Grenouille, la zecca, si ridestò. Fiutò l’arrivo di tempi nuovi. Fu preso dal piacere della caccia. Dinanzi a lui si apriva l’area olfattiva più grande del mondo: la città di Parigi. (pp.38-39)

7 p.39

La città si rivela dunque per lui un Bengodi, con tutti quegli odori mescolati, odori che si diletta ad incamerare nella memoria con avidità. In breve impara a conoscerli tutti e ad orientarsi nelle strade anche di notte, a occhi chiusi. Nei quartieri dei ricchi entra poi in contatto con profumi veri, creati ad hoc per inebriare, ma che a lui non fanno molta impressione ritenendoli grossolane accozzaglie. Lui, capace di far di meglio se solo ne avesse gli strumenti… Ancora adolescente, sembra non avere ancora un gusto estetico che lo porti a discernere gli odori buoni da quelli cattivi e di creare scientemente fragranze meravigliose nella propria mente…

Era come nel paese di Bengodi. […]
Migliaia e migliaia di odori si condensavano in una poltiglia invisibile che riempiva i buchi dei vicoli, e al disopra dei tetti si dileguava di rado, giù a terra mai.[…]
Ma Grenouille sentiva tutti gli odori come per la prima volta. E non soltanto percepiva l’insieme di questo miscuglio di odori, ma lo suddivideva in modo analitico nelle sue minime e più indistinte parti e particelle. Il suo naso raffinato sbrogliava quel groviglio di esalazioni e di fetori in singoli fili di odori fondamentali che non si potevano scomporre ulteriormente. Per lui era un indicibile divertimento dipanare questi fili e avvolgerli sul fuso. (p.39)
Grenouille rincorreva questi odori a lui ancora sconosciuti, li inseguiva con la passione e la perseveranza di un pescatore con la lenza e li accumulava in sé. (p.40)
Fu anche qui che Grenouille per la prima volta annusò profumi nel vero senso della parola[…]
Ma nell’insieme gli sembravano piuttosto rozzi e grossolani, più raffazzonati che non combinati, e sapeva che sarebbe stato in grado di produrre profumi buoni ben diversi, se solo avesse potuto disporre degli stessi elementi. (p.42)

Non era schizzinoso. Tra quello che comunemente era definito un buono o un cattivo odore non faceva distinzioni, non ancora. Era avido. L’unico scopo delle sue battute era quello di possedere tutto ciò che il mondo aveva da offrire in odori, e l’unica condizione era che gli odori fossero nuovi. L’odore di un cavallo sudato per lui era come l’odore delicato e acerbo delle gemme di rosa in fioritura, il puzzo acre di una cimice equivaleva all’odore di vitello lardellato che usciva dalle cucine dei signori. Divorava tutto, risucchiava tutto dentro di sé. E anche nella sintetizzante cucina di odori della sua fantasia, nella quale combinava di continuo aromi nuovi, non regnava ancora un principio estetico. Erano bizzarrie, che creava e ben presto distruggeva, come un bambino che gioca con i cubetti per costruzioni, ricco di inventiva e distruttivo, senza un principio creativo riconoscibile. (p.43)

8 p.43

Il 1 settembre 1753 a Parigi si festeggia con fuochi d’artificio l’anniversario alla salita al trono del re. Deluso dal non poter trovare profumi interessanti, Jean-Baptiste si incammina per tornare da Grimal, ma ecco che un profumo mai percepito prima lo cattura, lo inebria, lo ossessiona, conducendolo fino alla riva opposta del fiume, in Rue des Marais. Il profumo non è di un oggetto, bensì di una ragazza intenta a tagliare mirabelle. Senza essere udito, il ragazzo le si porta alle spalle per inebriarsi di quel fantastico odore. D’un tratto la ragazza si volta e lui la strangola per poi odorarne ogni centimetro di pelle… Fugge infine, provando per la prima volta, nella sua stanza da Grimal, il sentimento di felicità. Capisce qual è il suo scopo nella vita e il perché della sua sopravvivenza alle avversità: diventare il più bravo profumiere di tutti i tempi, grazie al suo naso, alla sua memoria e a quello straordinario profumo carpito poco prima alla ragazza…Da quella sera stessa inizia quindi a classificare gli odori fin lì percepiti, raffinando il sistema gerarchico degli stessi nei giorni a venire…

Era già in procinto di abbandonare quel pubblico spetta-colo per tornarsene a casa lungo la galleria del Louvre, quando il vento gli portò qualcosa, un’inezia, appena avvertibile, un frammento, un atomo di odore, no, ancor meno: piuttosto il presentimento di un odore che non un odore vero e proprio – ma nello stesso tempo anche il sicuro presentimento di qualcosa di mai annusato. Ritornò verso il muro, chiuse gli occhi e dilatò le narici. L’odore era così straordinariamente delicato e fine che Grenouille non riusciva a trattenerlo, di continuo esso si sottraeva alla sua percezione, era sovrastato dal fumo polveroso dei petardi, bloccato dalle esalazioni della folla, smembrato e annientato dagli altri mille odori della città. […]
Aveva la strana impressione che quell’odore fosse la chiave per classificare tutti gli altri odori, che non si capisse nulla degli odori senza aver conosciuto quello, e che lui, Grenouille, avrebbe sprecato la sua vita, se non fosse riuscito a possedere quell’odo-re unico. Doveva averlo, non per amore del mero possesso, bensì per la pace del suo animo. Stava quasi male per l’eccitazione. Non era ancora riuscito a scoprire neppure la direzione da cui veniva l’odore. (p.44)

Indescrivibile, quell’odore, indescrivibile, impossibile classificarlo in qualche modo, in realtà non poteva esistere. E tuttavia era là, nella sua splendida naturalezza. Grenouille lo seguì, con il cuore che batteva ansioso, poiché sentiva che non era lui a seguire il profumo, bensì il profumo ad averlo catturato, e ora lo attirava irresistibilmente a sé. (p.46)

Poteva avere tredici o quattordici anni. Grenouille si fermò. Capì subito qual era la fonte dell’odore che aveva annusato per più di mezzo miglio fino all’altra riva del fiume: non questo sudicio cortile interno, non le mirabelle. La fonte era la fanciulla.
Per un attimo fu talmente confuso che credette realmente di non aver mai visto in vita sua una cosa bella come quella fanciulla. Tuttavia vedeva solo il suo contorno da dietro, contro la candela. Naturalmente pensò di non aver mai sentito un odore così buono. Ma poiché conosceva gli odori umani a migliaia, odori di uomini, di donne, di bambini, non riusciva a comprendere come un essere umano potesse emanare un odore tanto squisito. In genere le persone avevano odori insulsi o miserabili. (p.47)

Era la pura bellezza. […]
Si avviò lentamente verso la fanciulla, sempre più vicino, finché, sotto la tettoia, si fermò a un passo dalle sue spalle. Lei non lo udì.
Aveva capelli rossi e portava un vestito grigio senza maniche. Le sue braccia erano di un bianco candido, e le mani erano gialle per il succo delle mirabelle tagliate. Grenouille stava curvo sopra di lei e aspirava il suo odore ora totalmente puro, così come saliva dalla sua nuca, dai suoi capelli, dalla scollatura del suo vestito, e lo lasciava scorrere dentro di sé come una lieve brezza. Non si era mai sentito così bene. Ma la fanciulla provò una sensazione di freddo.[…]
Quando lo vide, s’irrigidì a tal punto per lo spavento da dargli tutto il tempo di metterle le mani attorno al collo. Lei non tentò neppure di gridare, restò immobile, non fece un movimento di difesa. Da parte sua lui non la guardò. Non vide il suo bel viso cosparso di lentiggini, la bocca rossa, i grandi occhi verdi brillanti, poiché teneva i propri occhi ben chiusi mentre la strozzava, e la sua sola preoccupazione era quella di non perdere neppure la minima parte dell’odore di lei.
Quando l’ebbe uccisa, la depose a terra tra i noccioli delle mirabelle, le strappò il vestito e il flusso di profumo divenne una marea, che lo sommerse con la sua fragranza. Affondò il viso nella sua pelle e passò le sue narici dilatate dal ventre al petto, al collo, sul suo viso e tra i capelli e di nuovo sul ventre, poi giù fino al suo sesso, sulle sue cosce, sulle sue gambe bianche. S’imbevve di lei dalla testa ai piedi, raccolse gli ultimi resti del suo odore sul mento, nell’ombelico e tra le pieghe dell’incavo del gomito. Quando l’ebbe annusata fino allo sfinimento, restò accovacciato accanto a lei ancora un momento per riprendersi, perché era stracolmo di lei. Non voleva sprecare nulla del suo odore. Prima doveva bloccare i suoi compartimenti interni. Poi si alzò e spense con un soffio la candela.[…]
Ma ora tremava di felicità, la sua beatitudine era tale che non riusciva a dormire. (pp.48-49)

Ma con oggi gli sembrava di sapere finalmente chi era in realtà, e cioé null’altro che un genio; e che la sua vita avesse senso e scopo e fine e un destino più alto, vale a dire niente di meno che rivoluzionare il mondo degli odori; e che lui solo al mondo avesse i mezzi per farlo, e cioé il suo raffinatissimo naso, la sua prodigiosa memoria e, cosa più impor-tante di tutte, l’odore-modello di questa fanciulla di Rue des Marais, nel quale, come in una formula magica, era contenuto tutto ciò che costituiva un grande aroma, un profumo: delicatezza, vigore, durata, varietà e una spaventosa, irresistibile bellezza. Aveva trovato la bussola per dirigere la sua vita futura. E come tutti i mostri geniali, ai quali un evento esterno lascia un solco dritto nel caos a spirale delle loro anime, Grenouille non si discostò più da ciò che credeva di aver individuato come direzione del suo destino. Adesso gli era chiaro il motivo per cui era attaccato così tenacemente e rabbiosamente alla vita: doveva essere un creatore di profumi. E non uno qualsiasi, bensì il più grande profumiere di tutti i tempi. Quella stessa notte, prima da sveglio e poi in sogno, passò in rassegna l’immenso campo di rovine dei suoi ricordi. Analizzò i milioni e milioni di elementi costruttivi aromatici e diede loro una classificazione sistematica: buono con buono, cattivo con cattivo, raffinato con raffinato, rozzo con rozzo, puzzo con puzzo, ambrosio con ambrosio. Nel corso della settimana successiva questa classificazione divenne sempre più minuziosa, il catalogo degli aromi sempre più ricco e più differenziato, la gerarchia sempre più chiara. E ben presto poté cominciare a erigere le prime metodiche costruzioni olfattive: case, muri, gradini, torri, cantine, camere, stanze segrete… una cittadella interna fatta delle più deliziose composizioni di aromi, che si ampliava di giorno in giorno, che si abbelliva di giorno in giorno, costruita alla perfezione. (p.50)

9 p.51

A quel tempo a Parigi c’erano tredici profumieri, sei sulla riva destra, sei sulla sinistra e uno, Baldini, sul Pont-au-Change. Piena zeppa di profumi e spezie d’ogni sorta e di primissima qualità, la raffinata bottega di Baldini è tuttavia sempre meno frequentata da clienti per il caos delle merci ammassate e per lo stordente insieme dei profumi che fanno sentir male i rari avventori…

A quel tempo a Parigi c’erano almeno una dozzina di profumieri. Sei di loro vivevano sulla riva destra, sei sulla riva sinistra e uno proprio nel mezzo, e cioè sul Pont au Change, che collegava la riva destra con l’Ile de la Cité.[…]
E qui c’erano anche il negozio e l’abitazione del profumiere e guantaio Giuseppe Baldini. (p.51)
La sua ambizione consisteva nel radunare nel suo negozio tutto ciò che in genere emanava un profumo o che in qualche modo serviva al profumo. (p.52)

di conseguenza, in casa Baldini regnava un indescrivibile caos di odori. (p.53)

10 p. 54

Baldini, profumiere al Pont au Change, chiede al suo assistente, Chenier, di sostituirlo al banco mentre lui si dedica alla creazione di un profumo con cui trattare pelli destinate al conte di Verhamont. Ma Baldini non è più un grande profumiere e non sa creare fragranze vendibili. Destinato al fallimento il suo negozio…

11 p. 57

Baldini finge, come sempre, di ritirarsi nel suo studio per elaborare una fragranza nuova. Ma, in realtà, non ne ha intenzione alcuna, lui che non ha mai inventato nulla, ereditando una fragranza dal padre e comprandone un’altra di successo da un genovese di passaggio. Vuol copiare l’ultimo prodotto dell’odiato Pélissier, Amore e Psiche, distillatore d’aceto abilissimo nell’elaborare di continuo nuovi profumi… Maledice i tempi moderni che fanno di un onesto profumiere come lui un povero costretto a mendicare gli avanzi di gente come Pélissier, tempi dominati dalla scienza, dallo spirito critico, dalla praticità… Finisce per sognare una vita migliore, guardando fuori dalla finestra… Ma eccolo infine rientrare in sé e sedersi al tavolo della scrivania con il profumo del nemico di fronte da analizzare…

Aveva anche chiuso a chiave la porta dello studio e aveva preteso di essere lasciato in pace, ma non si era seduto allo scrittoio per meditare e attendere un’ispirazione, poiché sapeva molto meglio di Chénier che non avrebbe avuto ispirazione alcuna; in verità non ne aveva mai avute. Era, sì, vecchio e logoro, questo era vero, e non era più un grande profumiere; ma sapeva di non esserlo mai stato in vita sua. «Rosa del sud» l’aveva ereditato da suo padre e la ricetta del «Bouquet galante di Baldini» l’aveva acquistata da un droghiere genovese di passaggio. Gli altri suoi profumi erano miscele arcinote. Non aveva mai inventato niente. Non era un inventore. (p.57)
Aveva in mente qualcosa di peggio: voleva copiarlo. (p.58)
E con questo il bel sogno era svanito, e Baldini, in piedi sul Pont Neuf, si girava, più depresso di prima, depresso come ora, nel momento in cui si staccava dalla finestra, andava verso il suo scrittoio e si metteva a sedere. (p.66)

12 p. 66

Per clonare il profumo inizia ad odorarlo e ad analizzarlo dopo averne cosparso un po’ su di un fazzoletto… È indubbiamente un buon profumo, non può che affermare dopo la prima annusata… Si allontana dalla scrivania, si placa, iniziando quindi il lavoro delicato di individuazione delle componenti che gli consentiranno di riprodurlo, anzi, di migliorarlo…

[…] si trattava soltanto di trovare la sua composizione. (p.66)
Il profumo era disgustosamente buono. Purtroppo quel miserabile di Pélissier era un esperto. Un maestro, maledizione, anche se non aveva mai studiato il mestiere! Baldini avrebbe voluto inventarlo lui, questo «Amore e psiche». Non era per niente ordinario. Era assolutamente classico, rotondo e armonico. (p.67)
Al lavoro ora, Baldini! Sotto col naso e annusa senza sentimentalismi! Scomponi il profumo secondo le regole dell’arte! Entro stasera devi essere in possesso della formula! (p.69)

13 p.69

Baldini va avanti ad annusare il profumo di Pélissier continuamente versato sul fazzoletto per due ore. Poi, chiusesi le narici per un’allergia, è costretto a fermarsi, conscio di non poter essere in grado di distinguere i singoli elementi. Gettata la bocceetta di profumo sul fiume sottostante, affascinato dal rossore del tramonto, l’uomo decide di vendere l’attività e la casa per tornare a trascorrere la vecchiaia in Italia. Calato ormai il buio e deciso ad andare a informare la moglie sul suo proposito, Baldini è costretto ad aprire personalmente la porta di servizio, cui qualcuno suona ripetutamente. È un adolescente, il garzone di Grimal, giunto a consegnargli alcune pelli… Jean-Baptiste Grenouille…

Sapeva che non aveva senso continuare ad annusare. Non sarebbe mai riuscito a scoprire come fosse composto questo profumo alla moda, quel giorno sicuramente non più, ma neppure l’indomani, quando il suo naso, a Dio piacendo, si fosse ristabilito. (p.70)
Non farò neppure il mio giro per i salotti. Domani andrò invece dal notaio e venderò la mia casa e il mio negozio. Questo farò. E basta!» (p.72)

Di nuovo il campanello tintinnò. […]
Quindi scese ad aprire lui stesso. (p.73)
Tirò indietro il chiavistello, fece ruotare la porta pesante… e non vide nulla. L’oscurità inghiottiva totalmente la luce della candela. Poi, molto gradualmente, riuscì a distinguere una piccola figura, un bambino o un adolescente, che portava qualcosa sotto il braccio.
«Che cosa vuoi?»
«Vengo da parte di Maitre Grimal, porto il capretto», disse la figura, e si avvicinò e porse a Baldini il braccio piegato con alcune pelli ammucchiate l’una sull’altra. Nel chiarore Baldini riconobbe il viso di un ragazzo che lo spiava con occhi ansiosi. Aveva un atteggiamento sotto-messo. Era come se si nascondesse dietro al proprio braccio proteso, come uno che si aspetti d’essere picchiato. Era Grenouille. (p.74)

14 p.74

Baldini si rammenta di aver ordinato le pelli per il lavoro da presentare al conte Verhamont e così, per evitare dicerie e figuracce capaci di fargli svendere l’attività, invita il garzone ad entrare per depositare le pelli nella sala di lavorazione… Il sogno di Jean-Baptiste si avvera: ritrovarsi all’interno di una profumeria!

Il capretto per la pelle spagnola! Baldini ricordò. Alcuni giorni prima aveva ordinato le pelli da Grimal, le più fini e morbide pelli lavabili per la cartella da scrittoio del conte Verhamont, quindici franchi al pezzo. […]
«Entra!»
Fece entrare il ragazzo e si avviarono verso il negozio, Baldini davanti con il candeliere, Grenouille dietro con le sue pelli. Era la prima volta che Grenouille entrava in una profumeria, un luogo in cui gli odori non erano accessori, ma costituivano in tutto e per tutto il centro dell’interesse. (p.74)

Realizza che sarà quello il luogo da cui inizierà la sua ascesa di maestro della profumeria, che da lì non uscirà più. Deposte le pelli sul tavolo, il ragazzo non si sposta, chiedendo infine a Baldini di prenderlo a lavorare lì in bottega… La sua è quasi una pretesa, che sfocia nel proporgli se voglia lasciargli profumare le pelli con Amore e Psiche, che il profumiere ancora indossa, elencandogliene tutti i componenti, perfino quelli che lo stesso Baldini non era riuscito a individuare…

E mentre seguiva Baldini – all’ombra di Baldini, poiché Baldini non si curava di fargli luce -, fu colto dal pensiero che il suo posto era qui e da nessun’altra parte, che qui sarebbe rimasto e da qui avrebbe scardinato il mondo. (p.75)
Purtuttavia quella che si esprimeva nei pensieri immodesti di Grenouille non era neppure una speranza, bensì una certezza. Avrebbe lasciato questo ne-gozio, ne era sicuro, soltanto per andare a prendere i suoi vestiti da Grimal, e poi non più. La zecca aveva fiutato il sangue. (p.76)
«Voglio lavorare da lei, Maitre Baldini. Voglio lavorare da lei, nel suo negozio.» (p.77)

Curioso e affascinato, il profumiere, dopo avergli rimproverato quella che ritiene superbia e sfrontatezza, lo invita a rivelargli la formula del profumo. Il ragazzo non sa cosa sia una formula, ma lo implora di lasciargli ricreare il profumo in soli cinque minuti, lì in laboratorio… Baldini si decide a concedergli la possibilità richiestagli, finendo per ammirare estasiato il lavoro del ragazzo…

Voleva mettere alla prova quel piccolo essere umano, voleva chiedergli la formula esatta di «Amore e psiche». […]
Ma se l’indovinava all’inarca, allora era un genio nel campo dell’olfatto, e in quanto tale stimolava l’interesse professionale di Baldini. (p.79)
Ora gli interessava riuscire a strappare la formula di quel maledetto profumo e, più ancora, indagare sul talento di quel ragazzo inquietante che gli aveva letto un profumo sulla fronte. Voleva sapere che cosa c’era dietro. Era semplicemente curioso. (p.80)

Prese il candeliere dal tavolo, quando la voce compressa di Grenouille strepitò dalla porta: «Non so che cosa sia una formula, Maitre, questo non lo so, ma per il resto so tutto!»
«Una formula è l’alfa e l’omega di ogni profumo», replicò Baldini, severo, poiché ora voleva metter fine al discorso. «È l’indicazione precisa del rapporto in cui si devono miscelare i singoli ingredienti per creare un profumo desiderato, inconfondibile; questa è la formula. È la ricetta… se capisci meglio questa parola.»
«Formula, formula», gracchiò Grenouille, e la sua figura contro la porta s’ingrandì leggermente, «io non ho bisogno di una formula. Ho la ricetta nel naso. Devo miscelare gli ingredienti per lei, Maitre, devo miscelarli, vuole?» (p.82)
«Mi dia dieci minuti», disse, parlando in modo piuttosto sciolto, «e le fabbricherò il profumo ‘Amore e psiche’. Ora, subito, e qui in questa stanza. Maitre, mi dia cinque minuti!» (p.83)
«Avvicinati, miglior naso di Parigi! Avvicinati a questo tavolo e mostra quello che sai fare! Ma attento a non farmi cadere niente e a non gettarmi a terra qualcosa! (p.84)
E per questo dovette sembrargli quasi un miracolo quello che poi vide e che osservò dapprima con beffardo distacco, poi con perplessità e infine soltanto con inerme stupore. E la scena, si incise a tal punto nella sua memoria che non la dimenticò più sino alla fine dei suoi giorni. (p.87)

15 p.87

Il ragazzo armeggia maldestramente con i vari ingredienti, provocando le ire di Baldini. Ma ecco che il profumo è pronto, identico a quello di Pélissier! Incapace di profferire verbo, il profumiere acconsente a che il ragazzo migliori il prodotto del rivale riuscendovi… Ancora sconvolto, Baldini lo mette alla porta promettendogli di pensarci su ad assumerlo… Travolto da ricordi di gioventù, felice come non mai, dopo aver imbevuto le pelli del nuovo profumo ribattezzato “Nuit napolitaine”, l’uomo va a dormire dimentico della promessa di cedere l’attività e tornare in Italia…

Grenouille sceglieva apparentemente a caso tra la serie dei flaconi contenenti le essenze aromatiche, toglieva i tappi di vetro, teneva il contenuto per un attimo sotto il naso, poi versava da uno, faceva cadere una goccia da un altro, rovesciava nell’imbuto uno schizzo da un terzo flaconcino e così via. Pipetta, provetta, misurino, cucchiaino e bastoncino per miscelare – tutti gli strumenti che servono al profumiere per dominare il procedimento complicato della miscelatura – Grenouille non li toccò neppure una volta.(pp.87-88)
Non osare mai più, mi senti? non osare mai più metter piede sulla soglia di un profumiere!»
Così parlò Baldini. E mentre ancora stava parlando, la stanza attorno a lui era già piena dell’aroma di «Amore e psiche». (p.89)
Era«Amore e psiche», senza il minimo dubbio «Amore e psiche», la geniale e odiosa miscela di profumo, copiata con tale precisione che neppure Pélissier in persona avrebbe potuto distinguerla dal proprio prodotto. «Incredibile…» (p.90)
«Se permette, Maitre, voglio migliorarlo. Mi dia un minuto, e ne farò un profumo come si deve!» (p.91)
«Ora posso lavorare da lei, Maitre, posso?» chiese Gre-nouille, già sulla soglia, di nuovo curvo, di nuovo con occhi di vigile attesa.
«Non lo so», disse Baldini, «ci rifletterò. Va’!»
Ed ecco che Grenouille era sparito, in un attimo, inghiottito dall’oscurità. (p.92)

16 p. 93

L’indomani Baldini si reca da Grimal e, pagate le pelli, ne contratta e ottiene la cessione di Jean-Baptiste per venti lire, cifra enorme per i tempi… Ma Grimal non ha il tempo di godersi i soldi dell’affare concluso, giacché, ubriaco, a sera finisce per annegare nel fiume… Il suo cadavere passa sotto casa di Baldini proprio mentre il felice nuovo assunto si corica nello spazio a lui destinato dal nuovo padrone…

Il mattino seguente si recò difilato da Grimal.(p.93)
[…]e ottenne da lui, contrattando, l’apprendista Grenouille. (pp.93-94)
Venti lire erano una somma enorme. Grimal si dichiarò subito d’accordo. Si diressero alla conceria dove Grenouille stranamente era già pronto con il suo fagotto, Baldini pagò le venti lire e prese subito il ragazzo con sé, conscio di aver concluso il miglior affare della sua vita. (p.94)
[…]Grimal, o piuttosto il suo cadavere intriso d’acqua, si diresse galleggiando a valle, verso ovest.
Quando passò sotto il Pont au Change, senza far rumore, senza urtare contro i piloni, venti metri sopra di lui Jean-Baptiste Grenouille stava andando a letto. Un tavolaccio era stato sistemato per lui nell’angolo di fondo del laboratorio di Baldini, e ora ne prese possesso, mentre il suo padrone d’un tempo stava galleggiando lungo disteso giù per la fredda Senna. Si appallottolò piacevolmente e si fece picco-lo come una zecca. (pp.94-95)

17 p.95

Grazie a Jean-Baptiste la “Casa Giuseppe Baldini” diviene famosa a livello europeo…

Con l’acquisizione di Grenouille ebbe inizio l’ascesa della Casa Giuseppe Baldini a una considerazione nazionale, anzi europea. (p.95)

Tutto quello che nel laboratorio si produce, diventa di successo e gli affari vanno a gonfie vele… Baldini giustifica il suo chiudersi con il nuovo arrivato in laboratorio per elaborare nuove fragranze, come scelta di ripagare con la stessa moneta i nuovi arrivisti profumieri… Ma è ovviamente il ragazzo a produrre, mescolando apparentemente a caso i vari ingredienti, tutto quanto Baldini va poi commercializzando…

Ma ora la sua longanimità era agli sgoccioli. Ora avrebbe accettato la sfida e restituito i colpi a questi insolenti parvenu, e proprio con i mezzi usati da loro stessi: a ogni saison, ogni mese, e se necessario anche ogni settimana, avrebbe detto la sua con profumi nuovi, e che profumi! Avrebbe lavorato con tutta la sua vena creativa. E per questo era necessario che lui – aiutato soltanto dal suo assistente non qualificato – si occupasse solo ed esclusiva-mente della produzione dei profumi, mentre Chénier doveva dedicarsi esclusivamente alla vendita.[…]
E che aromi erano! Non soltanto profumi di grande, grandissima scuola, ma anche creme e ciprie, saponi, lozioni per capelli, lavande, olii… Tutto ciò che doveva avere un profumo ora ne aveva uno nuovo, e diverso e più splendido di prima. (p.96)
Tutto quello che Baldini produceva diventava un successo.[…]
Naturalmente lo gnomo aveva tutto a che fare con quella. Tutto ciò che Baldini portava in negozio e consegnava a Chénier da vendere era solo una minima parte di quello che Grenouille miscelava dietro le porte chiuse. (p.97)


A poco a poco Baldini lo obbliga a svolgere le miscelazioni in sua presenza per permettergli di annotare le quantità utilizzate, ricavandone formule esatte… Jean-Baptiste, con l’uso obbligatorio di bilancia e misurino, impara così il linguaggio della profumeria, giungendo infine ad elaborare fragranze direttamente sulla carta…

A poco a poco riuscì a strappare a Grenouille la prepara-zione delle ricette di tutti i profumi che questi aveva inventato fino allora, e infine gli vietò persino di prepararne di nuovi senza che lui, Baldini, fosse presente con penna e carta a osservare il processo con occhi d’Argo e a documentarlo passo per passo. I suoi appunti, ben presto molte dozzine di formule, li trascrisse poi a fatica in bella calligrafia su due diversi libriccini; uno lo chiuse a chiave nella sua cassaforte a prova di fuoco, l’altro lo portò sempre con sé, anche di notte quando andava a dormire. […]
Con la sua raccolta di formule scritte credeva di poter scongiurare il tremendo caos creativo che sgorgava dall’intimo del suo apprendista. (p.98)

Ma con l’uso obbligatorio del misurino e della bilancia imparò il linguaggio dell’arte profumiera, e sentì per istinto che la conoscenza di questo linguaggio avrebbe potuto essergli utile. In poche settimane Grenouille non soltanto imparò i nomi di tutte le sostanze odorose del laboratorio di Baldini, ma fu anche in grado di scrivere da sé la formula dei suoi profumi e viceversa di trasformare formule e indicazioni non sue in profumi e in altri prodotti profumati. E più ancora! Dopo aver imparato a esprimere in grammi e gocce le sue idee in fatto di profumi, non gli servì neppure più la fase sperimentale intermedia. Quando Baldini lo incarica-va di inventare un nuovo aroma, sia per creare un profumo da fazzoletto, sia per un sachet, sia per un belletto, Grenouille non poneva più mano a flaconi e a polverine, ma si limitava a sedersi al tavolo e a scrivere la formula direttamente. (p.99)

Per rassicurare ulteriormente Baldini, commette anche errori, ne imita i comportamenti… Il suo scopo, oltre alla tranquillità borghese di garzone, è quello di carpire il segreto della produzione, dell’isolamento, della concentrazione e della conservazione degli odori, le sole tecniche che Baldini avrebbe potuto insegnargli…

[…]gli occorrevano due presupposti indispensabili: uno era la copertura di un’esistenza borghese, o per lo meno della categoria dei garzoni, al cui riparo egli avrebbe potuto indulgere alle proprie passioni e perseguire indisturbato i suoi scopi. L’altro era la conoscenza di quei procedimenti artigianali con cui si potevano produrre, isolare, concentrare e conservare le sostanze aromatiche, e soltanto allora disporne per un uso più nobile. Infatti Grenouille possedeva sì il naso migliore del mondo, sia dal punto di vista analitico sia da un punto di vista profetico, ma non possedeva ancora la capacità di impadronirsi degli odori in concreto. (pp.100-101)

18 p.101

Jean-Baptiste apprende in breve tutto quello che Baldini è in grado di insegnargli, appassionandosi però unicamente alla distillazione… 

[…]di marinate e simili, in breve, tutto ciò che Baldini aveva da insegnargli con la sua vasta cultura tradizionale, Grenouille lo imparò, in verità senza particolare interesse, ma anche senza lamentarsi e con successo. (p.101)

Grenouille era affascinato da questo processo. Se mai qualcosa nella vita aveva suscitato entusiasmo in lui – certo non un entusiasmo visibile dall’esterno, bensì nascosto, come se ardesse a fiamma fredda -, era proprio questo procedimento, di carpire alle cose la loro anima odorosa con il fuoco, l’acqua, il vapore e un’apparecchiatura inventata. Quest’anima odorosa, l’olio essenziale, era appunto la parte migliore delle cose, l’unica che destasse il suo interesse. Gli insulsi residui: fiori, foglie, buccia, frutto, colore, bellezza, vivezza e tutto ciò che di superfluo poteva ancora esserci, lo lasciavano indifferente. Non erano che involucri e zavorra. Cose da buttare.(p.103)

E mentre il profumiere, con l’ausilio del vino, felice racconta storie di un tempo e di Grasse in particolare, la città del profumo, lui a poco a poco inizia a pensare a come utilizzare al meglio e per fini concreti le conoscenze recentemente acquisite…

Ma mentre Baldini, acceso dal vino, eccedeva sempre più nelle storie di un tempo, e si lasciava trascinare sempre più dai propri entusiasmi, Grenouille lasciò ben presto da parte le sue bizzarre fantasticherie. Per prima cosa si tolse dalla testa la figurazione del grande alambicco, e rifletté invece su come avrebbe potuto utilizzare le conoscenze acquisite di recente per fini più concreti. (p.105)

19 p.105

In breve l’apprendista diventa un esperto di distillazione dando il via, la notte, a esperimenti volti ad ottenere almeno una parte dei profumi da lui immaginati. Ma il ragazzo va inizialmente incontro a soli fallimenti, finendo per ammalarsi gravemente…

Non ci volle molto perché diventasse uno specialista nel campo della distillazione. (p.105)
Mentre di giorno miscelava profumi e preparava altri prodotti aromatici e speziati, di notte s’impegnava unicamente nell’arte misteriosa del distillare. Era sua intenzione produrre sostanze odorose totalmente nuove, e con esse poter fabbricare almeno alcuni dei profumi che portava dentro di sé.(p.110)

Per mesi e mesi, notte dopo notte era rimasto seduto accanto all’alambicco e aveva cercato in ogni modo possibile, tramite la distillazione, di produrre profumi radicalmente nuovi, profumi che, in forma concreta, non s’erano ancora mai sentiti al mondo. E non ne aveva ricavato nulla, eccetto un paio di ridicoli olii vegetali. Dal pozzo profondo, incommensurabilmente ricco della sua immaginazione non aveva estratto una sola goccia di essenza odorosa in concreto, non era riuscito a realizzare neppure un atomo di tutto ciò che gli era aleggiato dinanzi in fatto di odori.
Quando si convinse del suo fallimento, sospese le ricerche e si ammalò con pericolo della vita. (p.107)

20 p.107

Una febbre altissima colpisce il ragazzo e pustole purulente iniziano a ricoprirne il corpo. Baldini, disperato, manda a chiamare il più rinomato medico del quartiere, l’esoso Procopio, che ne diagnostica la morte in quarantotto ore. Affranto dal vedersi sfuggire la possibilità di ascendere fin nelle grazie del re, il profumiere accudisce per un’intera notte il ragazzo, con la speranza di carpirgli qualche segreto o qualche nuova formula… Ma il ragazzo tace, fino a che, al mattino, il vecchio si ode rivolgere la domanda se esitano altri metodi per estrarre l’aroma di una sostanza. Credendo siano gli ultimi attimi di vita del ragazzo, gli risponde che ne esistono altri tre tipi, in uso in particolare nel Sud della Francia, a Grasse… La notte stessa il ragazzo inizia a migliorare, guarendo completamente nel giro di una sola settimana…

Gli venne una febbre alta, che nei primi giorni fu accompagnata da essudazioni, e in seguito, quando i pori della pelle non bastarono più, produsse innumerevoli pustole. Il corpo di Grenouille era disseminato di queste vescichette rosse. Molte scoppiarono e riversarono il loro contenuto acquoso, per poi riempirsi di nuovo. Altre s’ingrandirono in veri e propri foruncoli rossi, si enfiarono ed esplosero come crateri e sputarono fuori pus denso e sangue frammisto a muco giallo. Dopo qualche tempo Grenouille aveva l’aspetto di un martire lapidato dall’interno, con centinaia di ferite purulente. (pp.107-108)
Quindi Baldini decise di non lasciare nulla di intentato per salvare la preziosa vita del suo apprendista.(p.109)
[…]non poteva sussistere il minimo dubbio sul decesso del paziente entro le successive quarantotto ore, quant’è vero che lui si chiamava dottor Procopio. (p.110)

Ma era tutto inutile. Di sé Grenouille non dava altro se non secrezione acquosa e pus sanguinolento. Giaceva muto nel damasco e si liberava di questi umori disgustosi, ma non della più insignificante formula di un profumo.(p.111)
A un tratto le labbra del malato si aprirono, e con una voce che per limpidità e fermezza lasciava presagire ben poco l’imminente decesso, chiese: «Dica, Maitre: esistono altri mezzi, oltre alla torchiatura e alla distillazione, per estrarre l’aroma da una sostanza?»
Baldini, pensando che la voce fosse scaturita dalla pro-pria immaginazione o dall’al di là, rispose meccanicamente: «Sì, esistono».
«Quali?» si sentì chiedere dal letto. Baldini spalancò gli occhi stanchi. Grenouille giaceva immobile sul cuscino. Aveva forse parlato il suo «cadavere»?[…]
Allora il cuore di Baldini ebbe un sussulto – non voleva negare a un morente l’ultima volontà – e rispose:
«Ne esistono tre, figlio mio: Xenfleurage à chaud, Xenfleurage à froide Xenfleurage à l’huile.(p.112)
«Dove?» chiese Grenouille.
«Nel sud», rispose Baldini. «Soprattutto nella città di Grasse.»[…]
Ma Grenouille era tutt’altro che morto. Si limitò a dormire sodo e a sognare profondamente, e ritrasse i suoi umori dentro di sé. Le vesciche cominciavano già a seccarsi sulla sua pelle, i crateri purulenti si asciugavano, le sue ferite già si stavano chiudendo. Nel giro di una settimana era guarito. (p.113)

21 p. 113

Senza un attestato di garzone, Jean-Baptiste non può però spostarsi ed essere assunto da altri e così resta ancora da Baldini per ulteriori tre anni, consentendo al padrone di realizzare il proprio sogno: diventare profumiere di corte con affari in tutta Europa. L’uomo chiede inoltre a Baldini di non tornare più a Parigi finch’egli fosse stato invita e di non riprodurre e diffondere le formule dei profumi per lui prodotti. Clausole che al ragazzo non interessano minimamente. E così, una mattina di maggio del 1756, eccolo incamminarsi verso il Sud…

Avrebbe preferito recarsi subito al sud, dove si potevano imparare le nuove tecniche di cui gli aveva parlato il vecchio. Ma naturalmente non c’era neppure da pensarci. Era pur sempre soltanto un apprendista, cioé un niente. […]
Tuttavia se lui, Baldini, un giorno avesse voluto fornirgli un diploma di garzone, ciò sarebbe avvenuto soltanto in considerazione del talento non comune di Grenouille nonché di un suo comportamento futuro ineccepibile, e dell’infinita generosità sua, di Baldini, che mai riusciva a rinnegare anche se spesso ne aveva avuto danno. (pp.113-114)
Naturalmente per adempiere questa generosa promessa occorreva ancora un po’ di tempo, cioé tre anni giusti. In questo periodo Baldini, con l’aiuto di Grenouille, realizzò i suoi sogni ambiziosi. […]
Baldini a settant’anni era diventato incontestabilmente il profumiere più importante d’Europa e uno dei cittadini più ricchi di Parigi.[…]
All’inizio dell’anno 1756[…] comunicò a Grenouille che era finalmente disposto a concedergli il diploma di garzone, ma solo a tre condizioni: in primo luogo, in futuro non avrebbe dovuto produrre per conto proprio nessuno dei profumi nati sotto il tetto di Baldini, né rivelare la loro formula a terzi; in secondo luogo, avrebbe dovuto lasciare Parigi e non rimettervi più piede finché Baldini fosse stato vivo; e, in terzo luogo, avrebbe dovuto mantenere il più rigoroso silenzio sulle prime due condizioni. (p.114)

Voleva esternare ciò che aveva dentro di sé, nient’altro, il suo sé, che per lui valeva molto più di tutto quello che poteva offrire il mondo circo-stante. E quindi le condizioni di Baldini per Grenouille non erano condizioni.(p.115)

22 p. 116

Felice per la partenza del ragazzo, di cui in cuor suo ha sempre diffidato, Baldini si bea del libriccino con le oltre seicento formule inedite annotate, patrimonio che gli consentirà comunque un futuro roseo. Ma il giorno seguente, annullato un pellegrinaggio a Notre-Dame per via della notizia dell’entrata in guerra con l’Inghilterra, la notte la vita del profumiere e di sua moglie ha termine… Crollati i piloni che ne sorreggevano casa e bottega, i due coniugi muoiono infatti annegati senza che i corpi, né l’agenda con le formule, siano mai ripescati…

Durante la notte infatti avvenne una piccola catastrofe, la quale, con il debito ritardo, provocò un editto da parte del re, che a poco a poco si demolissero tutte le case su tutti i ponti della città di Parigi: senza apparente motivo, il lato ovest del Pont au Change crollò tra il terzo e il quarto pilone. Due case precipitarono nel fiume, in modo così totale e improvviso, che nessuno degli abitanti poté essere salvato. Fortunatamente si trattava solo di due persone, e cioé di Giuseppe Baldini e di sua moglie Teresa. […]
Nulla fu trovato, non i cadaveri, non la cassaforte, non il libriccino con le seicento formule. (p.119)

PARTE SECONDA p.121

23 p. 123

Lasciata Parigi con direzione Orleans, Jean-Baptiste può iniziare a respirare aria sempre più pure e mondata dall’odore umano. Realizza così che da fuggire non era il mondo in generale, ma gli uomini…

Nel momento in cui la casa di Giuseppe Baldini precipitava nel fiume, Grenouille si trovava sulla strada di Orléans. Aveva lasciato dietro di sé l’atmosfera della grande città, e a ogni passo che lo allontanava l’aria attorno a lui diventa-va più limpida, più pura e più pulita. […]
[…]più si lasciava alle spalle Parigi tanto meglio Grenouille si sentiva, aveva il respiro sempre più leggero[…] (p.123)
Era la lontananza dagli uomini a dargli la sensazione della massima libertà. […]
Che fosse questa densa esalazione umana ad averlo op-presso per diciotto anni come una greve aria di temporale, Grenouille lo capì solo adesso, nel momento in cui cominciava a sottrarsi a essa. Finora aveva sempre creduto che fosse il mondo in generale, da cui doveva fuggire. Ma non era il mondo, erano gli uomini. Con il mondo – gli sembra-va -, con il mondo deserto si poteva convivere. (p.124)

Grazie al suo olfatto, inizia ad evitare le città e i villaggi, a viaggiare solo di notte proprio per non dover incontrare nessuno. Ma, anche di notte, inizia a percepire l’odore degli uomini dormienti, isolandosi sempre più e incamminandosi sulla via della solitudine estrema. Naufragato il suo piano di giungere a Grasse per la via più breve…

Ora non evitava più soltanto le città, evitava anche i villaggi. Era come inebriato dall’aria che si diradava sempre più, sempre più lontana dagli uomini. (p.124)

E così, in modo del tutto spontaneo e senza aver preso nessuna decisione particolare, avvenne che il suo piano di recarsi a Grasse per la via più diretta a poco a poco svanisse; il suo piano si annullò, per così dire, nella libertà, come tutti gli altri piani e propositi. Grenouille non voleva più andare in un luogo, ma soltanto lontano, lontano dagli esseri umani.
Alla fine camminò solo di notte. Durante il giorno si nascondeva nel sottobosco, dormiva tra la sterpaglia, nei luoghi più inaccessibili, appallottolato come un animale, con la coperta da cavallo color terra tirata sul corpo e sulla testa, il naso incuneato nell’incavo del gomito e rivolto verso terra, affinché neanche il minimo odore estraneo turbasse i suoi sogni. (p.125)
Per settimane non incontrò un essere umano. […]
più lontano, sempre più sensibile all’odore di uomo che diventava sempre più raro. Così il suo naso lo portò in regioni del paese sempre più isolate, lo allontanò sempre più dagli esseri umani e sempre più lo spinse verso il polo magnetico della solitudine estrema. (p.126)

24 p.127

In una notte d’agosto del 1956, Jean-Baptiste raggiunge il luogo più isolato della Francia, la cima del Plomb du Cantal, Massiccio Centrale, a duemila metri d’altitudine…

Grenouille arrivò alla montagna in una notte di agosto dell’anno 1756. (p.127)

Per un giorno intero, diffidente, annusa, guarda e ascolta in cerca di possibili presenze umane. Poi, scesa la sera, dà sfogo alla gioia di esser finalmente immerso nella più totale solitudine…

La bussola girava in tondo. Non indicava più nessuna direzione. Grenouille era giunto alla meta. Ma nello stesso tempo era prigioniero.[…]
In ogni direzione temeva di scoprire ancora una traccia nascosta di odore umano. Ma non c’era nulla. C’era soltanto pace, la pace, se così si può dire, dell’olfatto. (p.128)

Soltanto al tramonto del sole la sua diffidenza si mutò a poco a poco in una sensazione d’euforia sempre più forte: era sfuggito al detestato odium! Era davvero totalmente solo! Era l’unico uomo al mondo!
Una gioia immensa proruppe in lui. Come un naufrago, dopo un viaggio di settimane alla deriva, saluta estatico la prima isola abitata da esseri umani, così Grenouille festeggiò il suo arrivo sul monte della solitudine. Emise grida di gioia. (p.129)

25 p.129

Scovata una sorgente d’acqua e mangiati rettili, muschi e licheni, Jean-Baptiste trova la sua dimora ideale in una caverna nel grembo della montagna dove passa le sue giornate, felice di trovare se stesso, la propria esistenza, nella solitudine incorrotta da distrazioni esterne…

Si sentiva divinamente bene. Si trovava nella montagna più solitaria della Francia, a decine di metri di profondità sotto terra, come nella propria tomba. Non si era mai sentito così al sicuro in vita sua… nel ventre di sua madre no di certo. Che il mondo esterno andasse pure in fiamme, qui non si sarebbe accorto di nulla. Cominciò a piangere in silenzio. Non sapeva chi ringraziare per tanta felicità. (p.130)
Perché qui, nella sua tomba, viveva veramente. Vale a dire che stava seduto più di venti ore al giorno sulla sua coperta da cavallo in fondo al corridoio di pietra nell’oscurità, nel silenzio e nell’immobilità totali, la schiena appoggiata contro i detriti, le spalle incassate tra le rocce, e bastava a se stesso.[…]
Si era isolato dagli uomini soltanto per il proprio particolare piacere, soltanto per essere vicino a se stesso. Era immerso nella propria esistenza, non più distratta da altre cose, e lo trovava splendido. Giaceva nella tomba di roccia come il cadavere di se stesso, respirando appena, quel tanto da far battere il suo cuore… e tuttavia viveva in modo così intenso e sfrenato, come mai un uomo di mondo aveva vissuto nel mondo. (p.131)

26 p.131

Jean-Baptiste passa il tempo a rievocare gli odori percepiti in vita, trovando piacere, in particolare, a rintracciare quelli sgradevoli per poi distruggerli…

Era davvero troppo piacevole questo gesto eruttivo di estinzione di tutti gli odori sgradevoli, davvero troppo piacevole… (p.133)

Poi passa a quelli piacevoli, ai profumi, divertendosi ad immaginarsi creatore di fragranze provenienti dai fiori da lui piantanti nel suo regno…

E dopo aver annientato i cattivi odori del passato, ora voleva soltanto che il suo regno esalasse profumi. (p.134)

27 p.135

Dopo aver ricoperto il ruolo di distruttore e di creatore, sogna di rientrare nel suo palazzo dove tutti i profumi percepiti in vita e creati sono accumulati. Si placa bevendone alcuni, poi sfoglia i libri dei suoi ricordi odorosi… Ne beve ancora, tenendo per ultimo quella della ragazza di Rue des Marais…

Ah! com’era piacevole tornare a casa! Il duplice compito di vendicatore e generatore di mondi affaticava non poco, e lasciarsi poi festeggiare per ore dalla propria prole non era certo il riposo migliore. Stanco degli obblighi della creazione e della rappresentazione divina, il Grande Grenouille aveva nostalgia delle gioie domestiche. (p.135)

Si sveglia, esce per bere e mangiare e defecare, ma perfino la flebile luce della luna e gli scarsi odori della notte lo infastidiscono costringendolo a tornare celermente nella sua tana. Lì, nuovamente rannicchiato, oppresso dalla solitudine, eccolo immergersi in nuove fantasticherie…

In ogni modo, quando si svegliò non si svegliò nel salotto purpureo del suo castello purpureo dietro le sette mura, e neppure nelle contrade profumate di primavera della sua anima, bensì soltanto nella segreta di pietra alla fine del tunnel, sulla dura terra e nell’oscurità. E si sentiva malissimo per la fame e per la sete, e infreddolito e miserabile come un beone incallito dopo una notte trascorsa in gozzoviglie. Strisciò fuori della galleria a carponi. Fuori era un’ora qualsiasi del giorno, forse l’inizio o la fine della notte, ma anche a mezzanotte la chiarità della luce siderale trafiggeva i suoi occhi come una punta di spillo. L’aria gli sembrava polverosa, pungente, gli irritava i polmoni, il paesaggio era duro, Grenouille inciampava contro le pietre. E anche gli odori più delicati sembravano acri e corrosivi al suo naso disabituato al mondo. Grenouille, la zecca, era diventato sensibile come un granchio che ha lasciato il suo guscio e di notte vaga per il mare. (pp.138-139)

E d’un tratto la solitudine calò sul suo animo come una nera superficie di specchio. Chiuse gli occhi. La porta oscura del suo io si spalancò, ed egli vi entrò. La successiva rappresentazione del teatro interiore di Grenouille ebbe inizio. (p.139)

28 p.139

Per sette anni la sua vita prosegue identica fino a che, una catastrofe interiore, lo obbliga ad abbandonare la montagna e a tornare nel mondo…

Così avvenne giorno per giorno, settimana per settimana, mese per mese. Così avvenne per sette anni interi. (p.139)
Per il resto visse soltanto nella sua montagna, soltanto nel regno della sua anima da lui stesso creato. E sarebbe rimasto là fino alla morte (poiché nulla gli mancava), se non si fosse verificata una catastrofe, che l’avrebbe scacciato dalla montagna e risputato nel mondo. (p.140)

29 p. 140

In una notte di fine febbraio, un terribile incubo scuote l’animo di Jean-Baptiste. Durante le sue fantasticherie, il ragazzo sogna di sognare di ritrovarsi in una palude dove solo nebbia è presente. La nebbia è in realtà il suo odore, odore di se stesso che non riesce a percepire e che lo soffoca. Conscio di non poter resistere a un ulteriore simile incubo, il ragazzo decide di dover abbandonare la montagna. All’esterno, giunto ormai il mattino, prova invano a percepire il proprio odore. Nulla da fare… decide allora di spogliarsi e di tornare in cima alla montagna per esporsi al vento e tornare poi ad odorare i panni indossati per sette anni. Ma anche ciò fallisce. Nessun odore è in grado di percepire da essi. Tenta allora un’ultima carta: annusare la caverna dove ha vissuto per sette anni. Ma, anche lì, il suo odore non è percepibile. Rivestitosi, eccolo partire in direzione sud…

La catastrofe non fu un terremoto, né un incendio del bosco, né una frana, né un crollo della galleria. Non fu affatto una catastrofe esterna, bensì interna, e quindi tanto più grave, in quanto bloccò la via di scampo privilegiata di Grenouille. Avvenne nel sonno. Per meglio dire in sogno. O piuttosto, nel sogno nel sonno nel cuore nella sua fantasia. (p.140)
Se non voleva soffocare, doveva respirare questa nebbia. E la nebbia era, come si è detto, un odore. E Grenouille sapeva anche quale odore. La nebbia era il suo odore personale. L’odore personale di lui, di Grenouille, questo era la nebbia.
E ora la cosa più spaventosa era che Grenouille, sebbene sapesse che quest’odore era il suo odore, non riusciva a sentirlo. Totalmente sommerso dal suo sé, per nulla al mondo riusciva a sentire il proprio odore!
Quando lo capì con chiarezza, dette in un grido terribile, come se stesse bruciando vivo. (p.141)
Gli venivano i brividi a ripensarci. E mentre era ancora seduto, tremante, e cerca-va di radunare i suoi pensieri confusi e angosciati, sapeva già una cosa con certezza assoluta: avrebbe cambiato vita, foss’anche solo per non sognare un sogno così atroce una seconda volta. Non avrebbe retto a una seconda volta.
Si gettò sulle spalle la coperta da cavallo e strisciò fuori all’aperto. Fuori era giusto mattina, una mattina di fine febbraio. Il sole splendeva. (p.142)
Sentì l’aria di primavera, umida e sapida di anemoni. Dalle proprie dita non sentì provenire odore. Girò la mano e fiutò il suo lato interno. Avvertì il calore della mano, ma non sentì alcun odore. (p.142)
Era grottesco: lui, Grenouille, che riusciva a fiutare qualsiasi altro essere umano a distanza di miglia, non era in grado di sentire l’odore del proprio sesso a distanza di meno di una spanna! Ciò nono-stante non si lasciò prendere dal panico, ma, riflettendo con calma, disse a se stesso: «Non è che io non abbia odore, perché tutto ha un odore. Piuttosto non sento l’odore che ho perché da quando sono nato ho sentito il mio odore ogni giorno, e quindi il mio naso è diventato insensibile al mio odore personale. Se potessi separare da me il mio odore, o almeno una parte di esso, e tornare ad annusarlo dopo un certo periodo di disassuefazione, riuscirei a sentirlo – e quindi a sentirmi – perfettamente».(pp.142-143)

Fece tutto il possibile per tirar fuori il proprio odore dai vestiti. Ma lì il suo odore non c’era. Decisamente non c’era. C’erano mille altri odori. […]
L’unica cosa che non contenevano era il suo odore personale, l’odore di colui che nel frattempo li aveva portati ininterrottamente.[…]
Ciò che provava adesso era la paura di non conoscere bene se stesso. Era l’opposto dell’altra paura. A essa non poteva sfuggire, doveva invece affrontarla. Doveva sapere senza alcun dubbio – anche se questo riconoscimento era terribile – se possedeva un odore oppure no. E doveva saperlo immediatamente. Subito. (p.144)
Fuori indossò i suoi stracci (le sue scarpe erano marcite già da anni), si mise sulle spalle la coperta da cavallo e quella notte stessa abbandonò il Plomb du Cantal, dirigendosi a sud. (p.145)

30 p.145

Orribile il suo aspetto, al punto da mettere in fuga i contadini che incontra e farlo porre in stato di fermo a Pierrefort. Lì viene interrogato e, mostrati i documenti da apprendista, racconta al gendarme di esser stato rapito e di aver vissuto recluso in una grotta per ben sette anni. Nell’ascoltare la storia, il bizzarro marchese de la Taillade-Espinasse, autore di una teoria sugli effetti nefasti del fluido proveniente dalla terra, gli chiede di andare con lui a Montpellier per essere mostrato all’università come caso clinico, con la promessa di curarlo con il suo macchinario di ventilazione depurante. Jean-Baptiste accetta e così, due giorni dopo, eccolo caso medico dell’anno… Per cinque giorni il marchese lo tiene in una specie di gabbia dall’aerazione ventilata dove gli somministrano cibi cresciuti lontano dalla terra, poi lo fa lavare e lo veste di tutto punto. Guardandosi allo specchio, per la prima volta in vita sua, Jean-Baptiste neanche si riconosce. In ogni caso non si sente diverso da dieci giorni prima. Poi, compreso che si tratta del solo effetto di indossare abiti eleganti, e trovandosi poi neanche tanto male, conscio di poter iniziare una nuova vita, sorride e ammicca al se stesso riflesso…

Quando all’orecchio del marchese de la Taillade-Espinasse giunse la notizia che a Pierrefort avevano trovato un individuo che aveva dimorato per sette anni in una caverna – quindi totalmente circondato dalla terra, elemento di putrefazione – egli non stette più nella pelle dall’entusiasmo, e ordinò subito che portassero Grenouille nel suo laboratorio, dove lo sottopose a un’analisi minuziosa. (pp.147-148)
E qualche giorno dopo – esattamente una settimana dopo aver lasciato la solitudine della montagna – Grenouille si trovò su un podio nell’aula magna dell’Università di Montpellier, presentato a una moltitudine di centinaia di persone come l’avveni-mento scientifico dell’anno.
Nella sua conferenza Taillade-Espinasse lo definì la pro-va vivente della giustezza della sua teoria sul «fluidum letale» proveniente dalla terra. (p.149)
Alla fine della manifestazione Taillade-Espinasse lo infagottò di nuovo e lo trasportò a casa nel sottotetto del suo palazzo. Là, in presenza di alcuni dottori selezionati della facoltà di medicina, lo chiuse nell’apparecchio di ventilazione ad aria vitale, una gabbia costruita con tavole d’abete rosso a tenuta stagna, la quale, per mezzo di un camino posto in alto, molto distante dal tetto, veniva inondata d’aria d’alta quota, priva del gas letale, e quest’aria poteva poi fuoriuscire tramite una valvola a farfalla di cuoio applicata sul pavimento. (p.150)
Questa cura combinata di disinfezione e rivitalizzazione durò cinque giorni. (p.151)

Quello che sconcertò più di tutto Grenouille fu il fatto di avere un aspetto così incredibilmente normale. Il marchese aveva ragione; non era niente di speciale, non bello, ma neanche particolarmente brutto. Era un po’ piccolo di statura, il suo atteggiamento era un po’ goffo, il viso era poco espressivo: in breve, era come mille altri uomini. Se ora fosse sceso per strada, nessuno si sarebbe voltato a guardarlo.(p.152)
E d’un tratto seppe che non erano stati il brodo di piccione e i miracoli della ventilazione a fare di lui un uomo normale, bensì soltanto un paio di vestiti, il taglio dei capelli e la piccola mascherata con i cosmetici. (p.152-153)

31 p.153

L’indomani Jean-Baptiste finge un serio malore, attribuendolo al profumo alla violetta del marchese. Un fiore, la violetta, che cresce sottoterra e che quindi contiene fluidum terrestre nocivo, spiega al nobile per ingraziarselo ulteriormente… Sfruttando le debolezze dell’ospite, il ragazzo riesce a farsi concedere il permesso di elaborare un suo profumo con sostanze cresciute in alto. È il profumiere Runel a concedergli il proprio laboratorio… Il suo scopo è però quello di riprodurre l’odore dell’essere umano, quell’odore comune a tutti. E così eccolo mescolare osceni ingredienti ad altri tradizionali, fino ad ottenere una prima bozza di quello che sarà lo scopo della sua vita futura. Riempitene due boccette e creatane una terza priva degli ingredienti nauseabondi, si cosparge del primo profumo ed esce in strada per scoprire l’effetto che fa…

Il giorno seguente, mentre il marchese stava insegnandogli le pose, i gesti e i passi di danza indispensabili per l’imminente ingresso in società, Grenouille finse un capogiro e si lasciò cadere su un divano, apparentemente privo di forze e come se fosse minacciato da un soffocamento. (p.153)
Tuttavia credeva fermamente di potersi ristabilire sull’istante se il marchese gli permetteva di progetta-re un proprio profumo che annientasse totalmente l’aroma della
violetta. (p.154)
[…]di portare subito Grenouille dal miglior profumiere della città con la sua portantina. Ma proprio questo era lo scopo che Grenouille si era prefisso col suo attacco. (p.155)

Le comuni essenze di neroli, eucalipto e foglie di cipresso dovevano soltanto nascondere il vero profumo che si era proposto di creare: ed era il profumo dell’umano. Anche se per il momento sarebbe stato soltanto un cattivo surrogato, voleva appropriarsi dell’odore de-gli uomini, che lui stesso non possedeva. Certo non esisteva l’odore degli uomini, così come non esisteva il volto umano. (p.156)
Fu uno strano profumo quello che Grenouille creò quel giorno. Fino allora non ce n’era stato mai uno più strano. Non aveva l’odore di un profumo, bensì di un uomo che ha un profumo. Se qualcuno avesse sentito questo profumo in una stanza buia, avrebbe creduto che nella stanza ci fosse un altro. (p.157)
Dopo aver versato anche il secondo profumo in flaconi, Grenouille si spogliò e cosparse i propri abiti con il primo profumo. Poi se lo picchiettò sotto le ascelle, tra le dita, sul sesso, sul petto, sul collo, sulle orecchie e sui capelli, si rivestì e lasciò il laboratorio. (p.159)

32 p.159

Intimorito per quella sua prima uscita con profumo di uomo addosso, Jean-Baptiste decide di provare a girare per le vie dei dintorni prima di tornare da Runel. L’effetto è quello giusto e le persone si accorgono finalmente della sua presenza… Tra la folla è considerato come un qualsiasi essere umano…

Quando uscì per strada, fu colto da un’improvvisa paura, perché sapeva di emanare un odore umano per la prima volta in vita sua. A lui però sembrava di puzzare, di puzzare in modo assolutamente ripugnante. (p.159)
e immensa fu la sua gioia quando si accorse che gli altri non s’accorgevano di nulla, assolutamente di nulla, che tutti quegli uomini e donne e bambini pigiati attorno a lui si potevano ingannare così facilmente, che inalavano il suo puzzo raffazzonato di merda di gatto, formaggio e aceto come l’odore di un loro simile e che accettavano lui, Grenouille, la prole del diavolo, in mezzo a loro, come uomo tra uomini. (p.161)

Conscio del proprio genio, della propria maestria e abilità, sedutosi a un banco della chiesa per riposarsi, Jean-Baptiste pensa di poter essere in grado di creare un profumo sovrumano capace di far adorare l’indossatore…Dovevano amarlo, venerarlo, dio del profumo non più immaginario come nelle sue fantasticherie, ma reale… Malvagio ma felice…

D’un tratto lo sopraffece una grande contentezza. Non ebbra, come quella che aveva provato un tempo in seno alla montagna durante le sue orge solitarie, bensì una contentezza molto fredda e sobria, qual è quella prodotta dalla consapevolezza del proprio potere. Adesso sapeva di che cosa era capace. Con mezzi estremamente scarsi, grazie al proprio genio, aveva ricreato il profumo dell’uomo, e l’aveva centrato così bene al primo tentativo, che anche un bambino si era fatto ingannare da lui. Adesso sapeva che poteva fare ancora di più. Sapeva che poteva migliorare questo profumo. Avrebbe potuto creare un profumo non soltanto umano, bensì sovrumano, un profumo angelico, così indescrivibilmente buono e vitale che chi l’avesse annusato ne sarebbe stato affascinato e avrebbe dovuto amare con tutto il suo cuore lui, Grenouille, il portatore di quel profumo.
Sì, amarlo dovevano, quando erano soggiogati dal suo profumo, non soltanto accettarlo come un loro pari, amarlo fino alla follia, all’abnegazione, tremare d’estasi dovevano, gridare, piangere di gioia senza sapere perché, in ginocchio dovevano cadere, come sotto il freddo incenso di Dio, non appena sentivano l’odore di lui, di Grenouille! Voleva essere il dio onnipotente del profumo, così come lo era stato nella sua fantasia, ma ora nel mondo reale e regnando su uomini reali. E sapeva che ciò era in suo potere. (pp.162-163)
Colui che dominava gli odori, dominava i cuori degli uomini. Del tutto calmo, Grenouille stava seduto sulla panca del duomo di Saint-Pierre e sorrideva. Non era in uno stato d’animo euforico, quando aveva concepito il progetto di dominare gli uomini. Non vi era alcun guizzo di follia nei suoi occhi, e non una smorfia insensata deformava il suo viso. Non era fuori di sé. Era così limpido e sereno di spirito che si chiese perché poi voleva farlo. E si disse che lo voleva perché era malvagio fino alle midolla. E questo lo fece sorridere, ed era molto contento. Aveva un’aria del tutto innocente, come una persona qualsiasi che è felice. (p.163)

33 p.164

Il marchese è entusiasta del nuovo profumo, la cui formula acquista da Jean-Baptiste… Due giorni dopo eccoli alla conferenza all’Università. Un successo per il marchese, ma, ancor di più, per il profumiere che nota soddisfatto gli effetti del suo profumo sui presenti…

Il marchese de la Taillade-Espinasse era entusiasta del nuovo profumo. (p.164)
Poi si fece scrivere su un foglio la ricetta per il profumo di fiori, la intascò e regalò a Grenouille cinquanta luigi d’oro.
Esattamente una settimana dopo la sua prima conferen-za, il marchese de la Taillade-Espinasse ripresentò il suo protetto nell’aula dell’università. L’affollamento era enorme. (p.165)

In balia del suo profumo, ma senza esserne consapevoli, gli uomini mutavano l’espressione del volto, l’atteggiamento, i sentimenti. (p.166)

34 p.167

Nelle settimane seguenti, Jean-Baptiste passa di salotto in salotto a ripetere la storia della sua prigionia e della sua guarigione, affinando così la menzogna e la sicurezza, mai avuta, nei rapporti sociali. Al primo inspirare la sua fragranza, le persone restano ammaliate…

In tal modo riacquistò una certa abitudine al linguaggio – ovviamente molto limitata, perché con la lingua ebbe problemi per tutta la vita – e, cosa più importante, acquisì un’esperta pratica della menzogna. In fondo, constatò, poteva raccontare alla gente ciò che voleva. Una volta che avevano preso confidenza con lui – e prendevano confidenza al primo respiro, perché inalavano il suo odore artificiale – credevano a qualsiasi cosa. Acquisì inoltre una certa sicurezza nei rapporti sociali, che non aveva mai posseduto. (p.168)

Poi, un giorno d’inizio marzo, eccolo lasciare di nascosto la città… Il marchese, che avrebbe voluto portarlo in tourné con sé, ci resta male, raggiungendo ugualmente una grande fama. Nel dicembre del 1764 il nobile scomparirà durante la scalata al Pic du Canigou…

All’inizio di marzo prese le sue cose e se ne andò di nasco-sto, una mattina di buon’ora, non appena aprirono le porte della città, con indosso una modesta giacca marrone acquistata il giorno prima al mercato degli abiti usati e un cappello logoro, che gli nascondeva metà del viso. (p.168)

PARTE TERZA p.171

35 p.173

Dopo soli sette giorni di viaggio eccolo entrare a Grasse, con il solo scopo di apprendere tecniche per l’estrazione del profumo…

Mentre Grenouille aveva impiegato sette anni per compiere la prima tappa del suo viaggio attraverso la Francia, portò a termine la seconda in meno di sette giorni. Non evitò più le strade animate e le città, non fece più deviazioni. Aveva un odore, aveva denaro, aveva fiducia in sé e aveva fretta. (p.173)

Grenouille guardò la città di Grasse con occhi spassionati. Non cercava la terra promessa della profumeria, non si sentiva allargare il cuore alla vista del nido incollato lassù sui pendii. Era venuto perché sapeva che lì si potevano imparare alcune tecniche per estrarre il profumo meglio che altrove. E di queste voleva impossessarsi, perché gli servivano per i suoi scopi. Prese dalla tasca il flacone con il suo profumo, se lo picchiettò addosso con parsimonia e si mise in cammino. Dopo un’ora e mezzo, verso mezzogiorno, era a Grasse. (p.174)

Dopo aver mangiato in una locanda nel quartiere delle concerie, eccolo girare per le vie della città, invero misera e piuttosto sporca, fino ad essere irresistibilmente attratto da un profumo proveniente dal giardino di una casa più lussuosa delle altre. Come a Rue des Marais nel settembre del 1753, è l’odore di un’adolescente dai rossi capelli ad attrarlo! A stento riesce a controllarsi, conscio di avere due anni di tempo, prima che il profumo della ragazza raggiunga il massimo livello di purezza, per apprendere le tecniche atte a consentirgli di estrarlo da lei…

Per un attimo, per la durata di un respiro, per l’eternità gli sembrò che il tempo si fosse raddoppiato o fosse scomparso del tutto, poiché non sapeva più se l’adesso fosse adesso e se il qui fosse qui o non piuttosto l’adesso fosse allora e il qui fosse là, e cioé Rue des Marais a Parigi, settembre 1753: il profumo che veniva fluttuando dal giardino era il profumo della fanciulla dai capelli rossi che aveva ucciso allora. L’aver ritrovato questo profumo sulla terra lo faceva piangere di felicità… e il fatto che poteva non esser vero lo spaventava a morte.[…]
E constatò che il profumo dietro al muro era estremamente simile al profumo della fanciulla dai capelli rossi, ma non del tutto uguale. Naturalmente proveniva anch’esso da una fanciulla con capelli rossi, su questo non c’era dubbio. Nella sua (p.178)

Già ora è migliore di quello della fanciulla di Rue des Marais, pensò Grenouille, non così forte, non così intenso, ma più fine, più sfumato e nello stesso tempo più naturale. Fra un anno o due questo profumo sarebbe stato maturo, e avrebbe avuto un potere cui nessun essere umano, uomo o donna, sarebbe riuscito a sottrarsi. E la gente sarebbe stata sopraffatta, disarmata, inerme dinanzi alla magia di questa fanciulla, e non avrebbe saputo perché. (p.179)
Ah! Voleva avere questo profumo! […]
suo profumo anzitempo. Doveva buttarsi nel lavoro. Doveva ampliare le sue cognizioni e perfezionare le sue capacità artigianali, ed essere preparato per l’epoca della raccolta. Aveva ancora due anni di tempo. (p.180)

Riparte quindi fino a raggiungere la parte opposta della città, lontano da quell’odore…

36 p.180

Jean-Baptiste trova lavoro, in qualità di secondo garzone, in rue de la Louve, presso la profumeria della vedova Madame Arnulfi. Soggetto alle solite condizioni di semischiavitù, è tuttavia felice di poter assistere all’estrazione di profumo dai fiori a seguito di un lungo e faticoso processo di lavorazione con del grasso, poi ridotto a una sorta di pomata, o di distillazione in caso di mancata vendita della pomata stessa…

Non lontano dalla Porte des Fénéants, in Rue de la Louve, Grenouille trovò un piccolo laboratorio di profumiere e chiese lavoro. (p.180)

E in verità non erano i fiori morti a diffondere profumo nel grasso, no, era il grasso stesso che si appropriava del profumo dei fiori. (p.182)

37 p.185

Lavorando alacremente senza mai lamentarsi, a poco a poco Jean-Baptiste ottiene la fiducia del primo garzone, il gigantesco Druot, amante della Arnulfi, riuscendo così ad esser lasciato a lungo solo…

Eseguiva umilmente, con una disponibilità quasi da schiavo, tutti i lavori da subalterno che Druot gli accollava. Ma mentre con apparente ottusità rimestava, spatolava, lavava tinozze, puliva il laboratorio o andava a prendere la legna da ardere, alla sua attenzione non sfuggiva nulla dei processi fondamentali del mestiere, nulla della metamorfosi dei profumi. (p.186)
E a Grenouille, sebbene sbrigasse doppio lavoro, piace-va essere solo, perfezionarsi nella nuova arte e all’occasione eseguire piccoli esperimenti. (p.187)


In breve supera di gran lunga Druot, ricevendone tutti gli incarichi e dirigendo da sé tutto il lavoro. Facendosi considerare privo di ambizioni e insignificante, riesce inoltre ad essere lasciato in pace…

In breve tempo aveva già superato il suo maestro Druot sia nella macerazione sia nell’arte della profumazione a freddo, e gliel’aveva fatto capire nel solito modo discreto e sottomesso. (p.188)
E Grenouille lo rafforzava in questa convinzione, si comportava deliberatamente come uno sciocco, non mostrava la minima ambizione, fingeva di non sospettare affatto la propria genialità, ma di agire soltanto secondo le disposizioni del molto più esperto Druot, senza il quale lui sarebbe stato un nonnulla. In tal modo andavano perfetta-mente d’accordo. (p.189)
Era un maestro nell’arte di diffondere attorno a sé la noia e di spacciarsi per uno sciocco maldestro… naturalmente non in modo così esagerato che ci si potesse prendere gioco di lui con piacere o farne la vittima di qualche scherzo grossolano, tipico della corporazione. Riuscì a farsi considerare del tutto privo di interesse. Lo lasciarono in pace. E lui non voleva altro. (p.190)

38 p.190

Solo in laboratorio, riesce così ad elaborare una serie di profumi: da quello che lo lascia anonimo tra la gente a quello aggressivo, da quello che induce alla compassione a quello che provoca disgusto negli altri consentendogli di rimanere solo…

Passava il suo tempo in laboratorio. A Druot diede a intendere che voleva inventare una ricetta per l’acqua di Colonia. Ma in verità sperimentava aromi del tutto diversi. Il suo profumo, quello miscelato a Montpellier, stava per terminare, sebbene lo usasse con molta parsimonia. Ne creò uno nuovo. Questa volta però non si accontentò più di imitare alla meno peggio l’odore fondamentale degli uomini usando elementi combinati più o meno a caso, ma mise in gioco tutta la sua ambizione per crearsi un profumo personale o piuttosto una serie di profumi personali.(p.190)

Può così dedicarsi liberamente alla caccia agli aromi… Inizia dall’estrazione del profumo di oggetti inanimati, piante e pietre che circondano la baracca in cui vive… Momenti di pura gioia…

Protetto da questi odori diversi, che cambiava come abiti a seconda delle esigenze esterne e che gli servivano per passare inosservato nel mondo degli uomini e per non far conoscere la sua natura, Grenouille si dedicò alla sua vera passione: la raffinata caccia agli aromi. […]
Cominciò dal punto in cui aveva smesso quando lavorava da Baldini, cioé cercando di carpire gli aromi di cose inanimate: pietra, metallo, vetro, legno, sale, acqua, aria… (p.192)

Poi, il passaggio agli esseri viventi… Fallimentari i primi tentativi per via della lotta contro la morte intrapresa dagli stessi… Inizia così a ucciderli, con somma gioia nel raggiungere il successo con un cucciolo di cane assassinato con una bastonata…

Erano virtuose acrobazie dell’arte profumiera, quelle che eseguiva, splendidi passatempi, che naturalmente nessuno tranne lui poteva apprezzare o anche soltanto riconoscere. Ma quanto a lui, era affascinato dalle perfezioni assurde, e né prima né dopo nella sua vita ci furono momenti di felicità davvero innocente come in quel periodo, in cui con zelo giocoso creò paesaggi, nature morte e immagini di singoli oggetti odorosi. E ben presto passò a esseri viventi. (p.193)
Dapprima i risultati non furono del tutto soddisfacenti. (p.193)

Diversamente dai fiori, gli animali che tentava di macerare non cedevano il loro aroma senza un lamento oppure soltanto con un muto sospiro, ma rifiutavano disperatamente di morire, non volevano a nessun costo essere spinti sotto con la spatola, si dimenavano e lottavano, producendo in tal modo quantità eccessive di sudore di paura e di morte, che con la loro iperacidità rovinavano il grasso caldo. Natural-mente così non si poteva fare un buon lavoro. I soggetti dovevano essere immobilizzati, e così all’improvviso da non arrivare neppure ad aver paura o a opporre resistenza. Doveva ucciderli. (p.194)

Tappa successiva: gli esseri umani… E vi riesce, dapprima con tamponi di grasso lasciati in luoghi affollati, poi estraendo l’odore dal lenzuolo di un tisico morto, infine con altri tamponi applicati a una mendicante. Soddisfatto, non gli resta che appropriarsi del profumo di ALCUNI esseri umani, di quelle rare creature che ispirano amore…

Poi, molto gradualmente e con estrema cautela, si accostò agli esseri umani. (p.195)

dell’uomo. Quello che voleva, era l’odore di certi esseri umani: e cioé le creature estremamente rare che ispirano l’amore. Queste erano le sue vittime. (p.197)

39 p.197

A Gennaio la Arnulfi e Druot si sposano. Jean-Baptiste diventa così primo e unico garzone continuando a sbrigare da solo tutto il lavoro, pur senza aumenti salariali…

In gennaio la vedova Arnulfi sposò il suo primo garzone Dominique Druot, che in tal modo fu promosso Maitre gantier eparfumeur. (p.197)

In marzo decide di tornare a controllare se la ragazza, il suo fiore, sia ancora vivo: sì, constata felice. L’anno venturo tornerà per prenderle l’odore, la sua promessa d’innamorato del profumo. Tornato alla baracca, è però colto da doloroso tormento: il profumo della ragazza svanirà! Tentato addirittura di tornare nei monti, Jean-Baptiste si risolve infine per rimanere, meglio perdere il profumo che non averlo per niente. Poi, dopo lunga meditazione, ha la giusta idea: trovare il modo migliore per mantenere il profumo il più a lungo possibile e associarlo ai giusti ingredienti…

Grenouille si mise in cammino per andare a controllare lo stato delle cose nel giardino dietro il muro all’altro limite della città. (p.197)

Un anno ancora, soltanto un anno, soltanto dodici mesi ancora, e questa fonte sarebbe traboccata, e lui sarebbe tornato a catturare il getto impetuoso del suo profumo.[…]
Grenouille stava completamente immobile. Non era inebriato o stordito come la prima volta che l’aveva sentito. Era colmo del sentimento di felicità dell’amante che spia o contempla la sua adorata da lontano e sa che verrà a prenderla tra un anno per portarla con sé. Invero Grenouille, la zecca solitaria, il bruto, il mostro Grenouille, che mai aveva provato amore e mai avrebbe potuto ispirare amore, quel giorno di marzo stava accanto alle mura della città di Grasse e amava, e il suo amore lo rendeva profondamente felice.
Non amava certo un essere umano, non certo la fanciulla della casa dietro il muro. Amava il profumo. Solo quello e nient’altro, e quello soltanto perché sarebbe stato il suo. Sarebbe tornato a prenderlo fra un anno, lo giurò sulla sua vita.(p.198)
Lo spaventava moltissimo l’idea di dover inevitabilmente perdere il profumo, che ancora non possedeva, quando l’avesse posseduto. (p.199)
E anche se sapeva che avrebbe dovuto pagare un prezzo terribilmente alto per il possesso di questo profumo e la sua perdita, tuttavia il possesso e la perdita gli sembravano più degni d’esser desiderati che non la secca rinuncia a entrambi. Poiché sempre aveva rinunciato a qualcosa. Ma mai aveva posseduto e perso qualcosa. (p.200)
Bisognava conservarlo. Bisognava eliminare la sua fugacità senza privarlo del suo carattere: un problema da profumiere.
Esistono profumi che durano decenni.[…]
L’avrebbe incastonato, come la più preziosa delle gemme. (p.201)
Per un profumo simile, per un profumo umano, gli occorrevano altri ingredienti. (p.202)

40 p.202

In maggio, in un roseto, il cadavere di una bellissima ragazza viene rinvenuto, privo di capelli e di abiti portati via dall’assassino, da un contadino. Uccisa con una randellata alla nuca, ma ancora vergine… I sospetti cadono su chiunque: zingari, lavoratori italiani, ebrei, monaci, pervertiti… Ma dell’assassino nessuna traccia…

Nel maggio dello stesso anno, in un roseto a mezza strada tra Grasse e il borgo di Opio a est, fu rinvenuto il cadavere nudo di una fanciulla quindicenne. Era stata uccisa con una randellata alla nuca. (p.202)

In giugno altri due assassini, le figlie di un bracciante genovese… Anche stavolta nessun colpevole… La paura si diffonde tra la gente con i sospetti che toccano chiunque… Ma gli omicidi si susseguono senza sosta, senza peraltro che le ragazze siano rinvenute non più vergini… Eccezionali misure di sicurezza sono varate e il coprifuoco per le donne imposto, ma solo da ottobre i crimini si arrestano, dopo la scomunica del vescovo cui i cittadini attribuiscono il successo. Dal 1 gennaio 1766 le misure di sicurezza sono quindi allentante e il coprifuoco abolito. Degli omicidi neanche se ne parla più..

Sembrava che l’assassino fosse inafferrabile, immateriale, come uno spirito.[…]
Risultò che erano tutte intatte. (p.205)

E in effetti l’assassino delle fanciulle di Grasse, che fino allora aveva strappato a tutti i ceti della popolazione non meno di ventiquattro tra le vergini più belle, fu scomunicato e maledetto solennemente dal vescovo in persona, sia per iscritto con un affisso sia a voce da tutti i pulpiti della città, tra i quali anche il pulpito di Notre-Dame-du-Puy.
Il successo fu travolgente. I delitti cessarono da un giorno all’altro. Ottobre e novembre trascorsero senza cadaveri. (p.206)

Il 1° gennaio 1766 le accresciute misure di sicurezza furono ridotte, e il divieto di uscite notturne per le donne fu abolito. La normalità tornò nella vita pubblica e privata con una sveltezza incredibile. La paura era sparita come per incanto, nessuno parlava più del terrore che soli pochi mesi prima aveva dominato la città e i dintorni. Non se ne parlava neppure nelle famiglie colpite. Era come se la maledizione del vescovo avesse bandito non soltanto l’assassino, ma anche qualsiasi ricordo di lui. E alla gente andava bene così. (p.207)

41 p.207

Il più ricco cittadino di Grasse, Antoine Richis, padre dell’ormai sedicenne Laure, stupenda fanciulla dai rossi capelli che vorrebbe dare in sposa a un nobile, inizia a nutrire un timore immenso che la figlia possa finire vittima dell’assassino…

42 p.210

La paura si fa in lui terrore, poi però, consapevole che l’assassino non abbia mai lasciato Grasse e che, mosso dalla ricerca della bellezza, non potrà mai rinunciare alla più bella, a Laure, si tranquillizza, pronto a difendere la propria “ricchezza”…

Ora, posto il caso – continuava a riflettere Richis – che l’assassino fosse un simile collezionista di bellezza e agisce per creare l’immagine della perfezione, foss’anche soltanto nella fantasia del suo cervello malato; posto inoltre che fosse un uomo di gusto sublime e con un metodo perfetto, come in effetti sembrava essere, non si poteva supporre che rinunciasse all’elemento più prezioso che esisteva sulla terra per completare quell’immagine, alla bellezza di Laure. Tutto il suo lavoro omicida fino a oggi non avrebbe avuto senso senza di lei. Lei era l’elemento conclusivo della sua costruzione. Mentre formulava quest’orrendo pensiero, Richis era seduto sul suo letto in camicia da notte e si stupiva della propria calma. Non rabbrividiva e non tremava più. La paura indeterminata, che lo aveva tormentato per settima-ne, era scomparsa per dar luogo alla consapevolezza di un pericolo concreto: le intenzioni e le mire dell’assassino erano dirette con estrema chiarezza verso Laure, fin dall’inizio. E tutti gli altri assassinii erano stati accessori di quest’ultimo delitto, quello culminante. (p.212)
Era svanito l’ultimo residuo di paura, scomparso lo scoramento e scomparsa l’ansia struggente, che lo avevano tormentato come se fosse stato un vecchio tremebondo, dileguata la nebbia dei foschi presentimenti, in cui brancolava da settimane. Si trovava su un terreno familiare, e si sentiva all’altezza di qualsiasi sfida. (pp.213-214)

43 p.214

Dopo esser giunto a tale certezza, Richis decide di predisporre la partenza per l’indomani per Grenoble. Ma, fuori paese, lascia proseguire il convoglio con le merci deviando con la figlia in direzione del convento di Saint-Honorat, luogo sicuro dove tenerla in custodia fino alla celebrazione delle nozze della stessa con il figlio dell’indebitato marchese de Bouyon. Un affare oneroso, certo, ma che consentirebbe di nobilitare la sua famiglia e di salvare la figlia. Una volta sposata e non più vergine, l’assassino avrebbe perso la sua preda più ambita…

Una donna sposata, deflorata e se possibile già ingravidata, non era più adatta alla galleria esclusiva dell’assassino. L’ultimo pezzo del mosaico sarebbe stato falso, Laure avrebbe perso qualsiasi valore per l’assassino, la cui opera sarebbe fallita. E doveva sentire tutto il peso di questa sconfitta! (p.217)

44 p. 218

Dopo aver svolto il solito lavoro, con una cassa contenente le essenze delle vergini fin lì assassinate seppellita nel giardino sul retro della sua baracca, a mezzogiorno Jean-Baptiste esce per fiutare l’aria…. Ma l’odore di Laure, quello della sua ultima preda prima della partenza, è svanito!…

Nel momento in cui Laure Richis lasciava Grasse con suo padre, Grenouille si trovava dall’altra parte della città nel laboratorio di Madame Arnulfi, e macerava giunchiglie. Era solo, ed era di buon umore. Il suo periodo di Grasse si avviava alla fine. Il giorno del trionfo era imminente. Nella capanna là fuori, in una cassettina foderata d’ovatta, c’era-no ventiquattro minuscoli flaconi con l’aura condensata in gocce di ventiquattro vergini: le essenze più preziose che Grenouille aveva ottenuto l’anno prima mediante l’enfleurage a freddo dei corpi, la macerazione dei capelli e dei vestiti, il lavaggio e la distillazione. E quel giorno Grenouille si sarebbe impossessato della venticinquesima, la più preziosa e la più importante. (p.218)
Ora se n’era andato, sparito, non si avvertiva più nemmeno fiutando con la massima energia. Grenouille era come paralizzato dallo spavento. (p.219)

Sconvolto arriva quasi alle lacrime fino a che apprende dal rientrato Druot che Richis è partito al mattino con la figlia per Grenoble. Giunto alle porte della città, il profumiere si accorge che padre e figlia hanno preso ben altra direzione e, caricato l’occorrente per l’assassinio e l’asportazione di capelli e vesti, eccolo partire verso sud…

Grenouille tornò indietro di corsa per la città fino alla sua capanna, mise nella sua sacca da viaggio la pezza di lino, il recipiente con la pomata, la spatola, le forbici e una piccola clava liscia di legno d’ulivo e si mise subito in cammino: non sulla strada per Grenoble, bensì sulla via che gli indicava il suo naso: verso sud. (p.220)

Ad arrivare per primo a La Napoule è proprio lui, trovando alloggio nella stalla di una locanda, dove, al crepuscolo, giungono anche i Richis e la cameriera. Antoine controlla in stalla il presunto profumiere diretto a Marsiglia e, complice il di lui profumo atto a passare inosservato, lo giudica innocuo. Dopo cena il mercante si addormenta pacifico, proprio mentre Jean-Baptiste inizia ad entrare in azione…

Verso le cinque del pomeriggio Grenouille raggiunse La Napoule. (p.220)
Aveva un aspetto così totalmente insignificante, che Richis per un attimo ebbe l’impressione che non esistesse affatto, ma fosse soltanto un’immagine illusoria creata dalle ombre oscillanti della lanterna. Comunque Richis stabilì subito che quell’essere innocuo in modo persino commovente non poteva rappresentare il minimo pericolo, si allontanò pian piano per non disturbarne il sonno e rientrò nella locanda. (p.221)

45 p. 222

Preparato l’occorrente, grazie a una scala a pioli, il profumiere raggiunge la finestra semiaperta della stanza di Laure. Agevolmente penetrato nella stessa, eccolo assassinare la ragazza che, prona, gli offre la nuca al colpo mortale. Jean-Baptiste la avvolge completamente nel panno di lino intriso di grasso preparato in precedenza, le taglia i capelli e poi attende felice le sei ore necessarie all’enfleurage, ripensando alla vita trascorsa… Soddisfatto di sé e convinto di esser stato baciato dalla grazia, per aver raggiunto il suo obiettivo finale…

Con rapidi colpi di forbici tagliò la camicia da notte di Laure, gliela tolse, afferrò la pezza spalmata di grasso e la gettò sul suo corpo nudo. Poi sollevò il corpo e lo fece passare sotto la parte pendente della pezza, che arrotolò come fa un panettiere con lo strudel; piegò le parti terminali della pezza e avvolse tutto il corpo, dalle dita dei piedi fino alla fronte. Soltanto i capelli spuntavano da quella fasciatura da mummia. Li tagliò rasente alla pelle della testa e li avvolse nella camicia da notte, che annodò come un fagotto. Da ultimo coprì il cranio rasato con un pezzo di tela che aveva tenuto da parte, lisciò con le mani il bordo sovrapposto alla testa e picchiettò per farlo aderire con leggeri colpetti delle dita. Esaminò l’involucro da cima a fondo. Non c’era più una fessura, non un forellino, non una mini-ma piega da cui potesse sfuggire l’aroma della fanciulla. Era imballata alla perfezione. Non restava altro che aspettare, sei ore, fino alle prime luci dell’alba. (p.225)
Lo appagava profondamente, quest’attesa. In vita sua non si era mai sentito così bene, così tranquillo, così equilibrato, così tutt’uno con se stesso – neppure quand’era stato sulla sua montagna – come in queste ore di pausa del lavoro, quando a notte fonda sedeva accanto alle sue vittime e aspettava vegliando. Erano gli unici momenti in cui il suo cervello malinconico formulava pensieri quasi lieti. […]
No, ripensava al suo passato. Ricordava le tappe della sua vita […] (p.226)

Sì, ricordando il passato gli sembrava di essere un uomo particolarmente favorito dalla fortuna, e che il suo destino l’avesse guidato per vie molto tortuose, ma alla fin fine giuste… come sarebbe stato possibile altrimenti che lui fosse arrivato fin lì, in quella stanza buia, alla meta dei suoi desideri? Se ci rifletteva fino in fondo, era davvero un individuo toccato dalla grazia.
Si sentì sopraffatto da commozione, umiltà e gratitudine. «Ti ringrazio», disse a bassa voce, «ti ringrazio, Jean Baptiste Grenouille, di essere come sei!» A tal punto era preso da se stesso.[…]
Ovunque c’era silenzio. Nulla turbava la pace. (p.227)

46 p. 228

Ancor prima dell’alba, terminato il processo, Jean-Baptiste se ne va con il suo fagotto senza aver neanche mai guardato il corpo della ragazza…

E, sebbene il nero della notte si fosse già trasformato nel grigio-blu dell’alba e gli oggetti della stanza cominciassero a prendere forma, non diede neppure un’occhiata al letto, per vedere la ragazza, almeno una volta in vita sua, con gli occhi. La sua persona non lo interessava. Per lui Laure non esisteva più come corpo, bensì soltanto come profumo privo di corpo. Ed era questo che teneva sotto il braccio e che portò con sé. (p.228)

Alle sette Richis si sveglia di buon umore e, fischiettando, entra poco dopo nella stanza della figlia che… trova assassinata. Proprio come nell’incubo dimenticato di due sere prima…

Richis, che aveva la stanza rivolta a ovest, si svegliò alle sette.[…]
Quando li riaprì, vide Laure che giaceva sul letto, nuda e morta, con i capelli rasati e il corpo d’un bianco accecante. Era come nell’incubo che aveva avuto due notti prima a Grasse e poi dimenticato, e il cui contenuto ora passò come un lampo per la sua memoria. D’un tratto tutto era estremamente preciso, come in quel sogno, soltanto molto più chiaro. (p.229)

47 p. 230

La notizia dell’uccisione di Laure si diffonde in fretta, generando un panico ancor maggiore tra la popolazione. Stavolta però, le autorità hanno indizi su cui muoversi: bassa statura, essere insignificante, parzialmente zoppo. La deposizione di una guardia cittadina, Gabriele Tagliasco, porta infine all’arresto di Jean-Baptiste, nella cui baracca sono rinvenute vesti, maglietta e capelli di Laure e, seppelliti in giardino, capelli e indumenti delle altre ventiquattro ragazze…

La paura era ancor più paralizzante che non sei mesi prima, perché il ritorno del pericolo che si credeva superato da tempo diffuse un senso d’impotenza tra gli uomini. (p.230)

Un’ora dopo Grenouille fu arrestato. Il locandiere e lo stalliere di La Napoule, che si trovavano a Grasse per l’identificazione degli altri sospetti, lo riconobbero subito come il garzone conciatore che aveva pernottato presso di loro: era lui e nessun altro, lui doveva essere l’assassino che si cercava. Perquisirono il laboratorio, perquisirono la capanna nell’uliveto dietro al convento dei francescani. In un angolo, neppure ben nascosti, trovarono la veste tagliuzzata, la maglietta e i capelli rossi di Laure Richis.
E quando scavaro-no nel terreno, a poco a poco vennero alla luce i vestiti e i capelli delle altre ventiquattro fanciulle. Trovarono la clava di legno con cui erano state uccise le vittime e la sacca da viaggio di tela. Le prove erano schiaccianti. Il presidente della corte rese noto con un bando e con manifesti che il famigerato assassino delle fanciulle, ricercato da quasi un anno, era stato finalmente catturato ed era ben custodito. (pp.233-234)

48 p.234

La gente non crede all’annuncio della cattura dell’omicida e sotto la Prefettura chiede che lo stesso sia mostrato in pubblico. Ma la visione di Jean-Baptiste, così insignificante e così lontano dai canoni del brutale assassino, li lascia alquanto basiti. Ricondotto in cella il criminale e metabolizzata la deludente visione, la gente ne invoca il linciaggio…

Molte centinaia di persone sfilarono davanti alla maca-bra esposizione. Parenti delle vittime, che riconobbero i vestiti, si misero a urlare e subirono un tracollo. Il resto della folla, in parte per avidità di sensazioni, in parte per convincersi del tutto, pretese di vedere l’assassino. Presto le grida si fecero così violente e l’agitazione sulla piccola piazza ondeggiante di gente divenne così minacciosa, che il presidente decise di far uscire Grenouille dalla sua cella e di esibirlo a una finestra della Prévoté. Quando Grenouille si accostò alla finestra, le grida ces-sarono. D’un tratto ci fu un silenzio pari a quello di un torrido mezzogiorno estivo, quando tutti sono fuori sui campi o si rintanano all’ombra delle case. Non si udiva più un passo, non uno schiarirsi di voce, non un respiro. Per qualche minuto la folla fu soltanto una massa d’occhi e di bocche aperte. Nessuno riusciva a immaginare che quel piccolo uomo insicuro e ingobbito lassù alla finestra, quel poveraccio, quel miserabile mucchietto d’ossa, quel non-nulla, potesse aver commesso più di ventiquattro delitti. Semplicemente non assomigliava a un assassino.[…]
E in quel momento risuonò un unico grido d’ira e di vendetta: «Lo vogliamo!» E tutti si accinsero a invadere la Prévoté per strangolarlo, dilaniarlo e squartarlo con le loro mani. (p.235)

Ma il processo si celebra rapidamente… Del resto il profumiere confessa, celando solo il movente degli omicidi. Per lui si prevede la condanna alla rottura delle articolazioni e la crocifissione…

In effetti il processo contro Grenouille si svolse in modo estremamente rapido, perché non soltanto le prove erano schiaccianti, ma l’accusato stesso durante gli interrogatori confessò senza ambagi i delitti imputatigli.
Solo alla domanda sulle ragioni per cui l’aveva fatto non seppe dare una risposta soddisfacente. Si limitò a ripetere di continuo che le fanciulle gli erano servite, e per questo le aveva uccise. A che scopo gli erano servite e che cosa significasse «gli erano servite»… su questo non disse una parola. Di conseguenza lo misero alla tortura, lo tennero ore appeso per i piedi, gli pomparono in corpo sette pinte d’acqua, gli applicarono le morse ai piedi… senza il minimo risultato. Quell’essere sembrava insensibile al dolore fisico, non emise un grido, e quando gli chiesero ancora perché l’avesse fatto, non disse altro se non: «Mi servivano». I giudici lo ritennero malato di mente. Smisero di torturarlo e decisero di por fine al processo senza ulteriori interrogatori. (p.236)

Il 15 aprile 1766 fu pronunciato il verdetto, e ne fu data lettura all’accusato nella sua cella: «Il garzone profumiere Jean-Baptiste Grenouille», così suonava il giudizio, «sarà condotto al Cours davanti alle porte della città, dove, con il viso rivolto al cielo, sarà legato a una croce di legno, riceverà da vivo dodici colpi con una spranga di ferro, che gli spaccherà le articolazioni delle braccia, delle gambe, delle anche e delle spalle, quindi sarà issato sulla croce, finché morte non sopravvenga». (pp.236-237)

Grenouille accettò la sentenza con impassibilità. L’usciere giudiziario gli chiese se avesse un ultimo desiderio. «Nulla», disse Grenouille; aveva tutto ciò che gli serviva. (p.237)

La sua cella diviene meta di pellegrinaggio ma, nell’attesa dell’esecuzione, Jean-Baptiste passa il tempo a dormire… Un maestoso patibolo viene preparato, con tanto di palco autorità e recinto per la popolazione che si prepara all’evento come si trattasse di un giorno di festa…

Nei due giorni seguenti vennero molte persone per vede-re da vicino il famoso assassino. (p.237)
Nel frattempo il Cours fu preparato per l’esecuzione. I falegnami costruirono un patibolo di tre metri per tre, alto due metri, munito di parapetto e di una solida scala: Grasse non ne aveva mai avuto uno così lussuoso. (p.238)
I cittadini si prepararono all’avvenimento come a un giorno di gran festa. (p.239)

Unico a rimanere chiuso in casa, in attesa dell’esecuzione, è Richis, che guarderà negli occhi l’assassino fino alla sopraggiunta morte…

Era così colmo di nausea, nausea per il mondo e per se stesso, che non riusciva a piangere. Anche per l’assassino provava nausea. Non voleva più vederlo come uomo, bensì soltanto come vittima, quando l’avessero massacrato. Soltanto durante l’esecuzione voleva vederlo, quando fosse stato sulla croce e i dodici colpi l’avessero schiantato: allora voleva vederlo, allora voleva vederlo molto da vicino, si era fatto riservare un posto in prima fila. E quando la gente si fosse dispersa, dopo un paio d’ore, sarebbe salito sul patibolo, si sarebbe seduto accanto a lui e avrebbe montato la guardia, per notti, per giorni, se fosse stato necessario, e intanto l’avrebbe guardato negli occhi, l’assassino di sua figlia, e gli avrebbe versato negli occhi a goccia a goccia tutta la nausea che provava, avreb-be rovesciato tutta la sua nausea nell’agonia di quel mostro come un acido ardente, a lungo, finché fosse crepato… (p.210)

49 p.240

Il giorno dell’esecuzione giunge infine… Di fronte alla folla ammassata, ecco arrivare, poco prima delle cinque, Jean-Baptiste in carrozza. Ma, appena messo piede in terra, la folla che tanto ansiosa ne attendeva l’esecuzione, finisce per essere colta da commozione, debolezza, tenerezza, amore, adorazione per quel piccolo uomo… un assassino assurto al ruolo di angelo… L’esecuzione si trasforma così in un’orgia infernale… E lui, Jean-Baptiste, novello Prometeo, si bea del suo operato e della meschinità e stupidità umane…

Accadde cioé che le diecimila persone presenti sul Cours e sui pendii circostanti da un momento all’altro si sentirono invadere dall’assoluta certezza che il piccolo uomo in giacca blu appena sceso dalla carrozza non poteva essere un assassi-no. Non che dubitassero della sua identità! (p.243)
Furono sopraffatti da un sentimento possente di affetto, di tenerezza, di folle innamoramento infantile, sì, incredibi-le, d’amore per quel piccolo assassino, e non potevano, non volevano opporvisi.
[…] lo amavano. (p.244)
[…]il Signore Iddio in persona aveva fermato il braccio del carnefice, mostrando colui che per il mondo era un assassino sotto forma di un angelo[..] (p.245)
Nel frattempo il popolo, al di là della barricata, si abbandonava all’ebbrezza sempre più folle e sfrenata che Grenouille aveva scatenato con la sua apparizione. Chi da principio alla sua vista aveva provato soltanto pietà e commozione adesso era traboccante di nuda concupiscenza, chi dapprima aveva provato soltanto ammirazione e desiderio ora si sentiva in preda all’estasi. Tutti pensavano che l’uomo in giacca blu fosse l’essere più bello, più attraente e perfetto che si potesse immaginare[…]
La conseguenza fu che la prevista esecuzione di uno dei delinquenti più esecrabili del suo tempo degenerò nel più gran baccanale che fosse stato dato di vedere dal secondo secolo avanti Cristo in poi[…](p.246)

Dio di se stesso, ma incapace di godere di quel suo trionfo… Sopraffatto nuovamente dal disgusto per l’umanità… Vorrebbe odiarli ed esser da loro ricambiato di tale odio, ma il profumo sulla sua pelle inodore, rende ciò impossibile…

Grenouille stava a guardare e sorrideva. A coloro che lo vedevano, il suo sorriso sembrava il più innocente, il più affascinante e il più seducente del mondo. Ma in verità sulle sue labbra non c’era un sorriso, bensì un sogghigno orrendo, cinico, che rifletteva tutto il suo trionfo e tutto il suo disprezzo. Lui, Jean-Baptiste Grenouille, nato senza odore nel luogo più puzzolente del mondo, che proveniva dai rifiuti, dagli escrementi e dalla putrefazione, cresciuto senza amore, che viveva senza una calda anima umana, unicamente per ostinazione e con la forza del disgusto, piccolo, gobbo, zoppo, brutto, evitato da tutti, un mostro sia di dentro sia di fuori, era riuscito a farsi benvolere dal mondo. Ma che benvoluto! Amato! Adorato! Idolatrato! Aveva compiuto l’impresa di Prometeo. Con infinita raffinatezza era riuscito a produrre la scintilla divina che altre persone ricevono fin dalla culla senza colpo ferire, e di cui lui solo era stato privato. Più ancora! Se l’era creata da sé lottando, nell’interno del suo sé. Era ancora più grande di Prometeo. Si era creato un’aura più splendida e potente di quella di qualsiasi altro uomo prima di lui. E non la doveva a nessuno – non a un padre, non a una madre, e meno che mai a un Dio benevolo – ma unicamente ase stesso. In realtà era il Dio di se stesso, ed era un Dio ben più grande di quel dio puzzolente d’incenso che dimorava in chiesa. (p.247)

Sì,era il Grande Grenouille! Adesso era evidente. Lo era, come un tempo nelle sue fantasie d’innamoramento di sé, così ora nella realtà. In questo momento viveva il più grande trionfo della sua vita. E sentì che era orribile. Era orribile, perché non riusciva a goderne neppure per un secondo. Nel momento in cui era sceso dalla carrozza sulla piazza illuminata dal sole, con indosso il profumo che induce gli uomini ad amare chi lo porta, con il profumo cui aveva lavorato per due anni, il profumo che aveva sognato di possedere tutta la vita… nel momento in cui vide e percepì con l’olfatto come esso agiva in modo irresistibile e come, diffondendosi con la rapidità del vento, catturava le persone che gli stavano attorno… in quel momento tutto il disgusto per l’umanità si ridestò in lui e avvelenò il suo trionfo così profondamente che non solo non provò gioia alcuna, ma neppure il minimo senso di compiacimento. Ciò che aveva sempre agognato, e cioé che gli uomini lo amas-sero, nel momento del suo successo gli era intollerabile, perché lui stesso non li amava, li odiava. E d’un tratto seppe che non avrebbe mai tratto soddisfazione dall’amore, bensì sempre e soltanto dall’odio, dall’odiare e dall’essere odiato. Ma l’odio che provava per gli uomini non trovava eco in loro. Quanto più in quell’istante li odiava, tanto più essi lo idolatravano, perché di lui non percepivano altro se non la sua aura usurpata, la maschera del suo odore, il suo profumo rubato, che in realtà era divinamente buono. Ora avrebbe voluto estirparli tutti dalla terra, quegli uomini stupidi, puzzolenti, erotizzati, proprio come un tempo, nelle contrade della sua anima nera, aveva estirpato gli odori estranei. (p.248)

D’un tratto sente salire ancora la nebbia della propria assenza di profumo a soffocarlo… Ma ecco Richis farglisi incontro… per abbracciarlo in lacrime!…

D’un tratto cominciò a star male, poiché sentì che le nebbie salivano di nuovo attorno a lui. Come allora, nella caverna in sogno nel sonno nella sua fantasia, salirono d’un tratto le nebbie, le nebbie spaventose del suo odore che non riusciva a sentire, poiché ne era privo. […]
Le orribili nebbie soffocanti salivano di nuovo dalla pa-lude della sua anima, mentre attorno a lui il popolo gemeva in estasi orgiastiche e orgasmiche. Un uomo si mise a correre verso di lui. (p.249)

Al colmo del malessere, Jean-Baptiste finisce per svenire…

In quel momento sentì dall’interno che tutto dileguava davanti ai suoi occhi, e il mondo circostante si oscurò totalmente. Le nebbie dentro di lui si trasformarono in un flusso impetuoso, simile a latte bollente, schiumeggiante. Lo inondarono, premettero con forza spaventosa contro la pelle del suo corpo senza trovare una via d’uscita. Tentò di fuggire, di fuggire per l’amor di Dio, ma dove… Voleva scoppiare, esplodere voleva, per non essere soffocato dal suo sé. Infine cadde a terra e perse i sensi. (p.250)

50 p.250

Jean-Baptiste si risveglia nel letto di Laure, vegliato da Richis che lo implora di diventare suo figlio. Grazie all’effetto del profumo la sentenza è stata annullata e ora lui è un uomo libero!

Quando tornò in sé, si trovava nel letto di Laure Richis.(p.250)
Sorrise, strinse più forte la mano di Grenouille e disse: «Ora andrà tutto bene. La magistratura ha annullato la sentenza a tuo riguardo. Tutti i testimoni hanno ritrattato la loro deposizione. Sei libero. Puoi fare ciò che vuoi. Ma io voglio che tu resti con me. Ho perso una figlia, voglio avere in te un figlio. (p.251)

Il profumaio finge di addormentarsi e così, allontanatosi l’ospite, all’alba lascia la città camminando per le strave ove evidenti appaiono i postumi delle gozzoviglie del giorno precedente…

Grenouille rimase a letto finché non udì più alcun rumore né in casa né in città. Quando si alzò, era già l’alba. Si rivestì e si allontanò senza far rumore per il vestibolo, scese piano piano la scala e attraverso il salotto uscì sulla terrazza.
Risalendo il Cours dovette farsi strada ancora una volta tra le esalazioni umane, prima di raggiungere l’aperta cam-pagna. Tutta la piazza e i pendii circostanti sembravano un immenso accampamento militare devastato. Tutt’attorno erano stese a terra migliaia di persone ubriache, sfinite dagli eccessi della festa notturna, molte nude, molte semi-nude e semicoperte da vestiti, sotto i quali erano scivolate come sotto una coltre.  (p.252)

I cittadini tacciono su quanto accaduto e degli omicidi è infine accusato Druot che, sotto tortura, confessa finendo giustiziato…

L’assassino fu trovato già il giorno dopo. In base a indizi inequivocabili, arrestarono Dominique Druot, maitre parfumeur in Rue de la Louve, nella cui capanna dopo tutto erano stati rinvenuti gli abiti e i capelli di tutte le vittime. I giudici non si lasciarono sviare dai suoi dinieghi iniziali. Dopo quattordici ore di tortura, Druot confessò tutto, e implorò addirittura di essere giustiziato il più presto possibile, cosa che gli fu accordata già il giorno seguente. Lo impicciarono alle prime luci dell’alba, senza scalpore, senza patibolo né tribune, unicamente alla presenza del boia, di alcuni membri della magistratura, di un medico e di un sacerdote. Quando subentrò la morte, dopo averla constatata e messa regolarmente a verbale, seppellirono subito il cadavere. Con ciò il caso fu risolto. (pp.254-255)

PARTE QUARTA p.257

51 p.259

Jean-Baptiste avanza verso nord viaggiando di notte per evitare contatti umani.. Rivedendo da lontano il Plomb du Canal, capisce di non voler più vivere e di voler raggiungere Parigi per morirvi…

Grenouille camminava di notte. Come all’inizio del suo viaggio, evitava le città, evitava le strade, si fermava a dormire sul far del giorno, si alzava la sera e proseguiva.[…]
Nell’Auvergne arrivò vicino al Plomb du Cantal. Lo vide a ovest, grande e grigio-argento alla luce della luna, e sentì l’odore del vento freddo che veniva di là. Ma non provò il desiderio di andarci. Non aveva più voglia di vivere in una caverna. Aveva già fatto questa esperienza e si era rivelata invivibile. Proprio come l’altra esperienza, quella di vivere tra gli uomini. Si soffocava in entrambi i modi. Semplicemente non voleva più vivere. Voleva andare a Parigi e morire. Questo voleva. (p.259)

Avrebbe potuto ottenere tutto con la boccetta di profumo divino, tutto gli sarebbe stato possibile, tutto tranne percepire il proprio odore e, quindi, sapere chi sia…

Poteva fare tutte queste cose, se solo l’avesse voluto. Aveva il potere di farlo. L’aveva in mano. Un potere più forte del potere del denaro o del potere del terrore o del potere della morte: il potere invincibile di suscitare l’amore negli uomini. Solo una cosa non riusciva a fare, questo potere: non riusciva a fargli sentire il proprio odore. E anche se il suo profumo di fronte al mondo lo faceva apparire come un Dio, se non riusciva a sentire il proprio odore e se quindi era condannato a non sapere mai chi egli fosse, se ne infischiava, se ne infischiava del mondo, di se stesso, del suo profumo. (pp.259-260)

Raggiunta la capitale il 25 giugno 1767, il profumiere si aggira per le strade tra il caldo asfissiante e il solito insieme di odori mefitici, fermandosi infine fino a notte nei pressi del Cimitière des Innocentes…

Attraversò la Loira nei pressi di Sully. Il giorno dopo gli giunse alle narici l’odore di Parigi. Il 25 giugno 1767 entrò in città da Rue Saint-Jacques, alle sei di mattina. Era un giorno molto caldo, il più caldo di tutto quell’an-no. Migliaia di odori e puzze sgorgavano come da migliaia di ascessi scoppiati. Non c’era un alito di vento. (p.260)
Come il giorno in cui era nato Grenouille. (p.261)

Lì, calate le tenebre, raggiunge un gruppo di malviventi e, versatosi addosso l’intero contenuto del flacone, finisce da essi divorato… Unico gesto d’amore di persone abiette che non possono pertanto provarne rimorso… Fieri anzi…

Soltanto dopo mezzanotte – i becchini erano già andati via – il luogo si popolò di tutte le canaglie possibili, ladri, assassini, accoltellatori, prostitute, disertori, giovani desperados. Accesero un fuocherello all’aperto, per cucinare e per disperdere il puzzo. (p.261)

Ma quel piccolo uomo con la sua giacca blu si era sempli-cemente trovato lì come se fosse spuntato dal terreno, con una boccetta in mano, che aveva stappato. Questa fu la prima cosa che tutti riuscirono a ricordare: che un tale era lì e stappava una boccetta. E poi si era spruzzato tutto con il contenuto di questa boccetta e tutt’a un tratto era apparso circonfuso di bellezza, come di una fiamma raggiante. (pp.261-262)
Si sentiono attratti da quel piccolo uomo angelico. […]

E poi d’un tratto crollò in loro l’ultima inibizione, il cerchio si sfasciò. Si precipitarono su quell’angelo, si avventarono su di lui, lo gettarono a terra. Ognuno voleva toccarlo, ognuno voleva una parte di lui, una piccola piu-ma, un’ala, una scintilla della sua fiamma meravigliosa. Gli strapparono dal corpo i vestiti, i capelli, la pelle, lo fecero a brandelli, affondarono unghie e denti nella sua carne, gli si buttarono addosso come iene.
Ma il corpo di un uomo è tenace, e non si lascia squartare così facilmente, persino per i cavalli costituisce un’enorme fatica. E così, presto lampeggiarono i pugnali, e affondarono nella carne e la squarciarono, e asce e lame robuste si abbatterono sibilando sulle sue giunture, gli schiantarono le ossa. In brevissimo tempo l’angelo fu smembrato in trenta parti, e ogni membro della masnada ne afferrò avidamente un pezzo, si tirò indietro in preda a una brama voluttuosa, e lo divorò. Dopo mezz’ora anche la più piccola fibra di Jean-Baptiste Grenouille era sparita dalla terra. (p.262)

Nelle loro anime tenebrose si agitava d’un tratto un’ombra di gaiezza. E sui loro volti aleggiava un tenero, timido barlume di felicità. Per questo forse avevano timore di alzare lo sguardo e di guardarsi negli occhi. Quando poi trovarono il coraggio di farlo, dapprima con circospezione e in seguito senza più riserve, dovettero sorridere. Erano straordinariamente fieri. Per la prima volta avevano compiuto un gesto d’amore. (p.263)