LOUIS-FERDINAND CÉLINE – RIGODON (Letture Einaudi n° 2 – Maggio 2007)


LOUIS-FERDINAND CÉLINE – RIGODON 
(Letture Einaudi n° 2 – Maggio 2007)
TRADUZIONE di Giuseppe Guglielmi
PREFAZIONE di Massimo Raffaeli p. V
“Agli animali”
MEUDON. Ferdinand spiega all’amico Poulet l’impostura delle religioni che tra l’altro, sostenendo i matrimoni misti e la diffusione di idee di fratellanza, contribuiscono al meticciamento e alla lenta fine della razza bianca… Finisce per urtarlo e non rivederlo più…
Vedo bene che Poulet mi tiene il muso… Poulet Ro­bert condannato a morte… parla mica più di me nelle sue rubriche… una volta io ero il grande questo… l’in­comparabile quello… adesso appena una piccola parola occasionale più che sprezzante. So da dove viene que­ sto, che ci si è beccati duro… alla fine mi aveva smer­dato a menarla tanto in lungo!… è sicuro lei che le sue convinzioni non la riconducano a Dio! «Puttana che no!… sono più che sicuro! io sono del parere di Ninon de Lenclos! il buon Dio, un’invenzio­ne dei preti! interamente antireligioso !… ecco la mia fede una volta per tutte!
– Un’ autorità la sua Ninon!… tutto qui, Céline?
ehm! ehm!
– Sì ! sì Poulet ! meglio ancora !
– Ah !… aspetto ! voglio sapere !
– Tutte le religioni con “ Gesù bambino” , cattoliche, protestanti o giudaiche, nello stesso sacco! le sbatto tut­te al passo ! che sia per metterlo in croce o farlo mandar giù in ostie, stessa farina! stessa impostura! dicerie! trufferia !
– Allora ?
– Allora, dico ancora meglio! cerchi di seguirmi rincoglionito carissimo.
– Via! Via! (p.3)
– Non c’è che una sola religione: cattolica, protestan­te o giudaica… succursali della bottega “ al Gesù bam­bino” … che si azzuffano si strippano?… inezie!… cor­ride cruente per balordi ! il gran da fare il solo il vero loro accordo profondo… abbrutire, distruggere la raz­za bianca.
– Ma come Céline ? lei ?
– Puro meticciato, matrimonio perdio! con tutti i sa­cramenti! Amen!
– La capisco mica bene Céline…
– Capisca invece, condannato a morte! tutti i san­gui delle razze di colore sono “ dominanti”, gialli rossi o violacei… il sangue dei bianchi è “ dominato” … sem­pre ! i figli delle belle unioni miste saranno gialli, neri, rossi, mai bianchi, mai più bianchi !… palla in buca ! con tutte le benedizioni !
– La civiltà cristiana!
– Creazione, Poulet! immaginazione! trufferia! im­postura!
– Comunque! creazione del grande.
– Meticciato! distruzione di venti secoli, Poulet! nient’altro! fatta apposta! creata apposta! ogni creazio­ne porta in se stessa, con sé, con la sua nascita, la sua propria fine, il suo assassinio !
– La Chiesa assassina, Céline!
– Eccome! e lei insieme! non fa che questo la sua Chiesa! baciapile!
– Lei ama troppo i paradossi! Céline! i Cinesi sono antirazzisti!… i neri uguale!
– Questa cazzata! che vengano qui soltanto un an­no ci chiavano tutti! il gioco è fatto! più un bianco! questa razza non è mai esistita… un “ fondo tinta” è tut­to ! l’uomo vero da vero è nero e giallo ! l’uomo bianco religione del meticciamento ! delle religioni ! giudaiche cattoliche protestanti, il bianco è morto! non esiste più! chi credere ?
– Céline mi fa ridere lei…»
Non ho mai rivisto Poulet… ho letto i suoi articoli di tanto in tanto… piccole allusioni… mica di più… l’ho un po’ urtato… (pp.4-5)
Deve continuamente lottare contro i giornalisti e le loro telefonate, lettere, stupide domande e richieste d’interviste…
– Maestro, oh carissimo Maestro! la sua opinione! due parole !
– Ma cazzo Dio non ne ho !
– Oh si, sì Maeeestro!
– Su che cosa, del diavolo ?
– Sulla nostra giovane letteratura!
– Sto immondo vecchiume ? sangue di dio, non esi­ste ! farfuglio fetale ! (p.5)
Accetta di ospitarne due particolarmente insistenti… ennesima delusione… due sciocchi destrorsi che mette in fuga con la minaccia di sciogliere i cani…
– Allora più che decisamente caro Maestro verremo a trovarla! Spintoneremo i suoi domestici, ammazzere­mo i suoi cani, e sbatteremo le sue trippe all’aria! e il suo cervello tocco e marcio ! pronto ! pronto ! ci sente ? ci capisce ?
– Eh, cristo che sì! vado in gloria! l’intervista feroce! ci sto ! fronte alle belve ! il colloquio romano ! erutto !
– Oh sì! oh, Maestro!
– Venite! Venite presto cari ragazzi! che vi stringa! vi baci!…
– Mgam ! Mgam!
Uno grosso robusto e uno magrolino… eccoli qui !… chiudo i cani nel loro recinto… che sti due giovinotti vadano mica dopo a vantarsi dappertutto che li ho ab­bandonati alle mie belve… sti due giovinotti, il grosso, il magro, sono acneici, mica molto puliti, curati, hanno l’alito pesante… l’aria cocciuta, direi chiusi, convinti… mica criticabili… non ho nessuna voglia… sono voluti venire, sono qua… allora?
«Venite da “ L ’Espoir” ?
– Per l’appunto Céline! Stavamo a chiederci, e ci chiediamo ancora, noi e i nostri amici, se lei è veramen­te cosi immondo come si afferma dappertutto ?… venia­mo a chiederle.
– Chi sono i vostri amici ?
– Ah prima di tutto l’enorme Cousteau!
– Un bel sozzone per quel che mi riguarda !… da do­ve salta fuori questo individuo ?
– Da “Je Suis Partout” .
– Dunque un impiegato di Lesca e della Propagandastaffel.
– Ha scritto che era proprio lei che era al soldo dei Tedeschi, lo ha affermato, nero su bianco, col suo im­menso coraggio, nel nostro “ Rivarol” ! Un “ Rivarol” va­le dieci “ Humà”! lo sappia! lo sappia! lo sa?… che co­sa ci risponde Céline? (pp.6-7)
– Il programma della nuova generazione! il nostro
“ Espoir” messaggio del nostro supremo Veggente! Ascolti, tenga a mente, mediti, disgraziato! “ E confor­me al senso della Storia che la Francia e la Germania di­ vengano fraterne” .
– Cristo, toglietevi dai coglioni! oh, che cosa sento! le canaglie! che vi veda più! osare! sciolgo i cani! » Ero lì li ! che erano pronti a sbafarli… più nessuno !… i miei due tizi scomparsi! il vento soffiava… (p.8)Unico a difenderlo Barjavel, del quale cita un testo…

Non troverà la pace da nessu­na parte. Sarà perseguitato sino alla morte; ovunque egli vada. E lo sa bene. E non ci può fare niente, e neppure noi. Noi pos­siamo soltanto proclamare, a ogni occasione, che egli è il più grande, e però facendo questo attiriamo su di lui gli odi decu­plicati dei piccoli, dei mediocri, dei castrati, di tutti quelli che schiattano d’invido odio non appena gli si rialza la testa per mostrarci le cime. Sono la moltitudine. (p.9)

Altra intervista telefonica, poi ancora telefonate a disturbarlo nella redazione della sua ultima opera…
È la notte di Natale e qualcuno suona insistentemente al campanello. Saccheggiatori? Alla fine si decide ad andare a vedere. È tale padre Tallaire che, giunto per chieder perdono, nonostante le suppliche, Ferdinand rifiuta di far entrare…

Ecco qui Natale!… mi dico: non vengono a rom­permi le scatole! a questo a meno d’essere compietamente squinternati che pensano i vecchi ruderi… che li si lasci in pace… Viva Natale… soprattutto se non sei in fulgore, non hai più niente da dare, e non ricevi più visite… esente! Viva Natale!… non ricevi più re­gali neppure! Viva ancora Natale! più da dire grazie! Viva Natale! Basta! suonano !… una volta, due volte, mica il te­lefono… al cancello! giù dal giardino, tre volte… natu­rale che posso fare il sordo, sono mica un domestico… Ouahl ouahl… ci si mettono tutti i cani! è il loro me­stiere… sono quattro, la piccola e tre grossi… ci piace a loro il rumuore!… e che sto sacripante suona sempre! forse un mendicante? merda! salute! mi hanno preso abbastanza, svaligiato abbastanza, portato via tutto, venduto ai robi vecchi, e alla sala aste! puttana, se ho dato!… per la vita! eh, vorrei che mi restituiscano!… c’è dei saccheggiati che riscuotono e forte! io sono mi­ca di quelli !… sono degli altri che devono sempre !… ouahl il cocciuto del cancello ha suonato almeno dieci volte, eccita le bestie… qua va male, Natale!… in più, vi dimenticavo di dire, piove come dio vuole, adesso si bec­ca una risciacquata, sto zoticone… oh, questo mica lo di­sturba !… suona di nuovo, ma un guaio, i vicini ! se si met­tono pure loro ad abbaiare!… hanno il diritto ! ce la pos­sono avere con me… dieci anni!… vent’anni!… Porca! questo è grave! il meglio, che io ci vad a!… scenda giù al cancello, scacci lo zoticone! dritto e rapido!… vedo niente, sì! un poco… una forma nel buio… nel grigio… «Si tolga dai coglioni! canaglia! svelto! canaglia! sozzura ! » e abbaio ! con le bestie ! ouahì… e ringhio !… wrahì pronto a mordere!… noi quattro insieme posso dire che ci si fa sentire ! wrahì fino a Auteuil!… felice Natale! attraverso la Senna, l’eco, pensate! che veglio­ne ! ma questo screanzato non se ne va, per niente ! an­zi mi apostrofa, si attacca al campanello…
«Signor Céline, voglio vederla! »
– Signore, impossibile nella notte!… se ne vada! non torni mai più! la faccio sbranare dai miei cani! »
Il fottuto s’intesta!
«Le ho scritto venti volte! Ho parlato di lei in cen­to articoli! caro autore! mai lei mi ha risposto! l’ho trat­tata di tutto Céline! Canaglia!… Venduto!… pornografo !… agente doppio ! triplo gioco ! mai lei mi ha ri­sposto!
– Mai, non leggo niente, fratello dell’ombra! non so­no tentato, ouahì wrahì
– Allora comunque mi sentirà! urlerò attraverso i suoi cani! le chiedo perdono! proprio perdono! lei mi perdona? grazia! grazia! Natale! »
Si inginocchia… e vlac, in piena melassa… ouahì ouahì quello che temevo: lo scandalo! hai voglia che è notte, si sente !
«Io Reverendo Padre Talloire dell’ordine del Santis­simo Impero ! le chiedo perdono ! vengo appositamen­te… io l’ho gravemente offesa! per Natale, Céline! »
Si batte il petto, sento i vicini… e chi protesta, ur­la ! io non guardo !
«Alle arene pretonzolo !… ai leoni, baciapile, ouahì wrahì »
Ma non vuole mica! no! si rivolta… si rialza da in ginocchio… e mi tratta!
«Te alle arene! proprio te! maledetto perverso!… il tuo posto ! » Prende il sentiero, vorrei che capitomboli, che si apra il cranio ! sotto la pioggia a scazzare, sto pretonzolo mi ha fatto buscare il peggio ! sono sicuro ! mica che sono delicato ma conosco l’effetto… esco mai la notte, so che cosa rischio… che mi riparli del suo Natale, lui o un al­tro! Re Magio! tonaca senza tonaca!… che risalga sta’ a vedere il sentiero!… vedere, modo di dire, ci si è mi­ca visti… (pp.12-14)
Rientrato in casa, Ferdinand si sdraia colto ben presto da un attacco di paludismo che lo porta ad avere delle visioni. Ad apparirgli è Vaudremer, comandante medico del campo di Saint-Jean-d’Angély, spettro verde nella sua stanza…
Mi stendo, Lili se ne torna su da lei, al primo pia­no. .. vi dò questi particolari indiscreti, che poi compren­diate un poco il seguito… insomma, spero! penso a sto prete, sta faccia di culo!… io l’ho cacciato via… certo, meritava, cento volte! mille volte! fosse stato rabbino, anabattista, pastore della Chiesa riformata, ortodosso, l’avrei respinto lo stesso, tutti militanti del Gesù bam­bino, assolutamente nello stesso sacco!… le loro beghe, zizzanie m’imbrogliano mica, usciti tutti dalla Bibbia, assolutamente tutti d’accordo che si è solo bianchi, car­ni da meticciato, passati neri, gialli e poi schiavi, e poi soldataglie e poi carnai… vi insegno niente… […] (p.14)
Mi corico e aspetto… mica molto! scuoto il mio ma­terasso !… un brivido !… due !… ancora lucido mi dico: ci siamo!… sto diocristo maledetto impantanato d’uncurato m’ha fatto beccare un accidente!… lo sapevo in­tanto che l’ascoltavo!… io volevo mica andarci!… sicu­ro anche che mi mettevo a delirare, l’accesso!… delira­re ti passa il tempo… ma delirare è rischioso davanti ad elle persone… puoi pentirti delle tue parole… dal mo­mento che si tratta di un paludismo che mi trascino die­tro da quarant’anni, fin dal Camerun, pensate che so­no mica sorpreso… sto colpo del pretaccio sotto l’acqua fitta, bagnato fin all’osso, al vento del Nord, ad ascol­tare le sue fandonie, era così naturale! se era tutto qui!… ma no!… ma no!… qualcos’altro nell’angolo… alla porta… sono sicuro, qualcuno seduto… vado mica ad accendere… muovermi… è forse soltanto l’effetto della febbre! l’altro pure ha parlato di Natale… forse un’idea, e la febbre… un intruso ?… tutto è possibile!… sto fottuto corbaccio è proprio venuto a suonare… for­se venuto di nuovo?… ci giurerei mica… comunque li nell’angolo, qualcuno… sto mica ad andarci… tremo e trasudo… qualcuno?… qualcosa?… abbastanza da fa­re!… la mente c’è ancora, notate… osservo… si! me­glio! verdastro sto qualcuno, seduto… una luce di luc­ciola… ho fatto bene ad aspettare… ste apparizioni non durano… lo vedo adesso quasi… è un militare… viene a parlarmi? che parli!… io aspetto… lui non parla, non si muove… seduto… verdastro… «Allora?… allora?» Interrogo… tremo… Oh! mi fa paura!… cristo ma è lui!… lo conosco… lo conosco! il, verdastro… lucente… più o meno…
«Vaudremer! »
Lo chiamo… risponde niente… è li perché? per Na­tale?… come il corbaccio?… è passato dal cancello?… attraverso?… i cani non hanno abbaiato… bizzarra di commedia!… sto Vaudremer l’ho conosciuto medico quattro galloni… dov’era ?… (pp.15-16)
Non ho mai rivisto Vaudremer… eppure vero? era proprio lui, era là, seduto, senza dire parola… e fluore­scente !… adesso proprio lo interpello !… no !… (p.17)
Lili gli annuncia la visita del colonnello Cambremousse che, nonostante il delirio febbrile, accetta di far entrare…
« Parlavi con qualcuno ?
– Era Vaudremer…»
Lei insiste mica… crede che ancora farnetico…
«Di’ un po’ sei tornata al cancello?»
Io che interrogo…
«Si qualcuno per te… un colonnello…
– Che colonnello ?
– Cambremousse!
– Che cos’è che mi vuole dire?
– Puoi forse riceverlo?»
Sono tanto stracco…
«Che venga! presto però! e si tolga dalle palle! tre­mo ancora ! » (p.18)
Il militare gli espone il programma di insurrezione nazionale cui vorrebbe aderisse. Ma Ferdinand taglia corto…
«Céline, organizziamo un neo-movimento di risur­rezione nazionale ! contiamo su di lei !
– Siete in errore !… io non voglio fare rivivere nien­te di niente !… l’Europa è morta a Stalingrado… il Dia­volo ci ha la sua anima! che se la tenga!… l ’impestata puttanona?
– Céline, lei è disfattista! sempre lo stesso!… ma lei può aiutarci!
– Eh là, là, casino degli Angeli, no! i Cinesi a Brest il più presto possibile !… il mio più fervido augurio ! il Q.G. dell’esercito giallo alla Prefettura marittima! tut­ti i problemi saranno risolti!… in un lampo! sta gente che non ha mai mangiato si ingozzerà di fritelle !… lei è superfluo Cambremousse!
– Come è divertente lei Céline !… suo malgrado ! » Ordino…
«Totò, fischia!… per il colonnello! che impari!…» Totò fischia, il mio pappagallo… scrupoloso, obbe­diente, non ha che un ’aria !… Nelle steppe dell’Asia cen­trale di Borodin…
«Colonnello tutto l’avvenire è là… ascolti Totò, im­ pari!… Lili portali qui accanto! voglio dire nell’altra stanza, che mi lascino pensare alla mia “ Cronaca” … ci ho del lavoro serio, io!… prima che i Cinesi arrivino! mettiamo cinque, sei mesi… un anno… che riprovino la loro Asia centrale!… i due! voglio mica sentirli… Cam­ bremousse, Totò… (p.19)
Un’altra visita, stavolta gradita, quella di Marcel, amico al quale “prognostica” la futura scomparsa della razza bianca e quello che si insegnerà nelle scuole…
– Tutto quello che succederà! Prevedo per i pro­grammi! l’anno 3000… quello che s’insegnerà nei licei e le scuole comunali storia e geografia !
– Tu prognostichi !
– Nostradamus!… l’hai detto! ma lui era in sibilli­no, nebuloso, allegorico, io qua stai a vedere, è chiaro, onesto e senza sciarade…
– Allora di’ fa’ presto ! »
Si guarda l’orologio… quanto riesce a irritarmi!
« Hai paura di perdere i ravanelli !… le acciughe ! il timballo! confessa, innominabile!
– No! ma tu mi fai ritardare per niente!…
– Ah, è per niente!… io ti vizio, tu m’insulti!
-Dai!
– “ Gli uomini bianchi avevano inventato la bomba atomica, poco dopo sono scomparsi” . Vuoi che ti dica come ? »
Alza le spalle… abbassa le palpebre, semiabbassate, tipo coccodrillo…
«Sarà lunga?
– No! to’ vedi, appena due pagine!… puoi ascolta­re, pallido inetto!… varie tesi: sono scomparsi nelle guerre, e per l’alcolismo, l’automobile, e il troppo man­giare… altri autori sono piuttosto del parere che soc­combettero alle religioni e fanatismi succedanei, politi­ci, familiari, sportivi, mondani, tutte le loro religioni, cattolica, ebraica, riformata, framassonica… avanti a tutto, sopra a tutto, Roma o rue Cadet! stesso credo: meticciatevi! credo assoluto! afferri, ignaro?
– Sì… mica granché !…
– Ascolta la fine! il sangue dei bianchi non resiste al meticciamento!… diventa nero, giallo!… ed è finito! il bianco è nato nel meticciamento, fu creato per scompa­rire! sangue dominato! Azincourt, Verdun, Stalingra­do, la linea Maginot, l’Algeria, semplici carni macina­te !… carni bianche ! puoi andare a mangiare te ! (pp.23-24)
Proprio grazie al meticciamento, tradotto nelle più assurde lingue, ci sarà per lui il meritato riconoscimento…
[…]parleranno ancora di me, dei miei orrori di libri, che i Francesi esisteranno più… tradotto in mali io sarò, sto piccolo capo d ’Asia com­pletamente ignorato ! la gente di quelle parti, un tempo bianchi… biondi, bruni, neri, inverosimili!… scherno della Storia !… decifrato tra le lingue morte, avrò la mia piccola sorte… finalmente! (p.26)
Ma ora basta, deve tornare alla storia riprendendola da dove l’ha lasciata in Nord, lui fedele cronista… L’aguzzino Achille vuole libri, non parole.. Un vero negriero che lo deruba e umilia…
In attesa vi faccio languire, vi ho lasciato a Zornhof, Harras e il Reichsbevoll Gòring ci avevano appena la­sciati… io vi pianto in asso, e i miei comics’…. presto, presto i cavoli miei, che vi ritrovo!… per di qua, Signo­re e Signori!… ancora duemila pagine almeno! l’Achil­le che mi vorrebbe deceduto ! solo erede, di tutto ! gra­tis prò Deo! nato apposta, a quanto pare! ah il volpone! che si metta in coda e segua la guida ! state a vedere al­meno un poco… questa lanterna magica, dico magica! d’epoca e tutto! come se ci foste! (p.26)
«Andiamo Céline!… i suoi lettori hanno almeno un po’ il diritto che lei la smetta di fare il buffone… anche lei! le sue storie di Cinesi a Brest possono divertire un momento… mica di più! tutte le sue Chiese, da metic­ciamento, antibianche, ehm! ehm! facezie cosi equivoche il suo pubblico vuole altro!… non lo sa?… opera­zioni “ cranio aperto” , vivisezioni a colori, sgravidanze a tre forcipi, e fabbricazioni di “geni” nei laboratori cromoplastici della Cordigliera, a 4000 metri di altezza…
– Porca! “pelle bianca” che sono, signore! e cocciu­to come tale !
– I “ pellerossa” sono ben scomparsi!
– L ’alcool li ha parecchio aiutati, io non bevo che ac­qua… i “pellerossa” hanno avuto le loro “riserve” e i lo­ro privilegi… il loro conquistatore li proteggeva… io qua “pelle bianca” il conquistatore non pensa che una cosa, avvilirmi ancora sempre di più! rubarmi tutto, umiliar­mi a morte… che a fondo di fogna, un qualche sbirro (pp.27-28)

                                                          — Fine excursus—

 Con il permesso di Goering in mano, l’obiettivo è quello di raggiungere la Danimarca imbarcandosi a Rostock. Ma prima c’è da informarsi sulla fattibilità e così, mentre lui e Lili si recano a Warnemunde, verso Rostock, La Vigue e Bébert restano lì ad attenderli…
Eccoci qui!… omaggio al lettore!… inchino!… ci ritroviamo allo stesso punto… Harras è appena parti­to… agire adesso o mai più!… abbiamo l’essenziale, il permesso firmato, timbrato Reichsbevoll… e l’idea, la stessa, la Danimarca… e traversata, la costa di fronte, Nordport… sempre un certo traffico, hanno detto, può darsi… si vedrà!… il tutto d ’andare presto… il nostro permesso non varrà più niente tra due… tre giorni… (p.28)
Di buon passo, nonostante la sua invalidità, i due coniugi raggiungono in breve la stazione piena zeppa di gente in attesa…
…difilato alla stazione! ecco troviamo… pieno di gente alla porta… e pieno dentro, militari, civili, contadini, operai, tutto, come nel metrò… (p.29)

Escono in attesa del treno, ma ecco di lontano comparire La Vigue con un rimorchio su cui ha collocato cibo e sacchi vuoti sgraffignati a Zornhof. Bébert è nel tascapane. In stazione starà al sicuro, ma ecco il treno, comicamente stracolmo da sembrare un millepiedi per via delle braccia, gambe e teste che ne fuoriescono dai finestrini…

… a proposito di tradotta!… La V igue!… sì, lui! mica si è gingillato a Zornhof!… ci raggiunge, non ha resistito… arriva con un «rimorchio».
«Ti sei sbrigato! di’ ! che cosa ti porti?
– La roba! » (p.29)

Vado a guardare… un fagotto di camicie, sporche… e dei sacchi di barbabietole, vuoti…
«Credi, valeva la pena?… e Bébert?…»
L ’ha messo nel suo tascapane, a bandoliera… Bébert fa mìaoul… lo si accarezza…
«Hai da sbafare?…»
Mi fa vedere… nel suo montgomery, pieno di butterbrot…
« Li hai fregati ?
– S ì!… dai Kretzer, non c’erano più!
– Il rimorchio ?
– Sempre da loro!… avevano di tutto! » (p.30)

…conosco dei metrò da scoppiare, dei treni così strapieni che ci introdurresti manco un dito, ma qua sto verme di ac­celerato è così imbottito, così irto di gambe, di braccia, di teste, che sei forzato a ridere… tutto quello che gli spunta dai vetri… si avvicina… psduttl psduttl ma è mi­ ca tutto lì!… subito appresso la locomotiva, un piana­le, un cannone e degli artiglieri…
«La Vigue, ti giuro! aspettaci! hai Bébert! » (p.31)

Non sembra esserci verso di salire, ma Ferdinand vi riesce mostrando a un sottufficiale della Lutwaffe il permesso speciale e il suo bracciale croce rossa… Questi spiega loro trattarsi di un treno proveniente da Berlino, pieno zeppo di feriti e morti (molti falsi) che vogliono raggiungere Rostock. Talmente pieno che non si fermeranno più…

…chiedo agli altri da dove arriva?… da Berli­no diretto!… con i feriti degli ultimi bombardamenti…si evacua !… si evacua!… naturale ne muoiano per strada,se ne lasciano a ogni stazione… a malapena li strappano fuori… la prova sto accelerato fa uno strano effetto, tut­to irto di polpe nude, di teste e di braccia morte… e an­che di fucili incastrati tra i vetri e gli sportelli… questo tutto per Rostock!… hanno di tutto li, pare… soprat­tutto per la chirurgia… questo treno è già più che zep­po, non si fermerà più da nessuna parte… Rostock di­retto! … ne sanno delle cose!… l’ospedale là ci credevomica molto… un modo di sbarazzarsi… di mandare a marcire più lontano… proprio lo stile tedesco… (p.33)

Completato il rifornimento di acqua e carbone, il treno riparte tra le lacrime di chi a salire non è riuscito… Saltate varie stazioni, in piena notte ed aperta campagna, il treno vien fatto fermare ed evacuare su ordine del dottor Erbert Haupt, medico primario di Rostock, che ha l’incarico di operare la selezione dei passeggeri… L’uomo li accompagna in un albergo posto al centro di Rostock…

«Doktor Erbert Haupt! »
Si presenta… scomodo nell’oscurità… ripete…
« Oberartz Haupt !… Rostock !… »
Lui il medico primario di Rostock… dobbiamo mica essere lontano… comunque in piena campagna… e nella notte… non fa caldo… non gela forte, ma abbastanza… (p.36)

Adesso ci porta all’albergo!… bene!… come vuo­le !… avanti! arrivederci ai quattro artiglieri, e anche ai tre compari… eccoci su questa scarpata… seguiamo l’Oberartz! conosce la strada!… va di buon passo… faccio fatica a seguirlo… quest’albergo non deve essere moltolontano… passiamo davanti a uno scambio, una lunga baracca… nessuna luce, niente deviatori… devono es­sere andati via anche loro… niente riflessioni !… ah, una via!… siamo usciti dalla strada ferrata…
« Ecco il vostro albergo ! »
In effetti, era subito lì… un vero albergo… niente di crollato… insomma quanto credo di vedere… sicuro, Rostock è stata toccata, ma qui no, non ancora… guardo il mio orologio… sono le due del mattino… (p.37)

Il dottore si congeda dandogli appuntamento per l’indomani, alle dieci, in Municipio, per farli poi partire per Wandermunde… Le sirene in lontananza inquietano Ferdinand che resta così sveglio.. D’un tratto qualcuno bussa alla porta… è il dottore greco Proseidon… Patologo presente in loco già da sei mesi, in attesa dell’arrivo della moglie, entrambi al servizio in Urss per dieci anni pur senza essersi mai tesserati. Gli spiega la selezione che attua Haupt sui malati… Tre giorni stesi sui campi… Chi resiste viene curato nell’ospedale o messo al servizio di raccolta dei morti…

– Gut! buono !… domani mattina !… Stadthaus! Mu­nicipio !… »
Vuole rivederci… d’accordo! ci saremo, al suo mu­nicipio! … se ne va ci lascia… deve averci prenotato una camera… […]
…10 si rivede poi domani: alle dieci!… (p.38)
«Toc! toc!»
Alla porta… qualcuno… molto piano… ho fatto be­ne a restare vestito… apro uno spiraglio…
«Lei mi scuserà caro collega!… a quest’o ra!… ma è bene che le parli, la avverta ! domani non sarò forse più qui… non si sa mai…»
Questo caro collega sussurra… ha un accento… ma mica l’accento schleu… da dove viene?
Adesso ci domando…
«Aspetti, ho una candela! »
E vero… ne ho parecchie anch’io… e dei fiammife­ri… strofino… ecco qua!… prego questo sconosciuto di entrare…
«Tutte le mie scuse!… ci siamo stesi, è tutto!… aspettiamo un allarme !… »
Mi spiega…
«Non ci sono stati che due allarmi da quando sono qui io…»
E sei mesi che è qui…
«Molte bombe?
– No!… tre volte!… quattro grappoli!… ma torne­ranno !… non mi sono presentato !… scusatemi !… Proseidon… greco, medico della Facoltà di Montpellier!…
Proseidon! (p.39)
«Non le ha spiegato? tecnica nietzschiana… l’Oberartz Haupt è nietzschiano… la selezione naturale!… sopravvivono i forti! il freddo, la neve, la nudità li for­tificano… soprattutto i feriti!… i deboli soccombono, li si sotterra… tecnica dell’Oberartz Haupt, si svuota­no i vagoni, tutti, si mettono tutti i corpi in terra sui prati… cosi come stanno… li si lascia li… due giorni… tre giorni… al freddo, alla neve, tutti nudi… quelli che possono alzarsi fanno lo sforzo… li vediamo, anche su una gamba… vanno verso Rostock… là li si separa!…quelli che vanno all’ospedale, in chirurgia… e quelli che restano agli sterramenti… che scavano le fosse… per i morti, quelli che non si muovono più dopo due… tre giorni…»
Proseidon era stato medico di servizio… ai prati e al­ le fosse…
«Adesso forse la mette lì?»
Capivo perché c’era tanta mano d’opera, perché ave­ vo visto tanti cenciosi attorno ai vagoni… il metodo non era mica stupido… ma a me la Danimarca il mio interes­se ! mica la selezione nietzschiana… io avevo uno scopo…che lui mi parli di Haupt, delle sue manie… e soprattut­to se avevamo il diritto di andare a vedere il mare ? (pp.40-41)

Alle tre Proseidon se ne va e Ferdinand resta in dormiveglia fino alle sette, ora della sveglia. Il collega gli fornisce pane e acqua calda e così, poco dopo, eccolo da Haupt che, senza neanche aprirgli, gli spiega che andranno a Warnemunde con il treno del pesce e vi potranno rimanere per circa due ore, tempo di caricamento dello stesso. Poi torneranno verso Berlino con Proseidon e i suoi lebbrosi…

«Che cosa vuole?»
Credo che è la sua voce…
«Un permesso per Warnemiinde! »
Si è lui, l’Oberartz…
«Può andarci! mica bisogno di permesso… san­no !… » […]
Mi tocca ascoltarlo attraverso la porta…
«Andrete a prendere la vostra roba!… non tornere­te più all’albergo!… più albergo!… proibito!… finito l’albergo!… anche le fabbriche chiuse!… Heinkel!… ordine di Berlino!… tornerete diretto Warnemunde Berlino!… Proseidon sa anche lui, partirà con voi, e i suoi malati, diretto Berlino!… vi aspetterà… mi capi­te?…
«Sì! Si! andiamo!» (p.44)

Scortati da due soldati, Ferdinand e Lili vedono così la spiaggia e il mare dell’ormai triste e desolata Warnemunde. Lì salgono a bordo del treno che li riporterà verso Berlino. I due soldati gli portano riso e zuppa di pesce…

…ah, un poco più lontano, dove caricava­no il pesce, è formato il treno per Berlino… si può an­dare a vedere!… due scompartimenti «riservati»… per noi certo?… basta, la spiaggia!abbiamo visto!… pren­diamo posto! noi e il nostro soldato più anziano… ci riposeremo… il giovane sale su accanto… non ci hanno parlato molto né l’uno né l’altro… là seduti si vede be­ne quello che accade, la salita degli altri a bordo… ah, li setacciano !… almeno dieci pulle in uniforme… si pas­sano i documenti… timbrano e ritimbrano! interrogano… soprattutto i militari ungheresi, in bustine rosse… (p.46)

Il cargo 149, caricato di pesce e passeggeri, prende il largo. Impossibile, per via dei rigidi controlli, salirvi a bordo… Terminato il caricamento del pesce e attaccati i vagoni, anche il treno parte giungendo ben presto a Rostock, dove salgono Proseidon e i suoi lebbrosi…

… c’è da vedere… il cargo se ne va… si direbbe… s ì!… non fischia… le eliche battono… ap­ pena appena… se ne vede ancora meglio il parapetto… tutta l’altezza… e l’enorme Danimarca in lettere bian­che… sarà cosa voluta se lo silurano… «buon viag­gio! »… faccio il gesto, saluto dallo sportello… nessuno mi risponde… nessuno compare… la consegna senza dubbio… alla fine ecco qua, il «149» prende il canale… oh, lentamente… il mare… se ne va… il mare cosi piat­to, cosi grigio… ecco qui si è visto ciò che si doveva…[…]
…alla fine il treno di Berlino è formato… Berlino di­retto… bisogna comunque che si prenda il nostro colle­ga a Rostock… lui e i suoi malati…[…]
… le nostre due sentinelle, è tutto… si parte… sdutti sdutti Oh ci vuole mica molto… Rostock!… il convo­glio si ferma, Proseidon era lì, ci aspettava… mica da solo, ha i suoi malati con lui… gli domando… sì! sono loro!… è riuscito a radunarli, ne manca solo uno… (pp.48-49)

Tra la neve crescente e gabbiani e aerei in cielo, il treno raggiunge infine Moorsburg. Scendono e, ad attenderli, oltre a La Vigue e Bébert ci sono Harras e Kracht. Il gerarca gli ha riservato uno spazio nella sala d’attesa dove possono mangiare e risposarsi. Lì gli presenta suor Felicie, allegra trentenne volontaria nella cura dei lebbrosi…

…due… tre stazioni… là ci siamo quasi!… ve­do, credo di vedere le case… la neve ostacola… il treno rallenta… se si può dire… metro per metro… tsciutt! tsciutt! sì, si ferma, è Moorsburg… e proprio nella sta­zione!…
« Ferdine ! Ferdine ! »
«E La V igue!… Lili risponde, una domanda!
«Bébert?… Bébert?
– E qui ! »
Scendiamo giù… e Proseidon e la sua squadra… si aiutano a scendere, si dànno il braccio… accettano di andare ovunque…
«Di qua collega! di qua! La voce, è Harras! è mica solo, è con Kracht… (p.50)
«Destouches!… Destouches! le presento suor Félicie?…»
Suor Félicie sembra del tutto a suo agio… per nien­te triste… allegra anzi, possiamo dire… giovane, la tren­tina… (p.51)
«Suor Félicie!…»
Harras mi spiega, è appena arrivata da Berlino… in carro armato… direttamente… volontaria per il lebbro­sario… è lei che li curava là ai contagiosi… vedo si co­noscono, si abbracciano… (p.52)

Harras mette medicamenti e abiti a disposizione della volontaria. Non ride più il gerarca, nota Ferdinand, che avrebbe tante cose da chiedergli…

… il suo ooaah! non era triste ma non rideva più… ci avevo tante di quelle cose da sapere… avrei volu­to parlargli… si aspettava seduti sulla paglia… e poi ci si è slungati… si aspettava suor Félicie… mi sembra… (p.53)

Un treno, scalpiccio, ordini e voci destano Ferdinand che scorge fuori Harras e Kracht. Il gerarca è venuto per informarli del fatto che saranno trasferiti a Sigmaringen, sede del governo collaborazionistra francese, viaggiando su un treno diretto a Ulma. Scenderanno prima di Berlino, alla stazione di Anhalt dove, scortati da due soldati, saliranno poi sul treno per Ulma. La Vigue gioisce, ma Ferdinand ne frena la gioia…

… noi sempre lì, ci si riposava, La Vigue, io, Lili… mica da dormire, no!… ma tranquilli… tanta paglia!… oh! mi­ca senza pensieri !… persino Bébert nel suo tascapane stava in orecchio, mica a far le fusa… il tutto nei rumuori raccapezzarcisi!… quelli che sono per voi… ne sentivo due lì, certo… Harras… Kracht… dai loro passi fuori… ci cercavano… sì! erano loro!… scavalcano i cor­pi… Harras mi individua… mi illumina con la sua torch…
« Destouches !… Destouches !… una cosa ! importan­te per voi !… per voi tre… ecco !… ecco !… » Mi tiro fuori dalla paglia, La Vigue pure, Lili pure…
«Mi sono permesso… signora lei mi perdonerà… im­portante per voi… »
Ascoltiamo… sussurra forte…
«Il governo francese ha lasciato Vichy…
– Allora ?
– Si ripiega su Sigmaringen…»
Qui bisogna che ci spieghi… Sigmaringen? in Ger­mania ?… sf ! sì !… certamente !… ma tutto al Sud !… al­la frontiera svizzera !…
Vedo La Vigue cambiare di colore… lui che era pal­lido smorto, quasi da svenimento, si fa di porpora…
«Ah, Ferdine!… Ferdine! la salvezza!»
Esclama…
«Attenzione agli altri La Vigue! vedremo poi là!…
– Allora si parte ! quando ?
– Ma si! ma sì! »
La Vigue si tiene più!
«Si sta per tornare di’ ! in Francia! »
Ma da come noi siamo, io coricato lui in piedi, lo ve­do male… questa sala è buia… lo sento… Kracht e Har­ras illuminano… lui strabalza, zompa di gioia, sui suoi piedi… tra i corpi… va… viene… scavalca… è venuto fuori dall’incubo… si vede già in Svizzera… e quasi a casa sua, a Montmartre…
Lo calmo.
«La Vigue, compagno, è mica finito! ascolta il dot­tor Harras!… tu urli! ste lettiere sono piene di canari­ni! ce n’è dappertutto! non lo sai?…»
Harras m’interrompe… tira fuori un timbro dalla sua tasca…
«Dunque ecco q u i!… guardate! »
Esaminiamo… non è più il Reìchsgesund…
«Un ordine dell’esercito per Sigmaringen!… più se­rio! no?» (pp.53-54)
Sì, certamente!… noi il nostro «treno di pescheria»
ci fermerà prima di Berlino… scenderemo giù… e an­dremo fino ad Anhalt con le nostre due sentinelle, co­noscono la strada…
« Certamente !… certamente ! »
Il tutto, che si arrivi!
Gli dò i nostri documenti, La Vigue pure… il tim­bro, pur magnifico R eic h sb ev o ll non è più sufficiente,ci vuole quello dell’ O.K. W… O berkom m ando der Wehrmacht… Comando supremo dell’esercito… Harras ci ag­giunge, di suo pugno: Wehrmachtbefehl Sigmaringen…
credo che così siamo premuniti… ma i biglietti?… tut­to è gratuito, indubbiamente !
«Pagherete più tardi! più tardi! »
Che debito avremo! in effetti ho visto… più tardi!
che è mica ancora finito !… (p.55)

Timbrati i loro visti, Harras comunica a Berlino la loro partenza attraverso un rudimentale sistema che funziona con la dinamo collegata alla bici del ciclista Kracht. Stettino non risulta invece raggiungibile…

Harras cerca Berlino… emette… mi fa vedere il suo piccolo apparecchio… così piccolo… nel cavo della ma­no… e poi che Berlino gli risponde… Harras ha la cuffia… ascolta… ecco qua !… ci siamo !… c’è voluto mica molto !…
«Li avverto che arrivate… è necessario! »
Sono proprio d ’accordo!… tac… tac… tic! Vedo che ha imparato il telegrafo, l’altro là per aria sulla sua bicicletta sta mica neppure lui a divertirsi…
« N och!… noch! … Kracht !… ancora ! »
Kracht ci dà sotto!… si tratta del magnete! e micaa sbalzi!… continuo!… che l’antenna farfugli mica!…stop!… finiti i messaggi!… di colpo!… adesso riceve­re! il più delicato la ricezione !… Kracht deve pedalare nell’altro senso… alla rovescia… forza!… e ci siamo!… fortuna che Kracht è allenato…
« Gut! Kracht ! Gut! …»
In effetti, si vede dall’antenna, il crepitìo… Harras sente… sente Berlino… sente la Cancelleria…
«Destouches, va bene! accettato!… ja!… ja! … potete partire !… aspettate ancora un momento !… noch! noch Kra­cht! Stettin! … devo avvertire Stettino ! devono sapere !… » (p.56)

… si raccappezzano bene!… Harras rinunzia al­ le sue chiamate… Stettino rimane sorda… bisogna dire che Kracht SS è allo stremo delle forze… ci ha la lingua fuori… e che la nostra antenna non crepita più…
« Noch! nochì »
Harras ha voglia a incitarlo…
«Nun! nun! lasse! lasci!»
Kracht ruzzola giù dal sellino… si stende lì sulla ne­ve… sul fianco, spossato… lui che era fanatico di bici !… lo lasciamo… si va a vedere gli altri… pronti alla par­tenza.. . la suora ha rifatto tutte le medicazioni… (p.57)

Poco dopo eccoli quindi agli addii con Preoseidon, Felicie i lebbrosi…

…e mette tutti i suoi leb­brosi in fila e li porta alle slitte, li sistema, e la suora, li tutti seduti per bene… ci dice: addio!… noi le rispon­ diamo: arrivederci!… arrivederci!… le due slitte scivo­lano, si staccano… ci siamo!… la pista… ne hanno per almeno quattro giorni… non ci fanno dei segni… né i lebbrosi, né la suora, né Proseidon… (p.58)

Poi è la volta dei saluti con Harras e Kracht… Di nessuno di loro avrà mai più notizia…

In effetti non li abbiamo mai rivisti, né sentito parlare di loro… né di questo lebbrosario… né di Stettino… ho pro­prio domandato qua… là… a dei viaggiatori, si fa per dire… città e cittadine hanno cambiato nome, pare… e gli abitan­ti sono partiti… bisognerebbe andarci… vedere… pensate ! Dunque, noi tre, Lili, io, La Vigue, e il nostro felino, riprendiamo il nostro «treno di pescheria»… stesso scom­partimento… i nostri due soldati non si sono mossi, ci
aspettavano… ecco qua… Harras ci raccomanda ancora…
«Avrete da camminare un poco, una mezz’ora, dal deposito delle locomotive alla stazione Anhalt… i due soldati non vi lasceranno…
– Bene, caro Harras!… alla misericordia di Dio!… e heil Hitler!…»
Ci stringiamo le mani… forte… lui bacia Lili… ba­cia Bébert… ecco qua!… nel fondo si capisce c’è della tristezza… persino il sentimento che non ci rivedremo tanto presto… Kracht tutto lungo disteso nella neve ri­ piglia fiato… fiato… ci guarda…
«Arrivederci, Kracht!
– Heil! heil Doktor! » (p.58)

Eccoli dunque in viaggio fino all’arrivo a destinazione, camminando tra le macerie fino ad Anhalt scortati dai due soldati. Lì, dove una babelica folla cerca di salire su un grosso convoglio. Posti non ce ne sono, ma donne infuriate assaltano il vagone riservato alla Wermacht occupato dal maresciallo Von Lupp e dai suoi uomini (costretti a salire nei vagoni deposito di carbone)…. Anche Ferdinand e gli altri riescono a salire con le donne…

Oh, ma il nostro «treno di pescheria» piglia il via… comunque!… tsciutt! tsciuttl slitta… avanti forza! an­cora arrivederci ad Harras… e Kracht !… è tutto… li ho mai rivisti… né Proseidon, né la suora, né niente del­ l’altro lassù, il’nietzschiano di Rostock… né niente del­
le sue selezioni naturali… […]
Il treno ci porta via… prima piano… e poi brutal­mente… comunque, questa linea è migliore… ci sono dei mucchi di sassi, riparano… noi ci siamo sistemati, quieti quieti… ci troviamo a riflettere… niente più Har­ras, più Kracht… a noi adesso sbrogliarcela… i nostri due soldati fiatano nemmeno… si vedrà a questa stazio­ne… la stazione prima di Berlino… c’è un po’ d’aerei su per aria… ma che si occupano per niente di noi… si pas­sa… ci si ferma da nessuna parte… dei baraccamenti… stazioni o depositi ? i nostri due soldati non ci parlano… di sicuro, hanno l’ordine… con Harras parlavano… ec­co già tre ore che il nostro treno corre… ha fischiato… forse a ogni stazione ?… ah, eccoci !… una piattaforma… dobbiamo esserci… il più vecchio dei due fritz ci fa se­gno… sì!… sì!… va bene!… scendiamo giù… il sentie­ro lungo il binario… uno dietro l’altro… non è fatico­so, ma siamo lontani da questa stazione Anhalt?… do­mando.. . «ach, nein! neìn! »… in effetti…(p.59)
…eppure quanta gente !… noi il nostro marciapie­de, l’espresso per il Sud è già strapieno… come la navet­ta per Rostock..t ma questo qui è di veri vagoni, alti, lar­ghi. .. la gente però è ammucchiata in piedi, imbarilata co­me nell’altro… è fuori questione che noi si possa, noi li
per quanto proprio dei più magri, intrufolarci, inserir­ci, noi per quanto cosi comprimibili… […]
Brangg! … e crrrt!… come un’esplosione !… è uno dei vetri grandi del vagone che vola in frantumi!… un sas­so !… e un altro !… un altro vetro !… e il cristallo dello sportello in fondo!… aprono, hanno la maniglia!… si monta su all’assalto, tutti gli urlatori della banchina!… molti che si vantano di avere visto l’anarchia tedesca, mentono, non erano mica lì, noi c’eravamo, e mica per rivedere… ho visto molte cose ma la Germania in furia
nichilista non la dimentichi… tutti gli scontenti e i lo­ro bambocci e i poppanti tra le braccia all’assalto dello sleeping Wehrmacht… se ci si sballotta, tutto lo scom­partimento! sguazzabuglio… pieno di ufficiali in pigia­ma, soldati, poppanti, matrone… se ci si azzuffa!… tut­to il corridoio ! le cuccette presto prese !… (pp.60-61)
mica un generale!… un maresciallo!… quale? Von Lubb!… sto nome mi dice niente… comunque, vuole andare a Ulma… tutto il vagone per cominciare, tutto sto treno vuole andare a Ulma… e tutta la folla della sta­zione, perdio! è il vagone il peggio, il corridoio in pez­zi di vetro… le banchine anche… c’è mica da difender­si… come furia è peggio che il metrò… e se si pestano le schegge !… più la ferraglia da su in cima della volta gigantesca… il maresciallo se ne vuole andare, uscire fuori dal corridoio… oh, un fico secco! le donne si op­pongono, non deve passare !… in più vogliono le sue pantofole!… lui resiste! «ach, neinl… nein! …» (p.62)
Lili è acrobata… quattro e quattr’otto… sollevamento sulle braccia! per il finestrino! c’è più vetro, soltanto schegge… bop! è dentro!… le passo Bébert nel suo sac­co… per me sarà più complicato… i nostri due soldati, i nostri due così discreti ci hanno individuati, sono lì…
mi afferrano, ciascuno un piede, e hopl… ci sono!… la volta di La Vigue!… (p.63)

Ci arriveranno a Ulma?, si domanda inquieto…
Sebbene grottescamente stracolmo, il treno parte…

La sua impressione…
«Di’ un po’ Rostock, Ulma è una tirata!
– Ulma? Ulma? ci credi te a Ulma?»
Si può mica dire che si ha la fede.
Fede o no, il treno si è mosso… abbastanza facilmen­te… tsciutt!… tsciutt!… questa locomotiva di testa è più scattante di quella che spinge, ci spinge… i vagoni di coda slittano… noi li dentro, noi tre e Bébert, nella mucchia di ste donne baltiche, marmocchi e famiglie, C’era­vamo fatti notare sicuro… ma ci eravamo entrati lo stes­so, cavolo ! nel loro mesci-mesci di culoni, meloni, brac­cia e capelli… incastrati ingrovigliati di modo che non possano mica tanto buttarci fuori… a me almeno tre co­sce e un piede attorno al collo… sopra la testa… per il vagone direste che non ne può più, che sta per spaccar­si, aprirsi, andarsene in pezzi, che è maturo… sballot­tamenti e tremolamenti… più ben disposti potreste cer­care di vedere se sono le rotaie, la linea o le ruote… co­munque sta tradotta va avanti, scuote meno di quella del Baltico… là su si può dire, si è tanto riso!… sto convo­glio dei lebbrosi e pesce… dove poteva essere adesso ?… (p.64)

Il treno fa sosta a Lipsia dove addette della croce rossa distribuiscono del cibo, poi riparte veloce percorrendo i monti Eifel o Taurus. Ma ecco che, entrati in una galleria, finiscono sotto bombardamento. Tra scossoni e vibrazioni i passeggeri si schiacciano al suolo riparandosi alla meglio…

Ulma il nostro capolinea !… via Lipsia sembra… non sono sicuro… si vedrà… forse niente di vero? che ci mandano a finire in un prato ?… la replica di Rostock… abbiamo delle tempre da sopportare molte cose, e ne abbiamo dato prova… io penso… ci domando ai due lì, Lili, La Vigue… sono d ’accordo… siamo tornati a sta­re dritti con gli sbalzi altrui… anzi con gli sballottamen­ti credo… ecco due ore buone che vediamo passare gli alberi… stiamo mica a protestare, gli altri che si lamen­tano… noi tre e il gatto non protestiamo niente… for­se più di loro l’abitudine di essere malmenati, proietta­ti, qua e là… oh ma mi sembra, volevo mica credere… un marciapiede… e LEIPZIG… a grandi lettere rosse… bene !… il treno va adagio… si ! ci siamo…. ma altri car­telli… «vietato scendere»… Verboten!… e guardie tut­to per il lungo… vedo che eravamo aspettati… ah, del­le signorine con delle brocche… piene… fanno la cate­na, ci offrono ai finestrini… niente più vetri… ai vani degli sportelli… è brodo!… ci potrebbe essere qualche veleno, una brutta pozione… no, non sembra…. altri ne bevono… tutto liscio! ma i recipienti? ci vogliono dei «quartini»… tutto è previsto!… e pagnotte di pane… al­tre brocche per le madri e marmocchi… latte! latte! mil­ch! poppatoi… i poppatoi per prima cosa!… tutto il va­gone ciuccia… le madri più svelte dei poppanti… giù! giù! senza tettarelle… ancora un’altra brocca!… piombano al­tre ragazze, «croce rossa»… queste portano tutto quello che possono, panate, marmellate… che ste povere ma­dri baltiche e bambini abbiano più a piagnucolare… (p.66)
Harras aveva detto: passerete sotto i monti Eifel… dobbiamo esserci!… Eifel o Taunus… in ogni caso sia­mo in discesa… o forse sotto un altro massiccio?…[…]
bombe! delle vere… un grappolo!… due! attaccano! la testa del treno… dietro!… fortuna che siamo sotto la galleria!… fanno cilecca!… broum ancora! un’altra sca­rica (pp.67-68)
ogni arrivo sulle rocce di sopra siamo proiettati, rimbalziamo contro la gente, le fami­glie… pensate se i vagoni se la spassano, ballano, tutto il convoglio sdondola, il frastuono, catene e pezzi di ve­tri, tutto questo in mezzo a quegli urlamenti… ah, le ca­tene che si spaccano, si staccano, raschiano sul terrapie­no… vi dicevo a sprazzi di scintille! che ci vedi alla fi­ne la volta… da un capo all’altro… mica quattro stelle, diecimila!… la tradotta si trova sospinta a ogni bom­ba… e da sopra!… e risospinta da sotto! rilanciata!… vrrengì… il treno « Luna Park » !… mica per ridere !… la fisarmonica ferroviaria! ah, una mina! brrouml e un’al­tra !… spaccheranno la roccia ! le rocce su per aria fino alla volta!… ci ho paura… possono accartocciare il tre­no a sobbalzi… contraccolpi… ariete… forse… questo convoglio ha l’aria piuttosto solida… pur sembrava però un caso dei più seri… due ore che facevano il possibi­le… le madri a implorare… soffocare… vomitare fulig­gine zolfo sui loro marmocchi… sopra ? contro ? vedevo mica bene ma sentivo… anche attraverso le ferraglie… e bouml e vrrreng! … già parecchi vagoni di testa dove­ vano essere schiacciati… tutti i viaggiatori giù !… gli or­dini verboten! verboten! buonanotte !… va a farti fottere (pp.68-69)

Bombe al fosforo, nota Ferdinand…

un inizio!… ah, novità!… là in fondo vedo una colata di fiamme, conosco!… gialle!… fosforo!… mica idio­ta! … le loro bombe all’entrata io capivo… al fosforo li­quido!… il fosforo a cascata… ci vedevo mica molto venire fuori… da dove?… (p.70)

Mentre le donne, scese dal treno, vogliono tornare a piedi a Lipsia dove c’è cibo, cessati i bombardamenti, il gruppo dei rimasti è raggiunto dal capitano Hoffman. Informato alla perfezione su di loro, il milite gli chiede se abbiano visto il maresciallo Von Lubb, comunicandogli la necessità di ripartire entro dieci minuti al fine di evitare un secondo fatale bombardamento. Tanto meglio, del resto, se le donne se ne sono andate…

venire fuori… da dove?… le madri, a strisciare sui sas­si, si rendevano comunque conto che il loro pancia a terra serviva a niente, che c’era da alzarsi su, e galop­pare… ma verso dove?… attraverso le colate di fiam­me?… no!… passare sotto il treno, passare dall’altro lato !… il fosforo colava mica di lì… l ’altra parete, ma quello che volevano, tornar su a Lipsia!… lo urlava­no !… un vecchio mi traduce… a Lipsia avranno di tutto!… avevano visto! di tutto!… avuto tutto a L i­psia! latte!… brodo!… panata! Rote Kreuzl… Croce Rossa! tornare là !… tutto per non restare sotto que­sta galleria… né riprendere questo treno… questo treno intanto sarà distrutto, la R af ne lascerà nien­te! sfuggirà nessuno! all’uscita della volta: brouml c’è solo da sentire! gli aerei ne faranno un’unica tor­cia! Si salvi chi può! restano dei corpi sui sassi, ste­si… dei troppo vecchi o degli svenuti… vado mica a vedere che cosa sono! ah, un ufficiale!… che risale anche lui attraverso i sassi… tra la volta e il treno… il fosforo dà un bagliore… si può quasi vedere fino all’al­tro capo… deve essere, sto ufficiale di quelli squagliati in pigiama, scacciati dai vagoni OKW… con il loro ma­resciallo von Lubb… si è rimesso le spalline, delle fran­ge, appuntate sul suo pigiama… mi ha individuato, par­la francese, sa chi siamo, pure così nel buio e la fuliggi­ne… e cazzo sangue di dio, si può mica più discreti… anche il nostro gatto Bébert nel tascapane… sa da do­ve veniamo… Rostock-Berlino… dal treno della pesche­ria… le informazioni… chi… che… che cosa… che è… (pp.70-71)
«Dottor Destouches!… è lei, vero?… e il suo amico Le Vigan? e il suo gatto Bébert? i miei omaggi rispet­tosi signora ! »
Parla francese, asciutto, aspro, ma preciso…
«M i presento signora! Ho l ’onore!… Capitano Hoffmann, del “ settimo Genio” … Stato maggiore del maresciallo… a proposito signori non hanno visto il ma­resciallo?… sanno, nel secondo tender?… Maresciallo von Lubb !…
– No capitano! no! (p.72)

I tre si intrufolano nel vagone riservato ai soldati dove trovano un neonato. Hoffman glielo affida facendoli restare. A Furth potranno affidarlo alle cure delle infermiere. In breve il vagone si riempie di soldati, tutti tranne Von Lubb… Poco dopo il treno riparte, giungendo senza problemi a Furth…

sono lunghi distesi, è tutto… il ca­pitano Hoffmann non ha ritrovato von Lubb… ha proprio cercato?… sono mica sicuro… guarda dappertutto, ha l’a­ria. .. ma ci vede mica noi… un predellino… un altro, è fat­ta… siamo nel corridoio… schegge di vetro tutto sto scompartimento… più taglienti pericolose dei sassi… un’impre­sa per fachiri!… comunque piano piano, scricchiolando, vedo che è qui !… il salotto del maresciallo… è vuoto… nessuno!… no ! sul sofà di mezzo, un marmocchio in fasce !… un marmocchio di circa un mese… non strilla… ce l’ha messo una madre… entro dentro… guardo… sto marmocchio… è mica ma­le, non soffre… è un poppante robusto… e allora? il capitano Hoffmann?… lo chiamo… viene… era dietro di noi…
« Ha visto ?… non abbiamo né latte… né poppatoio… »
Che si renda conto… lo avverto… è lui che coman­da, allora?… sembra… vedo nessun altro responsabile… mica il tempo di esitare… se si prende sto marmocchio ci vuole del latte…
«Può arrivare fino a Furth? (p.74)

La breve sosta consente di lasciare il bambino e di rifocillarsi, poi Hoffman chiede in disparte a Ferdinand di fargli un favore per ripagarlo di averli tenuti a bordo nonostante l’ostilità degli altri. A Ulma prenderanno i treno per Augusta, arrivandoci in occasione dei funerali di Rommel. Ebbene, in chiesa troverà il maresciallo Rundstedt e il capitano Lemmerlich cui dovrà dire in francese che “sua figlia di Berlino sta meglio”, un messaggio che quello capirà…

Categorico il capitano!… andiamo avanti ancora un tratto… poi più lentamente… e un marciapiede… e Furth… tutto fuliggine ! i freni !… un cartello… ci siamo… questa stazione non è stata toccata, mi sembra… Vedo! Wartesaal… sala d’aspetto… sbatto gli occhi ben bene, ma sono sicuro… chiedo agli altri, vedono anche loro… ah, delle infermiere !… tutte pronte, li… il treno appena al bi­nario. .. il capitano Hoffmann vuole che ci sia servizio !… (p.77)
il marmocchio impacchettato, portato via!… ancora un segno!… pieno di sandwich! per noi… bot­tiglie di birra!… un pellegrinaggio tipo Chartres ? Lour­des ?… si! s i!… lo stesso tipo… non interamente, ma un poco… la Salvezza!… tutto quello che vogliamo! nient’altro!… la salvezza per le locomotive a coke e lo stato maggiore OKW!
«Dottore! »
Il capitano vuole parlarmi… a me proprio!… a msolo !… lo seguo… pesticciamo tra le schegge… tutto un corridoio… un vagone… e un altro… ecco ci siamo… lo scompartimento che cercava… vuoto…
« Dottore ecco !… i miei camerati ufficiali non ne vo­levano sapere di lei né del suo amico l’attore…
– La capisco, capitano… le sono molto riconoscen­te…» (p.78)
– Voi tre e il gatto andrete a prendere il treno per Ulma… immediatamente !… sonderzug… lei mi capisce ? quello che dovevano prendere i Baltici… avrete del po­sto!… quattro vagoni!… vuoti! Augusta non è ancora distrutta… mi ascolti bene!… un’ora circa per Ulma… là arriverete in pieno funerale…
– Allora capitano ?
– Bisogna che sappia!… un funerale militare… quel­lo del generale Rommel… nessun interesse per lei…
Rommel?… mai sentito parlare!… ma 11ci sarà… atten­zione! un nome che le chiedo di tenere a mente… Ma­resciallo Rundstedt… non scrivere, semplicemente tene­re a mente… Maresciallo Rundstedt… e ancora un altro nome: Lemmelrich… questi solo capitano… capitano co­me me… lui, dello stato maggiore Rundstedt… si ricor­derà non è vero: Lemmelrich?… le dò fiducia… posso?
– Oh certamente, capitano!
– Allora ecco… lei si avvicinerà a Lemmelrich… lo riconoscerà… facile… in chiesa… capitano dello stesso tipo come me… un uomo alto, secco, grigio… una fra­se soltanto… “ sua figlia di Berlino sta meglio” … è tut­to… non le risponderà niente… lei gli dirà in francese
“ sua figlia di Berlino” … lui capirà…» (p.79)

Il treno giunge infine a Ulma, dove i tre attendono su una panchina l’altro treno… Aria pura, silenzio, tutto deserto. Ma no, ecco che Ferdinand scorge un barbetta al loro fianco, uomo con il quale imbastisce un dialogo. È un pompiere…

Volevo mica avere l’aria sorpresa! ma comunque il tempo di riflettere… là seduto… doveva osservarmi… il treno continuava… andava… andava… per cosi dire normale… salvo che anche usciti dalla galleria la fulig­gine riempiva ancora tutto il vagone, rifluiva da un fi­nestrino all’altro, cosi spessa che meglio era non guar­dare… lui aveva degli occhiali speciali, temeva niente lui…
SI! si ! è lì … il treno si ferma… la stazione… Ulma!… i cartelli… possiamo scendere… nessuno ci impedisce… niente guardie… usciamo dalla fuliggine, dalla nube… (p.79)
niente auto… e nessuno, né nella stazione né sui mar­ciapiedi lì, niente !… degli edifici dai due lati… ma vuo­ti, mi sembrava… ah s ì!… qualcuno! mica alle finestre, proprio accanto a noi! seduto… sicuramente questo in­dividuo aveva ben potuto sentirci… un vecchio con bar­betta… chi è? attacco…
« Guten tagl »
Posso mica dire che sto vecchio mi risponda… gru­gnisce… ricomincio…
« Es geht? va bene ?
– Nein! no ! »
La nostra conversazione si inizia male… la mia tenu­ta non c’è da farci caso, me, ma lui, se è impiegato daqualche parte in qualche cosa… poliziotto… militare… fa uno strano vedere !… mica un’uniforme che conosco,eppure ne ho viste almeno un poco e di tutte le mostri­ne, da Baden-Baden… e Moorsburg… il meglio, che glidomandi… lui mi risponde…
« Yeuermann!… pompiere… Hauptmann!… capitano !… »
Ancora uno, vi traduco… sto capitano pompiere non parla che crucco… ah! neppure una parola di francese! (pp.80-81)

È sospettoso il vecchio. Se è medico, glielo mostri visitandolo nel suo alloggio dice a Ferdinand. Ed eccoli, in lenta e penosa ascesa verso il quinto piano dell’attiguo palazzo… L’uomo si scioglie strada facendo. Il suo nome di copertura è capitano Siegfried, unico pompiere rimasto in servizio…

«Io, sono medico, il mio amico lì è attore…»
Ah, medico, si interessa… vero medico?… dubita… vuole delle prove… ma via !… in uno dei miei sedici por­tafogli… il minimo! e delle ufficiali!… prove!… quat­tro.. . cinque strati di tasche… delle prove !… e in tede­sco… del loro ministero… Erlaubnis! … ho tanto fatica­to… ecco!… tira fuori i suoi occhiali… mi guarda… legge…
«E lei?…
– Come minimo, sì!… mica un altro! »
Mi irrita sto scettico pompiere capitano ! Allora!… allora, che io lo visiti! qui subito, un’altra esigenza !… che gli palpi la pancia !… certamente !… madove ?… mica lì sui gradini !… ha un posto, sa lui !… su nella stazione !… dove va a portarci ancora ?… mi fa ve­dere… una finestra… si alza… quasi insomma… si met­te mica in piedi, solo a metà… e con smorfie… lo si po­trebbe aiutare… rifiuta, vuole salire da solo… tutto da solo… gli offro il mio bastone… anche i miei due basto­ni!… nein! qui vediamo la sua uniforme… pompiere? torna a sedere… si mette a salire gradino per gradino a quattro zampe, capisco… è almeno al terzo piano que­sta finestra… la finestra… il posto… gradino per gradi­no ci siamo mica ancora!… ha il tempo d’informar ci… adesso è d’accordo… direi che prende un poco di con­fidenza…
«Mi chiamo Siegfried… Hauptmann Siegfried… non è il mio nome, è quello che mi hanno dato !… è stato ne­cessario, sembra… anche gli altri hanno cambiato no­me…» (p.82)
l’alloggio… lo vedo seduto, che cos’è che può avere?… reumatismi?… tabe?… è dal capostazione che ci porta… al «terzo»… di gradino in gradino fa dei progressi… si diventerà camerati su in cima…
«Mi chiamo Siegfried… Hauptmann Siegfried… non è questo il mio nome… è quello che mi hanno dato… è stato necessario cambiare i nostri nomi… contro le spie, pare… gli altri pure hanno cambiato nome… e l’unifor­me?… mica la sua neppure!… la sua è bruciata a Pforzheim… tutte le pompe di Ulma a Pforzheim… (p.83)

Giunti a destinazione, alloggio del capostazione, Ferdinand bussa. È una donna ad aprirgli, Hilda, che sostituisce il marito al fronte nel ruolo di capostazione. Sotto i letti tiene celati i figli, per evitare che la polizia glieli porti via… Siegfried si rivela pazzoide. Mostra il campanile, su cui un tempo si arrampicava per primo, a Ferdinand che può infine visitarlo. Tutto normale, non ha nulla…

adesso questa porta!… busso, Siegfried non si muove… è mica il capostazione, è una donna che apre… una don­na in berretto, deve sostituire il marito[…] (p.84)
«Hilda!… Hilda!… questo sciancato mi ha chiesto l’età !…»
Sono io lo sciancato… Lei mi fa segno di rispondergli niente… che la sua testa!… la sua testa!… s’infila il dito sotto il berretto, la sua enorme campana lampone… che è lì, è di lì che ha male !… è evidente !… evidente !
«Venga a vedere !… Venga a vedere, brutto monello ! »
A me il brutto monello… la sua Hilda mi fa segno: ci vada!… mica il momento di disobbedirgli…
« Lontano !… lontano !… là, giù !… vede il campani­le?…
– S ì!… s ì!… ha ragione!…»
In effetti, proprio in fondo al viale…
«E centosessantuno metri!… capisce?… (p.85)

I due ridiscendono lentamente e il vecchio gli spiega che presso la chiesa con il campanile si terranno i funerali del traditore Rommel… A breve passerà il terribile Rundstedt, che pretende che i pompieri percorrano velocemente il viale con un estintore eliminando eventuali focolai o pericoli presenti… Hilda scende giù dicendone di tutti i colori a Siegfried affinché sfili. Gli dà dell’ubriacone sfaticato, poi… ecco la trovata! Incastrati! La Vigue porterà il pesante estintore risalendo a piedi il viale e spegnendo le eventuali placchette incendiarie disseminate lungo i marciapiedi. Ferdinand e Lili lo seguiranno. Lui potrà fingersi cieco…

Decide… noi!… noi l’apparecchio!
«Voi l’apparecchio e il bracciale !… »[…]
e schizzatoio in cima… questo apparato piut­tosto pesante, credo… La Vigue?… lui è d’accordo… è una passeggiata!… si andrà anche noi, me, Lili, lo si aiu­terà…
«Sicher! sicherl certamente!»
Siegfried chiede mica di meglio basta che lui resti lì, seduto… oh, ma il bracciale!… ecco qua!… Hilda ha una manciata di bracciali… ma soltanto uno! uno per quello che sarà «l’estintore»!… La Vigue?… me?… oh, La Vigue!… il bracciale della loro «difesa antiaerea»,[…] (pp.91-92)
Siegfried parla, anche questa è nuova… e delle istru­zioni !… parla per il viale…
«Se vedete delle piastrine… plaketten! le spegnere­te!… così in questo modo!… uno schizzo!… l ’estin­tore ! czzz!… una schiuma !… »
Noi siamo bell’e pronti a spegnere tutto!… lui lo scansafatiche resterà lì… e le plaketten ?… dove ? Hilda deve sapere… (p.93)

Avanzano lentamente con varie soste alle panchine poi, in vista della cattedrale, Ferdinand decide di tornare indietro. Troppo pericoloso… Ma Bébert guarda fisso a lato: è lì La Vigue, sdraiato nell’erba…

Si va a risalire sto viale… sottobraccio, io da cieco… questa Hilda ha delle idee… (p.94)
penso a La Vigue… ancora una panchina… il mo­mento di tirare il fiato… faccio più il cieco… basta!… (p.96)
Adesso non siamo più molto lontano… la guglia lì… sta guglia da centosessantuno metri, quella che scalavail nostro Siegfried, ci si può mica sbagliare… a proposi­to il Siegfried ha approfittato d’essere rammollito per non fare più un cazzo di niente e spedirci alle «piastrine»! non si è trovato niente né nei rigagnoli né sotto i muri… La Vigue forse?… ma lui, dov’è?… a noi me Lili tutti i rischi! scarpinata e fatiche… sto capitano Sieg­fried ci farebbe passare Hitler Jugend la prossima guer­ra… ruffiano !… la sua cattedrale non era più lontana… ma io vedevo mica La Vigue… né da questo lato… né l ’altro lato, marciapiede di fronte… si era fatto imbar­care col suo serbatoio a schiuma?… la sua funzione di cacciatore di «piastrine» aveva forse fatto cattivo effet­to ? ci doveva essere una riunione di pezzi grossi davan­ti a questa cattedrale ?… i generali e l ’alto clero, sicuro !
io non ci tenevo per niente a essere visto… dietrofront !… d’altra parte mica più «piastrine» nei rigagno­li che burro al culo !… ci dirò quel che penso io ai due scostumati, il barbogio e la lampone, che avrebbero potuto andarci loro di persona, alla pesca delle pasti­glie di fuoco! ah l’Hilda la concubina, le farò tirar fuo­ri i suoi marmocchi da sotto il letto, che li butti giù al­le pastiglie, mica noi, i suoi impiastri ai fuochi d’arti­ficio! ero ben deciso, dietro front! Bébert nel suo sacco… no! non vuole… quando non vuole, conosco il mio miao, è che guarda… bene !… guardo anch’io… lon­tano c’è… il pendio… l’erba sul ciglio… qualcuno!… ha ragione… seduto sull’erba… n o!… sdraiato!… andiamo a vedere… sospettavo… tutto per il lungo… La Vigue sulla schiena, occhi fissi… allora? non ci riconosce…  (p.97)

Niente piastrine neanche lui, ma in chiesa è fuggito di fronte ai prelati e agli ufficiali. Si è fermato in una fabbrica di birra dove gli operai, donne soprattutto, reclusi in attesa di esser trasferiti a Berlino, lo hanno riconosciuto. Meglio aspettare lì il passaggio di Raundstedt, concordano i tre…

Prima farfuglia… e poi dice… vedo, se è vero capi­sco che sia inebetito… riassumo: è stato fino alla chiesa… mica una chiesa, la cattedrale… sappiamo! sappiamo! e allora?… guardato dappertutto!… non una piastrina! «sei sicuro?… sì» ma sul sagrato uno di quegli assembra­menti di Landsturm e di leccasanti tipo arcivescovi!… ci avevano urlato che si avvicini ! immediatamente ! col suo bracciale e il suo estintore… si era squagliato! squaglian­dosi era passato davanti alla gendarmeria… Feldgendarmerie… quelli li non gli avevano detto niente, niente di niente… ma accanto, in una fabbrica, pieno di gente rinchiusa e a chiave!… si ingabbiata! immaginate! in una birreria, una vera, mica una bottega, né un caffè… no !… una fabbrica di birra… fabbrica grande… piena di gen­te… subito lui ci aveva parlato… dalle finestrette… mi­ca Tedeschi, stranieri, donne e uomini… dovrebbero prendere il treno per Berlino… perché Berlino?… an­che a lui questo l ’aveva stupito, Berlino… perché no Rostock?… (p.98)
«E meglio aspettare!
– Aspettare che cosa?
– Che il maresciallo sia passato!… Rundstedt!
– Che cos’è che può farci?
– Ma se ha dei polizai intorno… sicuro ne ha !… do­cumenti
!… donde ! dove ! domande !… » E del mio parere… che non ci si muova!… si sta mi­
ca male lì sull’erba… fa molto bello… che il marescial­lo passi!…
Ci si alza poi dopo… ma… ma… il traditore!… ne ero sicuro… (p.99)

Ma ecco una donna bruna farsi loro incontro. Si chiama Claire e, uscita dalla birreria, ha giusto appuntamento con La Vigue...

«Guarda è per te! »
Una signorina bruna… esita… l’erba di fronte… l’al­
tro marciapiede… viene avanti… un passo a destra… a
sinistra… attraversa…
«La conosci?»
Sì! sì!… confessa… è fuggita dalla birreria!… per­
dio!… appuntamento!… lui l’aspettava!
«Attiri le ragazze?… battona!… non sei guarito? (p.100)

Mentre Lili dorme e i due innamorati si parlano, Ferdinand va a bere. Ma ecco che,  ancora ancora intento a gustarsi l’ottima e fresca acqua, passano una ventina di moto e un’auto, quella di Rundstedt! Invasato, La Vigue si piazza al centro della strada fermando l’auto con il braccio destro alzato…

qualcosa! La Vigue si alza… si scuote… esce fuori dall’erba, scende dal m arciapiede… giusto un gros­so plotone di moto… rrrrrt… passa, lui approfitta… salta in mezzo al viale !… io vi racconto esatto… si pianta li !… cosi in questo modo !… col braccio de­stro per a ria !… mi dico, ci siamo !… provoca!… avrei dovuto restare inosservato, inchiodato con­tro il cippo… vaffanculo! faccio uno zompo!… la grossa Mercedes frena !… frena !… si ferma di col­po !… un metro da lu i!…[…] «Rundstedt indietro! indietro Rundstedt! no, lei non andrà più in Francia!…»
Piantato! minaccioso! il braccio destro alzato! (p.102)

E così, in breve, sono presi e portati in auto alla stazione di polizia…

l’abitudine… ma là scusate !… mica il tempo di fare uf…renderci conto… siamo accerchiati, imbarcati hop! in macchina! è stato un lampo… un’altra bagnarola, ber­lina. .. io La Vigue Lili… nessuna ammiratrice !… osser­vo… lei è scappata via… quattro pulle con bracciale in­
sieme a noi… uno con bracciale tricolore… una pulla francese? il primo che vedo… dove ci portano?… (p.103)

Un poliziotto è francese. Li visita anche Rundstedt che se ne va dopo aver carezzato Bébert… In auto sono riportati in stazione dove un treno speciale li condurrà direttamente a Sigmaringen…

Le carte posso divertirli !… piene le mie tasche, e le fodere… La Vigue idem!… dei fasci!… ci si fruga, strafruga… gliene metto un sacco sul tavolo… ptof… ma si al­zano tutti! si piantano! fissi! rigidi!… tacchi!… attenti! qualcuno è entrato !… l’avevo visto male nell’auto, la Mer­cedes, adesso è lui, là, il maresciallo… Rundstedt… (p.104)
… ci imbarcano!… ci aiutano, via che si va !… e la stessa strada… credo tor­niamo su alla stazione, mi sembra… c ’è mica segre­ti ! …
« Il convoglio deve essere formato ! »
La nostra pulla ce lo dice, il tricolore, lui deve sape­re… gli domando:
«Verrà con noi?
– E allora! più si è, più ci si diverte! »
Filiamo via… filiamo… ecco qui la stazione!… il piazzale… ci riceve nessuno… il capitano Siegfried? scomparso! la capofighessa di stazionse, la lampo­ne?… i suoi tre bambini? è forse scomparso anche il treno? no!… è lì, formato, al binario… i nostri sbir­ri non m entivano!… il cartello, tutto! Sigmaringen… «speciale» per noi… nessun a ltro !… siamo presto dentro, sistemati, noi e le nostre pulle… mica altri viaggiatori… una minuscola locomotiva a coke, ho visto, ho avuto il tempo… stesso tipo, legno, ferraglia, che su al nord, il nostro treno del pesce… finalmente Ulma, Sigmaringen!… soltanto cento chilometri se­gnati, a meno di una sorpresa si sarà li verso le sei… le sette. (pp.106-107)

– – –

La crisi delle vendite dei quotidiani porta i giornalisti ad assediare i vari personaggi noti al fine di porgli domande su pettegolezzi e altre questioni di poco conto…

Onorato lettore, devi perdonarmi, le faccen ­de del Congo si sistem ano, un poco, intascati i rialzi, patiti tutti i ribassi, le infilzate inferme a letto, ma nei periodici, che penuria di copie!… i giornalisti stanno in agguato, riaccendono, attizza­no le dicerie più balorde… si buttano a frustare i lo­ro vecchi idoli che vengano a gracchiare qualsiasi co­sa […] (p.107)

E così eccoli anche da lui a chiedergli del Tenia…

cazzo che no ! eccone qui una !… eccone qui uno ! ec­cone qui dieci !… e che domande !…
« Oh grazia !… Oh Maestro !… Oh vuole ?…
– Che cosa?
– Che ne pensa del Tenia?… (p.108)

Se abbia degli amici e a dirgli che è matto, andandosene dopo avergli fatto perdere un quarto d’ora…

– Una domanda!… una sola!… ancora! lei ha avuto degli amici! parecchi!
– Merda! pazzi cagoni, tutti! spioni!… a chi più e meglio !
– Non uno ?
– Non uno!… meno di uno oso dire… tutto per­ché la folgore non caschi su di loro !… il loro tanto ca­ro loro… ma solo su di me! tutto su di me la folgo­re !…
– Lei è inasprito, Maestro, triste…»
Porca! se ne andranno mai…
«No! biologo! ho detto, è tu tto !… sola la bio­logia esiste, il resto è blab là…. tutto il resto !… io sostengo al “ Ballo dei G am eti” , il girotondo gran­de del mondo, i neri, i gialli vincono sempre!… i bianchi sono sempre perdenti, “ fondi tinta” , rico­perti, cancellati!… politiche, discorsi, baggiana­te !… solo che una verità: biologica !… tra un mez­zo secolo, forse prima, la Francia sarà gialla, nera sui bordi…
– I bianchi ?
– I bianchi al folclore, strip-tease, risciò…
– Le hanno detto che è tocco, Maestro ?
– Dieci volte al giorno da trent’anni!
– E impiccato ?
– E troppo tardi, reggerei mica, cadrei a pez­zi ! …
– Ad anelli, Maestro!… ad anelli! »
Hi! hi! che è buffo! i poveri stolti! mi hanno fatto perdere un quarto d’ora !… se la battono! insom­ma tanto peggio!… mi faranno una pagina… pressap­poco… (pp.109-110)

Il treno viaggia lento e sballottante verso Sigmaringen. Ferdinand si chiede chi vi ritroverà là. Restif? E Raumnitz? Domanda di quest’ultimo alle due guardie… Sì, lo troveranno…

 persino di musicali, vi racconterò… lì mi appre­stavo a fare una domanda alle pulle…
«Raumnitz?
– E lì più avanti, lo vedrà! »
Restif e Raumnitz… almeno quelli ci conoscevano… (pp.111-112)

Poco dopo eccoli in stazione dove, ad accoglierli, ci sono proprio Restif e Raumnitz. Le due guerdie se ne vanno, loro vanno invece a colloquo con il nazista che gli spiega che Sigmaringen sarà evacuata entro tre giorni. Dovrano quindi partire con Restif e i suoi uomini a bordo di un treno speciale…

Restif e Raumnitz… almeno quelli ci conoscevano… il nostro treno scorre via… sballotta un poco… ma nien­te di grave… un po’ di montagne russe… degli avvalla­menti… ah eccoci… adesso ci siamo… si va molto ada­gio… un grande cartello… Sigmaringen… le pulle non ci hanno mentito… riconosco il marciapiede… ci ho cam­minato su e giti abbastanza, accidenti! e la sala d’aspet­to… oh, ma R estif!… proprio lui, subito… lì, al nostro sportello…
«Non si muovano! buongiorno! buongiorno! resti­no seduti ! Raumnitz vuole vederli ! è qui che viene !… »
Le nostre due pulle sono al corrente, il tricolore e il crucco… si alzano, ci lasciano…
« Arrivederci !… buon viaggio !… »
Per loro non è una sorpresa… Raumnitz, eccolo qui, con i suoi due cani…
«Possono venire !… scendano dal loro vagone, ho da parlarci…» (p.112)
«Sigmaringen è evacuata… deve esserlo!… molto presto… tre giorni… un treno speciale viene a prender­li… loro e Restif e i suoi uomini. (p.113)

La Vigue andrà invece verso Roma, avendo segretamente già presentato domanda a Zornhof…

«Domani signor Le V igan!… per il Brennero… Ro­ma! vuole?»
Oh eccome !… la gioia nelle lacrime !… subito !…
«Ah Ferdinand! e te Lili! dovete perdonarmi! non ne potevo p iù !… avevo già chiesto… su a Zornhof ! »
Ci aveva scavalcati! la carogna!… dove aveva chie­sto?… a chi?
«Ad Harras!
– Allora schifezza avresti potuto un poco… (p.113)

Al momento non gli viene fornita alcuna informazione aggiuntiva sulla loro destinazione… E nessuno li saluta, né Raumnitz, né La Vigue… Il treno accoglie Lili, Ferdinand, Bébert, Restif e una trentina di suoi miliziani…

Doveva voler dire questo treno… che era qui… ave­vo sentito una locomotiva… Restif mi fa segno che in effetti… Lili è pronta… La Vigue non guarda, non si muove, la testa tra le mani… lui non parte mica, doma­ni il suo turno… andiamo dunque alla banchina, io Lili, Bébert… in effetti tutta altra cosa… (p.116)
sì! giusto!.. Raumnitz ci precede… è qui!… que­sto treno a tre vagoni: viene da Costanza… saliamo su… vedo, proprio il vagone classico… lettiera spessa, paglia e fieno… trasporti di uomini, non vedo battifianchi… gli uomini eccoli li… con Restif, tutto il suo «comman­do», sono circa trenta, equipaggiati «milizia», mantel­la, bombe a manico, Mauser… si bisbigliano, passano davanti a noi, si sistemano negli angoli, si aggiustano… si bisbigliano ancora… a noi pure di sistemarci… Restif deve sapere di che cosa si tratta… provo a cercare che mi informi… nessun fischio!… ci muoviamo… nessuno ci ha detto «arrivederci»… né il comandante né La Vi­gue. .. a ogni modo mica bisogno di tallonare Restif, non aspettava che il momento, che il treno fosse partito permetterci al corrente… e quanto ce n’era!… (p.117)

Il treno parte e così Restif può rivelargli la destinazione: Oddort, 5km da Hannover. Dovranno cercare il generale Swoboda. Più tardi ecco che il treno giunge in stazione e, aperti i portelloni, possono scendere e raggiungere Swoboda. Questi li accoglie nel suo ufficio avvisandoli di doversi assentare spesso. Proffittando della sua uscita, Restif li informa che saranno presto liquidati…

 neanche sulla stazione… la stazione dove andiamo, Oddort, cosi si chiamava… cosi si chiama più, niente… so io bene perché… (p.117)
Smaneggiavano i nostri battenti…. i perni… improv­viso! il pieno giorno!… e un marciapiede, un binario… avevamo più altro che da uscir fuori… bene! lascio pas­sare Restif… mi fa notare: niente scritte, né cartelli… bisognava sapere che era Oddort !
«Adesso si va a trovare Swoboda…» (p.120)
Si alza, va alla porta, la apre, più nessuno?… no!…torna indietro…
«Dottore, presto!… deve diffidare… tutta sta sta­ zione qui non è che una trappola… tutta sta gente dei treni è da liquidare… sono di troppo… lei anche lei è di troppo… anche io…
– Come sa?
– Dottore, le spiegherò più tardi… adesso lei si de­ve aspettare… presto!… sarà fatto tutto stanotte…
– Perché?
– Perché non hanno più posti nei campi… e più da mangiare… e perché fuori questo si sa…(p.122-123)

Continuano intanto ad arrivare treni di morituri… Swoboda rientra e dice a Restif di rispondere al telefono durante la prossima ora in cui riposerà. Ma, appena addormentato, l’uomo finisce sgozzato. I francesi si danno alla fuga. Restif gli promette di tornare, ma di lui e dei suoi uomini partiti ad eliminare i tedeschi non s’è mai saputo più nulla…

E tutto!… capisco… non ho visto ma ho sentito… che io veda! hanno mica finito di soffocarlo… Restif mi mostra… due schizzi !… dalle due carotidi… il suo bistu­ri affilato, curvo, a falcetto… posso vedere… si… ma il sangue ? ha mica fatto rumore ma del sangue fino alla porta… e che passa da sotto… gli altri sono lì per vede­re… Restif non perde tempo, agguanta il chepì, la tiara a ricami, la stacca dai capelli, se la mette… e ci sprona…
«Via!… via! mica assopirsi!»
Non avevo sentito suonare… il telefono ! Restif salta…
«Ja! …ja !…»
Riappende… credo che è il momento di obbedirgli…
«Noialtri per di qui! »
Mi mostra di lì… dalla finestra… scavalcare !… e at­traversare la banchina… e poi le rotaie, la linea… non deve esserci più strada…
«Sie sind Franzosen?… sono francesi loro?»
C ’è della gente attraverso ste rotaie… Restif ha il morale… uno che si alza… una forma… che vuole im­pedirci di passare… paff! … in piena testa… tutti gli al­ tri urlano! e quelli della stazione… appresso a noi…
«Mórderer!… mòrderer!… assassini!…(p.125)

In stazione numerose ombre li superano. Devono muoversi anche loro. No, Restif non aveva mentito e la stazione è in effetti bombardata…

e breng!… crrrac! … una bomba ! e lo sparpagliamento delle schegge… il colpo di grazia!… picchia sulla stazio­ne… possiamo un poco guardare… più chiaro che il pie­no giorno !… il treno dei mortai si muove… la loro loco­motiva a coke… i mitraglieri anche se ne vanno… leva­no le tende… più nessuno viene dalla stazione… solo cheun fortissimo odore d’incendio… sapete, dappertutto lo stesso, come a Berlino, l’abbrustolito bagnato acre… più acre forse ?… dal momento che ce la scampiamo dove an­dare adesso ?… non restiamo più che noi due e Bébert… (p.128)

Terminato il tutto, un uomo perlustra la zona raccogliendo bossoli. Ferdinand lo chiama facendosi indicare la via per Hannover, mentendo nel rivelargli di essere operai in cerca di una fabbrica in città…

« Wo gehen sie? dove vanno ?»
Mi chiede.
« Hanover!… Hannover !… »
Deve sapere dov’è Hannover… mi indica!… per di là! seguendo la linea… non deve esserci più strada… o è molto lontana… vada per la ferrovia!…
«Sie sind Franzosen?»
Eccome che siamo Franzosen ! siamo lavoratori gli spiego e, per giunta, in fabbrica, e la nostra fabbrica è kaput, bombardata, bruciata… allora ne cerchiamo un’altra!… non bombardata!… questo lo capisce!
«SicherFìanover! certamente Hannover!» (p.129)

Raccoglie i bossoli per il rame, spiega loro l’uomo che gli offre della cioccolata prima di incamminarsi verso Hannover…

 il nostro artificiere par­lava più, tutto all’opera a raccogliere i bossoli, ce n’erano dappertutto, e anche delle pallottole… dopotutto un certo ordine… comunque, vuole che io capisca! « Du verstehst! Kupfer !… Krieg !… Kupfer!… rame !… la guerra!… rame! »
Certamente! aveva ragione ! (pp.129-130)
Tutto si spiega… mica raccoglie solo i proiettili e bos­soli sparsi in giro… la rompe questa tavoletta, in tre pez­zi… uno per Lili, uno per me, uno per lui… e per Bé­bert ?… in un altro tascapane !… cerca… no !… ha nien­te!… solo che dei pezzetti di mollica… (p.130)

Strada facendo si uniscono a un gruppo di operai, forse polacchi, diretti a una seconda stazione funzionante. Eccoli quindi in marcia tra le macerie in fiamme della città e cadaveri di soldati…

no ci sono ancora dei treni, un traffico, da Hannover l’altra stazione ad Amburgo… va bene ! ma mica dei tre­ni regolari… ah, credo anch’io… il difficile è di attra­versare Hannover… sanno tutto! i sobborghi, la città… tutto è bruciato, dicono… sarà tutto più semplice ! avan­ti dunque! credo pressappoco una cinquantina, che si mettono in strada, madri, bambini, vecchi… noi siamo con loro… il gruppo… mica gente triste, direi anzi alle­gra… bene! andiamo… non ci siamo fatti notare, io, Lili, il miao… facciamo parte… va bene! non scazzavano mica… andando avanti, vedo, non resta molto di case in piedi… più? meno che a Berlino? uguale direi, ma più caldo, più in fiamme, e fiamme a vortici, come più su… più alte… più danzanti… verdi… rosa… (p.132)
qui… travi abbrustolite… carni arrostite ai ferri… Il tut­ta la nostra combriccola andavamo sottobraccio in mez­zo alla strada, insomma parvenza di strada, dunque ver­so questa stazione… avevano l’aria di sapere dove… il giorno sorgeva… era una bazza che ci fosse più niente in fatto d’immobile… voglio dire da distruggere… i vor­tici di fiamme facevano come dei fantasmi rosa viola­cei… sopra a ogni casa… migliaia di case!… veniva il giorno… vi ho detto: più una casa abitabile!… che sì… (p.133)

Spunta quasi il giorno quando raggiungono l’ormai rasa al suolo stazione di Hannover-sud. È pieno di gente sulla banchina. Devono trovare allora Hannover-nord. Anche inglesi e un italiano, Felipe, ossessionato dal ritardo del suo treno per il Magdeburgo, sono lì in mezzo…

passare, mica avvicinarsi… ma questa stazione?… vor­rei che ci si fosse… eh noi ci siamo! la stazione non è rimasta lì! rigida!… è partita via! un rosario di bom­be!… volata via ! tutta la stazione ! niente macerie… più altro che banchine… tre… quattro… qua doveva esse­re una stazione importante… Hannover-Sud… i nostri tipi hanno l’aria di sapere… adesso non è tutto, si trat­ta di traversare la città, ritrovare Hannover-Nord, l’al­tra parte… (p.134)
vi ho detto c’erano mica solo che loro, c’era pieno di gente su ste banchine e sui binari che voleva­no pure attraversare Hannover, risalire su a Nord… gen­te veramente di tutte le provenienze… mi si sente par­lare a Lili… un vecchio italiano… dico vecchio, pressap­poco della mia età, adesso… ci spiega, ha solo che un’idea, ritrovare il supadrùnl torna dall’Italia, a vede­re la sua famiglia, i suoi quattro figli… ed è in ritardo !… (p.135)

Corrompendo un ferroviere, Ferdinand ottiene un carrello in prestito che, in breve, alcuni astanti occupano e spingono. Sono una ciqnuantina in tutto. Gli altri sfollati li notano e, furiosi, appropriatisi di altri carrelli, li inseguono per linciarli. Ferdinand sprona chi spinge, ma il balcone di una casa franato sui binari li obbliga a fermarsi. Sembra la fine, ma ecco delle bombe. Ferito alla testa, Ferdinand perde conoscenza…

[…]come a Ulma, qua c’è un barbuto pepe e sale, lo aggancio, la forte stretta di mano, i cento marchi, e la spiegazione… gli dico che cosa voglio, mica tempo da perdere, che ci lasci prendere un carrello, che ce lo pre­sti per i nostri bagagli, fino all’altra stazione, Hannover-Nord… che non se ne può più… che siamo invali­di, mia moglie, e me, e il nostro amico italiano… e che dobbiamo prendere il treno per Amburgo !… (p.138)
no!… ecco!… dunque c’eravamo… lascio gli altri lega­re, consolidare l’edificio… erano vi ho detto circa tren­ta… cinquanta… che stavano a spingere… e credo al­meno cinque chilometri attraverso Hannover… gli altri che restavano… pieno le banchine… sembravano mica contenti… per niente !… che anzi ci insultavano… si era­no rialzati, correvano… cercavano altri carrelli come noi, di fare come noi, attraversare Hannover… sicuro, se non ci si sbrigava, solo che ci si lasci riacchiappare… che ci becchino ci finiscono!… feroci in furia li vedo… che siamo partiti prima di loro… mica aspettati !… l’in­glese non dice niente, il Pulcinella… se ne sta sui carbo­ni là sopra sul suo trono di zaini, materassini e stovi­glie, barcolla, si aggrappa, ma giusto appena… questa strada non è più carrozzabile… troppi vuoti di crateri… e più lontano, dei pezzi di muri interi… questa città si sgretola peggio che Berlino… la nostra carriola va avan­ti lo stesso comunque… certo… tutti spingono… ma a sbalzi… secondo le buche… incito!… vedono mica gli altri?… gli altri che si spicciano eccome!… ne hanno trovati dei carrelli!… quattro… cinque… sei!… ho il senso del pericolo, io !… ci urlo in tedesco… ci mostro che cosa ci viene dietro, che cosa ci arriva…
« Schnell!… schnell!… m òrderer! » (p.140)
Certo! figuratevi che in quel momento ci eravamo ricongiunti !… gli inseguitori in piena furia e i loro quat­tro… cinque carrelli stracarichi!… e noi i fuggiaschi… per via di un balcone, caduto giusto in mezzo alla strada, a ostruire tutto… da una casa ancora in pie­di, non completamente, solo la facciata!… ma che balcone! ferro battuto!… l ’ avevo mica vista di lon­tano questa casa… troppo dire: casa! la facciata e i muri di un cortile… proprio in quel momento dice­vo: è fatta siamo fregati, ci fanno a pezzi!… vlacl una bomba!… mica una piccola, una enorme a grandina­te era … un’ altra più vicino… panico senza dubbio… tra noi, i nostri, e tra gli altri, gli insegui­tori… dico: credo… non so, sono costretto a immaginare… non so più… svenire? mica molto il mio ge­nere, ma là addormentato direi, un lieve dolore e del sangue… al collo… sgocciolo, sì, il sangue del cervel­lo… no! del cervelletto, credo… (p.141)

Ferdinand rinviene. Sirene ululanti, aerei che bombardano, fuochi e luci della contraerea. È stato colpito da un mattone. In testa sente una musica… un arrangiatore gli ci vorrebbe… Cerca disperatamente di trovare l’aria musicale adatta e lo fa nello studio della moglie al piano superiore della villetta di Meudon…

Mi dico: Lili, ti ritrovo, sei qua!… anche Bébert!… oh, ma le sirene… quante sirene!… come a Berlino… qui dovrebbero avere finito, demolito tutto ben bene !… insomma pressappoco… o allora!… uuuhì… ancora al­larme… da un capo all’altro del chiaro di luna… dimen­ticavo di dirvi, faceva uno di quei chiari di luna!… uuuhl… brang!… braoum!… bombe… bombe, si… po­tevano annientare che cosa? to’, e Felipe?… dov’era? chiedo a Lili… è lui che mi risponde, Felipe, non lo ave­vo visto… pure mica lontano, li, a due passi…
« Si è beccato un mattone ! »
Mi informa… non so, ma ho proprio male… al soli­to punto, tra capo e collo… Felipe si sbaglia, è il matto­ne che ha beccato me tra capo e collo… fa confusione… (p.142)
Adesso qui torniamo ai fatti… sul terrapieno dove siamo si può vederci come in pieno giorno… chiaro di luna accesa, se così posso dire… sole bello calmo di fi­ne autunno… uuuuhl oh ma una piccola varietà!… qui !… là !… shrapnel !… nelle nuvole ! e in mezzo… gi­randole di granate… veramente il panorama grandio­so… a mio avviso!… e tutto questo nella musica… cer­cavo un’aria… un accompagnamento… chiedo a Lili…
«senti niente?»… sì!… lei sente le sirene… è tutto!… io solo allora questa musica?… Felipe?… ascolta… sen­te neppure lui della musica, solo che scariche di bombe e pieno di sirene… uuuuhl come è possibile?… a me però non musicista… assolutamente… mi vengono del­le arie… direi anche delle arie sfarzose… (p.143)
Felipe mi ha detto: un mattone… che era un mat­tone… vada per il mattone!… al momento del parapi­glia quando gli inseguitori ci raggiungevano, i sei car­relli ben decisi di farci pagare il nostro vantaggio, l’esplosione aveva spezzato tutto, sepolto tutti sti ar­rabbiati sotto cinque piani e mezzo di mattoni… per­ché a me no, uno ?… quello che aveva visto il nostro Fe­lipe… e noi eravamo situati nella stessa maniera!… me­raviglia che io solo abbia beccato !… (p.144)

Ferdinand sollecita Felipe a ritrovargli i bastoni per raggiungere Hannover-nord. Con loro sono ben pochi gli scampati…

Gli racconto quello che mi succede… sicuro si met­te a ritrovare i miei bastoni !… perché dobbiamo anda­re più su… per l’altro binario… l’ultimo di questa Hannover-Nord… ho sentito dire che un certo treno stava per passare… si vedrà bene!… mica i viaggiatori che mancano!… gente come noi e dei militari… fritz e de­gli Ungheresi, credo… parlano mica forte si bisbiglia­no… guardano come noi… lontano… vicino… i piccoli incendi… quello che resta delle case… i colori… si fa tutti pierrot, noi, tutto farina, sotto il grande chiaro di luna… Felipe mi riporta i miei due bastoni, erano pro­prio lì… sì!… sì!… sì!… ma la mia grande aria?… (p.147)

Sviene ancora ed è Felipe a farlo rinvenire…

Su questo terrapieno… devo essermi sentito male… svenuto come una ragazza… la prova Felipe mi ha sve­gliato, faceva appena giorno…
«Il treno è passato?»
Domando.
«No… no… non ancora! » (p.148)

Giunti in stazione, eccoli issarsi su un convoglio di quindici carrozze che trasportano dinamo e altro materiale elettrico, ormai privi di cibo e dei cappotti persi sotto le macerie…

Alla fine, il treno!… ora voi direte, non fa che que­sto, prendere dei treni!… in ogni caso, eccolo qui!… pare che sarà l’ultimo, Hannover-Amburgo…. un trenose si vuole, una locomotiva a coke, attaccata a una de­cina, direi anche quindici vagoni aperti… vagoni?…
no !… carri sgangherati, senza pareti, né porte… specie di pianali eterocliti… il peggio è che questi veicoli sono tutti carichi di materiale e soprattutto mi sembra di enormi riflettori, sotto teloni… i viaggiatori, se voglio­no, possono montar su sistemarsi per il meglio, sarà l’ul­tima tradotta di questa linea… dopo strapperanno viale rotaie, per ragioni strategiche… lì tutti lo dicono, in­torno… devono sapere… nelle chiacchiere non è tutto falso, il loro lato temibile, c’è qualcosa di esatto… noi li, anche se è mica sicuro questa soppressione dell’Han-nover-Amburgo, se è solo probabile, non dobbiamo ri­schiare… oh issa!… con qualche fatica, ci siamo!… ci troviamo tra un enorme rotolo di cavi e un’altra massa, credo una dinamo… piuttosto stretti, ma non tanto ma­le, Lili, Bébert nel suo tascapane, Felipe e me… non si ha più che noi per tenerci caldi, più niente da metterci, tutto è rimasto nell’arrembaggio, e sotto il crollo… in­somma pressappoco… gli zaini e i «montgomery»… (p.149)

E poi ecco che il treno parte…

ma… questo pianale si muove !… sì !… mi dicevo… era­vamo partiti… senza esserci per niente accorti… anda­ti via proprio davvero !… filavamo !… ah il paesaggio in­cantevole !… insomma un po’ vago… direi: poetico… (p.151)

Ferdinand, stranamente ilare dopo la mattonata, osserva il paesaggio. Si assopisce e, al risveglio, trova il treno fermo in aperta campagna. La linea è stata bombardata e solo lui vede una locomotiva che giace incastrata a testa in giù…

Devo dire, fatto personale, questa camicia che mi si appiccica alla schiena… sono sicuro… potevo sanguina­re ancora?… e anche tra i pantaloni… lo voglia o no, freddo o no, ho dovuto addormentarmi… prova, crede­vo mica di vedere ciò che vedevo quando ho riaperto gli occhi, lì, spalancati… il nostro treno era fermo e c’era davanti a noi una sorta di montagna di ferraglie a forse  cento metri in piena campagna… e tutto in cima, una locomotiva alla rovescia… sospesa… e mica una picco­la vi dico, una a dodici ruote !… per aria alla rovescia le dodici ruote!… le conto, le riconto… doveva essere un’esplosione, direi vulcanica, che l’aveva spedita a ra­mengo, sospesa, pari pari, sul dorso! risucchiata! in sul­
la vetta!… (p.153)

Decide di scendere per osservare meglio…

«guarda Tommaso! tocca!…» dal momento che sto treno, tutti sti pianali e la santa compagnia era in sosta, ci si rischiava niente ad andare a rendersi conto… […]
si può dire strappato via quasi tutto… c’era comun­que del mistero con questa locomotiva sospesa su in ci­ma alla ferraglia… come era potuto succedere tutto que­sto?… un’eruzione qui su questa pianura? una bomba sarebbe mica bastata a proiettare e alla rovescia un mo­stro del genere!… sull’alto di una scogliera diciamo… discutevano tutti di questo… devo dire non forte, ma piuttosto bisbigliando… a brani di parole… (p.154)

Si fabbricano dei pepli strappando i teloni che coprono i vari materiali. Tra la folla c’è qualche francese?, chiede Ferdinand. Sì, una donna ben vestita…

squarciano, tagliano dentro!… per noi!… forza!… dei grandi pezzi di tela verde… marrone… che si abbia di che mettersi addosso… farsi dei pepli… e dei cordoni in più… c’era di tutto su questi pianali!… pare che tra i riflettori e i rotoli di cavi c’era pieno di gente che dormivano… e dei marmocchi… ci facciamo allora dei pe­pli con questi pezzi di teloni… eccoci di nuovo decen­ti!… ma queste tele sono cosi bagnate… […]
«Niente Francesi?… Keine Franzosen?»
Parlo forte, accidenti!., basta bisbiglii…
«Ja !… ja !… eìne Dame! »
A ogni modo uno che osa, che risponde! dove può essere sta dama?
Vanno a cercarla… è anche lei su un pianale?… sot­to una piega di telone?… ci mettono del tempo a tro­varla. .. ah, eccola qua !… però manco per niente a bran­delli… quasi elegante, direi… come può essere?… noi altri siamo conciati come quattro straccioni… in un puzzle di pezzi di teloni… spaventapasseri!… ma que­sta signorina viene fuori da dove ?… meglio che io glie­lo domandi… (pp.155-156)

Si chiama Odile Pomaré, tisica proveniente da Breslavia come l’avvocato Pretorius…

Il nome di questa signorina… Odile Pomaré… si pre­senta molto meglio di noi, voglio dire l’abbigliamento, vestito, camicetta, piccolo colbacco, collo di pelliccia, ma come cera è sicuramente peggio… tisica direi… que­sto leggero rossore agli zigomi… magra e febbricitan­te… scarnita… faccio nessuna riflessione ma ha l’aria gravemente malata… ho mica da chiedere, subito tossi­sce un poco, per me senza dubbio, vuole farmi vedere, nel suo fazzoletto… (p.156)

Ferdinand diffida e, delirante, le chiede se veda anche lei la locomotiva. Sì, no, ma non ne è sorpresa. Ride, lo scusano per la mattonata…

lettrice all’Università!… oh! oh!… che titoli?… as­sociataci tedesco?… e della Sorbona!… fanfaluche tutto ciò io penso ! ma questa locomotiva là su per aria lei la vede?… che mi risponda! perdio!… subito all’istante! Ah, io non scherzo ! Sì, la vede!… non trova strano?… no!… per me la trovo svitata sta ragazza !… lettrice a Breslavia ? baggia­nate !… baggianate !… mi piglia un riso da matto !… ci ho il diritto !… mi guardano tutti… e allora?…
« E il mattone !… il mattone ! »
Che sappiano !… sì! s ì ! … Felipe conferma… bisogne­rebbe un po’ che si rendano conto che sono brillo… il mattone!… c’erano loro, i baggiani?… dov’erano?…(p.157)

Le misura la temperatura, poi ode la locomotiva in cielo partire prima di non percepire più nulla…

Sbalordita! ah la sfrontata!… per me io la vedo ot­to ruote! riversa! là in alto! anzi che se ne va !… e se la sento !… sdutti sdutti sono sicuro che non sono i miei rumori… i miei rumori miei! li conosco, ci ho l’abitu­dine! no?…
E lì zac! sento più niente… (p.158)

Viene issato a bordo dagli altri… Ma ecco che una telefonata di Nimier ne interrompe la narrazione: verrà a trovarlo…

Se la sono sbrogliata non so come… fatto sta che mi hanno di nuovo inerpicato al mio posto su per aria tra la dinamo e un riflettore giallo… non potevo rendermi conto bene ma dovette essere un duro sforzo… ci si mi­sero in venti… in trenta… c’era sicuro Lili e Felipe… e probabilmente tutta quella gente intorno?… ero inco­sciente… vi racconterò più nei particolari, più tardi… Drrring! mi tocca proprio interrompermi… avete ca­pito… la Nrf!… che io risponda! suspense!… Nimier vuole vedermi!… ma sì!… ma cristo sì… che arrivi!… (p.158)

Achille, lo informa, ritiene che potrebbe risollevarsi se tirasse fuori qualcosa di sinistra…

Il nostro “brain-trust” – vuole dire della “ RevuCompacte” – ha deciso che lei deve andare a sinistra… la sinistra sola può rimetterla a galla!… lei è qui vecchio e isolato… in breve rincitnillito e anarchico… gli altri autori sono tutti sostenuti… sono forte in “ carte” … comunque potrebbe darsi che la ripeschino… se vuole ascoltare!… lo dice Achille… Cachin ne è ben venuto fuori !… »
Cachin! guarda!… sto nome mi dice qualcosa!… ah si !… i manifesti !… andando a Bezons li vedevo tutti i gior­ni… verdi !… proprio davanti alle officine Berliet… ci rac­conto mica a Nimier… non racconto niente a nessuno…
«Non può far valere niente? qualche riga?… una gentilezza ?… qualsiasi cosa verso la sinistra ?… potrem­mo ricordare!… andiamo!… andiamo… cerchi Ferdi­nand ! » (p.159)

Ferdinand ci pensa su… Ma sì!, la traduzione in russo del Viaggio della Triolet e Harengon. Solo che lui non ne ha copie…

«Dice il Viaggio ?… 1933!…
– E beh ?
– In  russo!
– E stato tradotto in russo ?… in russo… e da chi?…
– Dalla signora Elsa Triolet !
– Parlava francese ?
– Qualche parola, molto poco… ma il grandissimo poveta l’Harengon ci ha dato dentro forte!
– Bravo ! bravo !… ma è sicuro ?…
– Eccome !… li ho visti proprio io, con i miei occhi, in pieno sgobbo ! a tradurre il mio scartafaccio… occupa­vano uno studio… a vetrata !… sono abbastanza preciso ?
– Ce l’ha questa traduzione?
– L ’ho avuta non c’è l ’ho più… è partita via con il resto!… sa, rue Girardon… quando gli epuratori hanno epurato il mio domicilio con tre carri da tra­sloco… (p.160)

Andato via Nimier, Ferdinand scrrive alla Triolet, senza ricever mai risposta così come da ambasciatore e ministro Gromiko… Suona il telefono… È Nimier che gli annuncia l’acquisto di una nuova macchina giusto per venirlo a trovare…

Due anni che non ho visto Nimier…
«Pronto! pronto!…»
Mi lascia neanche cominciare… lui che ha delle co­se! al diavolo il Viaggio, Gromiko, Triolet e il resto!… della sua macchina che vuole parlarmi, completamente nuova, cosi bella, in plastica !… comprata apposta per venirmi a trovare ! (p.161)

Senza forze per muoversi, disteso sulla schiena, Ferdinand ascolta la Odile narrare le sua partenza da Breslavia con una quarantina di sordomuti, in direzione Oddort, su di un treno speciale. Di bambini ne restano una dozzina…

Il mio estro mi trascina!… eh!… oh! che io ritrovi questa signorina!… potrei ascoltarla da un orecchio… oh, solo che da uno!… dall’altro, niente… la signorinaOdile Pomaré… non potevo muovermi nemmeno… ra­ro che io resti così in questo modo sulla schiena… sen­za forza… mica di mio gusto… ma lì veramente avevo il fatto mio… posso mica dire svenuto, ma così suona­to, stecchito… il treno, il nostro, quello di questo pia­nale… mi domandavo!… forse se aprivo gli occhi ve­drei dove siamo?… ma avevo voglia a fare lo sforzo i miei occhi mi facevano male ed è tutto, restavano chiu­si, incollati, palpebre di piombo… le palpo… enormi!… sono tutto edema, mica solo gli occhi, la bocca, le orec­chie, lividi e bozzi… nessuna sorpresa! alla fine ascol­to questa signorina… afferro… sto sul telone, in una grossa piega, tra lei e Felipe l’italiano, e Lili, Bébert nel suo sacco… contro un riflettore, uno enorme… Signorina Odile?… sono mica sicuro, è forse signo­ra ? chi se ne frega !… è associata di tedesco ?… mica si­curo neppure !… lettrice di francese a Breslavia ? uhm !… uhm!… insomma racconta delle cose… e che traver­sie!… le avrebbero detto di andarsene, che i Russi era­no alle porte e che sarebbe stato terribile questo !… be­ne! verosimile!… ma era mica tutto! «prenda questi quarantadue bambini… non parta senza di loro!…» di questi quarantadue quanti le restavano? dodici?… tre­dici?… lei credeva… non sapeva più… questa signori­na Odile tossisce molto… e sputa… la guardo mica, non (p.163)
dalla scarpata… ascolto… lei ha lasciato i suoi marmoc­chi qui… là! una stazione… un’altra… nelle fattorie an­che… secondo gli allarmi… la signorina Odile raccon­ta… hanno cambiato di treno tre volte… adesso quan­ti gliene restano di bambini?… una dozzina, crede… malati?… naturalmente!… oltre al loro stato naturale, microcefali rantolosi bavosi… allora, il più urgente?… morbillo lei pensa, le hanno detto… vorrei vederli que­sti bambini… mica semplice!… si sono suddivisi qui là lungo tutto il treno, sotto i teloni… un pianale, un al­tro … da dove possono venire ?… che lingua parlano ?… oh beh, nessuna!… barbugliano non si sa che cosa… tut­ti marmocchi da quattro a dieci anni… pressappoco… lei però la signorina Odile aveva la conoscenza delle lin­gue, germanica e russa, e anche dei dialetti… questi mar­mocchi non capivano niente di niente, lei aveva tutto provato… questi bambini, piuttosto mongoli d’aspetto, dovevano venire da un ospizio… evacuati in fretta!… oh non l’avevano avvertita!… le avevano affidato tut­ta la banda, così, il treno in partenza, con due casse di latte in polvere… e via!… «glieli prenderanno a Od­dort! lei è attesa! buon viaggio»! Oddort… andavo mi­ca a informarla !… il fuoco d’artificio !… no !… basta fa­ (p.165)

L’italiano parla sempre invece dei mattoni che fabbrica…
Il treno riparte e Ferdinand sanguina dall’orecchio…

Non va mica meglio! ah si! qualcosa! qui il nostro treno si muove… credo… molto lentamente… posso sputare pure come Odile… evidente!… e del sangue, come le i!… a me sarebbe dall’orecchio… probabile… […]
l’italiano… lui il suo caso è losco… la sua manie­ra di fabbricare mattoni… devo approfondire… che se ne vanta tutto il giorno, che è la sua gloria… me il mio orecchio non è glorioso… un cranio incrinato è mica da ridere… sì!… sì!… per via della locomotiva su per aria nelle nuvole e dei gabbiani, adesso tutt’intorno… tsciutt! tsciuttì la sento anche… attraversa un fiocco… un altro… tornerà!… tutto questo non è molto serio… l’essenziale è che io non mi muova… e che il nostro tre­no, i nostri pianali, avanzino !… noi, i nostri rifletto­ (p.166)

Il treno viaggia, poi si ferma. Ferdinand si apre a forza le palpebre rimettendosi seduto. Gli altri son tutti scesi, compresi i ragazzini che Odile affida loro… Sono nei pressi di un porto con molte navi affondate…

questo treno era davvero partito, anzi viaggiava piuttosto rapido… e niente allarmi, non un
aereo… (p.167)
Ce li rifila… non rispondo niente… ho voglia a esse­re in uno strano strato, lei mi fa riflettere, come si va a proseguire, noi?… si corre… si va, ma meno forte inve­ro… gli occhi fissi per aria… posso mica guardare il pae­saggio… mi renderei conto… oh, si rallenta… e anzi si ferma!… mi scosse… tiro su ci sarebbe una siamo!… palpebra… questa fermata! Amburgo?… un dito l’edema !… bene tanto si!… !… peggio!… due… vedo !… tre e l’altro occhio!… oh, a fessura, a feritoia se posso di­re… basta! adesso sedermi!… hop!… lo sforzo anzi…[…] modo ! rendermi conto… sì, c ’ è da vedere !… lontano… lontano… perdio, è un porto !… e anzi: un bacino ! uno immenso… con un mucchio di navi… ma queste navi
tutte a culo per aria, eliche fuori… i nasi quindi confit­ti nella melma… sono mica sbronzo ma è strambo! (p.168)
«Dove siamo?… che stazione?
– Una nuova… non c’è scritto niente… niente car­telli…
– Sei sicura?»
Cerca… sono mica sicuro che Felipe sappia leggere… una cosa, c’è più nessuno sui pianali né su questo mar­ciapiede di legno… tutta la gente, gli adulti, i marmoc­chi, tutti scesi… li vedo là più sotto gremire i sassi, non vanno più oltre… ah i piccoli cretini!… eccoli lì, non c’è da sbagliare, mica esagerato, tutti torti sbilenchi, te­ste grosse penzolanti, dai quattro ai dieci anni, pressap­poco… Quasimodi bambini bavosi… cerco una scritta anch’io… nessuna! come a Oddort… e niente addetti (p.169)

I ragazzini hanno fame e Ferdinand li fa distrarre con Bébert. Andrà a cercare cibo con Felipe, Lili e i ragazzini… Macerie e bombe ovunque…

Torniamo ai fatti, questi marmocchi di Odile erano li, usciti da sotto i teloni… ruzzolati giù dai loro piana­li… d’istinto avevano ritrovato Odile, la loro piccola mamma… metteva loro il muso la loro piccola mamma…
«Non potrò più muovermi dottore… resterò qui…»
Lei mi avvertiva…
« E se tornano ? »
Tornare, voleva dire i bombardieri… guardano mi­ca se ne vale la pena…
I marmocchi si avvicinano, non c’è differenza tra femmine, maschi… tutti insaccati nei panni di lana, le­gati.. . una quindicina… mica difficile, a prima vista tut­ti dei subnormali… sbavanti zoppicanti, facce di traver­so… in tutto dei cretini da ospizio… ne abbiamo è ov­vio in ogni dove che arrivano a una certa età e che fanno carriera onorata, e anzi meglio, dettano, s’impongono, e fulmini di Dio !… qua si trattava dell’immediato, che questi gnomi mangino… poteva occuparsene l’Odile… (p.172)
insomma scampati, una selezione… certo una cosa, ave­vano fame… noi avevamo niente da dargli… gli veniva­no fuori frammenti di parole… guardavano verso di noi e Odile… ma è a noi che si rivolgevano… faccio a Lili «mostra loro Bébert! » lei lo tira fuori dal tascapane… ah, ecco una cosa che li interessa… ridono, a modo lo­ro, certe grinze pieno il naso e ancora più di bava… vo­gliono toccarlo Bébert!… bisogna mica!… no! ma Bé­bert vuole giocare con loro… ci miagola dietro… e i mar­mocchi piangono… finiamola! troppo bello finirla li! (p.173)
«Felipe, si va?
– Si va a che ?
– A cercare da mangiare ! » (p.174)
né squalo né gabbiano mi dò carico dei marmocchi da far beccare… e mica dei marmocchi normali… anche Lili ci vuole venire… bene!… lei Odile resterà, vuole più muoversi… i suoi marmocchi cretini, quanti possono an­cora camminare, insomma più o meno ! in mezzo ce ne sono forse dei perversi?… oh non potranno appiccare il fuoco !… Odile mi assicura che sono tranquilli ! per niente cattivi, piuttosto affettuosi… lei ha avuto il tem­po di conoscerli… comunque non ne vuole più sapere !… (p.176)
«Allora bambini! andiamo!»
Voglio che mi vengano dietro… io guido… questa energia «forza piccolo!» svitato no svitato mi resterà sempre… ciò che s’impara nella prima giovinezza che vi resta impresso… dopo c’è più altro che merdate, copia­ture, fatiche, riverenze a gara… (p.178)

Excursus sui suoi denigratori (Sartre etc…) e sui denigratori del suo stile…

«Non ha né sintassi né stile! non scrive più niente! non ha più ardire ! »
Ah, turpitudine ! mendacia spudorata !… pieno di sti­le che io sono ! che sì ! e peggio !… molto di più ! che li renderò tutti illeggibili !… tutti gli altri ! putridi impo­tenti! imbottiti di premi e manifesticoli! che io posso complottare bello tranquillo, l’epoca è mia! io sono il benedetto delle Lettere ! chi non mi imita non esiste !… (p.181)

Sono ad Amburgo, quartiere Sankt Pauli. Ferdinand riconosce parti della città, l’hotel Esplanade, c’è stato ai tempi della SDN per alcune conferenze sulle malattie tropicali…

non avevo capito… siamo dentro Amburgo… pro­prio dentro la città… mi ci raccapezzavo più… dovrei avere l’abitudine delle città in poltiglia, che sai più da che punto prendere… li credo era Sankt Pauli (p.182)
eravamo in Sankt Pauli, il quartiere delle ker­messe, lupanari e caffè concerto… non era poco essere arrivati, anche se barcollanti!… noi e i marmocchi… (p.184)

Che fosse di Felipe il mattone che l’ha colpito?, inizia a pensare Ferdinand che, esausto, si accascia al suolo dicendo a Lili di andare a chiamare Odile. Anche Felipe è ormai stramazzato al suolo…

che ci vadano loro al mare!… tutti! io rifiuto, io, non ci vado!… mi stendo come Odile, non ho più forza… a proposito di Odile, sta porca…
«D i’ Lili, va’ lì a vedere, poi torna!… presto!… dil­le vuoi, che venga subito all’istante!… che non ho fat­to l’ appello dei marmocchi… che non sto più… che per cercare da mangiare… ho paura…»
Felipe è lì… un poco più lontano… steso a terra sot­to il suo telone, almeno tre, quattro strati si muove più… Lili non si fa pregare, lei è più giovane di me è ve­ro, molto, ma potrebbe essere stanca… ha mica diritto alla stanchezza!… presto!… presto!… che vada (p.188)

Pensa a cosa poter cercare… Lili tarda, ma ecco che i marmocchi lo scuotono per poi urinargli addosso. È arrivata anche Lili: Odile non può più muoversi e gli ha mandato altri quattro bambini…

scuota sta Odile !… e me la riporti !… sta scansafatica… Io guardo mica… chiudo gli occhi… non dormo però… rifletto… che cosa si cercherà in città? una dro­gheria?… una farmacia?… un panettiere? ci credo mi­ca molto… tutto deve essere peggio di Berlino… Har­ras ci aveva avvertiti… a proposito delle prostitute… ad Amburgo «troveranno niente, tutto è bruciato» tutto sommato comunque dal momento che ci siamo, andre­mo… io mi chiedevo perché Lili non tornava… Sento che mi si torce un orecchio… una manina… e poi il naso… e poi che sono almeno quattro a tirarmi i capelli… i marmocchi che si divertono potrei farci pau­ra… se la squaglierebbero… bisognerebbe che io li riac­ciuffi … ah ma è fatta ! mi pisciano addosso, uno… due… tre almeno… ecco che cos’è aspettare!… mi siedo!… fac­cio… ooouhì li faccio ridere !… nessuna autorità vedo… vedo anche Lili… ah, le i!… era proprio ora, direi!…
«E Odile?
– Può più muoversi !
– E questi, qui?»
Vedo quattro rachitici, ancora più sparuti dei nostri, e bavosi, mocciosi anche come loro imbacuccati lane e teloni, ma in più ridono… i nostri hanno mai riso mol­to… questi quattro sarebbero del genere buffo…
«Da dove vengono?
– Erano con Odile… te li manda…» (p.188)

Macerie ovunque, vere e proprie montagne… solo questo incontrano nel peregrinare alla ricerca di cibo…

Cumuli di macerie e pezzi di botteghe… e pieno di pietre a mucchi, in forma di alture… tramvai sopra, gli uni dentro gli altri, in piedi e di traverso, a cavalcio­ni… più niente da riconoscere… (p.188)

Poco dopo, fermatisi per riposare, ecco che i bambini non si trovan più. Liberato Bébert, si introducono all’interno di una montagna d’argilla formatasi a seguito del bombardamento…

da dove questa enorme sollevazione di terra, que­sta ondata di argilla su Amburgo?… questa enorme altura?… c’era nessuno per dircelo… (p.193)

I marmocchi sono lì… È pieno dei resti di drogheria e di negozi. Puzza di morte, sebbene il solo cadavere del droghiere sia in loco visibile…

vi ho detto l’effetto, tre o quattro volte Notre-Dame… la galleria che avevamo preso cosi rachitica all’inizio era diventata una grotta gigantesca… e soprattutto ci si ve­deva quasi… la luce veniva dall’alto, da su in cima… dal buco del cratere… l’effetto vi ripeto di una gigantesca navata in piena argilla… piena?… mica tanto… pareti credo abbastanza sottili… come si era prodotto tutto questo?… bolla bolgia o bibalva?… per una tempesta nel sottosuolo, una sollevazione di terra, esplosione di un deposito di siluri… era capitato altrove… c’erano for­se altre alture del genere nella stessa Amburgo… delle bolgie soffiate… non avevo visto, potevo vedere nien­te con i fumi… a dirla breve eravamo arrivati credo pro­prio al di sotto del crepaccio… e di sicuro, c’era odore di cadavere… molto più che fuori… non avevo visto nes­suna bestia morta, né topo né gatto né cane… io qui s’intende, epidemiologo osservo… osservo subito all’i­stante… ero più che stupefatto… fuori si era visto pie­no di corpi, arrotolati nel bitume, ricoperti… raffred­dati… Harras ci aveva avvertiti… mica solo dei corpi interi… delle membra… dei piedi soprattutto… Amburgo era stata distrutta al fosforo liquido… ci avevano fat­to la mazzata di Pompei… tutto aveva preso fuoco, le case, le vie, il manto stradale e la gente a correre dappertutto… persino i gabbiani sui tetti… la Raf guarda­va mica!… tutta la salsa!., l’aria aperta, i tetti e i sot­terranei!… oh io faccio fatica a non perdervi… qui si tratta un poco di sapere perché c’è questo odore cosi forte di cadavere?…. chiamo… Lili è li… e tutti i no­stri mostri di marmocchi ?… tutti ?… li conterò più tar­di… e Felipe ?… è lì, ci ha raggiunti… guardano… qual­cosa… bisogna ammettere, una sorpresa!… una droghe­ria!… come schiacciata contro il fondo, presa nella parete… dico: drogheria, voi mi capite: Kolonialwaren… come mai è li? come mai regge?… e la scritta, ci si può mica sbagliare!… in splendide lettere d’oro su fondo (pp.194-195)
mica soltanto una drogheria, altri negozi presi in que­sta argilla… i resti credo di un ristorante, più lontano un sarto… ah quanti sgabelli e banconi!… tutto in pol­tiglia… fuori c’erano dei cadaveri sul porto, attraverso le rotaie… si era visto… ma soprattutto delle membra, prese nel bitume, invischiate… là in questa grotta, vo­glio dire sotto questa campana di argilla, cadavere ave­vo visto solo che il droghiere… (p.195)

D’improvviso, prima di ripartire, Ferdinand crolla esausto…

non so mica… io sento più niente… crollo ed è tutto… faranno ciò che vorranno… io vi racconto come è accaduto tutto questo… (p.197)

Dopo lo stordimento prova a rialzarsi, accorgendosi di una porta oltre la quale si trovano i piccoli. Apertala, zucchero e altre derrate gli cadono in testa. Cibarie che i piccoli trasportano all’esterno della cupola…

«Ah porco di Dio! »
Che io faccio, di soprassalto… mi sollevo, tremo nel­le gambe, ma sto dritto!… «là! là! »… guardo… ho tro­vato!… è nell’ombra… direi, una scena! una sorta di… nell’argilla… in piena argilla… una porta… una porta di legno… vedo che mi chiedono di aiutarli… ci hanno provato… vogliono che ceda… dove va questa porta?… è una scena, uno sfondo di bottega… vedo adesso sopra a sto battente e lungo la parete, il tramezzo di argilla, pieno di scansie… e mica sopra niente! stracariche!… su su! quasi sino in cima, pagnotte, salsicce, e scatole di latte… vi dico su su, vi ripeto, questa altezza, tre quattro volte Notre-Dame… voi mi direte che io esage­ro, ci sono stati dei testimoni, credo… proprio quello che ci voleva, «latte condensato» a volontà! e questi marmocchi?… erano dall’altra parte della porta… per­ché. .. si erano fatti rinchiudere !… erano tutti presi nel­l’argilla, in un alveolo, e con Bébert… lo si sentiva mia­golare Bébert… (p.198)
eravamo davanti a sta fottuta porta e tutti i nostri marmocchi dall’altra parte… si presume!… al­lora tutti insieme contro questa porta !… si tira, si spin­ge!… si piega… si piega… sta per cedere… e vlang! io che prendo! tutto!… uno… due… tre pani di zucche­ro!… e tutta la scansia !… due !… che mi ricoprono !… e tutta la mercanzia! la mia zucca! voi direte: lo fa ap­posta. .. no !… come per il mattone… no !… una fatalità la mia testa !… ci ho la zucca grossa ma però… come per il mattone… un caso?… o giusto per divertirvi?… prong! in ogni modo qua picchia !… un gong !… non in­sisto. .. va bene !… sono scosso, voglio dire: ci sono più… sento più niente, perdo conoscenza, dovrei cominciare ad abituarmici, mi vergogno, svengo quasi per niente… è il colpo di mattone!… Hannover, sta facciata… agli altri di darsi d ’ attorno !… comatoso qui sono!… gli al­tri? Lili, Felipe… per una volta, confesso, mi muovo più… credo che cerchino di svegliarmi… e anzi mi scuotono … mi sembra… e poi a poco a poco, sento… oh, sto mica a muovermi !… che si agitino !… schiudo un oc­chio… vedo un moccioso… due… dei nostri… escono fuori dal fondo… è vero, erano nella cavità di questo crepaccio… la prova!… cinque… sei… e che portano ciascuno qualcosa… vanno verso dove… Felipe gli indi­ca. .. capisco… devono portare i loro pacchi all’esterno… mercanzia di che… di chi?… sicuro delle scatole di latte!… una drogheria?… una farmacia?… ci vedo me­glio… ciascuno una scatola… e mica solo del latte, an­che delle pagnotte… e ancora delle marmellate… van­no verso l’entrata… qui c’era il telone, quello enorme che Felipe si portava sulla testa… l’aveva steso fuori… cosi che i marmocchi ci andavano avanti e indietro a vuotare scatole e pagnotte… sbavavano sempre, picco­ (p.199-200)

Sistemato il tutto nel telone di Felipe, il gruppo riparte presto sollecitato dalle grida dei due vecchi macchinisti: il treno deve avviarsi prima dell’imminente attacco della R.A.F…

 volevo proprio alzar­mi… ma la forza ?… oh, avevo ben ripreso conoscenza, ma sul fatto di rimettermi in piedi… Lili, Felipe vengo­no, mi aiutano… oh, è un colpo di «forza avanti picco­lo»! capisco subito all’istante… ecco! ci sono!… lo stes­so crepaccio… da una parete all’altra… che ci si scivo­la!… tutto in discesa… l ’argilla bagnata… ed ecco il giorno… la luce piena del giorno!… proprio là così!… proprio così !… avevo indovinato bene !… non fanno che questo i nostri marmocchi !… portano tutto dal fon­do di questo crepaccio, il loro viavai, dai ripostigli dei negozi, quelli che avevano visti… sepolti nell’argilla, (p.201)
«Dottore! Dottore! siamo in ritardo! »
Felipe mi tallona… sicuro, ha ragione… mi rendevo conto con difficoltà…
« Naturale !… al treno !… al treno ! »
I marmocchi non chiedono di meglio… ma c’è da rmorchiare… pieno il telone… ce lo tiriamo dietro, noi tutti insieme, da tutti i capi… a strascico il telone!… è robusto… non siamo tanti, ma noi e i marmocchi ce la faremo… a proposito li ho mica contati!… si prende lo stesso tragitto, il crepaccio, si scivola… è caduta un po­co di neve… non molta, un’infarinata… avanti dunque per questo treno, i nostri pianali !… mettiamo che ci sia­no ancora !… che questo treno non sia finito altrove ! comunque da sotto, da sopra della scarpata, uno ci chia­ma !… e rauco !… los! los! … un fritz !… due fritz !… checi si dia una mossa!… mica dei viaggiatori! i viaggiato­ri non parlavano… i macchinisti che hanno fretta… ma le abbiamo noi le provviste… sono mica loro che si sbal­lottano il telone, siamo noi e i nostri marmocchi, i ba­vosi… e mica facile, solo che a sbalzi!… riposare! e hop !… più in avanti !… la mercanzia enorme… (p.202)
ma non vedo un viaggiatore… più uno! sono andati dentro ad Amburgo?… o sono tornati da dove venivano, rannicchiati tra i riflettori?… lungo i piana­li?… a ogni modo i nostri due urlatori non si calmava­no… los! los! che cos’è che avevano di così urgente?… was? ivas?… sbraito anch’io uguale!… che cosa?… la Raf! le «fortezze»!… sono in allarme!… epilettici che io li trovo !… è sempre « allarme » sì o no ? che ci si sbri­ghi! berciano… bisogna sgomberare i pianali!… tutto deve bruciare !… bene !… avanti !… e Odile ? oh, lei, mi­ca si muove !… che tutto tuoni !… che tutto avvampi !… non ne vuole sapere della nostra offerta che la si porti con noi!… no! lei tossisce, sputa il sangue, sta bene! non vuole più per niente viaggiare… che me li porti con me i suoi aborti, che io li salvi, lei ce li regala ! (p.203)

Sistematisi sul treno, si dividono le derrate con Odile, che resterà, e Felipe, che partirà con il treno per Magdeburgo. Più tardi il viaggio riprende…

 i marmocchi non si occupano di Odile, ci vedo­no salire, salgono, tutti, si sistemano sul primo pianale, con noi Lili, Bébert, me… mala mercanzia?… le nostre scatole, marmellate, pagnotte?… e le tavolette di cioc­colata? Felipe ci aiuta, e i due vecchi macchinisti, tut­ta la mercanzia e il telone, sul nostro pianale!… oh is­sa! subito dietro la locomotiva… da solo ci riuscivo mi­ca, restavo lì… devo dire i piccoli cretini aiutano, ci si mettono tutti, quanti sono?… non li avevo ancora con­tati… si lasciano quattro scatole a Odile, delle marmel­late e un bel po’ di pagnotte… ce n’è! ce n’è ! … «Feli­pe!… Felipe!…» non ha aspettato altro, mi risponde dall’altra parte dei binari, un altro pianale, s’imbarca anche lui, pili rapido che può, il suo merci è formato !… il suo «Magdeburgo»… «Dottore! Dottore!…» va a ri­trovare il su padrùn… non gli rispondo… che io mi issiprima! il nostro pianale… con il telone, grazie al telo­ne, adesso posso!… mi aggancio, ci sono!… è fatto !… (p.204)
non si ha più forza… alla fine si va!… sta locomotiva non fischia, né niente puf! p u f!… non faccio un «arri­vederci»!… a nessuno… né a Felipe né all’Odile… era­ (p.205)

Il treno prosegue spedito la sua marcia verso nord…

l’essenziale, si andava avanti, e an­che abbastanza veloce… avevamo conosciuto delle linee peggio… Lili mi domanda…
«Fin dove adesso?»
Ne sapevo niente… sti due vegliardi della Diesel do­vevano avere un’idea… tra un’ora… due ore chiederò…(p.206)
in ogni modo, una cosa là, sicura, noi andiamo proprio a Nord… pieno Nord, e anche abba­stanza veloce… e già da almeno un’ora… la notte sta per scendere (p.207)

È ormai notte quando il treno si ferma in salita in vista del porto dove sostano numerosi sottomarini. I macchinisti li informano che la sosta è dovuta a un allarme aereo. Ferdinand e gli altri, unici rimasti a bordo, bevono, poi, mentre uno dei macchinisti si fa la barba, il bombardamento inizia… L’onda d’urto di una bomba fa letteralmente volare via il poveruomo e la tinozza…

comunque una cosa: siamo soltanto io Lili e i mar­mocchi… e tutto il materiale, l’enorme scarabattola… verso il Nord… verso il Nord dove? non so, doman­derò… non fa buio completamente… un grigiore, una mezza tenebra… credo effetto di riflettori molto lonta­ni… quanto basta per essere sicuri che i nostri due vec­chioni sono scesi giù dalla Diesel e che scandagliano il nostro pianale, il bordo…
«Allora?… allora?… Wasser?… acqua…»
Domando.
« Da !… da! »
Mi rispondono… l’acqua è più su! più su dove?… scendo giù a vedere, mica da solo, con Lili e Bébert…[…] pieno, vi ho detto… l’acqua non è lontana, circa cento metri, in salita, seguendo la linea… una tinozza enor­me… i marmocchi ci sono prima di noi… bevono diret­tamente, tutte le teste dentro… e allora anche noi!… Bébert lui mica vuole, non beve… chiedo ai nostri due vegliardi se adesso si riparte?… non ancora! bisogna aspettare la fine dell ’ aliar me !… noi non avevamo sen­tito niente, né Lili né me… e lì che cos’è ?… il ponte del Kanal… (pp.209-210)
nel vuoto !… non è il momento di andare a guar­dare!… è stato portato via, lo spostamento d’aria di un grappolo… dieci… quindici bombe! noi, noi eravamo indietro di un metro… di un metro appena… adesso de­ve essere giù… credo, andrò mica a vedere… (p.212)

Devono scendere gli dice il macchinista, ma ecco che i marmocchi son spariti, avventuratisi sul ponte ondeggiante per lo spostamento d’aria delle bombe lanciate sui sommergibili. Il macchinista si propone di accompagnarli nel recupero dei piccoli e intrepidi bambini, ma solo dopo aver recuperato e bevuto qualcosa. Finisce per ubriacarsi con i superalcolici…

che cosa si dovrebbe fare ? in primo luogo riacchiappa­re i nostri bavosi! stanno per partire di nuovo nella tem­pesta!… librarsi… è il parere anche del bacucco… vuo­le venire con noi a riacchiappare i marmocchi… però prima ci chiede da bere… mica l ’acqua della tinozza, tutt’altro!… è un esigente!… proprio il momento!… (p.213)
lo chiamo… olà! hìerì mi mostra sollevando il braccio che ha !… di lontano… una grossa bottiglia… e due!… e tre !… allora, che arrivi !… va bene ! brang! vromb! no, non vuole! mi fa segno che il ponte scuote troppo… e noi allora?… si è indenni?… e i nostri marmocchi ba­vosi che se la spassano un mondo, non potrebbero loro avere paura ? il nostro solo macchinista che resta mica ha solo la squizza e tremarella, sto bruto è ubriaco fra­dicio… deve essersi trovato del kirsch… credo ne ave­ (pp.215-216)

I bombardamenti rallentano e così Ferdinand sprona l’uomo a partire. I bambini tornano da soli e così il viaggio riprende ondeggiando sul ponte. Ma eccoli infine sull’altra sponda…

oh, affanculo, mi giro! lo chiamo… beili beili fatale che mi rispon­da anche se ubriaco… los! los! mi ha sentito… in moto! in moto!… è d’accordo!… ha capito!… vuole proprio partire, è un fuggi fuggi !… ma i nostri piccoli cretini ?…[…]
far paura… no!… arrivano i nostri bavosi, ci raggiun­gono, sembrano essersi davvero divertiti… gioiosi co­me non m ai!… e nel buio… a tentoni ne tocco uno, due… forse ce n’era di volati via?… potevano mica dir­ (p.217)
los! los! gli urlo… bisogna che metta il suo Diesel in mo­to… non lo vedo ma sono sicuro che è ubriaco fradi­cio… deve essersi dissetato per bene con le nostre fia­schette… mi viene sotto vicino, mi parla nel naso, puz­za cosi forte… non sa quello che dice… parole incoerenti, in tedesco… l’essenziale, che metta in moto, e rapido![…]
secondo le schiene d ’asino… «montagna russa»… sto ponte non pareva flessibile… ma si !… ma sì !… lo era ! addirittura duttile!… si va ad attraversarlo ondeggian­do… potrebbe cedere, crollare… potrei guardare un po­ (p.218)
ci siamo! è fatto! non ondeggiamo più… voglio di­re il nostro pianale… adesso in terra ferma per dir co­si… bene! si scivola via… pom! … pom! … giusto un poco di scosse e fa giorno… (p.218)

Il Canale di Kiel è dunque superato ma, per raggiungere la Danimarca dove ha depositato sei milioni di franchi in diritti d’autore, dovranno attraversare la frontiera e la dogana…

L ’attraversamento di questo canale per divertente che sia stato sistemava mica tutto… oh proprio no !… il più duro adesso, in un certo senso, la frontiera danese… ne avevo parlato a nessuno ma ci pensavo posso dire da Parigi… anzi la mia idea da sempre, la prova, che tutti i diritti delle mie opere cosi belle, all’incirca sei milio­ni di franchi, erano su al nord… mica alla ventura: in cassaforte e in banca… adesso lo posso dire Landsman Bank… Peter Bang Wej… si rischia più niente… soltan­ (p.220)
acciuffare ? ultima grana ! spacciati ! la frontiera do­veva essere a circa un’ora… due ore dal canale… (p.221)

Passata Schleswig, eccoli a Flensburg, fine corsa del treno, dove son fatti scendere e attendere in una sala d’aspetto dove son già ammassate numerose altre persone…

e c’eravamo !… non un cartello !… ma sono sicuro che era Flensburg poum l… poum !… meno forte… ah, gente dappertutto !… pieno di ferrovieri, donne e uo­mini… si vede che è una stazione dove c’è movimen­to… i ferrovieri uomini in divise militari… le donne piuttosto in blusa… vi dò questi particolari che non pen­siate che invento… la prova un tipo grosso incivile ar­riva subito per aggredirci… «raus! … raus! … fuori» che ci fa… « Wartesaal! Wartesaal! sala d’aspetto»!… (p.224)
e quelli che respingono… dov’è il posto?… questo de­ve essere la Wartesaal… come dogana non abbiamo nien­te… ma la polizia?… è mica le carte che ci mancano, ma quali mostrare?… lì, presenza di spirito un poco alme­no!… è un testa o croce !… ci vuole un fiuto per testa o croce, ci lasciano mica il tempo di riflettere, ci spingo­no… e in un sotterraneo, meglio dire una caverna sot­to la stazione… ciò nonostante ho il tempo di leggere: Flensburg… oh, che non mi piacciono le stazioni !… (p.225)

La stanchezza è tanta ma Ferdinand riesce a restare vigile. Passano due, tre ore ed ecco comparire un burbero tedesco che invita le persone dirette a Copenaghen a uscire. Con loro ci sono cinque militari che l’uomo porta via lasciano loro in attesa…

farà mai giorno qua sotto… a poco a poco sento che sto per cedere… mi assopisco… sonno o come svenimen­to… bisogna mica cazzo porco di Dio !… che io sia completamente lucido, luce azzurra o no !… ci ho mica il cie­lo per intronarmi, farmi vedere delle locomotive… so­no pronto e in forma, voglio… rispondere a quanto accadrà! passa circa un’ora… due ore… dirvi che sono stracco, ma la volontà è li ferma… nessuna indulgenza verso me stesso, mai l’ho avuta, mai l’avrò… oh per que­sto gli altri neppure!… carognate infinite… posso dire che sono stato viziato… niente è mancato alla mia na­tura… lasciamo la filosofia alla grande pubblicità… noi era cosa seria, eravamo li per la dogana… forse che era nel programma questa attesa in cantina?… senza bere né mangiare sotto luce azzurra ?… l’attesa infinita il ca­so di dirlo… no !… non infinita !… la prova un gendarme! anzi un Veldgendarme… barcolla… doveva far nin­nananna … o è ubriaco ?… « il treno per Copenaghen !… passaporti!… » urla… oh, in tedesco, rauco, ringhiato !…(p.227)
il gendarme ci conduce fuori da questa spe­cie di cantina… immediatamente si vede, fa giorno… bene!… c’è un binario !… mica soltanto uno, due!… e pieno di scambi, ce n’è da guardare… si è abbagliati… devono essere circa le cinque… le sei del mattino… non c’è da badare a stanchezza, c’è da guardare bene e por­co di Dio essere pronti a tutto !… il gendarme porta via i nostri camerati, i cinque militari… noi due Lili e i mar­mocchi ci urla di aspettare, che torna subito, che pos­siamo allungarci sui sacchi lì… (p.228)

Senza documenti come faranno? Ferdinand si mette la fascetta di medico crocerossa di Bezons, quand’ecco un’incredibile ressa al lento approssimarsi di un treno della Croce rossa diretto in Svezia!…

Mi viene un’idea !… d’istinto !… il mio bracciale !… dimenticavo! ho un soprassalto!… nella mia tasca! mi frugo… ce l’avevo!… unto bisunto appiccicoso, ma au­tentico… Difesa antiaerea di Bezons… croce rossa, tim­bri, tutto… me lo metto al braccio e dico a Lili: «Ascolta!… non abbiamo più documenti, più passa­porti, più niente !… più altro che il mio bracciale !
– Bene Louis !
– Ascolta ancora! »
C ’era mica da ascoltare c’era da guardare… d ’im­provviso! un grande movimento di gente… vi dicevo la stazione di Flensburg era almeno a venti binari… a un tratto pieni di folla… mi dico costoro vanno da qualche parte… afflosciato lì sui sacchi vedevo mica bene dove andavano… mi metto in piedi, mi sforzo… ah, capi­sco !… erano circa un centinaio abbrancati a un vago­ne, dico cento: mille forse… uomini donne bambini… militari, civili… volevano arrampicarsi ma le porte chiu­se, impossibili… mica solo che un vagone… quattro… cinque… tutto un treno… oh vedo che cos’è, afferro! è un treno «Croce Rossa»… pieno di bandierine… «Cro­ce Rossa» e di quei cartelli!… (p.229)
ancora uno sforzo per capire: è il treno della Croce Ros­sa svedese, torna su in Svezia passando per Flensburg… è naturale c’è dei pretendenti!… per questo che voglio­no prenderlo d’assalto… perdio ! ma sembra già più che pieno… delle donne direi delle centinaia ai finestrini e i loro marmocchi e delle infermiere… sto treno è zeppo di bambini… anch’io un poco sono «Croce Rossa»! la prova il mio bracciale!… e ci ho anch’io una tempesta di marmocchi! e in pericolo!… sto treno fottuto si av­vicina a dove siamo… (p.230)

Bisognerebbe trovare un graduato e dirgli di essere tutori di minori svedesi portati da Berlino, i cui documenti son andati però distrutti durante i bombardamenti…

l’idea, ecco!… posso essere rimbambi­to, arcirammollito, mai in ritardo per un’idea!… io non cedo mai, afferro al volo!… Lili mi comprende… e di corsa… bisogna!… d’autorità che io trovi un funziona­rio! meglio, un ufficiale!… che io gli spieghi! sicuro c’è un graduato che comanda! fottuta Croce Rossa!… che noi abbiamo un sacco di bambini svedesi che bisogna che li prenda !… li salvi ! che non abbiamo più niente per loro !… che la Croce Rossa capita a proposito !… (p.230)

Il treno però non rallenta e così l’agile Lili, buttandosi tra le ruote e mettendosi a urlare, ne provoca l’arresto forzato… Un graduato si affaccia e Ferdinand, parlando inglese e dimostrando di essere un medico, riesce a ottenere l’assenso al loro trasporto. Ritrovati da Lili e Bébert i diciotto ragazzini (finalmente contati), il gruppo è issato a bordo. I piccoli sono portati via dalle infermiere, Ferdinand e Lili alloggiati in un angolo del vagone ristorante…

vedo sto treno svedese mica si ferma… avanza molto adagio ma va… passa… è pieno di gente dietro attorno a grappoli agli sportelli e sui respingenti… penso che è uno schifo… ecco, in una parola resto come uno stron­zo fatto… Lili no… la prova: manco il tempo di batter ciglio !… lei è sotto il treno… sì ! si è buttata sotto !… e uno di quei gridi !… lei che grida mai, è rimasta schiac­ciata?… manco per niente! lei che si fa mai notare! ci vado in ginocchio, striscio… passo sotto l’assembramen­to striscio… chiamo: Lili! Lili!… sicuro lei non sente, urlano troppo tutti!… oh, mi sono ripreso!… in ritar­do ma è fatto, c’è bisogno! c’è bisogno!… «Lili! Lili!»… sto treno svedese si è fermato… sbuffa… forte: ptscioum! ptscioum! hanno dovuto tirare il campanello d’allarme… Lili è forse… saprò ! saprò !… « Lili ! Lili ! »… lei grida sempre là sotto allo stesso modo… strisciando la scorgo… ha passato le due rotaie… no! è sotto il va­gone, tra le rotaie, sui sassi… «qui!… qui!… qui!…» è lei!… «Lili! Lili!»… lei grida ancora… però non è un grido di strazio… subito all’istante so… conosco i gri­di… lei si lamenta, mi chiama, sono mica sicuro… biso­gna che passi sotto sto vagone anch’io… prima su una rotaia!… la vedo! sta un po’ contro l’altra ruota… (p.231)
almeno a forza di gridare hanno fermato il tre­no !… e ciac! ciac! si apre uno sportello !… del vagone lì ! … finalmente!… un ufficiale con gli occhiali compa­re allo sportello, probabilmente vuole rendersi conto…[…]
la nostra orda di urlatori… ma io urlo mica !… parlo for­te ma non troppo… distintamente che mi senta bene !… e in francese… e in inglese!… chi siamo!… che sap­pia !… che comprenda ! che sono medico francese della Croce Rossa… mia moglie infermiera là sotto il treno! è lei che grida!… «la sente!…» con noi abbiamo sedici bambini, svedesi, tutti!… che vengono da Breslavia!… non hanno più genitori!… tutti i genitori sono morti, bruciati !… bombardamenti !… soprattutto al fosforo ! (p.232)
Oh, io lo capisco! a questo punto bisogna stare zit­to, e io sto zitto… Lili è giusto di ritorno, mica ferita… non è ripassata sotto il vagone… ha preso la massiccia­ta… con tutti i nostri cinni cretini… erano tra i boschi con Bébert, se la spassavano proprio… per questo che
non li vedevo più… « There! there they arei »
L’ufficiale svedese li conta… sono mica diciassette… ma diciotto!… a dire il vero li avevo mai contati… si mette a iscriverli… ha un registro…
«Non hanno nomi?… femmine?… maschi?…
– We have never known… non abbiamo mai sapto…» Vero spaccato! l’essenziale che li lasci salire… apre lo sportello di un vagone… ah, ben chiuso!… a chiave… e poi un enorme catenaccio… cligndiclàcl… la gente ricomincia ad accalcarsi, i marmocchi montano mica su, non possono, li issiamo noi… arrivano delle in­ fermiere, ce li prendono, uno a uno, se li portano via, con tanta delicatezza… gli parlano, cercano… loro sba­vano e ridono… noi li vediamo… l’ultima volta che li vediamo… noi Lili e io dobbiamo andare subito in co­da. .. precisamente alla cucina… il nostro ufficiale « Cro­ce Rossa» ci guida… per uno… due corridoi… ci riceve un donnone, molto gentile… tutta sorriso… è in casa propria… ci offre tutto… di tutto… di quei sandwich !… (p.235)

Non toccano cibo invero, unica loro preoccupazione quella di proseguire verso Nord… E il treno parte… Il “Croce Rossa” li va a trovare, lascindogli cappotti e avvisandoli di stare attenti nell’antinazista Danimarca…

sto «Croce Rossa» ci aveva imbarcati noi e tut­ti i nostri marmocchi… adesso ne sapevo il numero, era­no diciotto… tutti svedesi d ’un colpo! un uomo di cuo­re sto «Croce Rossa»… non credo che sia rimasto in­gannato… […] rivoltella!… certo!… nello stesso istante ci muoviamo! finalmente ! sì !… adagio ma tsciutt!… tsciutt! … via che si va !… (p.237)
Ma io vi perdo!… eravamo nel nostro angolo, ve­ro?… sulle nostre due sedie… sto vagone cucina anda­va… andava… ah, il nostro «Croce Rossa»! viene ver­so di noi dal corridoio… mi fa segno di non muovermi… passa tra i due tavoli… ci domanda:
«Non hanno mangiato proprio niente?
– Più tardi !… più tardi !… »
Quello che vorrei sapere preciso è dove ci porta sto treno?… insomma dove dobbiamo scendere?…
« Ma dove vorranno !… »
So bene dove io voglio andare, a Copenaghen!…
«Certamente! certamente!» (p.239)
mgnam! mgnam! … attacca… fa onore… questo collega co­sì provvidenziale, dimenticavo, ha lasciato per noi su uno sgabello due cappotti, uno per me, da uomo, me lo infilo… tutto nuovo, splendido… e per Lili uno di quei pastrani da infermiera, foderato di astrakan, mi sem­bra. .. il lusso continua !… (p.240)

Ancora trecento chilometri verso est prima di raggiungere Copenaghen…

angolo retto!… Est!… Est, dunque!… Copenaghen è almeno trecento chilometri… credo proprio… credo proprio… i due bracci di mare da passare… Piccolo Belt… al Piccolo Beh, un ponte… Grande Belt, un ferry… insomma sto treno corre, senza intoppi e senza grane, vi direi, come prima del ’39… al Piccolo Belt guarderò… si correrà più nessun rischio… credo… (p.241)

Il treno giunge infine a Korsor, dove ad accoglierli trovano un sospetto medico della Croce Rossa che si offre di accompagnarli in auto all’hotel d’Angleterre. Ferdinand è preoccupato. Qualcuno potrebbe riconoscerlo e farlo arrestare…

là!… là!… il convoglio andava meno veloce… e quasi subito d’un tratto… fermata!… il tempo di fare «arri­vederci»! alla nostra cuoca cosi gentile e hop!… i miei due bastoni e sul marciapiede !… vedo tutta questa sta­zione, qui sono come in Francia, in «oscuramento», tut­te le luci, azzurre… forse sono stati bombardati?… o soltanto la precauzione ?… oh ma non passa molto, qual­cuno subito lì… sono individuato… un altro ufficiale «Croce Rossa»… viene verso di noi «Buongiorno dot­tore!… buon viaggio?… e a lei signora tutti i miei ri­spetti, la prego!… tutti i miei omaggi!…» è un danese, stando all’accento… anche all’aspetto. (p.246)
mente alle riflessioni… il marciapiede è tutto nostro… Lili, me, Bébert… e sto bizzarro «Croce Rossa»… lui è danese, ce lo dice, parla francese e inglese, mi chiede dove voglio andare… a Copenaghen?… e che può acco­glierci molto bene, che mette a nostra disposizione tut­to un piano… oh! via! via! no! molto grato!… «Hotel d’Angleterre ! » su due piedi ! lì non altrove ! se vuole ac­compagnarci !… è venuto con un’auto… perfetto !… due minuti… Vesterbrogade! … ci siamo!… la via più com­ (p.248)

Ma, per non destar sospetti, eccoli in auto con lui…

Voi eravate, vero, con noi, quasi all’Hotel d ’Angle­terre, nell’auto di questo individuo… questo individuo farfuglia… io rispondo, rispondo: Hotel d ’Angleter­re !… che ci accompagni !… che non ci porti altrove !… basta! basta d ’essere d iro ttati!… (p.252)

In albergo gli viene assegnata un’ampia stanza dove però si guardano bene dal dormire  e dal parlare, certi di essere spiati…

comunque ci siamo, noi… Hotel d ’Angleterre!… quattro facchini stanno sull’attenti… gran servizio vedo… non abbiamo niente da consegnargli…
«I nostri bagagli verranno tra breve».
Avverto… un bel pezzo che siamo senza bagagli, adesso alla «reception» il portiere mi fa riempire una scheda, non sembra stupito di vedermi, mi chiede nien­te, niente particolari… io gli espongo niente neppure… (p.252)
Eravamo vi ho detto in questa cosi bella camera, a tre finestre, due letti larghi… perfetto silenzio… non andavamo mica a dormire per questo!… che no!… al(p.256)

Spunta il giorno e un cameriere porta la colazione…

i Cinesi a Brest, i bianchi al risciò, mica tirati ! tra le stanghe !… che tutta sta Gallia e tutta l’Eu­ropa, i giudei insieme, cambiano di colore, che hanno proprio fatto cagare abbastanza il mondo!… lei e il suo sangue blu, pretenzioso, cristianemico! Vado su di giri, vi dimentico… manco per niente !… vi porto con me… adesso fa giorno, insomma quasi…
«toc! toc! avanti!…» un galuppo… porta la prima co­lazione… sapeva che stavamo per uscire… oh ma io non (pp.257-258)

Poi scendono a leggere i giornali, per informarsi sulla situazione in attesa di potersi recare in banca… Unico presente il misterioso conte Bernadotte… Dopo aver parlato con il portiere ed essersi spostati sul marciapiede , salgono a bordo di un tram…

Qua, intanto che Lili osserva, le faccio vedere al mio orologio che non sono ancora le sette, che il «Groenland» non è mica aperto… sto conte Bernadotte non si è mosso… sta come noi, sul marciapiede ci guarda mi­ca… guarda dritto davanti a sé… guarda niente… di si­curo non aspetta il tranvai… forse un’auto?… ah ecco qui!… dig!… dig!… il n° 1 1 … vi ho detto tutto gial­lo… l’Hellerup, per noi!… il primo io credo… «vieni Lili !…» mi arrampico devo dire con non poca fatica… finalmente!… Lili e Bébert nel suo tascapane… (p.261)

Scendono, ma non si orienta più. Poi sì… Eccolo il poso cercato! La deserta cittadella semidistrutta in riva al mare…

mi ricordo bene… al marciapiede ! scendiamo !… e a pie­di un poco più lontano… quasi fino al bosco… diciamo piuttosto ai rovi altissimi, sorta di cespugli… qua io so c’è mai nessuno… ci sono stato abbastanza spesso… no! mi sbaglio… era mica questo… doveva essere più su… dobbiamo averlo passato…
«Lili ne posso più… devi essere all’estremo anche te… un momento! »
Ci si siede, posso mica dire sull’erba, su un mucchio di rampicanti e rovi… e che tutto punge !… strappa per­sino!… c’è mica da resistere ci si rialza, si va… oh ma
io ritrovo la memoria! so!… so!… «per di qui Lili!… per di qui» adesso mi ricordo perfettamente… è una strada di sabbia di colore direi quasi rosa… sono degli anni molto prima della guerra, che non sono stato da queste parti… sì!… sì!… ci siamo!… mi ritrovo… la panchina!… dall’altra parte della strada e più in basso, le rovine… anche il nome: la Cittadella… insomma ciò che ne resta… Cittadella distrutta, rasa, una guerra?… non so quale?… da vedere giusto le celle in seminterra­to… le sbarre, le catene… tutta sta ferraglia così corro­sa di ruggine… per così dire a merletto… tutto questo proprio sulla riva del mare, lì, avrei dovuto ricordarmi… (p.262)

Seduti su una panchina, uscito Bébert dal tascapane, controllano che nel doppio fondo ci sia ancora tutto…

li dove eravamo di cosi buon’ora, nes­suno stava a disturbarci… Lili sapeva bene che cosa vo­levo… se quello che avevo messo a Bezons nel tascapa­ne di Bébert c’era sempre, il nostro cianuro, i nostri due passaporti e il certificato… l’essenziale quando non hai (p.264)
Allora dite, dove siamo?… che io vi ritrovi!… sulla panchina lì, vi ho detto, assolutamente nessuno intor­no, né in lontananza… Lili sa bene che cosa voglio guar­dare… posa il nostro tascapane sulla panchina… Bébert esce fuori, si stira… io lo conosco, scapperà mica… resterà lf a un passo, sull’erba… sono io che so ciò che si deve guardare, il nostro tesoro nel doppio fondo… sin da Parigi… tante di quelle volte ho voluto vedere… a Sigmaringen sospettavano… qua, ci siamo! il doppio fondo!… stacco via… vedo… c’è tutto… non si è per­duto niente… i nostri due passaporti, il nostro certifi­cato di matrimonio… e una rivoltella Mauser per signo­ra… la nostra fiala di cianuro… il resto era alla banca, insomma doveva esserci, vi ho detto, in città, Landsman Bank, Peter Bang Wej… la banca, verrà dopo… quando saremo un poco riposati! l ’urgenza prima di tutto!… (p.265)

Ripartono, tra affamati uccelli esotici fuggiti dagli zoo della Germania in fiamme proprio come loro…

«Andiamocene! »
Credo che per noi tutto è pericoloso… questi uccel­li, io sono sicuro sono in «fuga scatenante da voliere»… devono venire come noi da giù, da «zoo» in Germania, bombardati… in ogni modo, i miei bastoni !… e un gran­ de sforzo e in piedi!… e in tranvai!… vi ho detto, al «capolinea»… da dove siamo venuti… si va a riprende­re la strada… (p.266)

Dopo 791 pagine può anche fare una pausa, checché Achille ne dica… Lui e il suo misero 4×1000 di diritti nella Pléiade.. Se ne lamenta con il sopraggiunto correttore di bozze della NRF, Ducourneau, al quale ricorda la prossima invasione e dominio Giallo… sempre che il vino e i bagordi non rovinino anche loro…

A dir vero ce n’era abbastanza. ..7 9 1 pagine… uff !… abbastanza?… abbastanza?… vedete un po’ ! ero «im­barcato» sino in fondo… si trattava di darci un taglio… oh, non che io ci tenga!… ma come si sa Achille non sganciava «anticipi» perché io mi faccia domande… non essendo né pedofilo, né cocainomane, né diritto comu­ne, non ho nessuna scusa… i debiti, se sei ministro, non contano… se sei di un’Accademia capiranno le tue de­bolezze… ma io qua vi rendete conto, avrò voglia a par­lare del Viaggio, che è una data, che tutto ciò che fu scritto dopo altro non è che «penose imitazioni, sbro­dolate appena tiepide»… come che mi manderanno a farmi fottere!…(pp.266-267)

ci fosse stato qui per esem­ pio l’Hitler a vincere, c’è mancato un pelo, vedreste ve lo dico io l’ora attuale, che sarebbero tutti per lui… a chi che avrebbe impiccato il più di ebrei, chi che sarebbe stato il più nazi… [….] (p.268)

Toc! Toc! qualcuno bussa… ouàh! rra! miòu! tuli! … tu ì!… vi imito la mu­ta… e gli alberi, gli uccelli… e drrrmg! la porta!… e il gatto Flute… è un temerario!… « Avanti !… avanti !…
– Ah, buongiorno ! »
E Ducourneau! lui, è un fatto serio… viene mica per niente… ci troviamo subito d’accordo… ah, ancora qual­che piccolo dubbio… ci siamo!… appena un accento… una virgola… bisogna mica fidarsi dei correttori, han­no, vero, il «solido buon senso»… il solido «buon sen­so», morte del ritmo!… tutti scopatori di donne mal­compiute, so quello che affermo… Ducourneau viene a trovarmi per la N rf… ve lo siete immaginato, per le ul­time minuzie di lisciature, arricciature di refusi… sulla (pp.268-269)
– Perché? ecco !… sono informato! i Cinesi, i veri, i Cinesi d ’assalto, quelli che verranno a occuparci, bi­vaccano già in Slesia… Breslavia e i dintorni… miniere e altiforni… ne verranno altri! molti altri d’attraverso le steppe… di quelle orde!… chirghisi, moldo-finnici, baltoruteni, teutoni, lei li vedrà a Pantin, alla porta che conosce, accolti non le dico che questo da quelle folle ! urlanti al vino, alla felicità, alla libertà!
– Evviva! evviva! quando li vede i gialli qui?…
– Presto… mettiamo due-tre anni.
– Tutto sto mondo comunista? (p.270)

 i nostri Grandi Transitari stanno mica a occuparsene del sesso degli ange­l i ! … né del pericolo giallo! mangiare che li interessa… sempre meglio!… e vini assortiti… di quelle carte! di quei menù! sono o non sono i padroni del popolo più ghiotto del mondo? e il meglio avvinato?… che venga­no, che osino i Cinesi, andranno mica più in là di Co­gnac! finirà tutto sbronzo felice, nelle cantine, il famo­so pericolo giallo! ancora è cosi lontano Cognac… mi­liardi su miliardi avranno già avuto il loro avere passando da dove sapete… Reims… Epernay… di quel­le profondità spumose che più niente esiste…(pp.270-271)

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Si consiglia l’acquisto della versione contenuta nella Trilogia. Costa meno ed è corredata dalle note.
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Dedico questo riassunto, concluso solamente al termine di un’intera giornata, a Valentina P…