MIRO RENZAGLIA – LA PAROLA A EZRA POUND E ALTRE MASCHERE D’AUTORE

MIRO RENZAGLIA – LA PAROLA A EZRA POUND E ALTRE MASCHERE D’AUTORE

MIRO RENZAGLIA – LA PAROLA A EZRA POUND E ALTRE MASCHERE D’AUTORE

PASSAGGIO AL BOSCO – Collana BASTIAN CONTRARI – 2020

Libro molto interessante nel quale l’autore, attraverso citazioni o discorsi immaginati e brevi cenni storici, tratteggia le figure di intellettuali “scomodi” e “fuori coro”…

NOTA DELL’AUTORE p. 9

LA PAROLA A EZRA POUND. ATTI DI UN PROCESSO ALLE PAROLE p. 19

Pound: «Io, Ezra Loomis Pound, poeta americano, mi trasferii in Italia nel 1925. aderii idealmente al Fascismo. Poco prima della guerra fra Stati Uniti e Italia, iniziai a trasmettere da Radio Roma, con l’intenzione dichiarata di impedire quel conflitto. Continuai a trasmettere da Radio Tevere, a Milano[…].

Il 3 maggio 1945, venni prelevato a Rapallo da due partigiani, probabilmente pregiudicati comuni ed ex fascisti. Fui consegnato all’esercito degli Stati Uniti e trasferito al Centro di Addestramento disciplinare di Pisa. Mi rinchiusero in una gabbia metallica nella pianura assolata alle porte della città. Il 18 novembre 1945, mi tradussero in America, sotto scorta militare. E lì fui recluso. Il processo fu una farsa. Provato dalla prigionia, mi convinsero che una dichiarazione d’infermità mentale avrebbe sospeso l’accusa di tradimento, restituendomi la libertà in tempi brevi. Così, rinunciai a difendermi da solo in aula: come era mia intenzione. Fui sottoposto a perizia psichiatrica e giudicato incapace di intendere e di volere. Mi rinchiusero al St Elizabeth Hospital. La detenzione, però, non durò pochi mesi, come mi ero illuso, ma dodici anni. Dimesso il 7 maggio 1958, tornai in Italia. Su quest’uomo il sole è tramontato a Venezia, il 1° novembre 1972. (p. 21)

[Immagina la difesa di Pound in ospedale…]

«Non ho fatto propaganda all’Asse, ma alle mie idee. Cercavo solo di dire alla gente d’Europa e d’America come evitare la guerra, imparando quello che c’è da sapere sul denaro». (pp. 22-23)

[…] tutti i discorsi fatti alla radio erano un’idea mia. Nessuno mi fece mai pressioni né direttamente né indirettamente. (p. 25)

«Per la verità, ho cominciato a trasmettere circa un anno prima della dichiarazione di guerra. Esattamente, il 21 gennaio del 1940. (p. 26)

Probabilmente, avrei cercato di farlo dall’America se mi fosse stato concesso il rinnovo del passaporto. Ma mi fu negato. (p. 27)

Secondo me era necessario che si sapesse chi ha causato e diretto la guerra in Europa: prima ancora che dai mercanti di cannoni, la guerra è stata voluta dai trafficanti di denaro. (pp. 28-29)

La guerra è parte dell’antica lotta tra l’usuraio e il resto dell’umanità: tra l’usuraio e il contadino, tra l’usuraio e il produttore, tra l’usuraio e il mercato. (p. 32)

Dopo l’assassinio del Presidente Lincoln, non fu più fatto alcun tentativo serio contro l’usurocrazia, sino alla formazione dell’asse Roma-Berlino. (p. 34)

La guerra è la forma di sabotaggio più atroce. Ripeto: gli usurai provocano le guerre per creare debiti e riscuoterne gli interessi, sfruttando i cambiamenti di valore delle unità monetarie. (p. 35)

vorrei precisare, innanzi tutto, di non esser mai stato iscritto al Partito Nazionale Fascista o ad altre organizzazioni di quel regime. La mia è stata un’adesione etica e intellettuale. (p. 39)

[…] vantava una legittimità popolare più vasta di molti sistemi democratici. […]

Forse, mi sono illuso che il regime fascista potesse accogliere il sistema economico che io sostengo, ma sono ancora convinto che corrispondeva meglio dei governi comunisti e di quelli liberali alla mia visione dello stato e a un’economia che non danneggi il popolo. (p. 40)

Il mio interesse per il Fascismo fu conseguenza di due fatti: essermi trasferito in Italia, nel 1925, e aver incontrato a Roma, nel 1932, il fondatore e teorico del Futurismo: Filippo Tommaso Marinetti. (p. 41)

[…] aderii alla Repubblica Sociale Italiana. E fu per lo stesso motivo per cui aderii idealmente al Fascismo. (p. 43)

(In assoluto silenzio, il poeta si alza in piedi e solleva il braccio destro nel saluto fascista).

ALTRE MASCHERE D’AUTORE

IN RIGOROSO ORDINE ALFABETICO p. 65

LUCIO BATTISTI. TUTTA UN’ALTRA MUSICA (E TESTI) p. 67

CARMELO BENE. LEI È MORTO… E IO NON PARLO CON I MORTI p. 73

ENRICO BERLINGUER. L’ANTICOMUNISTA p. 81

Ma siamo sicuri che Almirante e Berlinguer fossero effettivamente nemici politici?

Se sull’anticomunismo del primo non ci piove, sarebbe forse ora di indagare anche su quello dell’altro. Certo, un anticomunismo mai dichiarato quello di Berlinguer. Ma tutta la sua vicenda politica non è stata, forse, una marcia affrancatrice dai rigidi dogmi della lotta di classe, della dittatura del proletariato, dell’abolizione della proprietà privata, per l’accettazione e perfino per la propulsione del pluralismo democratico di stampo occidentale? Forse sarebbe opportuno parlare, nel suo caso, più di antisovietismo che di anticomunismo vero e proprio. (p. 84)

Mosca, 27 febbraio 1976: al XXV congresso del Pcus[…] la dichiarazione d’indipendenza del Pci da Mosca. La notizia fece in poche ore il giro del mondo. (p. 89)

Cossutta – lo ripeto – aveva assolutamente ragione: Berlinguer, di strappo in strappo, di svolta in svolta, aveva compiutamente trasfigurato il suo partito. (p. 91)

Il problema, semmai, era un altro: di comunista, all’interno del Pci, era rimasto ben poco. (p. 92)

Qualcosa, però, restava. Restava l’abiura nei confronti del comunismo. Anzi, negli anni, il “non sono più comunista” diventerà un vero e proprio sport fra i molti allievi che Berlinguer aveva allenato in casa. (p. 93)

NICOLA BOMBACCI. L’APOSTOLO DELLA SOCIALIZZAZIONE p. 97

Nicola Bombacci nasce socialista e muore mani in tasca e sorriso sereno, gridando: “Viva Mussolini! Viva il socialismo!” (p. 97)

ALBERT CAMUS. SE PER ASSURDO LA VITA AVESSE SENSO p. 115

Là dove regna l’assurdo, la ribellione dell’uomo non serve a salvarlo, a ma conferire senso al suo stare al mondo. (p. 117)

LEWIS CARROLL. O DEL “SILLYGISMO” p. 121

Definiscasi, quindi, sillygismo il procedimento che, da due premesse assurde, produce una conseguenza, errata per ragionamento logico ma coerente alle premesse, per quanto sciocche. (p. 122)

Ma il sillygismo non fu il solo stratagemma al quale ricorse Carroll per produrre scarto dalla norma e condurci «al di là dello specchio». (p. 124)

Insomma, avete capito quanto possono essere pericolosi quegli inventori di linguaggio che sono i poeti? A furia di paradossi, non-sense, indovinelli alfanumerici insolubili, giochi di parole e di enigmi, sarebbero pure capaci di indurvi a credere che la realtà non sia solo quella che si vede […]. E magari, addirittura, a inocularvi il sospetto che il nostro, pur solidissimo, non sia il migliore dei mondi possibili. Tanto meno, l’unico: considerate le tante alternative che l’immaginazione poetica sa creare. Per fortuna, però, solo i bambini credono alle favole. (p. 125)

LOUIS-FERDINAND CÉLINE. COME NON LO AVETE MAI LETTO p. 129

Delle lettere a Marie Canavaggia – come dicevo – ho estrapolato i passaggi utili a connotare il personaggio in una sua versione più intima rispetto all’ufficialità dell’icona rassegnata alla storia della letteratura[…]. (p. 131)

Quel che gli prude in culo ai miei nemici è che sia ancora vivo, perdio! (p. 132)

Sono gli altri in debito con me – io non devo niente a nessuno e l’ho sempre gridato forte.[…]

Prima i libri, poi l’autore: potevo contare soltanto su di me. Ed è quel che ho fatto in condizioni atroci. […]

Se mai tornassi sarei povero, malridotto e odiato come è giusto che sia. (p. 133)

BETTINO CRAXI. SIGONELLA, 11 OTTOBRE 1985: ULTIMO SUSSULTO DI SOVRANITÀ NAZIONALE p. 137

Con Sigonella, Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio, venne meno a una regola imposta dall’Impero Usa agli Stati vassalli: l’ossequio del primato degli interessi statunitensi, al di là di qualsiasi principio d’indipendenza. Rifiutando di consegnare i palestinesi ai marine, Craxi osò affermare, invece, il rispetto della sovranità della nazione italiana. (p. 137)

GUY DEBORD. DALLA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO ALLA SOCIETÀ DELLO PSICODRAMMA p. 143

Quando, nel ‘67 (Millenovecento), Guy Debord pubblicava l’ormai evangelizzato e famoso La società dello spettacolo, molti, i più, quasi tutti ritennero trattarsi di un’avveniristica profezia che non avrebbe mancato di avverarsi. A mio modesto parere, si trattava, invece, esattamente del contrario: era semplicemente la fotografia di un accaduto che, proprio da quel momento in poi, e proprio nel suo nocciolo essenziale, avrebbe via via perso verità e significato. […]

con l’avvento a domicilio della televisione. Tutti diventammo fruitori continui di uno spettacolo incessante. Perfino la realtà sarebbe diventata realtà solo se e quando fosse apparsa in video. (p. 143)

[…] spettatori di tutto.[…]

Se non che, non ci volle poi molto per capire che un’attenta regia e una sempre più scientifica e sapiente manipolazione del fatto-reale-rappresentato avrebbe eterodiretto la coscienza dello spettatore riconvertendolo all’occorrenza (anche contro la sua volontà) al rango di attore, meglio: di comparsa di altrui sceneggiature. Era l’abolizione dei ruoli attore e spettatore che definiscono correttamente la cognizione di spettacolo. (pp. 144-145)

DIABOLIK. IL NICHILISTA p. 151

Il nichilista attivo, o il superuomo che dir si voglia, è un uomo che ha a cuore quell’unica cosa: la realizzazione di sé. Per compierla, ha bisogno di due elementi: la libertà e l’azione. (pp. 152-153)

Diabolik è un uomo passato al bosco, un clandestino per antonomasia: senza patria, senza ideali, senza pentimenti e senza nostalgie per il mondo del sistema valoriale degli altri uomini, volontariamente abbandonato. Quando entra in contatto con questo sistema, lo fa sempre indossando una maschera[…].

[…] un uomo in guerra esclusivamente contro se stesso. E per se stesso. (p. 154)

JULIUS EVOLA. IO, CIOÈ: CHI? (p. 157)

ELVIO FACcHINELLI. CHI HA PAURA DEL DESIDERIO DISSIDENTE? p. 167

Ma c’è qualcuno che sulla stessa questione anticipava Gaber di oltre un decennio: Elvio Facchinelli. La domanda che si poneva era: e se la coppia simbolica destra e sinistra fosse esaurita? (p. 167)

Il suo pensiero, infatti, contiene il seme del non pregiudizio e dell’antipregiudizio: vizi intellettuali da cui non solo era immune ma che lavorava ad eliminare anche nell’altro. (p. 172)

ENNIO FLAIANO. TEMPO DI UCCIDERE p. 175

CARLO MICHELSTAEDTER. NIENTE DI SICURO p. 183

EUGENIO MONTALE. CON UN FISCHIO, NON CON UNA PREGHIERA p. 195

Fu buon discepolo del convincimento heideggeriano secondo il quale attraverso l’elaborazione del dicibile il poeta fa prorompere l’indicibile. […]

Fu, la sua, un’indagine serrata sull’impossibilità di aderire, di appartenere, di riconoscersi fino in fondo in qualcosa di diverso che non fosse – diremo con Gadda – «la cognizione del dolore» che accompagna l’uomo dall’ovulo al loculo. Un nichilista, in fondo, che si dispone ad accettare il non-senso della vita con l’unico rimedio del continuare a interrogarla e a interrogarsi[…]. (p. 196)

INDRO MONTANELLI. IL CONFORMISTA p. 201

Era dotato di uno spirito di indipendenza e di onestà intellettuale da insegnare nelle scuole per giovani aspiranti redattori: un anarchico a suo modo, un maestro assoluto della fedeltà a se stesso e solo a se stesso. Dato a Montanelli quello che è di Montanelli, ovvero il doveroso e sincero tributo al suo genio giornalistico e al suo rigore professionale, possiamo ora consentirci di entrare nel merito di alcuni suoi demeriti.

Da uomo di destra – di destra liberale per la precisione – quale si riteneva, cominciò a prendere cantonate politiche precocissimamente. Cominciò col Fascismo che di destra liberale non aveva il benché minimo sembiante. Eppure, lui credette lo fosse. (p. 201)

Antifascista si rinvenne, un po’ come i più, solo dopo l’8 settembre del ‘43. Finita la guerra, ritrovò quai immediatamente casa giornalistica nel migliore alloggio italiano: ovviamente, il Corrierone. E da quel momento, comincia a costruire la sua fama di “voce fuori dal coro” di cui andava fiero.

Il problema è che lui nel coro ci stava benissimo, solo che si era dato la vocazione del solista che fa il controcanto. (p. 202)

Un bastian contrario per vocazione eretica ma membro e-lettissimo di tutte le chiese maggioritarie: dal Fascismo prima – come abbiamo visto – al centro liberal-democratico[…], fino all’avvicinamento al centro-sinistra di Prodi per il quale, nel 2001, poco prima di morire, farà pubblica dichiarazione di voto. (p. 203)

«L’unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio». Grande Indro: dichiarandoti sconfitto hai vinto un’altra volta. (p. 205)

JIM MORRISON. LA LUCERTOLA BRUCIA ANCORA p. 207

Jim Morrison, uno e bino: metà Apollo, metà Dioniso. E dove cominciava una metà e finisse l’altra non è certo. Anzi e meglio: lui era il luogo dove le due metà si confondono nella poesia. (p. 207)

PIER PAOLO PASOLINI. IL REAZIONARIO ROSSO p. 215

Per essere reazionario, Pier Paolo Pasolini era reazionario. (p. 215)

[…] per lui il Fascismo, secondo i paradigmi della chiesa marxista alla quale nonostante tutto sosteneva appartenere, era l’avamposto della reazione al progresso che, sempre lui, detestava. (p. 216)

Per quella conservazione e difesa della purezza proletaria che gli stava a cuore, contro qualsiasi insidia della modernità, avrebbe dovuto rivolgersi con più attendibile precisione a qualche suo correligionario marxista. […]

[…] fu tra i primi interpreti italiani, una critica serrata all’incipiente “società del consumo” nei suoi molteplici ingranaggi azzeranti. (p. 217)

E non mancò nemmeno di indicare quale fosse lo strumento principale di cui i nuovi poteri si sarebbero serviti per realizzare lo scopo: la televisione. (pp. 217-218)

ETTORE PETROLINI. UN POETA p. 221

Detto ciò, non riesco a capire perché nelle scientifiche e prestigiose antologie della poesia italiana[…], nessuno si sia mai sognato d’inserire qualcosa di Ettore Petrolini. Al quale, in vero, non si può negare d’essere l’inventore di un linguaggio irripetibile: se non per imitazione o per virtuosismo interpretativo[…]. (pp. 224-225)

Che, inoltre, il problema non sono i nostri personalissimi gusti, ma stabilire se Petrolini è o non è un inventore di linguaggio, alias: un poeta. E io non ho dubbi: sì, lo è. (p. 226)

BERTO RICCI. PERCHÉ ERO DI IDEE CONTRARIE p. 231

Partiamo dalla fine. Ricci morì, mitragliato da uno Spitfire, il 2 febbraio 1941 nella guerra d’Africa, dove era voluto andare volontario, vincendo le solite resistenze burocratiche. «Di idee contrarie», lo fu prima, durante e dopo la sua iscrizione al partito fascista. (p. 232)

MAX STIRNER. L’UNICO E LA SUA PROPRIETÀ p. 237

«Ho riposto la mia causa nel nulla». Con questa frase lapidaria, proprio in chiusura dell’Unico, Max Stirner segna l’orizzonte di un esistenzialismo che tronca, definitivamente, ogni legame fra l’uomo e il trascendente. Almeno, con il trascendente religiosamente inteso. […] Il senso è rimesso all’uomo stesso: al suo essere, appunto, per il nulla. (p. 238)

Rinunciando alle bretelle della metafisica celeste, Stirner non ebbe riserve a rinunciare anche a quelle stampelle che sono gli “ismi” terreni: egualitarismo, liberalismo, statalismo, socialismo, comunismo, umanesimo etc. (pp. 239-240)

DANTE VIRGILI. LA DISTRUZIONE p. 245