LOUIS-FERDINAND CÉLINE – NORD (1982 – Seconda edizione)

LOUIS-FERDINAND CÉLINE – NORD
EINAUDI – 2° EDIZIONE Marzo 1982

TRADUZIONE
Giuseppe Guglielmi

Dedico il presente riassunto, realizzato nella giornata di Sabato 14 febbraio 2015, a Valentina Paolacci (onomastico) e Marco Pantani (in memoria)…

Il libro inizia dal presente, con il “povero e vecchio” autore a lamentarsi della sua misera condizione, del mondo e dei concittadini… Nessuno compra più i libri, diversi i gusti ormai omologati. Nessuno si cura più di lui…

Oh, sì, mi dico, fra poco sarà tutto finito… auf!… abbia­mo visto abbastanza… a sessantacinque anni e passa davvero che ti può fregare della più peggio arcibomba H?… Z?…Y?… aria fritta!… briciole!… solo orribile il sentimento di aver perduto così tutto il proprio tempo e che megatoni di sforzi per sta dannata mostruosa orda di alcolosi checche lac­chè… vacca miseria, signora!… «venda i suoi rancori e stia zitto»! caspita, ci sto!… mi piacerebbe, ma a chi?… i compratori mi fanno il grugno, pare… gli piacciono e compra­no solo che gli autori fatti quasi come loro, con giusto in più il piccolo bordo a colore… capo-ruffiano, capo-nettaculo, leccacoso, evasioni, acquasantiere, pali, bidè, ghigliottine, im­ balli… che il lettore ci si ritrovi, si senta simile, fratello, mol­lo comprensivo, pronto a tutto…
– La pianti!… in galera c’era già il dieci per cento di «vo­lontari», lei è del mucchio! (p.3)

La gente è in balia di false opinioni, pubblicità e voglia di supplizi…
Uno può benissimo non votare mai e avere lo stesso la pro­pria opinione… e anche più d’una… privilegio dell’età… a un dato momento, non leggi più gli articoli… solo la pubblicità… ti dice tutto… e la «rubrica dei necrologi»… sai quel che la
gente desidera… e sai che sono morti… basta!… tutto il resto, blablabla, sinistra, centro o destra!… «Casse di tolleranza» come una volta le «case»… per tutti i gusti… le piccole manie e le grosse…
Li vedi stendere il piattello per i poveri rifugiati smirnoti, bulgaro-bastavi, afro-polacchi, tutti da far ben pietà, ma mer­da, e tu? tu non esisti più!… ancora non te ne sei reso con­to?… cancellato… (p.4)

La classe del ’94 ha fatto il suo tempo, d’accordo… eppure voglio dirvi una bella cosa… cent’anni avanti Gesù Cristo che bisognava nascere… tutto quello che raccontiamo noi annoia!… le opere di teatro, uguale sbadiglio! e i cine e la tele… calamità! che cos’è che vogliono populo e l’élite? il Circo!… esecuzioni sgocciolanti!… rantoli veri, torture, trip­pe riempilarena!… mica più mezzecalze di seta, false tette, sospiri e mustacchi, Romei, Camelie, Cornuti… no!… una Stalingrado!… carrettate di teste mozze! eroi col cazzo in bocca! tornarsene a casa dai gran festival con una camola piena d ’occhi… mica più programmini taglio in oro! roba se­ria, sanguinolenta… basta coi trucchi pancrazi «ripetuti», niente!… il Circo farà chiudere tutti i teatri… farà furore la moda dimenticata… gli anni trecento prima di Gesù! «ma insomma, insomma! » dàgli con sto romanzo! vengo subito!… l’abito da sera è di rigore? ma no! no! «la vivisezione dei fe­riti»!… ecco, tant’arte, secoli di sedicenti capolavori per nien­ te! bufale! crimini! (p.5)

Bando alle ciance… proclamatosi cronista, eccolo iniziare la narrazione delle vicende che lo hanno visto protagonista a Baden Baden dove, assieme a Lili, il gatto Bébert e l’amico attore La Vigue, occupava una stanza al Simplon. Diretto dal Legationsrat Shulze, eran lì alloggiati ricchi, generali, diplomatici e industriali che comprano e consumano in abbondanza cibo di lusso venduto in un improvvisato ma ben organizzato bazar interno. Quasi tutti gollisti, antihitleriani in attesa di notizie per loro propizie…

Dio sa s’erano gollisti, antihitleriani sino al midollo gli ospiti del Simplon, Baden-Baden… s’erano maturi per gli Alleati!… croce di Lorena in cuore, negli occhi, sulla lingua… e mica povera gente disgraziata, stravolti bottegai pidocchio­ si… no!… tutta gente abituata al gran lusso, alla super-cate­goria… due tre cameriere per appartamento[…] li… il Simplon accettava clienti solo le famiglie veramente be­ne, ex principi regnanti o magnati della Ruhr… di quei padro­ni delle ferriere con cento, duecentomila operai… qui dove vi parlo, luglio ’44, ancora vettovagliati alla perfezione e con una puntualità… loro e la servitù… burro, uova, caviale, mar­mellata, salmone, cognac, gran Mum… con lanci di pacchi viveri paracadutati su Vienna… (p.6)
veniva da dove la Mercanzia? da un passo!… dalla Svizzera… e di là dall’Oriente, dal Marocco… e a che prezzi!… in mar­chi, a carrettate!… bene… molto bene… e poi ci voleva un bazar!… fu attrezzato un intero piano del Simplon… coi suoi mercanti autentici, ricciuti, impomatati, color bistro, caute­losi ad hoc… amabilità da giaguaro, sorrisi di zanne, cugini di Nasser, Lavai, Mendès, Yousef… «avanti! avanti! bella gente! » avreste dovuto vedere i magnati lo sbarello di valute che snocciolavano!… il bazar Simplon tutto un fermento!… (p.7)
tutta sta gen­te non si privava di niente vi giuro… cibi raffinati e di quei complotti, trame e orari!… mi direte che invento… nient’affatto!… fedele!… cronista fedele!… bisognava esserci è ve­ro… le circostanze! roba non da tutti… la fine dei pasti con­gestionata da cosciotti, da pesanti segreti, dal Bourgogne… menù irresistibili… squisitezze dal principio alla fine, dagli antipasti… alle fragole alla panna… melbà… liquorino?… ancora?… un po’ meno?… scorza di limone?… (p.8)
A completare lo sfarzo, un casinò e una pasticceria…
E io vi racconto niente del Casinò!… colpevole oblio!…(p.10)
La pasticceria del Casinò assolutamente sempre zeppa di vedove di guerra crucche… in piena cura di convalescenza per traumi emotivi… e giù «babà al rum»!… diplomatiche e briosce cosi!… tartine ai mirtilli e vassoi di «glassate alla cre­ma»… (p.11)
È nel giugno del 1944 che lui, Lili, Bébert e La Vigue hanno lasciato Montmartre per paura di rappresaglie, abbandonando tutto nelle mani dei saccheggiatori…
perché aver lasciato Montmartre ancora una volta? sta fifa dannata d’essere fatto a pezzi in Avenue Junot quattr’anni dopo… oh, che confessioni ingloriose! tutti, amici e parenti, s’aspettavan proprio che mi scuoiassero, tutti d’accordo, tut­ti pronti a scattare, svuotarmi tutti i miei mobili, dividersi le lenzuola, sbolognare il resto… cosa che fecero benissimo, dio cristo! niente da dire, avevo fatto tutto per… m’ero mes­so in croce per loro!… muore pure ogni giorno il buon Gesù diecimila anni dopo!… lezione mica perduta per tutti! la prova: guardate le strade cosa non scorre tipo piper-lusso mo­torizzate, piene di caviale, diamanti, vacanze… sacrificali un corno!
L’esercito francese, che per buona nota lo ripeto nel ’40 ci ha avuto la sua diarrea gran galoppo Berg-op-Zoom, Bayonne… noi, Lili, io, Bébert, La Vigue, nel ’44… Rue Girardon, Baden-Baden… a ciascuno la sua epopea cagasotto! il piccolo Tintin, condannato a morte, per salvare l ’onore e la pelle è saltato sull’aereo per Lourdes… vado mica offrirvi «Vite parallele»… Tintin è un conto, io un altro… la sua cronaca anche dei miliardi!… la mia ci pensate, qualche centi­naio di franchi pesanti… Tintin le sue statue dappertutto, a me sulla pietra della mia tomba non avranno il coraggio di scrivermi l’anagrafe… già mia madre al Pére Lachaise le han­ no epurato la tomba, cancellato il nostro nome… (p.13)
Prima tappa del viaggio è stata dunque Baden Baden, anche se nessuno sa perché li si trattenga in quel lussuoso albergo…
 Tra i rari interlocutori l’anziana antihitleriana signora Von Dopf…
 la nostra prima tappa da Parigi fu proprio Baden-Baden… […]
chiedevo alla signora von Dopf, passeg­giando nella Lichtenthal… lungo l’Oos… sto fiumiciattolo mormorante, gorgogliante, granulato di tutti i colori… per­ ché ci avevan messi lì, noi! niente presentabili, né da esibire, in questo posto!… in quest’albergo!… (p.15)

Mentre la Von Dopf continua a intrattenere Ferdinand, Lili e Bébert con i suoi interminabili ricordi in un giardino stranamente deserto nonostante la splendida giornata di sole, ecco risuonare l’allarme ad interromperla. Hitler è stato vittima di un attentato!…

Boschetti… cespugli… rose… d’un pastello caldo… da non crederci… noi eravamo lì, su una panchina di marmo, la si­gnora von Dopf che ci raccontava per l’ennesima volta i suoi anni in Cina, col marito, generale, incomparabile riorganizzatore dell’esercito di Mao… e che il funesto misero buffone avrebbe retto manco due mesi!… ah, signor Céline, mi creda!… ci fosse stato suo marito! (p.19)

Ma io che ci ho sempre l ’inquietudine in corpo, che godo mai dell’istante non vedendo nessuno lì in giro, sotto gli ar­chi, sui prati, mi domandavo il perché di quel silenzio… spe­cie alle undici di mattina, l ’ora delle famiglie… e con un tem­po simile!… il nostro recinto odoroso, mica da restarci, e che Lili pure tanto discreta domandi alla signora von Dopf se non possiamo incamminarci verso l’altra panchina… verso i platani, l ’ombra… […]

La signora von Dopf ci aveva ancora dei ricordi… e quan­ti… Achtungi… Achtung!… urla una sirena… attenzione! at­tenzione! e dietro una di quelle fanfare!… l’annuncio di un’altra vittoria?… impossibile! da due anni almeno c’erano solo ripiegamenti… una pace separata con la Russia?… po­teva anche darsi!… l ’altoparlante era piuttosto distante… tra l ’albergo e il roseto… sto in campana… eccoci in ascolto… non si trattava d’una vittoria!… Achtung! Achtung!… ma di un attentato contro Hitler!… ci mancava che questa! (p.20)

Grida e schiamazzi giungono intanto dalla piscina. Gli uomini hanno preso a litigare tra antihtleriani, hitleriani e collaborazionisti. A farne le spese la provocante collaborazionista signorina De Chamarande che, insultata e percossa, riesce a fuggire chiedendo soccorso alla Von Dopf. Questa la tranquillizza, recuperandole in piscina senza problema alcuno l’accappatoio perso nella fuga…

– Esci di lì, slandra!
Una donna scappa dalla piscina… corre… si dirige verso di noi…
– Signora von D opf!… Signora von Dopf!…
La conosciamo! la signorina de Chamarande!.. per lei, le sue prerogative, che tutta la piscina urla e si azzuffa!… e non la finiscono ancora!… vlof!… brum!… di quelle casta­gne!… e poi un vruf ancor più grosso!… dal trampolino!… e un altro!… si schiaffano in acqua!… e la zuffa continua nella slenza… La signorina de Chamarande ora è qua… seduta ac­canto a noi… senza fiato… il costume che le casca a brandel­li… stringe la mano della signora von Dopf… piange…[…] (p.22)

Restiamo lì tutti e quattro… perfetto!… ci va lei!… il via­ le sabbioso verso la piscina… a passettini… e torna quasi su­bito con l ’accappatoio rosso e giallo.
– Non le hanno detto niente?
-Certo che no!… proprio niente, mia cara! adesso si copra!… via rientriamo in albergo!… tutti insieme! (pp.22-23)

Di rientro in albergo, incontro a Ferdinand va la brutta segretaria di Schulze, la signorina Fisher, sedicente strega. La donna gli annuncia che il governatore lo ha convocato a colloquio….

noi approfittiamo della bonaccia, ripren­diamo la riva dell’Oos, qualcuno ci corre incontro… Fràulein Fisher!… eccone un’altra che ci vuol bene… e che si vanta d’essere una strega… […]

— Dottore! Dottore!…
Era per me…
—Il signor Legationsrat vorrebbe parlare al dottore… ur­gente!… prego, se non le spiace?
—Signorina Fisher ai suoi ordini!… la seguo!… (p.24)

Giunto al suo cospetto, quello gli chiede di recarsi con discrezione in visita in tre stanze specifiche dell’hotel, occupate da noti antihitleriani, per controllare la situazione e verificare le condizioni degli occupanti…

Due minuti dopo… ero da Schulze…
— Dottore, lei sa cosa è successo?
— Oh all’incirca signor ministro, all’incirca!…(p.24)
– 113 … 117 … 82… entri senza bussare!… potrebbero non aprirle… non gli dica che è da parte mia…
– Oh, non una parola, signor ministro!
– Poi, una volta che avrà prestato le sue cure… torni da me!… non parlerà a nessuno di quello che vedrà… mai!… e poi mai!…
– Una tomba, muto! Tomba, signor ministro!
– Allora, tante grazie dottore!… ci rivediamo dopo… do­po…
Sono camere che conosco… 117 … 113 soprattutto… non ci vuol proprio un grande indovino!… da mesi era sulle boc­che, bastava guardarli un po’… tutta sta gente, i grossi del Simplon, gli appartamenti più grandi, soprattutto il 117, c’eran dentro al complotto, perdinci!… i magnati della gra­na, marchi a carrettate… per caso che s’erano suicidati?… questo che il Schulze mi mandava a vedere… ci andavo mica matto, io… erano morti o sbronzi… dal momento che si cele­bra qualcosa, bene o male, l ’essere umano si gonfia, s’abboffa come massimo… (p.25)

Presi gli strumenti medici e il pass partout lasciatogli da Schulze, eccolo bussare poco dopo nella prima stanza, la numero 113. Ad aprirgli un’assonnata lasciva ragazza che, con i postumi di una sbronza, lo lascia entrare. Sono tutti ubriachi e apparentemente reduci da un’ammucchiata. Stessa situazione nelle altre due stanze…

come massimo… prendo la siringa, la borsa, le fiale… ve­diamo se si sono impiccati! mi dico proprio lì davanti al 113 !… prima!… proviamo!… toc! toc! non rispondono… il ruffiano col «passe» apre, una donna esce dal buio una bella bruna… le tette fuori, tutta sperlusciata…
– Ah, è lei! ah, è lei, caro dottore!… entri pure, via, entri! (p.25)

Nel salone intanto la Von Dopf ed altri suonano e cantano. In fondo c’è Schulze che, chiamatolo a sé, gli comunica la decisione di evacuare l’albergo in vista della rastrellata nazista prevista per l’indomani…

Vedo però laggiù in fondo qualcuno che mi fa segno… dal vestibolo… sto qualcuno è Schulze… oh, non gli dirò niente di niente… si parla sempre troppo… ci vado… […]
– Risponde giusto, dottore! vediamo! vediamo! ma io ora debbo dirle che tutte le camere dell’albergo vanno evacuate stanotte!… proprio stanotte!… vuote domattina: diciamo a mezzogiorno!… Ordine del Ministero!… e non una di tutte queste persone deve rimanere a Baden-Baden…(p.27)

 Ferdinand e gli altri dovranno raggiungere Berlino, dove il colonnello medico delle SS Harras si occuperà di loro. La partenza è prevista all’alba, ore 5, e in stazione li accompagnerà lui…

 – Lei dottore lei, ecco l ’ordine… lei è destinato a Berlino alla Reichsarztkammer… il professor Harras si occuperà di lei laggiù… prenda il treno domani all’alba… un treno mili­tare… l’accompagnerò alla stazione… io stesso!… non dica niente… a nessuno!…[…]
un paniere per il viaggio… e domani all’alba, pronti!… fac­ciamo alle cinque!… (p.28)

Divaga, ma Achille Brottin, l’editore, lo pressa ricordandogli i debiti che ha con lui e invitandolo quindi a produrre un romanzo commerciale, di smetterla con questi commenti, parentesi e lamentele che non interessano il lettore…

 Torna quindi a narrare le vicende di Baden Baden… La sera ecco la Von Dopf bussare alla loro porta. La vecchia, saputo della partenza e lei stessa prossima al trasferimento in un manicomio, è giunta per salutarli. A Lili lascia in dono un ventaglio…

Dal momento che lasciammo, senza fanfara devo dire, Rue Girardon, perseguitati dagli «annunci funebri», non fa­cemmo che andar di male in peggio… vedo un sacco di gente incoerente, imbottiti d’alcool e di sigarette, e di carta straccia stampata, fregarsene di presagi del genere! così seri!… […]
racconterai le tue avventure!… pittoresche!… vissute… l’Achille guarda, è ghiotto, il mio filantropo che non ha più età…
-Non ha ancora finito? Céline, lei mi deve dei milioni! non lo dimentichi! (p.29)
il mio «non-ha-più-età» mi ha fatto piacere, ma i miei «invenduti» ci pensa lei?… Sisifo a rincordar sta mercanzia, farle passare la cresta atroce, che ruzzoli schiacci i lettori, sti mostri ruttanti, mi ricada mica ancora sul gobbo! capisce Céline!… si sforzi! ricordi che mi deve delle somme!… fugga, rifugga l’intelligenza, come il ghiozzetto lo sparviero!… non sfiori troppo gli abissi!… cor­po d’un diavolo! non ho più età! non ho più età!… Certo! Capite di conseguenza che taglio corto ai commenti… Achille nonostante il suo «non-ha-più-età» e la «Revue com­pacte» è in gran pericolo… vi riporto subito a Baden-Baden! dimenticate tutto quanto precede! oziosi commenti! gere­miadi, addio! rieccoci al «Simplon»… ricordate?… ebbene, una sorpresa!… appena risaliti in camera nostra… toc-toc bussano… la signora von Dopf!… tutto è spento… così diffi­cile trovarci… pianerottoli e giravolte… ci ha cercati, numero per numero… ha una candela in mano… (p.30)

Sapeva già la signora von Dopf che partivamo all’alba…[…]
– No… no, dottore, mi scusi!… voglio solo salutarvi… tut­ti e due… son scappata dalla mia camera ma conoscete i cor­ridoi!… almeno un occhio per serratura!… è buffo!… […]
Vedo un ventaglio (p.31)
Se ne va… non ha paura lei dei buchi di serratura… la ve­diamo lontano con la sua candela, laggiù… sto corridoio è immenso… largo… lungo… ci fa un segno di arrivederci!… arrivederci! la sua camera è proprio in fondo al piano… (p.32)

Puntuali, eccoli raggiungere all’alba la stazione accompagnati da Schulze. Ventiquattro ore dopo scendono in una Berlino bombardata dove Ferdinand, accusato un malessere e vertigini appena messo piede in stazione e per questo malfermo sulle gambe, si fa accompagnare in cerca di un negozio dove poter acquistare un bastone…

Bisogna che torni alla mia storia… la signora von Dopf ci faceva gli addii… il suo piccolo ricordo, il ventaglio… ecco!… la mattina dopo come previsto, all’alba, Schulze bussa… l’al­bergo dorme… ma noi siam pronti, Bébert nel suo zaino… le nostre due valige e via!… la stazione… il Legationsrat ci im­barca… in viaggio!… il treno fischia… (p.33)

Baden-Baden… mi reggevo ancora perfettamente in piedi, è a Berlino, ventiquattro ore dopo che mi son accorto ch’ero storto… ho cominciato a zigzagare… a dar le onde… è raro che i malati, cervello, cervelletto, possano dirvi il momento preciso in cui sono rincitrulliti… io «Berlin-Anhalt»… all’uscita… dopo il marciapiede… oh non ho mollato la ringhiera… ma non ho più camminato dritto… un’agitazione: sta cosa mi sarebbe durata?… se è durata sta cosa!… eccome!… non mi sono curato molto bene… ma anche se!… avrei potuto adattarmi un po’ … guardate le «uscite» di Nanterre… piccole «strette», un po’ di tristezza, ma sta cosa va oltre, fin dentro Parigi, fino alla Nazione… stiamo seri!… scalo a «Berlin-Anhalt» mi vedevo scaravoltato dal marcia­piede, crepar sotto il duro… a momenti! dico a Lili «Mi ci vorrebbe un bastone!…» certo!… e via che andiamo alla ri­cerca!… ma dove trovare?… così chiediamo… […] (p.34)

Dopo lungo peregrinare ne trova due nel fornitissimo reparto di storpi di un semidistrutto negozio di otto piani…

Proprio il maestoso edificio!… ben otto piani… ma in che stato! piani interi se ne vanno dalle finestre… spenzolano… in ferraglie… mercanzie… vetrami… cascate… a brandelli… (p.34)
I vecchi signori sempre sorridenti ci piantano… i bastoni sono al «quarto»… ancora pochi panchetti… eccoli là !… que­sta poi! il loro solo reparto fornito! tutte le canne immagi­nabili!… e un sacco di gente!… il solo reparto in vita! mili­tari e borghesi… e marmocchi… i commessi qui non sono an­ziani, ma mutilati tutti!… stroppi… sciancati… persino cul-in-terra… devastati come i clienti… il reparto su misura da« Corte dei miracoli !… »
Sto mica lì a grattarmi, scelgo due bastoni, due canne, leg­gere, punta di caucciù, perfette!… mi fanno il conto!… e via alla cassa!… venti marchi!… un vero piacere!… eccomi mu­nito per le vertigini… frivolezza!…(p.35)

Ferdinand, Lili e Bébert (nella sua sacca) girano tra le rovine, ordinate da squadre di vecchi, della Berlino bombardata…

Io, Lili, i bastoni, Bébert, eccoci turisti… cerchiamo un albergo! sta città ha già molto sofferto… che buche e strade dissestate!… strano, non si sente un aereo… s’interessan piti a Berlino?… non ci capivo niente, ma un po’ alla volta ho afferrato… era una città solo di scenari… strade intere di fac­ciate, crollati tutti gli interni, inghiottiti giù nelle buche… tutto no, ma quasi… a Hiroshima, pare, è molto più pulito, lindo, rasato… anche il servizio bombardamenti è una scien­za, non era ancora perfezionata… qui i due lati della strada potevano dare ancora l ’illusione… […] (p.36)

barricate?… almeno!… be’ in sta triste Berlino, vedevo bab­buini, befane, circa della mia taglia, e anche più vecchiardi, sui settanta, ottant’anni… e persino dei ciechi… totalmente allo sgobbo… a riportare proprio tutto sopra il marciapiede, ad accatastare davanti a ogni facciata, numerare… i mattoni, qui! le tegole gialle, là!… (pp.36-37)

 
Una vecchia, avvicinatasi per accarezzare il gatto, li avvisa di starci attenti, potrebbero infatti portarglielo via per via di una legge contro i gatti non di razza e sterilizzati…
A Ferdinand sovviene di doversi recare alla polizia per i visti…

voglia di ridere, a parecchi popoli… noi lì, lo guardavamo dal parapetto, Lili, io, Bébert… una signora, una tedesca si av­vicina… ha voglia di parlare con noi… è un’amica degli ani­mali… vuol carezzare Bébert… lui ha la testa fuori dello zai­no… guarda insieme a noi la Sprea… sta dama ci chiede da dove veniamo… da Parigi!… siamo «profughi»… è una donna di cuore, capisce che soffriamo…
– Oh, avrete molti fastidi col vostro gatto! Non lo sapevo, me lo dice lei, che gli animali domestici, gatti, cani, « non-di-razza » e « non-riproduttori » sono considerati «inutili»… che le Ordinanze del Reich vi fanno ob­bligo di consegnarli immediatamente alla «Società protet­trice».
– Fate attenzione negli alberghi! con un pretesto qualsiasi passa un delegato… per una «visita veterinaria» per così di­re… e non rivedete più il vostro gatto!… le ss ci si adde­strano, gli strappano gli occhi…
Eccoci sull’avviso… ringrazio… staremo attenti agli al­berghi!… Bébert non è né riproduttore, né di «razza»… pe­rò ho un passaporto per lui… l’ho portato alla visita all’Hotel Crillon… da un colonnello veterinario dell’esercito tede­sco… «il gatto detto “Bébert” , proprietario dottor Destouches, 4 Rue Girardon, non ci è parso affetto da alcuna ma­lattia contagiosa (foto di Bébert)…» il colonnello veterina­rio l’aveva per niente menzionata la razza… vedremo alla polizia!… che bello divagare, discorrere, ma noi, il visto?… oh, ci penso!… saremo accolti in nessun posto senza passa­ porti in regola… Schulze ci aveva pur avvisati… «andate su­bito alla polizia! »
– Forza micio! andiamoci! (p.37)

In ufficio un funzionario si impunta, ritenendoli troppo differenti dalle fotografie presenti sui documenti. Dovranno farne di nuove…

spunta un altro imbrattacarte… lui, per le nostre foto… ne abbiamo!… soprattutto La Vigue!… le meglio del suo ultimo film… il burocrate ci squadra… ci confronta le balenghe… non contento del tutto! no!… sareste voi?… mai!… né io, né Lili, né La Vigue!… non somiglianti!… per poco che ci ri­sulta siam proprio noi! cristo! mica altri!
– A ch!… nein!… nein!
La faccia di culo di sto mezzemaniche!… non poi tanto cambiati!… razza d ’un guercio! così in fretta! se ne frega di noi! per chi ci prende?… guardo, confronto… sicuro, abbia­mo l’aria stanca… siamo dimagriti, tutto qui! come ci vede? paracadutisti ?… sabotatori ?… parlano solo di questo nei loro giornali!… ad ogni modo, una cosa: vuole altri ritratti!… al­tre foto beninteso di fronte… la baracca dall’altra parte della Sprea… «Photomaton»… (p.38)

Mentre son trattenuti in attesa, La Vigue sbrocca per non esser stato riconosciuto, lui attore di fama internazionale, dando il via a una pantomima con cui inscena la fuga in treno bersagliato dai partigiani. La valigia bucata lo attesta. Poi chiama Ferdinand, dicendogli di allontanarsi perché il funzionario è sicuramente una spia…

Ottenuto un permesso temporaneo e buoni pasto, il gruppo si reca al Basler Hof per mangiare e pernottare. Ma, scorto Bébert, il portiere rifiuta di farli entrare. L’uomo gli menziona un albergo che accetta anche animali, lo Steinbeck. Per tagliar corto e farsi ben accettare, Ferdinand gli lascia un mancia di cento marchi e così l’uomo telefona per loro dandogli anche le indicazioni per raggiungerlo…


Sto portiere è della grand’epoca, la redingote abbondan­ te, con passamanerie tutte vermicello, berretto da superam­miraglio… ma intravede Bébert… la sua testa!… anche Bé­bert lo guarda fisso…
– Loro hanno un gatto?
Affanculo, lo vede!… ciac!… richiude il registro!… vuol più saperne di noi!
– Non sono ammessi animali!
– Si rivolgano là, allora!… là prendono anche le bestie…
Ci scrive il nome su un biglietto… Steinbock Hotel… Schinderstrasse…
Non voglio che La Vigue scazzi ancora, prendo il coman­do…
– Molte grazie signor portiere, ci andiamo difilato da par­te sua… può esser così cortese di avvisare il Steinbock Ho­tel… telefonare?
Ben contento di sbarazzarsi di noi!
– Ja !… ja!… ja!…
Gli piego un biglietto da cento marchi in quattro… in ot­to… glielo infilo nel palmo… e gli stringo forte forte le mani… (p.38)

Orientandosi alla meglio tra i cumuli di macerie, i tre raggiungono infine lo Steinbeck, diroccato ormai anch’esso. A rispondere ai loro richiami un vecchio deportato siberiano che, dopo aver a lungo tessuto le lodi della sua patria, accetta di ospitarli dopo che la moglie, ricevuti cento franchi da La Vigue, gli ha dato l’assenso a farlo…

Con un’altra lauta mancia sono sistemati alla buona in due derelitte stanze…
Più tardi, mentre La Vigue va a prendere il pranzo, Ferdinand, Lili e Bébert perlustrano il corridoio raggiungendo un enorme cratere. Si riposano per poi girare ancora l’albergo osservando i numerosi crateri lasciati dalle bombe… 
È quasi notte quando le sirene iniziano a risuonare preannunciando il passaggio di aerei che, come dettogli dal soprannominato Ivan, non bombardano però più. Ma il sonno è comunque impossibile…

All’alba Ferdinand chiama Ivan per farsi portare del caffè. Poi osservano i vecchi ammucchiare sui marciapiedi le macerie degli edifici…

Faceva quasi notte quando le sirene han cominciato… pri­ma una… poi cento!… senza di loro, dormiremmo ancora…
– La Vigue! La Vigue! (p.46)

Vado da lui a vedere, dalla finestra, sollevo la tenda… la Schinderstrasse si risveglia… gente che va, che viene… vedo son soprattutto gruppi per la raccolta, l’ammasso delle pie­tre, macerie, tegole… e tutto lì per crollare!… squadre d’uomini e donne, vecchi, raccolgono, son dietro a metter muc­chi su mucchi… in ordine… fra poco ci saranno più marciapie­di, troppi mucchi, troppo alti, troppo larghi, piramidi… (p.48)

vedevo lì sti vecchiardi all’opera, fanta­smi si fa per dire, non svelti, naturale, ma molto precisi, am­mucchiar le tegole, che non ne resti indietro una… (p.49)

Giunge il momento di andarsi a fare le foto da consegnare all’ufficio visti. Ma le immagini li mostrano effettivamente trasfigurati come sostenuto il giorno innanzi dal funzionario. Decidono allora di tornare in albergo. Anche Ivan gli conferma il mutamento delle fisionomie…

due minuti! ecco!… pago… fuori i nostri musi!… lì, abbiamo il tempo… ci guardiamo… e riguardiamo… Lili, io, La Vigue, abbiamo cambiato balenghe!… il piedipiatti della Polizei ha ragione… m’interesso mica molto alla mia faccia, ma c’è proprio da divertirsi!… (p.50)
sei identificato!… alla fossa! nel caso nostro, le foto, non era uno scherzo… le accetterebbe mai la polizia!… era­no no da presentare… propongo… rieccoci al «Steinbock»…
– Possiamo tentare con Ivan!…
Si rischia niente… lo chiamo… lui era dietro il muro… gli chiedo cosa pensa delle nostre foto… le prende, le rigira, dritto e rovescio… teste in giù, riconosce niente lui… siam diventati tanti Picasso… il caso nostro è proprio piuttosto grave… solo per il Tribunale e la prigione che vi ritrovano… (p.51)

Terminato il pasto, scorto un giardino pensile nel diroccato edificio di fronte, i tre si recano da tale Doctor Faustus che lo occupa. Pensano sia fioraio, ma quello, che parla francese, gli rivela essere avvocato. È di Braslavia, li fa accomodare spiegandogli che il russo si chiama in realtà Petrov,..

 ah eccolo «Doktor Faustus»… si chiama proprio così… inciso su rame… la targa è appesa a un filo di ferro… son tutti doktor in Germania… doktor fiorista?… ecco, è lui!… ci ha visti venire… ci chiede subito, in francese… (p.52)

-Vorrete proprio scusarmi… ho sentito quel che dice­vate… questo palazzo vuoto rimbomba!… non sono affatto fioraio!… sono desolato!… mi rincresce, signora! sono si dot­tore, è esatto… ma dottore in legge… e avvocato…
– Oh, ci perdoni, maestro!… la nostra balordaggine!… Ivan, dirimpetto, avrebbe dovuto spiegarci!…
– Quello che chiamate Ivan non sa niente di niente!… si chiama Petrov… stupido come tutti questi russi… stupido e ubriacone e bugiardo… tutta la gente dell’Est… qui, nèh, le nostre buone maniere li disorientano… non sanno più quel che vedono, quel che sentono, non sanno più quel che so­ no!… laggiù li frustano tutti i giorni… appena smettono d’esser picchiati, vanno in delirio!… il caso di questo Petrov, quello che chiamate Ivan… mi vede fioraio!… sicuro che ho dei fiori… ma per abbellire il mio locale, non per commer­cio!… lui viene a trovarmi abbastanza spesso… a vendermi la sua panna… gli ho detto cento volte: «Sono avvocato, Pe­trov»… dovrei picchiarlo a sangue per cacciarglielo in te­ sta!… l’abitudine! (p.53)
Si accalorava!… sosteneva la sua causa!… l ’occhialetto tremolante… ah, che nessuno venga a contestare!… il suo diritto! e che occupa borghesemente!… nemmeno per sogno fioraio!… un’invenzione di sto Petrov, lurido animale, ca­naglia da frustare, invidioso porco slavo! (p.54)

L’uomo si offre di portarli in visita per la città. D’un tratto, accortosi che son quasi le 16, li conduce al palazzo della Cancelleria dove, a parte loro quattro, non c’è nessuno. Ma Faustus, evidentemente pazzoide, inizia a far saluti romani in onore del fuhrer che solo lui vede passare…

Be’, è questa la loro Cancelleria?… gran rettangolo in pietra tipo granito… ma molto più triste del granito, più funebre… stupisce mica quel ch’è successo là dentro!… in confronto, il Panthéon, gli Invalides, sono divertenti… il tutto su una piazzetta di tristissima sottoprefettura… ci son le porte della Cancelleria che sono veramente colossali… blin­date sicuro… be’, non è tutto! e l ’Adolf?… siamo venuti appo­sta!… è là dentro? rinchiuso?… sta per uscire?… chiedo a La Vigue… lui sa niente… accidenti!… chiedo al detto Faustus… «psst!… psst!… » mi risponde… «eccoli! sentite la fanfara?…» sento un bel niente io!… siamo solo noi in sta piazzetta!… noi tre, noi quattro, Lili, io, La Vigue e lui… nessun altro!… in piedi, aspettiamo… questa «piazza della Cancelleria» è proprio niente frequentata… non una senti­ nella, non una rusca, non un schupo… comincio a vederla brutta, perché ci ha portati qui?… l’abbiamo vista la sua Cancelleria… ci dico! […]
ci sfotte? lo fa apposta?… la piazza assolu­tamente vuota… tutte le botteghe attorno chiuse… lui vede l’Hitler!
– Vedete, entra!… le porte s’aprono!… magnifico! magni­fico! heil!
A sto punto ti bercia altri tre heil… forse vorrebbe che an­che noi?… si rimette il feltro… è finito…
– Rientriamo!
Gli vado manco a chiedere se è vero… stiamo zitti… ce ne andiamo… stiamo a sentirlo… è lui che racconta le cose… (p.55)

Rientrati,  tra una chiacchiera e l’altra, Ferdinand si accorge della presenza del ventaglio donato dalla Von Popf a Lili. In albergo lo fa presente agli altri che di nulla si sono accorti. L’avvocato dev’essere in realtà un poliziotto in combutta con Ivan e così decidono che è meglio cambiar aria. Andranno dal professor Harras, medico ufficiale delle SS, in metro fino alla fermata Grunwald…

– Allora avete visto niente!
– Facile se scazzo! Lili dove hai messo il ventaglio della signora von Dopf?
Mica difficile con noi, abbiamo tutto in una sola valigia, ci si rende subito conto… Lili la cerca, l ’apre sulla branda, niente!… più ventaglio!…
– Voi avete visto niente!… è di fronte da Faustus!…
– Allora?
– Allora tagliamo la corda e subito!
– Faustus non è venuto qui!
– E Ivan?
– Sono in combutta? credi?
– Te lo dico io, pivello, se non sfanghiamo! qui, all’istan­te! finisce male!… il furto ce ne frega niente!… ma il lavoret­to, mica tanto!…
Lui è duro a sbastire, su due piedi, anche Lili… fortuna che io che decido!
– Se si resta qui siamo spacciati!…
– E allora dove?
– Ci ho un indirizzo!
Volevo mica servirmene di sto indirizzo! ma adesso più ragione di far cerimonie!… in malora! la «polizia degli stra­nieri» con le nostre foto «anti-noi» manco parlarne! mi restava altro che il ricorso supremo: Harras… per l’esattezza, un amico così compromettente! super s s ! m’importa un fico! alea iacta! nemmeno Cesare s’era buttato a cuor leggero, Har­ras in fondo era una cosa seria! mica mezzo nazi… un quarto chissà che… nooo!… Professor Harras, presidente dell’Ordine dei medici del Reich… molto compromettente, sì, certo,[…] (p.59)

-Harras, insomma! t’ho detto sin troppo!… svegliati… a Griinwald!… sette fermate sulla pianta!… la Camera alta dei medici del Reich!… Professor Harras!… forza, andia­mo!… ma occhio!… come nazista!… orca… ober! ober Alles!… mica scelta, bambolo… niente domande!… lui o la ga­lera! ci senti no? (p.61)

Usciti di soppiatto senza farsi scorgere da Ivan, i tre entrano nella fermata della metro più vicina dove, attorno al tabellone, c’è ammassata una babelica folla…

Con lei sto abbastanza tranquillo, lei quasi quasi non par­lava, salvo a Bébert, nel suo zaino, qualche parola, una con­versazione loro… eccoci nella scala… e sul marciapiede… ab­biamo incontrato nessuno… manco Ivan!… (p.61)

Ferdinand chiede in tedesco a un’inserviente quale treno prendere per raggiungere Grunwald e così, poco dopo, eccoli ammassati su un vagone stracolmo. Ma la direzione è errata e, mentre chiedono ulteriori informazioni, sentiti parlar francese, eccoli addidati come paracadutisti sabotatori dai membri della Hitlerjugend. A comprometterli ulteriormente i loro giubbotti montgomery stile Canada. Di fuggire non c’è più modo, anta la ressa che si è loro formata attorno, tra chi li acclama come eroi liberatori e chi vorrebbe linciarli. Ma ecco un tizi9o, tale Picpus, che riconosce La Vigue considerandolo un resistente. L’uomo è associato a bande clandestine e cambia continuamente nomi e città. Ha anche documenti falsi per loro, ma eccolo intanto iniziare a prender a calci e pugni gli Hitlerjugend, L’impresa sembra riuscire, ma ecco spuntarne degli altri da ogni dove nonostante le botte…

-Bitte ! scusi!… Grùnwald!
– Hier! qui!…
Non so se mi ha sentito… forse!… intanto ecco un rumore assordante!… dal tunnel! raffica di pietrisco!
– Avanti!
Si ferma!… mica siamo soli a scagliarci, tutti quelli che stavano sotto il gran cartello… l’assalto al convoglio! insiston più per capire… s’aggrumano… s’avventano… si direbbe
New York, a cinque a sei… bisogna che ci stiano dentro!… uomini, cose, venti volte più di quanto può contenere!… ci faresti entrare tutta Berlino! la passione che ci mettono!… (p.62)

paracadute!… è per noi!… avevo già sentito…
l’effetto dei nostri cappotti «montgomery»… i ragazzotti che ci hanno individuati… subito sono dieci… venti!… un sacco di mani verso di noi, che siamo paracaduti!… la signorina dal berretto lampone s’impiccia neanche… semplice… tutti sti ragazzotti sono Hitler jugend, hanno il bracciale « croce un­cinata», «Gioventù hitleriana»… Gioventù d’Attila, Pétain, Thiers, de Gaulle, domani Krukrù, Ramsete, Dache, avete solo da infilargli l’insegna! staranno più nella pelle! vi molle­ranno carrettate di scalpi! La «Gioventù hitleriana» era famosa per la caccia ai pa­racadutisti… tutta la Germania del resto era ossessionata al momento «fallschirmjàger», sabotatori paracadutisti!… […]

noi lì, ce la cavavamo male, vedevo ch’eravamo maledettamente presi di mira… la gente ch’era già uscita ridiscendeva dalla strada per veder noi… la nostra cattura per mano degli « Hitler jugend »!… mica da ridere! la folla faceva coro… e non solo crucchi, stra­nieri! tutte le lingue! oh, ma ecco dei calorosi: «da! da!» che ci voglion bene!… da! da! che ci stringono e ci abbracciano (pp.63-64)

ce  l ’urlo in faccia: von Paris! von Paris! affanculo! vogliono che siamo canadesi!… tutta la banchina! tutta la calca di due banchine… tre metrò! niente da fare! che li guardino i nostri montgomery!… l ’etichetta al bavero!… mica di New York!… Rue Monge!… «vengono a incendiar i raccolti! a far saltare le comunicazioni!…» va a rispondere!… è cosi e basta!… per gli uni: urrà!… per gli altri: a morte!… noto soprattutto, il modo come si eccitano, marmocchi e adulti[…]ci fosse la polizia potremmo forse spiegarci!… ma manco un schupol la ragazza dal berretto lampone è forse andata a cercar aiu­to? come che sia le cose van proprio male… più pigiati che nei vagoni… gli uni dalla gioia che siamo «paracadutt»… gli altri che ci hanno in balia « mostri, deragliatori, incendiari »… ci ho già una manica stracciata in due!… anche La Vigue!… stanno per papparci dalle maniche?… vedo noi tutti in un baleno nudi, a culo fuori… nel subbuglio della piattaforma… Provvidenza!… passa un ometto, riconosce Le Vigan…
– Ma è lei! proprio lei, Le Vigan? (p.64)

Ma ecco che sbucano dei marmocchi… un’altra muta di Hitlerjugend\ sta cattiveria di squadraccia… esagitata! sono almeno un centinaio… (p.65)

Di botto rientra nel mucchio Picpus… pflag, ci va dentro! ardito! e poi! bang! nella danza! che strillino Hitlerjugend!… che bravo a domar la faccenda Picpus !… tutta la banchina !… come ci dà sotto!… e a sganassoni!… calci nelle chiappe!… «piccoli rotti in culo» che li tratta… ci fa la filippica, per giunta!… li provoca![…]

– Bravo! bravo!
Le cose si mettono bene… le due banchine… Picpus ha capovolto l ’opinione… di sta folla delle due banchine che già stava per farci a pezzettini… li su due pie­di, dopo Picpus ci vedevano tre eroi dell’aria!… dovevamo accendergli una candela, a Picpus!… aveva domato la som­mossa!… però un piccolo intoppo, i marmocchi Hitlerjugend anche se sballottati, sgrugnati, balenghi, occhi abbottati, ce l’avevano ancora… soprattutto le ragazzine, ste carognette ottuse!… li avevamo appresso comunque!… fallschirm! fallschirm! ne pisciavan dalla strada… altri! dalle scale!., non erano più cento… ma duecento!… mille forse con le altre tet­toie! questi qui Picpus li aveva domati ma quelli là! non po­teva!… ci lascerebbero mai uscire!… ci volevano a tutti i costi! oh, occhio però! l ’indirizzo!… l ’indirizzo di Harras? Picpus a forza di picchiare nel mucchio ne poteva più!… ne arrivavan sempre di nuovi… gli cascavano le braccia!… (p.66)

Ormai esausto Picpus, Ferdinand decide di giocare la carta Harras e, recuperato l’indirizzo dell’SS che tiene cucito nelle braghe, lo mostra ai piccoli che li conducono così a destinazione…

lì mi cavo le braghe, senza complimenti… mi guardano tutti cosa faccio!… strappo il fondo… c’è il pezzo di carta! e l’in­dirizzo!… lo apro, glielo faccio vedere… Reichsgesundheits-kammer! Professor Harras, Griinwald, Flieger Allee 16… figurati se i marmocchi mi mollano… restano aggrappati… ma uno sa leggere… legge ad alta voce…
– Wollen sie uns nicht fùhren? «non volete accompagnar­ci?» sì!… sì!… ja!… ja!… certo che lo vogliono!… sto fatto deve sembrargli divertente… ja! ja! ja! sanno da che parte è, loro, i marmocchi!… il tunnel, lo sportello, che binario… c’è solo da andargli dietro! Picpus ci dice che facciamo bene… lui può più muovere il braccio… manco può più parlare, ha sbraitato troppo, sussurra…[…]

 – To’, una granata!… un’inglese!
Dal fondo lui della tasca… me la passa… me la scivola nel montgomery… mica il tempo di vedere, di dir beo, ce l ’ho… la sento, è pesante…[…]

– Oh, sì!
Se capisco!… lui non resta, viene con noi e i marmocchi… ma stavolta qui, un momento, la tettoia giusta! ripassiamo per le stazioni, le stesse… e poi cambiamo, una… due volte, compressi, spremuti, manco poi tanto… ah, ecco Grùnwaldì tutti fuori!… Picpus, noi, i marmocchi… montiamo in stra­ da… è proprio questa… Fliegerallee una scritta… (p.67)

Ferdinand mostra la sua carta di medico a un ufficiale delle SS che, allontanati i piccoli e Picpus, li conduce attraverso un sentiero che si inoltra in un bosco minato, fino a un laghetto artificiale di acque termali da dove sbuca Harras. Durante il tragitto la preoccupazione principale di Fedinand è quella di liberarsi della mina lasciatagli da Picpus, che li credeva diretti dall’ufficiale SS per assassinarlo. Lo fa lasciandola affondare nelle acque termali…
Il pingue e gioviale Harras li accoglie calorosamente…

cavo fuori la mia fottuta granata dal fondo della berta e la deposito sulla flangia del buco, che slitti a picco… la spingo… piano piano… plof! affonda! se scoppia, scoppia in acqua!… spero che sia fasulla e loffia!… succeda quel che succeda!… […]

chissà s’era proprio un’imitazione!… l ’essenziale, ce l’avevo più!… ma l’ss?… lo cerco, era più li!… guardo ancora… fan­tastico! scomparso!… oh, ma un omone ci viene incontro… un tipo enorme in accappatoio… da non riconoscerlo!… ma è lui!… si, proprio lui! viene fuori dall’isba!…
– Ah, il caro Céline!… (p.70)

È in perfetta salute e ride spensierato nel condurre gli ospiti in visita nei sotterranei. Prima di fargli portare del cibo, chiama la polizia per sistemare la questione dei visti e liberarli così da quella angosciosa preoccupazione. Arriva il cibo e subito Ferdinand si addormenta per la stanchezza…
Il sonno è breve, presto interrotto dalle sirene dell’allarme e da scariche di mitraglia. Ma Lili dov’è?…

Sì, bel cacchio di sonno se ci si è fatti risvegliare!… «at­tenzione!… attenzione! achtung!…» tutti gli altoparlanti di sti scantinati, uffici, corridoi… una risonanza da sbragar tut­to, timpani e la volta… attenti a cosa?… La Vigue comincia­ va a dormire in fondo alla poltrona… non era durata a lun­go la nostra «sicurezza»!… belle le loro comodità!…
– Ferdine, butta male!
Di lassù, dalla superfìcie, ci arrivavano degli « huluuuu» certi echi di sirene… ah, e dei trrr!… trrr! precisi di piccole scariche… stavano tirando… contro cosa?…
– La Vigue!… Lili?… l’hai vista?
Sparita dall’altra poltrona…
– È uscita con Bébert!
Porco dio, l ’aveva lasciata andare!
– L ’hai no trattenuta?
– E te? (p.76)

Sicuramente uscita con Bébert nonostante il divieto, i due si precipitano a cercarla, raggiungendola in breve. È stata la torcia accesa da Lili per cercare il gatto, rifugiatosi in un rovo e non più uscito, a far scattare l’allarme. Fasci luminosi in cielo cercano intanto invano un’inesistente squadriglia di aerei nemici…

– Ecco!… ecco!…
Ah, è viva!
– Sei ferita?
– Ma no!… solo che Bébert esce più!
Riattacco a urlare:
– Esce più da dove?
– Qui! qui! dal buco qui!
Arranco verso il punto… oh, ma Lili ha la «torch»!… tutt’accesa!… quasi un proiettore! illuminava tutto il sottobo­sco… ha attirato gente, sono almeno in dieci attorno… che guardano anche loro il buco, tra i mattoni, sotto i rovi…
[…]cielo! il grande allarme generale! e Lili e la Volksturm che hanno scatenato tutto! ah, che spasso!… e tanto francese!
– Ah cara signora! ah caro Céline!… Madame ha dato l’allarme a tutta la flach di Berlino con la sua lampadina!…
ooch!… ooch!… fra poco sparano col cannone! state a vede­re!… ooch!… ooch!…
Mi resta altro che ridere con lui…
– I Volksturm del parco hanno pure creduto che madame fosse paracadutista! li avete sentiti?… hanno sparato nei ce­spugli! due si sono feriti!… oooh… ach!… cretini assoluti i no­stri della milizia!… si sono presi paura di madame!… e del gatto!… sono stati loro a mettere in allarme la flachì…
Di fatto, sulle nuvole, almeno cento fasci luminosi, ades­so… nord… sud… est… che cercavano la squadriglia… (p.77)

Harras se la ride, poi telefona e tutto cessa. Le luci illuminano ora solo il terreno. Bébert è rinvenuto con un bel topo catturato. Fa la toeletta. Harras telefona ancora e tutte le luci son così spente…
Ferdinand e gli altri tornano ai propri alloggi dove i documenti son pronti e firmati come promessogli da Harras. Possono dunque mangiare e riposarsi…

Otto ritorna con la bobina… Harras è in pieno sollazzo… gli comunica giù alla flach che sta per piovere, che Bébert ha girato l ’orecchia, che basta coi loro proiettori, che spenga­no tutto! eseguono!… resta più che la piccola «torch»… ri­scendiamo alle nostre caverne… e ai nostri sandwich e pol­trone… un grosso accappatoio ciascuno bello pronto… stes­sa gran «spugna» di Harras… uguale come lui, rossa e gial­la, a fiori… ci togliamo i montgomery… auf! e giusto il temdo di un sandwich, due… avremmo potuto dormire un poco…anche Bébert…
C’erano i nostri documenti, mi scordavo, su ciascuna pol­trona firmati, timbrati… (p.79)

Non stanno affatto male lì, ospiti di Harras…

Intanto stavamo proprio niente male in sto Reichsgesund sotto terra… insomma in ste caverne e caverne, docce, aria condizionata, illuminazione al neon… quanto alla pappato­ria, l ’indispensabile, sandwich, sandwich, insalata di barbabietole e porridge… da bere solo acqua e succhi di frutta…[…] non ci chiedeva altro, che di parlargli francese e correggergli gli errori… parlava niente male, ma esigeva la perfezione, come Federico…
– Son troppo vecchio, cari amici, e questa guerra dura troppo… mi piace tanto Versailles! lì che avrei voluto finire…
Salivamo a prender l ’aria verso mezzogiorno, risalivamo alla luce, non per molto, col tenente Otto… Bébert con noi… una passeggiatina, zigzag fra i rotoli di filo spinato… un’oc­chiata ai bagni finlandesi, ai colleghi nudi, che ci facevano dei segni di saluto… non me ne volevano per la granata…(p.80)

Secondo Harras, che si occupa di raccogliere dati e informazioni sulla diffusione di epidemie nel mondo, la guerra sta durando a lungo proprio per l’assenza di malattie infettive. Ferdinand gli dà una mano nella raccolta dei telegrammi informativi…
Ma ecco che un giorno Harras lo avvisa che l’indomani lo porterà con sé a visitare un paese lì vicino, Felixruhe… Che li voglia fucilare? E invece no, l’indomani alle sette eccoli in auto, giungendo a destinazione qualche ora dopo…

— Domani, Céline, andremo a vedere un villaggio qui vicino…
Non gli andavo a domandar perché… riscendiamo nella nostra cuba… racconto a Lili e La Vigue che domani si va in gita… ci aspettiamo di tutto… facciamo un esame a tre di
cosa può volere da noi!… sbarazzarsi?…
L ’indomani alle sette, siamo pronti… lui ha detto alle set­te… doveva accompagnarci… si poteva dormire ancora… mi­ca molto attraente la passeggiata… (p.82)
– Sta per farci fucilare?
– No! no!… non ancora! […]
Siam pieni di spinta!… avanti per Felixruhe!… una strada strettissima!… che giusto ci passa la Mercedes!… eccola d’un tratto, ci siamo… […] (p.83)

Felixrhue è un paesino di origine ugonotta ora abitato prevalentemente da slavi. Harras chiede a Ferdinand di seguirlo per parlargli in privato, fatto impossibile a Grunwald per via di spie e microfoni piazzati ovunque…
Gli mostra strada facendo la chiesa e il cimitero ugonotti ormai abbandonati e in rovina…

– Dappertutto microfoni! sotto i tavoli!… tutti i tavoli!… sotto tutte le poltrone! […]
Mi fa vedere… la chiesa… tarlata a pezzi screpolata da ci­ma a fondo come le case attorno, non deve servire spesso… (p.84)

– Là nel cimitero!… staremo ancora più tranquilli!… il ci­mitero vedo, non sta meglio della chiesa… neanche un fiore per sbaglio, solo enormi cespugli di rovi… (p.85)

Harras viene finalmente al dunque lì, nel tranquillo camposanto: saranno trasferiti in “convalescenza” nel ben più tranquillo castello dei Von Leiden, a Zornhof. Una famiglia di malati, con in più polacchi, russi, obiettori di coscienza, prostitute, comunisti, francesi resistenti. Sarà dura, ma staranno lontano dalle bombe, prosegue ridendo il gerarca. Li accompagnerà lui in auto di lì a due giorni…

– Lei ha certo indovinato Céline… bisogna che le trovi una sistemazione… non soltanto per lei, ma per il suo amico e la signora…
– Sì certo!
– Lei sa non è vero, ha letto che nel nostro Reich tutti de­vono essere occupati… al fronte!… nelle retrovie!… le chiacchere, sa!… forse ancora una piccola possibilità per un certo tempo… lei è malato, mutilato, si riposa… bene!… il suo amico Le Vigan è pazzo, pure malato, lei lo cura… bene!… attore, va bene!… sua moglie la cura… d’accordo?
-Certo , caro Harras! ma allora all’ospedale?…
– No!… no! nient’affatto! andrete in convalescenza… tut­ti e tre!… in una delle nostre Dienstelle… lei sa, un servizio «annesso», mica lontano di qui, cento chilometri… sa, i bombardamenti… in caso!… al nord!… starete benissimo ho idea, tutti e tre… cento chilometri a nord di qui… a Zornhof… in un piccolo castello… ve la passerete!… il baron-conte Rittmeister von Leiden! prussiano puro!… più puro di me! più rimbambito di me!… settantaquattro anni! ne ha il diritto! assolutamente degenerato… e paraplegico! ci sarà sua figlia Maria Teresa… pianista! tutti e due parlano bene francese, meglio di me!
– Oh, no! oh, no caro Harras!
– Vedrà! e polacchi dappertutto! peggio di qui! vedrà!… terre stracolme!… aspetti!… il figlio! la fattoria di fronte, cul-in-terra e epilettico!… ooah!… e la nuora, Inge, e la nipotina, Cillie… il cul-in-terra non parla francese… e non solo polak, vedrà!… anche russi, pieni di barbabietole!… donne, uomini… prigionieri… volontari… russi sedicenti di­
sertori… e dei «Vlasov…» tutti bolscevichi! comunisti spio­ni!… oh ma i più belli, vedrà, i nostri Bibelforscher sa?… i nostri «obiettori di coscienza »… vedrà tutto sto po’ di roba!… e le prostitute di Berlino, troppo pericolose, «terzia­rie» incurabili… le vedrà, lavorano, all’immondizie, non a Zornhof!… a Moorsburg, vicino… a centinaia!… comuniste per giunta!… e poi dei lavoratori francesi… questi qui «antinazi» feroci (pp.86-87)

invalida come il marito… vedrà!… non potrete restar qui, voglio dire a Griinwald, impossibile!… saremo bombardati ancora a Griinwald, per quel che ne rimane!… e verrò a tro­varvi spesso, lassù, nel vostro maniero… se non sono mor­to!… ooah!… lei avrà tutto per lavorare, lassù… forse anche per esercitare… fra qualche mese… le cercheremo una fab­brica… tra qualche mese… forse Le Vigan, infermiere?
– Si… si… certo!
Avevo niente da dire… ma non ci vedevo noi a Zornhof…
– Nessuno deve essere informato, vero… né sua moglie… né il suo amico… vi accompagnerò io, dopodomani… merco­ledì a mezzogiorno… con la macchina!…
(p.87)

Ferdinand dovrà naturalmente serbare il segreto su quanto rivelatogli. Ma il medico è sospettoso…

– Allora, per concludere, vero, caro Céline, siamo intesi… mercoledì a mezzogiorno!… e non una parola… a nessuno!… non una parola!
– Come una tomba, Harras! come una tomba!
Afferro no il perché di tutto sto segreto, ma lui, deve sa­pere… dal momento che ti cacciano dalle tue quattro mura, diventi giocattolo… tutti si divertono a farti paura, a veder il tuo muso… tutto diviene enigmi… a sto punto ero neanche sicuro di Harras… sta cazzata di capatina, a Felixruhe che c’eravamo venuti a fare?… mica chiaro!… tanto per passeg­giare?… ammirare ste macerie di chiesa?… il cimitero ugo­notto?… per questo che s’era messo in gran tenuta, tutto in gran mafia, cordoni, cordelline, tre croci uncinate?… per in­formarmi di che?… Zornhof?… che si sgomberava?… altro buco merdoso, sicuro!… gente ancor più «antinoi» di qui… e per giunta, m’aveva avvisato, dei prigionieri «resistenti»… ah, prometteva bene!… (p.88)

Di ritorno all’auto, i due la trovano completamente circondata dagli abitanti del posto che Harras disperde sparando in aria due interi caricatori della sua Mauser…

niente! manco l’auto, ma gente sopra e attorno, un enorme sciame di polpacci e posteriori, gli uni negli altri… e sopra il tetto della macchina!… tutta Felixruhe sull’auto! stanno per sgranocchiarsela!… tocca a me ridere adesso! che s’era bardato apposta, stivali, cordelline, baubau oro e argento, che .stessero alla larga! l’autorità! caro mio!… ammucchiati com’erano!… pieno il tetto, il cofano, e le ruote… Lili là sotto e Le Vigan, e Bébert… grido… due urli…
– Lili!… Lili!…
Lei mi risponde… in mezzo alle risate… zeppo di moccio­si!… vogliono vedere Bébert… pretendono…
– Pépert!… Pépert!…
Non possiamo avvicinarci… di colpo, si passa più!… Har­ras guarda, non una parola, tira fuori il mozzafiato… la gros­sa Mauser… e ptaf! ptaf!… colpo su colpo in aria! tutto il caricatore! alè, si smamma!… se taglian la laccia! i piccoli! i grandi! Harras dice niente… un altro caricatore!… ancora in aria!… ptaf!… Harras non gli garba essere disturbato… neanche i passerotti!… la strada è libera, vuota, più nessuno… fin dove arriva la vista… fra gli alberi, chiedo a Lili, La Vi­gue, cosa è successo… se non gli hanno rubato niente! (p.89)

Due ragazzette supplicano per esser portate via o uccise all’istante. Harras decide infine di prenderle per rimpiazzare tre lavandaie polacche inviate sul fronte orientale…

Tutto quel che vogliamo!… ecco decisa la faccenda, se leporta appresso…
– Komm!… permette collega, le portiamo con noi… ma che le frughi prima!… mica credergli!… Si rialzano da in ginocchio, non più in lacrime… lui le pal­pa… i loro stracci… le pieghe… e poi i capelli… fra le gam­be… si lasciano fare… si lasciano fare tutto… non trova nien­te… solo pidocchi… me li fa vedere…
– Non ne avranno più laggiù!
Si rivolge a loro adesso, che dicano chiaro e tondo se vo­gliono!… oh, eccome!
– Ja!… ja!… ja!…
Nella gioia!… altre lacrime! felici! contente!… Alè, forza!… tutti in macchina!… Lili, io, La Vigue, Bé­bert, e le due ragazzette lavandaie… che bei capelli che han­no, noto… sfumati biondo grano… ora si possono vedere i loro occhi, grandi, azzurri di un certo pallore… slavo, dicia­mo… il fascino slavo… il fascino slavo, il fascino assassino che tutti i borghesi si buttan dentro, a testa bassa, i prolet ap­presso!… finalmente d’accordo!… barcollanti come sbronzi! oh mica il caso di Harras! se le vedeva furbe sporcaccione, le nostre due trovatelle, proprio pronte a tutto!… niente il­lusioni!… ciccia al fascino slavo! ma una cosa certa, Grunwald era senza lavandaie, allora ste gance qui o altre! (p.91)

Ripartono dunque e Harras, per evitare che li attacchino, ferma l’auto fuori paese aprendo poi il fuoco in direzione di esso…
A forte andatura tra buche e scossoni, il viaggio di ritorno è più breve e Grunwald presto raggiunta…
Giunti a destinazione Harras affida le due ragazze alla polacca capo addetta ai lavori domestici. Quelle si impuntano per prendere qualcosa dal baule in cui hanno nascosto… un bambino!, Thomas, in perfetta salute e  indenne nonostante gli scossoni del viaggio…

Due, tre ore dopo Ferdinand viene svegliato da Harras che lo conduce in un laboratorio sotterraneo per fotografare il suo diploma di medico…

Dovevano essere passate due, tre ore quando Harras ri­ comparve…
– Mi scusi, collega, se la sveglio, sono costretto!… lei mi perdona! Il suo diploma!… occorre! dimenticavo! il suo dot­torato!… una copia!… una fotocopia per il Ministero! per il suo «permesso di esercitare»!… gliela faccio io la fotoco­pia! di persona! subito!… serve per domani!
– Benissimo!… benissimo Harras! (pp.95-96)

Mentre il collega nazista gli descrive lo sfacelo che regna ormai in Germania (al ministero dell’Interno faranno di tutto per bloccargli la pratica), lo chiama la sorvegliante: La Vigue, abbigliato con un pigiama rosa, sta recitando la parte di Cristo assieme alle due polacche oranti ai suoi piedi. Per soffocare lo scandalo la partenza per Zornhof è così anticipata all’indomani, mezzogiorno…

– Céline, partiremo domattina… be’ domani a mezzogior­no… lei mi comprende no?
– Certo, Harras!
– Non mi fido di questa vecchia zitella… mi deboscia il po­vero Le Vigan, la cosa si saprà alla Cancelleria… non è grave, certo ! ma non ne vale la pena !… basta con gli scandali !… passi ancora per le ragazze, ma sta vecchia pazza! i miei pigiama ro­sa, soprattutto! e che non me li metto mai! tutto questo alla Cancelleria, dico bene? con aggiunta di chiacchiere!… mi ve­de lei spiegarglielo?… e il crocifisso!…
– Impossibile, Harras! impossibile! (p.100)

L’indomani, alle dodici, eccoli partire puntuali tra commossi saluti…

Il giorno dopo sulle dodici, in effetti… la grossa Merce­des… solita scena degli addii, tutti si abbracciano… le piccole polacche e Le Vigan piangono… siamo in pieno sentimento… (p.101)

Dopo tre ore di lento viaggio fanno tappa a Moorsburg, dove Harras gli presenta il vecchio e terribile Landrat, conte Otto Von Simmer, capace di far fucilare per un sospetto o una parola…

Le sentinelle scattano sull’attenti! Harras passa, sale… dieci minuti, riscende col Landrat… un vecchiardo di più di settant’anni, malissimo rasato, niente di buon umore, scor­butico… viene a farsi un’idea… che bestie siamo!… prima me, e poi gli altri due… un breve saluto e b’jour… b ’jour! in francese… vedo la faccia proprio da vicino, rughe e peli… direi però fine, una certa bellezza… quasi femminea, di vec­chia dama… gli occhi grigi, completamente grigi… oh, guar­da diritto, mica vecchio del tutto… (p.103)

Meta finale è Zornhof, che raggiungono poco dopo. Qui Harras gli presenta il Rittmeister, barone Von Leiden, che li accoglie calorosamente prima di mostrar loro i tuguri riservatigli. È poi la volta della visita della tenuta, tra oche, campi, parco e stalla. Lì si imbattono in due francesi*, Leonard e Joseph, che gli anticipano la vita grama che condurranno sotto i Von Leiden. Sono tirchi e cattivi padroni, con lo stesso Harras che viene solo a prendere cibarie e a far sesso con Inge von Leiden…
*Inizialmente ne enumera tre, ma saranno sempre due nelle pagine seguenti.

Non voglio rattristare Lili, né La Vigue, ci sono cose che uno se le tiene dentro… dunque, sto sgnoco von Leiden, Ritt­meister, sembrava però più trattabile del Landrat di Moors­burg… stiamo a vedere!… ma intanto le presentazioni!… la famiglia, la tenuta di fronte, le fattorie, l ’altro lato del par­co… perfetto!… avanti! ci siamo!… […]

Noto che due uomini, sotto una tettoia, stanno a chieder­si che cavolo ci facciamo! mica polacchi, e neanche russi o tognini… c’è sciatteria e sciattaggine!… questi qui son fran­cesi, giuro… oh, né affabili, né compagnoni… ci slumano di lontano… arriva un terzo da dentro la stalla… alla fine uno ci parla, fa segno di avvicinarci… «di dove siete?» uno è di Saint-Germain… l ’altro del Var… l’altro dell’Alta Marna… non fanno che adocchiare ciò che fuma La Vigue!… benis­simo!… gli slungo due pacchetti… la sigaretta va innanzi a tutto, sopra la minestra, sopra al burro, sopra all’alcool… niente che tenga alla sigaretta… giusto intanto Harras traver­sa il cortile, va a trovare il figlio, la nuora, per avvertirli che stiamo per farci visita… quando che i tre ci chiedono…
– Siete deportati?…
– No, collaborazionisti!
Non l ’avessi detto, lo venivano a sapere…
– Ebbene, ve lo possiamo dire, li conosciamo!… mica più ingordi, gattemorte, assassini di sti magnaccia qua!… più son von più son peggio!… il cul-in-terra, Inge, e il birba calzoni­ tirati, fanno un bel tris! più il Landrat! vedrete!… (p.107)

Harras li conduce poi a conoscere Inge Von Leiden, bella quarantenne, e suo marito, collerico invalido detto “cul-in-terra”… La Vigue resta muto, Lili, alle prese con Bébert e che vorrebbe andar fuori nei campi a giocare con iragazzini, è Ferdinand il solo a parlare… La donna taglia corto: saranno affidati ai Kretzer, gestori della fattoria. Lo storpio li aggredisce di botto tacciandoli di spionaggio…

Inge ci rifila a sti Kretzer… Harras m’aveva già avvertito…[…]

Lui rifiuta il pessimo umore!… insiste…
– No !… no !… so quel che dico !… tutta sta gente son delle spie!… vengono a sabotare! tu sei folle! (p.110)

Usciti dalla fattoria si imbattono nei Kretzer con cui mangeranno. Harras tornerà dopo pranzo per i saluti e per affidare a Ferdinand un incarico. Dovranno fidarsi solamente dell’SS Kracht…

perfetto!… usciamo dalla fattoria, i Kretzer venivano ap­punto a cercarci… e tanto cortesi! l ’inchino a Inge von Lei­den… a noi calorose strette di mano… (p.111)

– Comunque, vorrei che lei pensasse a qualcosa, collega, ne avrà il tempo!… per me! medico e storico… per me !… glie­ne parlerò dopo mangiato… medico e storico… io pranzo dai von Leiden, dirimpetto, alla fattoria… voi pranzerete giù con le signorine della Dienstelle… farete conoscenza… e il signore e la signora Kretzer!… ah, e anche Kracht! ricordi il suo nome, Kracht!… il mio uomo di fiducia, qui!… mica gli altri, gli altri no!… lui mi telefona tutti i giorni… se avete delle lamentele! a lui! solo a lui!… (p.111)

Il pranzo si rivela una minestra di acqua calda riscaldata, con Kracht a raccontare storie e a dichiarare una rapida eliminazione dei traditori…
La Vigue si lamenta per il misero pasto e, calmatosi, lui e Ferdinand vanno in cerca della camera assegnatagli, una quasi cella, per raggiungere la quale bisogna attraversare un corridoio presidiato da un gigantesco e magrissimo cane, Iago, che il Rittmeister obbliga a trainarlo in bicicletta durante i due giri di perlustrazione mattutini. La sua magrezza dev’essere emblema della povertà cui anche loro padroni sottostanno. Il vecchio è peraltro un masochista che si fa frustare e cavalcare dalle piccole polacche… Da lì si nota la cucina personale del vecchio, il cui accesso è però loro negato dal personale polacco. Di fatto, tutti, tranne loro e Iago, sono floridi…

Più tardi ecco Harras di ritorno. Agli ospiti è nuovamente mostrata la tenuta. Lo storpio è trasportato in spalla da un gigantesco russo, Nicolas…
Harras, preso in disparte Ferdinand, gli spiega di averli condotti lì per sottrarli ai sempre più prossimi nuovi bombardamenti di Berlino. Certo, patiranno un po’ di fame, ma parlerà con Inge per fargli avere di più, lasciandogli inoltre la chiave di una dispensa del salone piena zeppa di sigarette, tabacco, sigari, conserve e alcolici…

– Be’ , Harras, ho capito, non moriremo d’una bomba, ma di quello che ci dànno da sbafare, sicuro!
– Esatto, Céline! esatto!… ma voi state meglio che a Pa­rigi!… non dimenticate!… dimenticate mai! che tutta sta gente qua, Kretzer, il Landrat, il padre von Leiden, il figlio, la sorella, le signorine dell’ufficio, tutta la cricca, non valgo­no un soldo bucato, lei pensa! ma certo!… ma voi, voi state meglio che a Berlino, l ’essenziale! sarà tutto un incendio Ber­lino, fra poco!
– N o n creda Harras che ci lamentiamo!… Mille calorie potrebbero bastare, ma la zuppa non fa i trecento…
– So, la Kretzer vi ha preso le carte…
– Tutte, Harras!
– Le dirò io cosa penso, e poi parlerò a Inge, si può ag­giustare! (p.117)

Dovranno stare attenti a tutti e non entrare mai in casa di nessuno, neanche se invitati, guardandosi bene dai due francesi. Chiedendo sempre doppie razioni di minestra daranno ad intendere di non avere altre fonti di sostentamento. Dovranno inoltre camminare molto…

Mi porta in fondo alla sala… un armadio a doppia porta…
I Luigi XV, rosa e grigio perla, lo spalanca, mi passa le chiavi…
tre chiavi… tre serrature… vedo, ci sono ancora altri serra­mi… clac! clac!… ha ragione… non sentiremo la mancanza…
– C’è di tutto no?
Fino al soffitto scatolame… l’altro lato, bottiglie e sigari…
pacchi di Navy Cut e Carnel…
– Per un reggimento, Céline! potrete prendere tutto quel­lo che volete, ma dovete dir niente! a nessuno!… come Io­ro!… fate come loro! […]

chiedete due volte la minestra, come se aveste sempre fame… come se vi piacesse! più e più fame! l’aria! anche Paria!… le gran passeggiate! (p.119)

L’ingresso di Lili ad annunciare che la Kretzer non ha voluto ridarle i buoni pasto sottratti durante il pranzo, interrompe la loro conversazione. Si rivedranno dopo cena, alle nove, per parlare di un progetto di lavoro…

Alle nove eccolo puntuale da Harras che… gli affida una cassa piena di carte attestanti la secolare collaborazione medica franco-tedesca. È su questo che Céline dovrà lavorare creando un testo apologetico…
Il medico nazista prosegue il suo monologo interminabile. Preoccupata, Lili va a chiamare Ferdinand che esce dalla stanza per riposarsi senza che l’altro se ne accorga. Dopo circa un’ora e mezza Harras bussa. Deve ripartire per via dei bombardamenti, i cui rumori lontani si sentono ormai distintamente…

Lili doveva averne abbastanza, lassù nel nostro tondo di torre… appena l ’altezza per star dritti!… Harras insisteva… sviluppava la sua tesi: la medicina franco-tedesca attraverso i secoli… le prove! il tal scartafaccio!… il talaltro!… per ogni ritratto un aneddoto!… che me ne ricordi! il tal professor fritz a Parigi, a Montpellier… fin dal secolo xi… xii… xv… le loro diatribe!… oh, non dei piccoli mestieranti! degli scienziati, già… col vento in poppa o perseguitati… tutto… Vedo la porta che si muove… ho un sospetto… Harras non vede… Lili che mi fa segno… va bene!… mi alzo piano pia­no… Harras ne ha ancora per due ore buone… almeno…[…]

Eravamo usciti dalla sala senza che se ne accorgesse… si faceva una conferenza… per lui solo… lo sentivamo dalla scala… ma li nella paglia non dormivo… mi dicevo: sicuro che se ne accorge!… finisce che si offende!… c’era solo l’eco delle sue parole, c’era l ’eco dei broum lontano… che nean­che lo disturbava, ha retto per un’ora e mezza sui professori del xii… noi ci riposavamo un po’… io sonnecchiavo qua­si… alla malora!… toc! toc! c’era da aspettarselo!… lui!… la porta!
– Collega! Collega! lei mi deve scusare! bisogna che parta! (p.126)

Harras gli ricorda di dedicarsi alle carte, poi gli riassume la situazione: fidarsi solo di Kracht…

– Parto adesso Céline, devo!
– Va male?
– Oh, hanno un po’ bombardato… non ha sentito?
– S ì!… ma lontano!…
– È meglio viaggiare la notte… si interessano alle strade
solo il giorno!…
– Buona fortuna, caro Harras!…
– Lei lo avrà pronto?
– Pronto che?
– Il riassunto della cassa, andiamo!
– Ma naturalmente caro Harras!… otto giorni e ho finito!
– Calma Céline! calma!… prenda tempo!
– Ai suoi ordini, Harras! ai suoi ordini! […]

nel nostro tondo di torre… è troppo alto, abbassa la testa…
– Eccoci dunque, amici, attenzione! non so quando potrò tornare! Kracht mi telefonerà… capace che torni sul fronte russo… perché no?… o che riparta per Lisbona… dipende… voi qui sapete… non vi dovete muovere… per la gente, vi ho detto!… per prima cosa il Landrat lo conoscete… lo vedre­te, non cercate di incontrarlo, è un vecchio assurdo e mal­vagio… avete visto l ’aria del castello e della fattoria… l’altro vecchio, il Rittmeister e le sue colombine non è pericoloso… delle manie è tutto… vegliardo!… il figlio von Leiden, l’in­valido e sua moglie, la fattoria di fronte, hanno una bam­bina Cillie… la bambina verrà a trovarvi, siamo già d’ac­cordo, vi porterà un po’ di latte, per voi e Bébert… be’ ve­diamo!…
Riflette…
– La moglie del figlio, Inge, ha un carattere difficile… non è alla menopausa, ma ci manca poco… bella donna incom­presa, capite?…
– Sì… sì… certo…
– A spettate!… la complicazione!… lui, il cul-in-terra, si droga… lo drogano… è invalido da quattro anni…(p.127)

Poco dopo ecco Harras allontanarsi nella notte…
Partito il medico nazista, i tre tornano in camera di Ferdinand dove fanno il punto della situazione su cosa fare e non fare. Sono dei braccati guardati con astio da tutti. Dopo aver mangiato miseri avanzi, accompagnano La Vigue alla sua camera-cella…

Attorno al mozzicone facevamo un po’ il punto, cosa bi­sognava fare… cosa non bisognava assolutamente… pressap­poco tutto… cosa uno o l ’altro avevamo visto… impressioni… (p.130)

Tornato su con Lili, Ferdinand finisce per passare la notte insonne. Ma neanche La Vigue dorme. I due, riunitisi, tentano allora invano di farsi aprire la porta della cucina, poi, all’alba, escono imbattendosi in un SS sorvegliante dei taglialegna obiettori di coscienza. Più tardi raggiungono la dimora dei Von Leiden, intenti a farsi le carte, dove chiedono qualcosa per la colazione. Inge gli dice che Cillie, sua figlia, ha portato del latte ai loro alloggi. Sbattuti fuori, vanno allora in cerca di un bar o di un forno…

Bene! è da tenere a mente! non passa niente sulle strade… noi sempre per il momento siamo in cerca di un caffettino…[…]

l ’ss ci aveva neanche invitati ma poteva capitare… dico niente a La Vigue ma lui ci pensava, eccome… ah, eccoci al­la fattoria… alla porta della loro cucina… battiamo! forte!… niente, nessuno risponde!… come al castello… bene, andiamo a trovare il figlio!… prendiamo la scaletta… […]

specie di saloncino… sono seduti, il figlio cul-in-terra e Inge, a un tavolino quadrato, stanno facendosi le carte… anche Nicolas è lì, il gigante russo che porta il figlio von Leiden, è in piedi vicino alla sua poltrona… si fanno dire l ’avvenire.
– Che venite a fare?
Al primo istante già non contento… me l ’aspettavo.
– Se c’è un piccolo fruhstiick una qualche colazione! (p.134)

– Possibile che non hanno un fornaio da qualche parte?… una drogheria?… un baretto? (p.135)

Raggiungono una chiesa dove un nutrito gruppo di monelli è intento a pulire. Quelli li coinvolgono prima di tirargli addosso di tutto. Via in cerca del pastore apicoltore. Di cibo però, neanche l’ombra, sebbene tutt’attorno sia pieno di frutta e animali, oche soprattutto…

«è dalle api! » dalle api, deve essere le arnie… li lasciamo… anzi ce la diamo a gambe… per forza, ci bersagliano… vola tutto, scope, secchi, brusche!… ci vogliono più bene, non vogliamo giocare… la canonica è certamente lì, nei pressi… (p.136)

Chinon, Carlo V II che si inquattava… Noi però quanto alla brodosa, non ne vedevo goccia… guardiamo il giardino, porri… patate… meli…
– Lontano, le api?…
– Sì!… sì!… ja! ja!… lontano!… lontano!…
Credo che possiamo aspettare un pezzo prima che sto pa­store torni… noi quel che vorremmo, è un poco poco di cal­do… posso dire, soprattutto da portare a Lili…(p.137)

Passano davanti al Tanzhalle, dove sono all’opera i taglialegna di prima. Il caffè l’hanno però finito. Ripartono dopo aver preso della minestra…
Poco dopo entrano in una locanda ma, additati subito come collaborazionisti, sono cacciati…
Si imbattono quindi in Hjalmar, l’anziana comica guardia campestre sempre all’opera con il suo tamburo e il suo corno per allarme antiaereo. Questi gli indica dove poter trovare una drogheria…

Sì! sì!… ma intanto si rientra senza caccia! si vede! proprio così! e addirittura minacciati! glielo andavamo a spiattellare a Lili?… no! certo!… ripassiamo davanti alle capanne deser­te… to’ un suon di corno!… due!… più lontano… dico a La Vigue: è la guardia campestre, andiamo a domandargli!… […]

È al corrente, niente ostile! anzi vorrebbe accompagnar­ci… la drogheria?… ma per di là!… proprio la nostra direzio­ne! dopo la seconda!… terza capanna!… conta sulle dita…
due… tre… quattro… cinque!… non può venire con noi!… (p.140)

Ed eccoli dunque nella grande drogheria dove l’inserviente, una bella bionda, fuggite al loro apparire le massaie lì presenti, accetta di vendergli miele e pane in cambio di contanti…

Non siamo sortiti per niente… una pagnotta… un barat­tolo di miele… ahimè ci siamo fatti notare… mi frega nien­te!… La Vigue ha neanche avuto bisogno di star dietro alla da­ma droghiera… i cento marchi hanno funzionato benissimo… (p.142)

Rientrando trovano Lili a fare le carte ad altre donne, tra cui Maria Teresa Von Leiden, sorella del Rittmeister…

la nostra pagnotta?… presto, saliamo! Lili deve stare in pen­siero… a quattro a quattro gli scalini!… esagero!… ci siamo!… finalmente!… il nostro portone… il nostro tondo di torre… Lili non è sola… c’è ricevimento!… vedo per prima cosa un piccolo moccolo, un affare da niente, sopra un alto candelie­re… si fanno le carte… in quante sono? donne?… tre… quat­tro… oltre Lili… distinguo le figure, a poco a poco… una delle figure parla… in un francese un poco da cantilena… a me…
– Dottore, mi sono permessa! La signora Céline era sola !… sono Maria Teresa von Leiden… serva vostra… e vostra amica!… la sorella di quello di sotto, lei lo conosce! il conte Hermann von Leiden… l ’originale! e la zia di quello di fron­te… della fattoria! l ’invalido!… adesso le presentazioni so­no fatte!… lo dicevo a Madame Céline, non sono così im­possibile come mio nipote di fronte, e mio fratello dabbas­so!… né come mia nipote, terribile quella là, Inge! niente affatto così malata e maniaca come ha potuto farle cre­dere la gente che mi vuol male! probabilmente anche quel grassone di Harras!… invidioso quello!… e malvagio! invi­dioso del mio francese!… sì!… pensi, dottore!… sono stata educata a Losanna! più bella di così!…
Sta signorina Maria Teresa doveva essere sui sessanta suo­nati… uno più uno meno… io la vedevo meglio, a poco a poco… si fa l’occhio… l’altra donna era la Kretzer… aveva voluto neppure lei lasciar sola Lili… le donne per far dei mestolini trovano sempre tutti i pretesti… la Kretzer era per i nostri bollini, che erano più a Moorsburg, che ne avremmo avuti degli altri, da Berlino… ma che la cosa poteva durare un po’… ben fatto di contare solo su di noi!… e che io ave­vo la pagnotta e il miele finto… e che avrò dell’altro!… ah, ancora due donne nell’ombra… adesso vedo le teste… due segretarie dell’ufficio… sono venute anche loro per le carte… una, la nostra gobbetta dei pesci… mi fa vedere una boccia piena di alborelle, vive, guizzanti, pescate con la rete nella Sprea, da suo padre… pesca di frodo… in barca… (p.143)

La gobbetta e Cillie saranno un minimo amiche, portando pesci e latte per Bébert…

in ogni modo sta gobbetta si occupava di Bébert molto gentilmente, e suo padre pure, pescatore a rischio tut­to suo!… solo alborelle, lasche, ghiozzi… (p.144)

lui, capiva… io vedevo ancora un’altra figura… un profilo… una bambina… molto pallida… un profilo finissimo, grazio­so… undici… dodici anni… Cillie, la figlia di Inge von Lei­den?
– Mia nipote! lei che vi porta un po’ di latte!…
Adesso sto avvisato… abbiamo almeno due amiche!… Cil­lie von Leiden e la gobba… niente male, come siamo messi!… (p.145)

Ferdinand ne approfitta per chiedere indietro alla Kretzer i bollini sottratti loro, ma la donna devia il discorso iniziando a piangere mostrando le giubbe dei figli morti in combattimento in Francia…

Gli offrono del caffè slavato, poi la vecchia li conduce in visita nella sua dimora. Mentre mostra loro le stanze, gli ricorda in fretta di stare attenti a tutti…

– Adesso venite a vedere casa mia!… fatemi il favore!
Ci invita… (p.146)

– Ve lo dico io, non parlate mai di niente davanti a quella Kretzer… né davanti a Kracht… né agli altri… viene riferito tutto!… vi siete portati a casa un pezzo di pane… l’ho visto… ma l ’hanno visto di sicuro anche loro!… e del miele!… state attenti!… io stessa sto molto molto in guardia!… sono spiata da quelli di fronte, proprio da mio fratello e da mio nipote… hanno spioni dappertutto… la piccola Cillie è deliziosa, no?
graziosa un angioletto, io le voglio un bene, e credo anche lei, ma va a spiattellare tutto quanto le riesce di vedere… verrà da voi per il latte, allora metterà gli occhi su tutto… spero che non abbiate armi!
– No! oh no! Signorina!
– Mi fa piacere di farvi vedere le mie stanze… voi mi fate l’onore… ma dovete tornar giù al più presto… le persone del­l’ufficio vi hanno visti… vi voglio dire subito tutto quello che è bene sappiate!… mio fratello giù da lui con le sue polacchette si abbandona alle sue perversioni… è vecchissimo, ottantaquattro anni, un’età non è vero?… in cui non puoi più dir niente!… è ritornato come un bimbo con le sue bamboline, ci orina sopra, e loro gliela fanno addosso, se la spassa­no!… non mi vergogno a dire, sapete, lo frustano! ha vissuto troppo, tutto qui!… con delle infermiere, sarebbe peggio!… (p.147)

La vecchia odia Inge perché, probabilmente adottata dai Thorfels, abisce alla successione dei beni dei Von Leiden spettanti invece a lei per nascita…
Gli offre panini e bibite, poi propone a Lili di salire a danzare da lei che l’accompagnerà al pianoforte… A disturbare la conversazione giunge il frastuono prodotto dal tamburo e dal corno di Hjalmar…

In quello stesso momento la guardia campestre, pare, ap­posta, batte e ci dà dentro! a più non posso!… e soffia! bu­gola!… il doppio allarme!… giù, sotto la finestra…
– Quando trovo un posto…
– Se vuole farmi l’onore… lei verrà qui cara signora, il mio parquet è molto adatto, credo… farò arrotolare i tappe­ti! … vede là, il mio piano! si può sentire… non bombardano sempre! (p.151)

Un minimo di riposo! specie che gridare serve più a niente, l’elmetto a chiodo deve essere entrato proprio in casa… sulla scala… fa un rumore che copre tutto… tutte le nostre voci e l’eco delle bombe, e le «fortezze»… vuole no restar fuori! (p.152)

E così, mentre Berlino brucia sotto le botte cadute dal cielo, i tre consumano pane e miele. Dai Von Leiden andranno ospiti l’indomani…
Mentre Ferdinand rimugina sulla situazione, La Vigue è costretto a tornare su per via di Iago posto di traverso nel corridoio…
Cosa significherà la predizione fatta a Lili di fiamme e un uomo nudo?…

– Fallo uscire dal suo zaino!
Un salto! è li! Bébert ha visto!… bene! calma… si potreb­be cercare di dormire… dormo mai molto io, né sodo… mi accontento di slungarmi tutto dritto… ben rigido, penso a quel che è successo… quanto è successo e quanto ha da ve­nire…
La Vigue se ne va col suo moccolo, per il suo sotterraneo…
– Buona notte!
Lo sento nei gradini… è incerto, risale, riscende… lo sento più… mi dico: è tornato di sotto! un minuto dopo… dei passi… lo chiamo…
– La Vigue!
– Ehi!
– Apri!
– Allora?
– Sai, Iago!
– Allora?
– È di traverso nel corridoio!
– Allora?
– Accompagnami…
– No!… te resti qui! (pp.155-156)

sta cartomante… Lili s’era fatta un’amica!… lei ci aveva predetto un pieno di fiamme, e un uomo tutto nudo… (p.157)

Excursus sulla sua insonnia provocata dal ferimento alla testa del novembre 1914. Da allora un ronzio e un fischio continuo nell’orecchio…

Si, ma però, ogni tanto, a titolo sperimentale, un certo io ci vuole… la prova per esempio, il sonno, per farvi capi­re… posso dire che non dormo che a tratti da novembre ’14 … mi accordo ai rumori d’orecchio… li sento diventare trom­boni, orchestra completa, stazione di smistamento… (p.158)

Si alza e con Lili si mette ad osservare il bagliore della Berlino ancora in fiamme sotto i bombardamenti notturni…
Al mattino con La Vigue parte per andare a scusarsi dai Von Leiden per non esser andati giù la sera prima, invitati…
Mentre attraversano il cortile della fattoria sono chiamati dai due francesi che li informano sul motivo di un assembramento creatosi lì di fronte. Il sergente aviatore monco ha fermato il pastore che, per inseguire i suoi sciami, era finito tra gli aerei. Arrestato come possibile sabotatore è stato quindi consegnato a Hjalmar…
Raggiunto il vecchio, sono da qesti ben accolti e rifocillati con cafffè e pane…

 i due francesi, lavoratori cosiddetti liberi, ci fanno segno di accostare… loro vogliono restare nella stalla… be’ !… ci andiamo! dall’altro lato del cortile c’è come un assembramento di gente… chiedo ai due france­si cos’è!… ecco! il pastore era stato pizzicato all’aerodromo… sto pastore che non avevamo potuto vedere… Hjalmar, elmetto a chiodo, guardia campestre, si chiamava Hjalmar, lo tiene alla catena, gli ha infilato una manetta, non due…[…]
adesso si parlava di fur­gone… il colpo di inseguire gli sciami sin in mezzo alle ali degli apparecchi lo metteva in una situazione molto brutta… ed è di questo che discutevano tutti, laggiù dall’altro lato del cortile… c’era Hjalmar e il pastore, con catena e manet­ta, c’erano naturalmente le serve russe, e le massaie del vil­laggio, e persino la nostra Kolonialwaren e dei soldati in divisa, francesi, polacchi, e crucchi… sto colpo del pastore impacchettato e che il furgone doveva venire a caricare fa­ceva dire a ognuno la sua… c’erano dei «prò»… c’erano dei «contro»… (p.162)

Anche il pastore si serve in attesa del camion da Berlino che dovrà prelevarlo. Predica e racconta loro peché sia finito tra i velivoli…

bisogna che si sappia… la sua guardia agli alveari, la caccia agli sciami l ’aveva trascinato in mezzo alle ali degli aero­plani… trovava tutte le sue api là, nelle carlinghe…(p.164)

Ma ecco giungere Kracht che conduce tutti al campo d’aviazione per l’inchiesta…

Qualcuno là veniva avanti… uno con gli stivali… Kracht, il nostro Sturmapotheke!… che cazzo veniva a fare?… Hjal­mar me lo dice, viene a osservare… deve rendere conto di noi, di tutto al suo Standartfiihrer, Berlino… be’!… eccolo qui!… ha traversato il cortile… svelto… fa niente domande al pastore, ma ci fa segno: tutti in piedi! adunata!
– Komm! komm!
Ordine di seguirlo!… dove vuole andare?… Hjalmar in­ catenato al pastore, può manco muoversi… presto! presto!… la chiave! si alza!… gli togliamo la manetta! ecco… ci muo­viamo tutti insieme in fila indiana… alla fine Kracht parla, andiamo al campo d’aviazione, per l’inchiesta… può mica lasciarci qui!… bene!… eccoci sul sentiero… prima in mezzo all’erba medica e poi per un bosco… cammina… cammina… è lontano, trovo… dopo Berlino trovo che tutto è lontano… (p.164)

Perché li ha condotti fin lì?, si chiede Ferdinand, mentre dal suo nascondiglio sbuca il sergente aviatore monco che ha arrestato il pastore e da lontano continuano a piovere bombe su Berlino…

Kratz, eppure il tizio niente loquace, né cordiale, doveva avere una buona ragione per portarci qui, in sta zona mi­litare… noi soprattutto, francesi fuori ordinanza… dove non avevamo niente, un cazzo da fare!… vedo spuntare qualco­sa da terra… da una trincea… un elmetto… una testa… e poi il busto… è un aviatore… sergente aviatore… il filetto giallo sulla bustina… heil! heil!… noi tutti fissi! heil! heil! viene fuori completamente dal suo buco… ha solo un braccio… se capisco, deve guardare il campo, e gli aerei… quali aerei?… dove?… lontano!… ci mostra all’estremità della radura… col suo binocolo, vedo… ha un binocolo… sei aerei a terra, di fatto… è lui il sergente che aveva arrestato il pastore… sot­to una carlinga… in flagrante… non ne poteva più… l’aveva già pescato tre volte!… non ne voleva più sapere di lui ades­so!… rifilato a Hjalmar!… sto sergente aviatore capivo che era lì ad interim… il Comandante vero era andato a Berlino… (p.165)

Kracht chiede poi a Ferdinand di seguirlo poco lontano… Gli aerei sono inutilizzabili, privi di tutto, piloti compresi… Gli sciami sono invece ovunque… L’SS gli chiede… di lasciargli delle sigarette nella fondina durante il pranzo!…

mi fa brusco:
– Dottore vuole? venire con me fino agli aerei? li vede? proprio in fondo al campo… vorrei chiederle il suo parere, per il mio rapporto…
– Certo!… certo!…
Ma lo scopo?… sto ss così familiare cosi di colpo! pas­seggiata nei boschi?… allontanarmi dagli altri?… il terreno è ricoperto di ceneri… ma ugualmente molle da non dire… lui con gli stivali ci affonda anche più di me… fa più fatica a procedere…
Ah eccoci agli aerei… sei apparecchi… uno là! lui solleva il telone, vedo lo stato d’abbandono!… certi buchi nell’a­la!… le ali!… dei buchi tutti slargati… arrugginiti… e le car­linghe, e le eliche!… che rottame! lo dico a Kracht, c’è nes­suno attorno… lui mi risponde fuori dai denti…
– Dottore io le dico di peggio!… molto peggio!… non han­no più piloti!… più olio!… più benzina!… l ’ultimo pilota, eccolo là!…
Là, mi fa vedere un po’ più lontano, una buca… un cre­ paccio addirittura nella pista… e una coda d’aereo che spun­ta… viene fuori!…
– Il pilota è in fondo alla buca… l ’ultimo pilota… sotter­rato… dovevano venire gli esperti da Berlino, non sono mai venuti… ci ho fatto versare della calce viva… è tutto quello che si poteva fare no?… la buca è piena di calce viva… la faccio mettere tutte le settimane… E gli sciami?… mi fa vedere… all’interno! dentro ogni ala… vedo! tre… quattro sciami… il pastore aveva ragione di cercare… la prova aveva lasciato tutte le sue cassette e la sua rete acchiappafarfalle nel punto stesso dove il sergente lo aveva sorpreso… (pp.166-167)

Inutile che me la faccia lunga, quello che vuole è che io vada a raspare nelle scorte… non posso dirgli no… […]

– Meglio le Lucky! venti sigarette… bastano!… non di più!…
– Ma dove?
– Qua!… nella fondina della rivoltella!
Mi fa vedere…
– La lascio apposta nell’ingresso… all’attaccapanni!… ap­pesa!… quando scenderemo… intesi?… al mahlzeit (p.167)

Ritornano poi da La Vigue, preoccupato per cosa Kracht possa avergli chiesto…

Ora la cosa più importante, tornare sui nostri passi!… che ritroviamo La Vigue… sta passeggiatina era durata anche troppo, avevamo visto gli aerei, gli sciami, le cassette del pastore… e ci eravamo intesi per le sigarette…[…]

fango e ceneri… e ci ritroviamo!… La Vigue… auf!… si era chiesto che cosa Kracht poteva volere da me!
– Oh, niente!… una piccola informazione… sai, a propo­sito della mia domanda…
– Quale domanda?
– Il permesso di esercitare…
– Ah si!… ah si!…
Andavo mica a parlargli dell’armadio… (p.168)

Raggiunti gli altri, tutti insieme vanno a prendere minestra dalle cucine dove le tre cuoche russe ridono nel vederli. Poi, terminato il frugale pasto, mentre Hjalmar e il pastore (che slegano sottraendo la chiave delle manette alla vecchia guardia) dormono, lui e La Vigue salgono da Inge e dal marito che, intenti a farsi le carte, non mostrano certo gioia nel vederli. Tant’è che lo storpio vuol farli cacciare…

I due li Inge, il suo cul-in-terra, erano niente contenti dvederci… soprattutto credo urtati d ’essere sorpresi alle sfo­gliose… (p.174)

La donna si rivela ancora bella agli occhi di Ferdinand che, con La Vigue, si finge ammaliato dalle forme che lei mostra loro… In lacrime lei gli racconta dei problemi ad andare a Berlino, ma ecco rientrare il cul-in-terra che vuol ucciderli con un fucile. Inge però lo disarma scagliando lontano lui e il fucile. Lo storpio è subito colto da un attacco epilettico e così Ferdinand e La Vigue ne approfittano per dileguarsi…

 due volte!… là lo vedo sul tappeto… tutt’a un tratto, si muove più… sbava, sdondola, rantola… ah, insomma qual­cosa di preciso, che io riconosco… si morde la lingua… si di­mena, grida… manco per niente siringomielia… un’altra gen­tilezza! sto von Leiden figlio è epilettico… giù al tappeto… (p.179)

  e ciao!… ci accomiatiamo dunque da Inge, il più discretamente possibile, in punta di piedi… il suo ciospo è sempre riverso, sdondola sempre, ma sbava meno… riprenderà coscienza fra un’ora circa… ci avrà neanche visti andarcene… non si ricorderà forse della sua crisi… noi scen­diamo la piccola scala ripida, li subito giù ritroviamo Hjal­mar e il pastore, nel bel mezzo che ronfano… (p.181)

Approfittando del ronfare di Hjalmar, nonostante l’imperversare nel cielo dei velivoli della RAF, e del pastore, unitamente all’assenza delle russe, Ferdinand e La Vigue arraffano quattro gamelle di minestra, due delle quali son però costretti a lasciare agli spioni Leonard e Joseph che li hanno visti dalle stalle… I due sono decisamente spioni e conoscono infatti perfettamente tutto quello che succede nella fattoria. Imprecano contro i tedeschi e la fame che sono costretti a patire. Con la scusa di andare a scaldare la minestra si dileguano…
Rientrati in camera la trovano però occupata dalle donne, intente ad ascoltare una brutta zingara ungherese del vicino campo intenta a predir loro il futuro…

coppia Kretzer… spingiamo la porta… ah, tutto va bene!… pettegoli e pettegole… proprio nessun dramma… i Kretzer e almeno dieci segretarie, damigelle, radunati attorno a una zin­gara… zigana, questo non me l ’aspettavo… sta zigana veni­va da dove?… gli zingari non dovevano essere soppressi dopo i decreti di Norimberga?… fortemente contaminatori!… crip­to-asiatici!… una zigana libera e fringuellante? come dire la guerra inutile!… POrdine di Hitler, non scordiamocelo, era tanto razzista quanto quello dei neri del Mali o dei gialli di Hangchou… si sarebbe visto quel che si sarebbe visto!… non si è visto niente, per fortuna!… altro che Monnerville re di Francia… e i galli, lo scarpone al culo, scacciati dal loro pre­sunto Impero!… mica razzista chi vuole!
To’, sta tipa qui accovacciata sul nostro pagliericcio arriva­va da dove?… chiedo a Lili, all’orecchio… chiedo a Maria Te­resa… e ai Kretzer… semplicissimo viene dall’Ungheria… mi sussurrano… non è sola lei… sono cinque famiglie assieme in una roulotte lì, nel parco dall’altro lato delle isbe… (p.186)

Osservando le cibarie presenti in stanza, Ferdinand dice a La Vigue di portar le due gamelle a Iago. La zingara li sente e li caccia…

Noi due lì, con le nostre gavette, ominidi o no, cascavamo bene… io slumavo in piena paglia di quei gran piatti di butterbrot!… certe pile di tartine e pasticcini… noi con le nostre due gavette, e da scaldare, avevamo un bell’aspetto!… il me­glio, portarle a Iago… doveva essere rientrato dal suo giro ascetico, a tirare il vecchio, mostrare la sua magrezza… lo dico a Le Vigan, all’orecchio… cilecca!… la zingara m’ha sentito…
– Via!… via!… (p.187)

Escono portando le due gamelle al povero cane. Raggiungono poi la squallida camera di La Vigue, potendo finalmente parlare un po’ lontano da orecchie indiscrete. La situazione è tragica, ma in effetti sempre meglio della Berlino costantemente bombardata. Ferdinand dice che forse ha un piano per andarsene, poi tornano su… Solo loro a stecchetto, senza cibo e privi anche di cerini e candele…

 mai che li vedevamo cibarsi… una magia! c’era solo Iago e noi di magri… doveva bastare per la borgata… per­fetti esempi di austerità…[…]manco per niente… è soltanto dopo il mahlzeit, che salgo­no ognuno in camera propria, a cucinarsi una cosina… la prova non ne vedevo uno magro…(p.193)

Raggiunta Lili la trovano sola e con del cibo lasciato per loro. Ferdinand userà le sigarette di Harras per ottenere favori e cibo. Nel mentre lavorerà sul suo progetto di trasferimento… Ecco invece quanto predetto loro dalla zingara:

– Le stesse cose!
Che noi due La Vigue passavamo in mezzo alle fiamme e poi dopo, di nuovo fiamme! si veniva quindi rinchiusi in una casa enorme tutta buia… tutta buia con una montagna
di sbarre. (p.195)

Più tardi giunge Hjalmar per reclamare la chiave delle manette sottrattagli. Ferdinand gliela rende e, senza ammanettare il pastore, il vecchio riparte. I due sono presto inghiottiti dal fitto buio della notte, una macchia d’inchiostro in cui tutto svanisce…

Di fatto, se ne vanno… così facile!… due, tre passi!… scompaiono… lo diresti inchiostro il nostro sottobosco… c’è solo lassù le nuvole che sono illuminate, risplendono… dei fasci di cento proiettori e dei riflessi di altre esplosio­ni… nord… est… ma nel nostro parco noi, niente… l’in­chiostro… due passi… tre passi… ti senti diventare tutto ovatta, tutto notte, anche te… (p.198)

Odiato ed emarginato da tutti, riceve la visita periodica di Roger Nimier che, inviato da Brottin, ne controlla lo stato di salute e di avanzamento delle opere. Riferisce poi al superiore che, seppur vecchissimo, si stragode una vita di bagordi…
Céline non vende… Dovrebbe farsi intervistare di più e… ridurre le opere in comics che tanto piacciono a Brottin e al pubblico. Gli troverà un illustratore per la riduzione della Trilogia…

Roger viene a parlarmi e a tenermi un po’ al corrente dei miei ultimi insuccessi… D’un chàteau l ’autre non si ven­de più per niente… ne hanno manco tirate 30000!… men­tre che i tali e le tali… e soci… sono a 500… 700000… e che si ristampano! e che se li contendono! (p.204)

Ferdinand ci crede mica sia vendibile. Dovrebbe come minimo cambiar genere, altro che narrare di bombe e fughe… Ricapitola…

che il pubblico, cosi assil­lato, disincantato, cosi alcolico, cosi stracco, vuole niente più leggere, né sentire, forse un piccolo trucco pedé?… un asilo nido in balengite? confidenze di balie rose ardenti?… allora io qui mi presento male con le nostre sciagure al fo­sforo, fiamme, sismi… Vi parlavo di Inge, del cul-in-terra, dei bibelforscher, dei Kretzer, dei nostri mahlzeit alla minestra d’acqua tie­pida nella sala-mensa vasta, buia sotto l’enorme ritratto di colui che doveva darsi fuoco di li a qualche mese… heil! heil! tutta sta gente attorno alla tavola facevano finta che gli piaceva la minestra, come noi, ne chiedevano ancora co­me noi, si doveva, signorine dattilo e contabili… prova di fiducia, di alto morale… Kracht farmacista ss, herr Kretzer,
capo della Succursale e degli Archivi, sua moglie la piagnona cosi nervosa e noi tre, se ne riprendevamo, di sta buona minestra gustosa, formidabile!… mica noi che andavamo a far il muso!… anche la gobbetta se la gustava… non andava più a Berlino, non andava più a pesci, non aveva visto i suoi genitori da mesi… il formidabile bunker invulnerabile s’era beccato un colpo finale… spezzato, screpolato, sparpagliato… i suoi genitori sotto!… il meglio era di non parlarne… (p.207)

Durante un pranzo Kracht e la Kretzer giungon quasi alle mani. La donna insinuava che l’SS fosse andato in visita alle belle zingare. Ferdinand si propone allora di andarle a vedere e di giudicarne la bellezza, approfittando pure per ritrovare la donna veggente e farsi spiegare la predizione…

Mi metto in mezzo io… la Kretzer è pericolosa!
– Ci andiamo noi tutti e tre!
Voglio dire La Vigue, io, Lili.
– Vi diremo se sono belle!
Andremo fino in fondo!… tanto per cominciare, volevo sapere se quella che era venuta da noi, la strafottente, era un uomo o una donna… la farò venir fuori dalla sua roulotte… che ci riparli della «casa buia»… e del nostro avveni­re!… (p.209)

Raggiunta la roulotte, a riceverli c’è un vecchio che si affaccia a un oblò e che Ferdinand si fa amico con del tabacco e dei fiammiferi. Quello chiama e da dentro sbucano uomini e donne, nient’affatto belle, intenti a riparare sedie e cesti. Dovranno peraltro esibirsi in uno spettacolo, Forza della Gioia, al Tanzhalle…

parlano ungherese?… ceco?… ah, vedo le facce… specie delle donne… giovani, credo… ah ma niente belle… la Kretzer le ha neanche guardate! da quel che vedo io, sì in effetti l ’aria orientale, ma tutte pro­prio sciupate, sfinite… i capelli a crocchia… gran crocchie d ’unto… manco per sogno irresistibili!…(p.210)

L’uomo vuol comprarsi l’anello di Lili, poi Ferdinand gli chiede dell’indovina… Nell’andarsene una ballerina mostra delle nacchere che Ferdinand le chiede in prestito affinché Lili possa esibirsi. Lei lo fa estasiando tutti. Dalle roulotte Ferdinand vede uscire Inge e la Kretzer e tante altre persone. In loco è presente anche Kracht che li informa che l’indomani dovranno andare in giro in cerca di vimini per le riparazioni delle sedie. Ma perché hanno i permessi?, si chiede Ferdinand…

Con tutto questo, hanno tutti i «permessi» di residenza e di circolazione! Ausweis… va’ a capire!… chiedo a Kracht il che del per… dato che sono secondo Norimberga i peggio infettatori di razze al mondo! peggio degli ebrei… perché non li ammucchiavano, li lasciavano sparpagliare, Est, Sud, Nord?… lui non ne sa niente, lo confessa, tutti i loro per­ messi sono in regola, ha i «duplicati», me li fa vedere… (p.214)

Rientrati finiscono la cena parlando d’altro. Per via delle bombe vibrano i piatti e perfino il ritratto di Hitler… Alla domanda della Kretzer sulla bellezza delle zingare, Ferdinand nega di aver visto qualcosa…

senza spese d ’autobus né di metrò… tuttavia li, la roulotte confesso, avevo visto niente… stanchezza?… l’età? non le avevo viste le variegature esoteriche… ma avevo visto bene Inge von Leiden… e sua figlia e le serve… non ne parlo però…(p.217)

Ma la donna inizia a delirare in preda a un attacco isterico chiedendo se abbiano visto segni esoterici e informandoli che l’indomani giungerà da Konigsberg la madre di Inge, contessa Thor von Thorfels, da lei odiata. Grida poi la scomparsa di Hjalmar e del pastore, finendo per scimmiottare Hitler. A quel punto Kracht la porta via…

– Sì! … sì!… noch! ancora! voi non sapete? non sapete niente!… la contessa von Thorfels è qui!… sì!… sarà qui domani!
Che storia era questa?… non capivo?… chi era innanzi­ tutto sta Thorfels? Kracht sapeva, lui… lascia la Kretzer che si sgola… di che cosa?… perché?… dei fatti loro, lei poteva neanche vederla sta Thor von Thorfels… Kracht mi informa, può parlare, le grida della Kretzer coprono tutto… ho udito molte grida, grida di oratori, grida di prigionieri, grida di can­cerosi, grida di ministri, grida di generali, grida di parto, tante altre ancora, ma là devo dire la Kretzer non si poteva interrompere… una commedia, pericolosa però, credo nem­meno che lei abbia il cuore saldo… che urli, nessuna importanza, ma che lei svenga, la va a finir male… gli faccio ripetere quel che mi diceva… sta dama Thor è a Moorsburg, passa una settimana dal Landrat… contessa Thor von Thorfels… sa­peva tutto, lui… che parentela?… madre di Inge von Lei­den… madre adottiva… arriva da Kònigsberg… lei si annoia a Kònigsberg… particolare importante, parla francese e mol­to bene!… e lei adora i francesi!… sarà così contenta di ve­derci! tanto meglio!… tanto meglio!… casca bene!… (p.218)

– Ma si! ma si!… sanno!
– Ah, voi sapete? allora dov’è la guardia campestre?
Stanno tutti zitti.
– E il pastore? sapete ugualmente?
Nessuno ne sa di più…
– Idioti!… teste di manzo! sono scomparsi! scomparsi!… e sparirete anche voi! tutti! tutti!… mi sentite? (p.219)

A letto Ferdinand è preoccupato… sarà che il delirio della Kretzer, terminato con lo scimmiottamento di Hitler, non gli varrà altre accuse…
L’indomani, mentre Lili e Bébert salgono da Maria Teresa, lui e La Vigue vanno in cerca di cibo. Attraversato il giardino, tornano indietro per prendere le sigarette da barattare. Strada facendo si imbattono in un terreo Kracht che li conduce lontano. I due temono voglia eliminarli, invece è lui a chiedergli di sparargli per timore di punizioni dopo la scenata della Kretzer… I due riescono a farlo ragionare. L’SS vorrebbe suicidarsi per lo scandalo dato in tavola dalla donna, ma Ferdinand minimizza. Certificherà lui la pazzia della donna…

l’ss Kracht, non vedevo la gra­ vità? lo scandalo?… sta crisi di nervi?… voleva che noi gli commentiamo… che lo si rassicuri che non era disonorato… aveva preso delle misure lui… potevo certificare che sta don­na era pazza?
— Ma certo Kracht! certo! (p.227)

Gli farà avere un permesso per esercitare, intanto lo conduce a visitare la donna…

Kracht voleva farmelo avere!… se ne fotteva lui dell’«Inter­no» e di tutti i ministri… cricca dannata di traditori, venduti, anglofili!… e monarchici!… da impiccare!… mi mettevo mi­ca a contraddirlo!… calmarlo, volevo… andare prima di so­pra a vedere la Kretzer?… se vuole! l ’aveva rinchiusa do­ve?… in casa?… coricata?… torniamo allora sui nostri passi… rigiriamo attorno la roulotte… e l ’isba dei bibelforscher… eccoci al portico… Kracht mi accompagna, ma La Vigue mi può aspettare di sopra con Lili e Bébert… conoscevo l’allog­gio dei Kretzer, al secondo piano… un vero appartamento, vista sul parco… toc! toc!… la porta, mi apre il marito… sgoc­ciola… lacrime dappertutto, occhiali in un bagno… imme­diatamente supplica Kracht di non far portar via la moglie!… portarla via! via dove?… fa ridere Kracht… (p.227)

Casa decisamente lussuosa per i tempi…
La donna e il marito implorano affinché non sia fatta portare via. Ferdinand la trova un po’ scossa e pallida, ma forse anche simulante…
Le bombe impazzano in lontananza facendo vibrare tutto, mentre di Hjalmar e del pastore ancora nessuna notizia…

Ferdinand tranquillizza ulteriormente Kracht: gli metterà per iscritto che la donna ha agito così in preda a una crisi di nervi…

– Ma si!… ma si… sta donna è a letto… malata! cioè! mol­to malata!… non c’è altro, Kracht!… delira… ha sempre deli­rato… non c’è altro Kracht!… raptus emotivo: silenzio asso­luto!…
– Vuole scrivermelo, dottore?
[…]- Adesso Kracht, attenzione! che nessuno salga a tro­varla! suo marito, e basta!
Il rapporto, chiedevo niente di meglio, ma cosa voleva? «che io avevo in osservazione sta signora, prima, durante e dopo la sua crisi… che mi sembrava aver agito in “stato se­condo” … avendo assorbito dosi molto forti di vari tossici… che era ricaduta grave… netto rallentamento del polso… 62… 66… disordini della parola… riflessi affievoliti…» (p.230)

Per placare gli animi del borgo, Ferdinand propone infine a Krcht di dare un banchetto con abbondante vino…

tutti i burocrati di sotto? visto che tutta Zornhof sbagola­va?… fargli capire bene che Frau Kretzer aveva avuto un mo­mento di pazzia… che quel che aveva detto era senza senso!… che manco per sogno aveva voluto insultare il Fùhrer! che erano da sempre, lei, lui, ferventi nazi!… che avevano passa­to tanti dispiaceri, ma che avrebbero dato dieci figli per il trionfo delle idee!… la pura verità!… però io suggerivo dato che le cose si mettevano a posto, di fargli manco la morale… di pagargli una piccola cena… nel senso buono!… (p.231)

E così poco dopo Ferdinand spiega quanto accaduto ai commensali che, in breve, Kracht in testa, finiscono in preda ai fumi dell’alcol dimenticandosi di tutto…

Li, mahlzeit… ci siamo!… ci stanno aspettando… hanno certe arie d ’intesa… oh ma non va per le lunghe!… Kracht attacca… gli chiudo il becco… neanche la pena! ci penso io! parlo abbastanza tedesco per fargli capire le quattro verità… «hanno creduto di vedere?… hanno creduto di sentire? nien­te vero!… manco per niente!» solo il delirio di sta donna Kretzer, malata, gravissima, stesa in un letto, che non deve veder nessuno! « ja! ja! ja!» hanno capito, approvano… […] (p.232)

Dopo il pranzo, nel pomeriggio, Ferdinad e La Vigue ottengono pane e zuppe grazie alle sigarette. La Vigue può così raggiungre la sua camera dopo aver dato al povero Iago una gamella di ministra. Ferdinand, tornato in camera, apprende da Lili che l’indomani sono invitati a pranzo dai Von Leiden…
Perché quest’invito? Saranno accolti male? Invece no, eccoli acclamati. Il pasto è decisamente lauto. Gli presentano la von Thorfels, che li invita a Konigsberg, gli parla francese raccontandogli vari aneddoti della sua vita, estasiata al ricordo di Parigi. Ma poi? Poi ecco il Landrat congratularsi con lui nel consegnarli l’autorizzazione ad esercitare la professione medica fino al 30 dicembre…

Manco per niente la nostra ipotesi… ci aspettavamo di essere avvisati di questo… quello… e soprattutto di essere mollati… invece tutto al contrario! un’accoglienza proprio calorosa… fin dalla scala dall’ingresso, un gran striscione «Viva la Francia»… per noi chissà? e tutti i gradini spittu­rati, blu, bianco, rosso… sempre noi? dimostrazione?… di sopra sono tutti a tavola… e che razza di tavola!… manco per niente come il nostro Mahlzeit!… carica zeppa di anti­pasti e macedonie di frutta… tre quattro zamponi… capponi e pollastre… davvero un banchetto!… ci festeggiavano?…
era da vedere… si erano già accomodati… ci presentano… conoscevo il conte von Leiden Rittmeister… conoscevo Simmer, anche, Flarras ci aveva portati a fargli visita, a sto ru­dere odioso, imbellettato, impomatato, ferito di Verdun… (p.237)

Ci presenta alla contessa Thor von Thorfels… oh finalmen­te! possiamo dire che si è fatta aspettare!… si parla di lei da tre mesi!… lei il mio capolavoro! è un pastello! più truccata del Landrat!… e molto più gioielli, tre collane!… un occhialetto tempestato di brillanti… un lungo bastone «Reggen­za» pomo cesellato… parrucca bionda, sicuramente postic­cia… a gran crocchia… la tragedia di tutte le donne, popolo o dell’aristocrazia, se si tengono su fanno tanto superiora di casino… si lasciano andare?… dame di patronato, più buone solo a piangere, vestire i morti… oh, come è severa la Na­tura!…
Sta dama, contessa Thor von Thorfels non è per niente sprezzante, anzi… come è contenta di vederci! felice!… escla­ma!…
– Voi qui!… francesi! che fortuna!… e tutti e tre!… mia figlia vi tratta come si deve?… voglio sapere! mio genero è un povero invalido, lo conoscete!
– Ma certo, certo signora! (p.238)
niente la fiducia… ma la contessa Thor von Thorfels è cosi fe­lice di vederci, piena di mossette e sorrisi che si occupa più del Landrat… tutta per noi!… «allora arriviamo da Parigi?… tutti e tre? e col nostro gatto? Bébert?» (p.239)
ma certo che an­davamo da lei!… intesi! promesso!… Kracht mi aveva avvi­sato a dovere: soprattutto, non la contrari!… […]
meno il Landrat!… lei presiedeva e zitti!… il Landrat aveva però da dire… lei lo lasciava mai… bitte! bitte!… scusi!…[…]

— Lei! lei! rube! ruhe! silenzio!…
Che la vecchia stia zitta!… cecca diabolica!
– Si! si!… ecco! sie!… lei!
Mi tira fuori una carta dalla tasca… dal suo dolman… che la legga, io! sie! sie!… all’istante!
Ah ecco! leggo!… lo sospettavo… «permesso di esercita­ re»… Erlaubnis… è questo che si festeggia? (p.241)
Insisteva… Erlaubnis… «Permesso fino al 30 dicembre»… (p.242)

Poi però il Landrat indispettisce Lili minacciando Bébert. La donna abbandona così la tavola seguita da Ferdinand che torna presto al suo posto. Ma un frastuono di oche interrompe il pranzo. Il cortile ne è pieno, attirate dalle ortiche. Solo grazie a un passaggio segreto riescono ad allontanarsi e a raggiungere i bagni… Chi sarà stato ad aizzare gli animali? Contro chi è rivolto tale gesto?, si chiede Ferdinand…

ecco una cosa che dà sui nervi!… il Landrat è molto infastidito… chiede a Lili che cosa porta nel sacco… uno zai­no, da turista…
—Il nostro gatto Bébert, signore!
— Vuol aver la cortesia di farmi vedere questo gatto?
Lili apre il sacco… Bébert affaccia la testa…
— È di razza?… può riprodurre?
Gli spiego che è castrato…
— Allora animale da sopprimere!… conoscono le nostre «ordinanze»… bestia impropria alla riproduzione!… (p.242)

E fa il gesto di acciuffare Bébert per la coda e vlac! contro il muro!…
Lili dice niente, richiude Bébert nel suo sacco… «arrivederla, signore»!… si alza e se ne va… lascia la tavola… (p.243)

Torniamo a tavola… ma appena abbiamo ripreso il filo… due, tre parole cortesi… sento Lili che ci chiama… dal corti­ le fuori… e contemporaneamente certi couac! couacl mica
due, tre!… centinaia di couac!… e ancora altri! tanti altri! da ogni parte!… tutte le oche della fattoria! la rivolta delle oche!… proprio da sbellicarsi!… guardiamo… ah, migliaia
di oche… non solo quelle della fattoria… da ogni parte! e infuriate!… e non un fattore!… un bracciante! quante oche!… eppure però non erano certo venute da sole!… tutte in massa… raduno organizzato! qualcuno aveva dovuto gui­darle!… qualcuno aveva messo delle ortiche! tutto il gran cortile pieno di ortiche… dei gran mucchi, dappertutto!… cumuli di ortiche! mentre che noi di sopra si faceva delle chiacchiere!… le ortiche non spuntavano da terra… qual­cuno le aveva portate… che le oche si ingozzino, invadano il cortile… che si possa manco più uscire… era combinato!… (pp.243-244)

Ci abbiamo avuto una fermatina… La Vigue, io, Lili… sti mucchi di ortiche, tutti sti couac!… le oche erano venute no da sole, qualcuno le aveva aizzate… da tutti gli stagni… chi? perché?… contro Simmer?… contro i von Leiden?… (p.245)

Mentre pensa a una scappatoia dalla brutta situazione in cui si trovano, ecco bussare Kracht. L’indomani Inge li accompagnerà in gita…

Pensavamo dunque, a farla breve, che tutto andava di male in peggio… zingari, i von Leiden, Berlino sempre più torchiata, il pastore scomparso, il cielo sempre più nero… certo tagliare la corda!… ma dove?… e come?… ci avevo una piccola idea vi ho detto… ma non ne parlavo proprio… Lili sospettava… mi toccava però tastare La Vigue e farmi por­tar giù le carte da Lili… stavamo in fondo al corridoio, nella cella con le sbarre, dopo le cucine…
– Toc! toc!
– Herein! herein! avanti!
– Kracht!
Si annuncia…
– Allora Kracht?
Una sorpresa!… La signora Inge von Leiden verrà a pren­ derci, se ci sta bene, domani mattina alle dieci!… Lili, me, La Vigue, Bébert, per portarci… in gita!
– Felicissimi! certo Kracht! (p.246)

L’indomani eccoli pronti di buon ora per la gita. Ferdinand è sospettoso e chiede a Kracht se non sia una scusa per avvelenarli…

adesso cos’è sta gita? per farci piacere?… mica da fidarsi!… tutte ste provviste, caterve di sandwich, pollastro, marmellate, sto preteso ritrovo di caccia, sta foresta fonda… quali intenzioni?… chi vivrà vedrà!… una polverina dentro (p.248)

Qualora dovesse avvistare Hjalmar, il pastore e il revizor mai giunto a Zornhof, promette a Kracht di riportarglieli… Poi, appena pronte la von Thorfels e Inge, la gita ha inizio…

– N o n penso che a lui!… e anche al pastore Rieder!… e al Revizor!
– Se scorge qualcosa?
– Ci zompo sopra! glieli impacchetto! glieli riporto!
– Ci siamo!… sono pronte!
– Ecco!… ecco!
Lascio Kracht… oh, ma lui vuol essere alla partenza!… mi viene dietro… montiamo… non mi resta che sedermi tra la contessa Thor von Thorfels e la figlia… Kracht ci stringe la mano a tutti e ci augura bel tempo, bella passeggiata, bel­ lo tutto! là, ci siamo, scende… in viaggio! (p.249)

Dopo un lungo e tortuoso tragitto su cui il carro non può far altro che scossare e traballare, giungono infine alla foresta di altissime sequoie… Dopo alcune ore di marcia si fermano e tirano fuori le cibarie. Ferdinand e gli altri, temendo l’avvelenamento, non toccano cibo, con il medico che se lo infila nelle tasche sporcandosi tutto mentre la von Thorfels narra le sue avventure francesi…

 passiamo oltre!… eravamo a sto pran­zetto sotto le sequoie… proprio deciso, Lili, io, La Vigue, che non toccavamo niente… per cortesia però, fare finta!… Lili mi passa una tartina… due… La Vigue anche… ci ho certe tasche enormi, mi resta solo una mano, abilissima pe­rò… credo… il punto, se mi vedono le saccocce gonfiarsi… ingrossare… ci faccio niente bella figura… mi butto dietro qualche tartina… e li che mastico… e rimastico… per finta!… e che rispondo alla vegliarda che è veramente straordinario tutto quello che lei ha visto a Parigi!… l’Exposition… la Grande Roue… e la Vente de la Charité… che un anno più tardi lei ci rimaneva bruciata! (p.252)

Prima di ripartire Inge porta lontano Ferdinand dopo avergli fatto svuotare le tasche imbottite di cibo… Ma cosa vorrà da lui? Sedurlo? Lui che è ormai un povero vecchio impotente? La donna estrae una carta scritta in francese dal seno, gliela passa e poi lo fa toccare seno e genitali… Nella carta c’è la prescrizione per alcuni medicinali che dovrà ritirare in una famacia di Moorsburg dal farmacista Mathias Hase…

bisogna alzarsi!… finito il pranzetto!… abbiamo al­meno tre ore ancora di passeggiata… i cavalli sono ripo­sati…
– E poi sai mamma devo parlare al dottore!
Guarda! guarda; parlare di che? mi poteva parlare a Zorn­hof, perché qui?… ancora un bidone? certo qualcosa di com­binato tra lei e la madre… la prova, Frau Thor von Thorfels Lili e La Vigue… lei li accompagna… dall’altra parte!… sot­to le sequoie di fronte… eccomi solo con Inge…
– Venga!…
Vuole che le vada dietro… vabbè!… obbedisco… prima in ginocchio e poi in piedi… grazie ai miei due bastoni… devo dire che in sto momento sgocciolo dai calzoni… per le due gambe… tutto il grasso e la maionese… e le animelle… che la faccio ridere!…
– Scusi! scusi!
– Ma lei non ha mangiato un briciolo! né il suo amico! né sua moglie!…
Me, la mia sveltezza, lei aveva visto perfettamente tut­to!… come devo essere buffo!… quando che lei ride, fa tan­to tedesca, dura, imbarazzante da guardare… i germanici sono mica fatti per ridere…
– Vuoti dunque le sue tasche!… vuole che l’aiuti?
Manco bisogno di aiuto!… da come stanno le cose!… vlaf! vlaf!… a piene manciate tutta la poltiglia!… op!… la mollo lontano!…
– Venga per di qua, adesso… vuole?… devo parlarle… (p.253)

Si apre la camicetta… camicetta di seta, azzurra… di modo che mi sberlocchi bene i suoi seni… e tra i seni una carta… piegata ben bene… lei me la passa, che legga… è in francese, a macchina… rara la macchina da queste parti, non ne conosco una… (pp.254-255)

Mi caccia la mano sul suo cuore… e poi zac! in mezzo alle sue cosce! l ’altra mano!… che approfitti!… che mi diverta!… (p.255)

Ecco!… col mio «permesso di esercitare» dovevo andare a Moorsburg, fare conoscenza con Hase… parlargli, chieder­gli certi prodotti… Mathias Hase farmacista… va bene! è semplice… vediamo sti prodotti… scritto chiaro, in france­se, a macchina… dolosa!… curare… morphine… cyanure…
— Il più possibile!
Una piccola raccomandazione!… due farmacisti a Moors­ burg! ma il suo, quello che dovevo andare a trovare era su­bito sulla strada : troverò con facilità, vedrò una statua… Fon­tane! Fontane! in redingote!… non posso sbagliarmi… pro­prio davanti alla farmacia… statua!… ah, devo andarci, so­lo!… Lili, La Vigue mi aspetteranno… m’accorgo che è pre­visto tutto… da dove le veniva sto foglietto battuto in fran­cese?… faccio niente domande, più tardi saprò… per il mo­mento la mia paura, che in materia d’essere soli si fosse in piena fotografia… di apparecchi pieno i cespugli…(p.255)

Mathias Hase e le sue droghe? avvelenare il cul-in-terra?… che cazzo poi era?… piccolezze!… ne vedre­mo ben altre, ero sicuro!… (p.256)

Il viaggio riprende tra una natura incontaminata e taglialegna all’opera. Nessuna notizia però degli scomparsi. Nei pressi di uno chalet Inge fa fermare il carro conducendovi Ferdinand. Lì gli chiede di farsi dare da Hase anche assorbenti e prodotti di bellezza. Poi lo bacia prima di tornare dagli altri…
Mentre la vecchia narra del suo Brandeburgo, Ferdinand si immerge nei pensieri della missione affidatagli da Inge…

la contessa Thor approfitta che i mozzi cigolano meno… per prendere la parola… io mi dico: sotto con l ’Elysée!… no! manco per sogno!… il Brandeburgo adesso! lei ci comincia a raccontare!… mica però di oggi, di una volta, della sua gio­ventù… le usanze, i ricevimenti, i matrimoni delle famiglie nobili… le occupazioni, i gradi di ognuno… e anche i luoghi, le guarnigioni, l ’artiglieria della Guardia, la scuola di tiro, il
poligono… lei conosceva un po’ il Brandeburgo la signora contessa, non solo la sua Pomerania natale!… io l ’ascolta­vo… l’ascoltavo… mica molto però… piazzata alla mia sini­stra, la sentivo male… pensavo soprattutto a Moorsburg… all’Apotheke, davanti alla statua… ci vado?… non ci va­do?… Mathias Hase?… era ancora da pensarci sopra… lì,
sobbalzando, piano piano si arrivava… il parco… l ’isba dei bibelforscher… il portico… Kracht non è lontano, eccolo!… «buongiorno! heil! buona passeggiata?» soprattutto molto contenti di essere tornati… avrebbe potuto finire peggio… vent’anni dopo lo penso ancora, avrebbe potuto finire peg­gio… lì ho detto niente… tutta la notte ci ho pensato… ma detto niente… né a Lili… né a La Vigue…

E così l’indomani eccoli alla volta di Moorsburg, destinazione farmacia Apotheke di Mathias Hase, per reperire i prodotti di bellezza e le droghe per avvelenare il cul-in-terra (forse)… Sette lunghi chilometri a piedi per arrivare…

Non che sta passeggiata a Moorsburg, sette chilometri, a pedagna, ci pareva molto allettante… siccome però che eravamo intesi!… andrò a trovare sto Apotheke!… per la
faccenda delle droghe adesso, la prima volta no e poi no… curaro… cianuro… dolosal… ne riparleremo… per il rosset­to, la cipria e i «kamelia» certo, subito! per il resto cono­scerlo un po’ sto Mathias Hase… a due passi dalla statua…
quanto alla strada di Moorsburg sempre dritto traverso la pianura, non c’era da sbagliarsi!… seguire i paracarri… (p.262)

Strada facendo si imbattono in due cacciatori francesi, poi in un gendarme cui chiedono notizie degli scomparsi…
Poco prima delle otto eccoli entrare in paese e raggiungere la farmacia. Ma anche qui sono presi di mira dai terribili Hitlerjugend che li scambiano per paracadutisti per via dei giubbotti…

Benissimo!… avanti pure! appena pochi metri, qualcuno ci fa halt! halt! qualcuno nel fossato! l’altro lato della stra­ da… un gendarme tedesco… ci fa segno di avvicinarci… pa­pier!… ecco… gli tiro fuori il mio Erlaubnis… gu t!… gut! vede con chi ha che fare!… mica dei vagabondi!… mi do­manda dove andiamo, cosi tutti e tre di cosi buon mattino?… molto gentilmente… dal farmacista Mathias Hase! gut!… gut!… più che naturale!… approfitto per chiedergli se ha poi visto il pastore, lui?… o la guardia campestre?… e il Revizor? no! ma perbacco li cerca anche lui!… se putacaso ci dicono qualcosa… qui… là… gli facevamo una gentilezza ad avvertirlo!… a mezzo l ’ufficio postale… a suo nome!… Gendarme Hans! ma sicuro! che conti su di noi! certo!…[…]avanti a camminare… le prime case… non sono ancora le ot­to… la gente è già in piedi… ci guardano passare… dirò no: ostili… ma sorpresi… ah, riconosco!… una cittadina sta Moorsburg qui con cinque… sei Place Vendóme… almeno importanti uguale!… li che Federico faceva addestrare i suoi mercenari… l’Apotheke, vediamo!… mica il piazzale giu­sto!… non vedo la statua… Fontane… ah, ci siamo! ecco lo slargo buono!… e il farmacista… il nome, il nostro: Mathias Hase… bene!… spingo la porta… i marmocchi ci hanno già individuati… fanno massa sul marciapiede di fronte… qui va a finire come a Berlino… gli Hitlerjugend del metrò… siamo dal tarticore, eccolo!… si scusa, non parla francese… camice bianco, barbetta… mille gentilezze… presento Lili, (p.264)

Hase li accoglie gentilmente e, dopo avergli fornito i prodotti di bellezza richiesti, gli narra la storia dello scrittore Fontane. Terminato il racconto Ferdinand e gli altri girano per il paese ricevendo gratis cibo nei vari locali…
Molte donne dedite alla pulizia delle strade, delle prostitute malate, li accolgono con male parole, presto coadiuvate dai piccoli Hitlerjugend… Si mette male, ma l’arrivo di Kracht è provvidenziale…

ma non è finito! i marmocchi che ci seguivano di lon­tano, si sono avvicinati e più numerosi, e con una torma di donne per giunta, almeno un centinaio, e come urlano… che appena ci vedono, ci trattano di tutto… canaglie! carogne! fallschirm jàger! … paracadutisti! Tutto il bene che pensano ste donne… Che fanno ste arpie furiose con scope, pale e forconi?… la raccolta delle immondizie!… le fognature!… Kracht mi aveva avvisato bene, di risponderci niente… ai marmocchi neppure… certo! certo! ma noi avevamo da passare e loro tenevano tutto il marciapiede… i marmocchi, maschi, fem­mine erano sicuro degli «Hitlerjugend», figurati se ci molla­vano, avevano quello che gli ci voleva, quello che cercavano da mesi!… tre! tre paracadutisti sabotatori! c’era niente da stare allegri, la stessa bazza che nel metrò di Berlino… è so­lo grazie a Picpus che eravamo usciti non linciati!… li ve­devo mica un Picpus!… una quarta Place Vendòme… piscio­si marmocchi! imberciati aggressivi! sempre di più… dico: inguattiamoci!… un caffè è li, wirtschaft, entriamo!… ci ave­vo proprio bisogno… ah, il tempo di toccare la maniglia i marmocchi ci sono addosso!
— Fallschirmjàger! paracadutisti!
Alè ci risiamo!… i nostri montgomery! lo stesso colpo che a Berlino, proprio il trio di fottuti sabotatori, ricercati da tut­te le polizie!… a proposito a Berlino senza Picpus ci andava­mo a finire! sotto il metrò! dove che poteva essere adesso, (pp.266-267)
ma cri­sto d’un dio come ci agganciavano!… e come ci costringeva­no ad andare avanti!… in dieci!… in venti! ragazzi, ragazze, a pestarci… verso dove? che ci avevo un bel berciare che era­vamo di Zornhof!… casa von Leiden! dove volevano por­tarci?… al Commissariato? Laggiù, l’altra gran place, un ss! smarrono mica! Kracht! «ohè! ohè!» che ci veda!… urliamo tutti e tre!… arriva! ec­colo!… si sganassa a vederci quasi asfissiati, che tiriamo gli ultimi sotto gli Hitlerjugend… lui è in divisa ss, stivali, tut­to! ah, fa presto!… weg!… basta!… sgaggiano, si squaglia­no!… più nessuno!… rabberciamo i nostri montgomery… butto li di andare al caffè… li, a due passi… ma con lui… oh, senza no!… lui dice si… ci accomodiamo e si ordina tre caffè «ersatz»!… ne approfitto per chiedergli cosa sono ste donne delle immondizie che ci hanno rifilato di tutto!… sono le prostitute di Berlino in cura a Moorsburg, quelle troppo con­tagiose, che non volevano curarsi laggiù… qui beninteso, so­ (p.267)

I tre riprendo velocemente la via di quella che è ormai diventua la loro nuova casa. Ad Inge portano solo i prodotti di bellezza e non le droghe che ad Hase non hanno neanche chiesto…

Credo proprio che andavamo di buon passo… i ritorni so­no sempre più facili… ma non portavo niente per Inge… fuo­ri della sua polvere, il rossetto per labbra e i «Kamelia»… avrebbe capito… pensavo a lei vedendo il quadrante… la chiesa… già a casa!… le capanne… tutto ci diventa presto « casa »… il posto più ributtante… ci si abitua, ci si affeziona, una dolcezza… persino la reclusione, quando ti cambiano di cella, ti ci eri abituato… la crudeltà di metterti da un’altra parte… un’altra fossa… (p.269)

Ritornati a Zornhof, mentre sono intenti a consumare il cibo ricevuto gratis a Moorsburg, Kracht giunge a chiamare Ferdinand per constatare le cause della morte di Iago, stramazzato durante la solita ronda. Si deve evitare il rischio di epidemie, ma è evidente che il cane sia morto per gli stenti e per gli sforzi cui era sottoposto…

dunque ci si mette all’orgia, pane nero, salame… il pane nero è tutto mollica…
proprio in quel momento: toc! toc!… qualcuno!… Kracht!… ancora lui!…
– Viene a vedere che cosa mangiamo Kracht?
– No!… no! caro amico! mi permetto di incomodarla… mi scusi tanto, signora!… una parola sola!… un caso urgente…
– Una carognata?
– No… no dottore! un fatto triste…
– Forza con la tristezza…
– Iago è morto!
– Giù dabbasso?
– No!… per la strada col Rittmeister…
– Non l ’hanno avvelenato?
– No!… non credo, vedrà, non ha vomitato… vedrà, cre­do che è il cuore… lei sa come ce la metteva…(p.270)

– Non abbiamo più veterinario… il villaggio vuole che ci vada lei… hanno tutti paura per il loro bestiame… che Iago sia morto di un male contagioso!… hanno paura soprattutto
per sé… temono!…
-In te s i Kracht! ai suoi ordini! intesi perfettamente!… solo due minuti!… lei permette! le nostre ghiottonerie!… in­teramente senza bollini! […]

posso concludere: il cuore… il cuore ha ceduto, l’età e lo sforzo… niente di contagioso!… nessun pericolo! (p.271)

Seppellito il cane ecco comparire il vecchio Rittmeister, Hermann Von Leiden, in sella alla sua cavalla, Bleuette…
La notte La Vigue viene ritrovato da Ferdinand in stato di delirio, tanto da scambiarlo per un topo. L’attore è scosso per via dell’attacco subito dai giganteschi roditori che gli hanno morso un dito e rosicchiato pane, coperte e lenzuola…
Lo porta allora su in camera da loro dove continua a lamentarsi fino a che, esausto, si addormenta…

Devo dire ero preoccupato… più che altro per via di La Vigue… strambo era… sempre strambo… ma li al rientro da sta passeggiata m’era sembrato ancora più barocco che all’andata… io dormivo mai molto, per eclissi… appena si fece un po’ di luce nella feritoia, senza tanto né quanto!…
– Senti Lili, scendo giù a vedere La Vigue!
– Cos’è che credi?
– Che è malato!
Niente complicato smuovo la paglia e sono in piedi… ci si veste più ormai, si è sempre pronti… infilo la scala… li il can­tone dov’era Iago, più che la sua catena e il suo grosso col­lare… il corridoio di mattoni… vado… in fondo la porta di Le Vigan, la sua cella… busso nemmeno, entro… ah, ci sia­mo!…
– Te!… te!… un topo!… un topo!…
– Tu scazzi La Vigue!… sono mica un topo, sono io! ti dico di sederti!… mi dài sui nervi! (p.274)

L’indomani Ferdinand manda Lili su dalla vecchia, alle otto del mattino, a sentire se ci siano delle nuove sulla guerra. Ma la moglie tarda e ben presto grida e schiamazzi invadono l’aria: il vecchio Herman, in sella a Bleuette, ha deciso di andare ad affrontare i russi avanzando verso Berlino. Ferdinand e La Vigue scendono per salutarlo e vederlo sparire all’orizzonte, unici a non ridere del suo gesto…

appena giorno dico a Lili…
– Vai su di sopra?
Lei proprio non capiva…
– A trovar Maria Teresa?
– Non prima delle dieci, andiamo!
– Più presto!… subito!
– Ho paura di disturbarla…
– No!… no!… vacci!… te lo chiedo!
Da lei potevamo sapere un po’ se i russi erano a Berlino… lei era informata, non so come… ma quasi sicuro… finalmente Lili va di sopra… dovevano essere le otto… aveva la scusa della danza… però le otto, era presto… (p.277)

Era almeno un’ora buona che l ’aspettavamo… e che i mar­ mocchi caracollavano, si fermavano mai, a piedi nudi, giù a più non posso! più le nacchere… e grida ho detto, tutti i babelini!… da giù a su! Ah, finalmente qualcuno!… il balcone sopra, anzi la passerella verso l ’altra torre… avremmo anche potuto andarci… mi dico, Lili, sarà poi lei?… si, era lei… allora?… ebbene va­leva proprio la pena!… tutta sta sarabanda di marmocchi erano i ragazzi della roulotte e le piccole polacche al frustino che preparavano la partenza del vecchio… si, partiva!… un lampo, s’era deciso!… siccome aveva più Iago, aveva ripre­so il suo cavallo da guerra, e via che andava al combattimen­to!… addosso ai russi!… alla battaglia per Berlino!…(p.278)

– Sì invece! sì!… sarò solo!… dato che Hindenburg se n’è andato! io solo contro tutti! […]

mezzosangue!… ecco il Rittmeister, tutto equipaggiato, spe­roni, spalline, alamari, croce di ferro… ed elmo!… si palpeg­gia se ha tutto… sì, gli manca niente!…(p.279)
l’intronato che ci trovano! alla fine non siamo più che noi tre a guardare la pianura, Lili, La Vigue, io… e il Bébert nel suo sacco… il vecchio ha ripreso il trotto verso il Sud… spicca netto sull’orizzonte… non tanto lui, ma la sua giumenta Bleuette, tutta bianca, sulle nuvole, vi ho detto, direzione Berli­no, nere e gialle, zolfo… non ce ne andiamo… aspettiamo… (p.280)

Ma incredibilmente a tavola, più tardi, nessuno fa cenno a quella improvvisa partenza…

 e la Thor von Thorfels a proposito? così chiacchierona!… non vista neppure!… nessuno! nessuno ci domanda… questo… quello… se il vecchio è veramente parti­to?… non una parola!… né al mahlzeit, la sera… né più tar­di… niente…(p.281)

L’indomani La Vigue affronta Ferdinand dicendogli di andare da Inge, con cui a suo parere se la intende, a chiderle notizie dello scomparso Harras. Ferdinand gli dice di andare insieme, ma la serva russa non gli apre asserendo che son tutti malati…
I due francesi gli fanno cenno e, raggiunti, gli lasciano una mauser ciascuno che gli chiedono di conservare nell’armadio di Harras. E così durante il pranzo Ferdinand non pensa ad altro che ad un posto sicuro dove nascondere le pistole. Ridono tutti di loro perché l’indomani è prevista una perquisizione…

Ci resta altro che tornarcene a casa… oh, ma Léonard e Joseph hanno visto tutto dal fondo della loro stalla… e se ne fottono di noi!… ci fanno segno che hanno qualcosa… loro!… che cosa?… costeggiamo lo stagno… il liquame… ec­coci da loro… ci hanno chiamati… allora?… attacco…
– Che c’è?…[…]

– Di che si tratta?
Molto semplicemente di due Mauser che non possono te­nere! … una piccolezza!… vanno a strafugliare nella paglia del fondo della stalla… ecco gli aggeggi… ce li mostrano… due belle grosse pistol…
– Per metterle dove?
Domando…
– Si è pensato al vostro armadio… non sarà perquisito…
– Il nostro armadio?
– Quello di Harras, no!
Vedo che non ci sono segreti…
Se gli rifiuto, so mica che c’è poi di tanto loffio, ma c’è, per come li vedo buzzurri complottatoti, mi domando che cosa vanno ancora a inventare!… bisogna aver l ’aria di esse­re del parere…
– Sì… sì… avete ragione!
Siccome si tratta di imbucare il balocco… penso… asso­lutamente no nell’armadio di H arras!… in qualsiasi altro posto!… già che tutti sanno che raspo nel tabacco, basta questo!… le regalie che faccio, che se resta ancora lontano per molto, chissà dove, non ritroverà più niente H arras!… certo che le schiafferò in qualsiasi fossa ma non nell’armadio! Durante il mahlzeit pensavo altro che a ste cagate di pi­stol… pensavo altro che a questo… h eil!… h eil!… mi sforzo[…]lei commenta, commentano un ordine del Landrat, di ieri… «Tutte le armi, pistole, fucili, granate, devono essere conse­gnate al Tanzhalle»… un camion della Kommandantur ver­rà a cercarle… all’alba… anche i fucili da caccia!… nessuna eccezione… chiunque contravvenga sarà sottoposto a «sorveglianza»… non vedo il lato comico… ah sì! ma sì!… (p.284)

Con la scusa di un malessere i tre lasciano la stanza. Ma dove andare a buttarle?…

strangozzi o no!… guai andare a ripor­tarle su in casa ste Mauser-gingille! questo che ci avevano raccomandato: nei nostri pagliericci o nell’armadio! buona­sera! tutto fiele, sti puzzoni!… se era questo che avevano deciso, intrigato, una «irruzione» da noi! prima!… e poi dopo, giù dabbasso, dal vecchio!… sequestro! ma polleggio mica io, faccio finta, sto all’erta, agisco!… mi alzo da tavola…
– Sto male La Vigue, bisogna che esca!… Lili tu, vieni!
Prima che se ne accorgano siamo fuori… il portico, il par­co… il primo viale a sinistra…
– Allora?… allora?…
– Allora?… le canterine!
Ste qui si può dire che le abbiamo, e che pesano! Lili aveva l’idea che si ridavano a Léonard… astuzia fina!… rifiutereb­bero, sicuro!… direbbero che non erano le loro, che inventa­vamo, che li volevamo provocare… certo avevano previsto, ci farebbero beccare ed è tutto! per nessun’altra ragione che ci avevano rifilati i loro cagafuoco!… furbi buzzurri finti, ipo­criti, da non credere! allora?… la fossa di liquame?… (p.285)

Prova a buttarle in alcune pozze, ma le anatre furiose lo costringono alla ritirata…

pote­vamo fare il giro delle pozze, cercarne una, renderci conto, neanche complicato, davanti ad ogni capanna! una!… due!… tre!… tutte quasi prosciugate… le oche se ne sono andate… lì una alla fine piena di fango quasi… le oche vengon fuori tutte!… e couac! couac! cento becchi all’assalto! e ali furio­se!… ci caricano!… subito le casalinghe vengono a vedere… la sommossa delle oche!… ah ricomincia!… (p.286)

Passando al Tanzhalle sono invitati dal sergente monco, ora lì ospite, che delira scagliandosi contro tutto e tutti. Ma meglio telare in fretta onde evitare ulteriori grane…

Sto monco piantava zizzania, certo, ma ci faceva proprio sganassare, e non scazzava affatto!… […]

e a cuccia! nel nostro stato vedevo solo una cosa, che ascol­tare sto sergente cosi focoso poteva costarci molto caro! già ben individuati « sozzi figuri » farci spedire « al silenzio »… anti-von Leiden, anti-castello, anti-Kràntzlin, anti-Reich… già i bolscevichi insomma! penso: squagliamoci!… La Vigue una gamella io l ’altra… due pacchetti di Lucky a sti prodi!… cordiali saluti!…(p.289)

Su consiglio di Lili decidono di rientrare occultando le pistole all’alba. Mentre riflette, Ferdinand è più tardi raggiunto da Kracht che si fa dare le due pistole. I due francesi li hanno infatti denunciati come sabotatori e possessori di armi…

la fastidiosa giostra… però Hjalmar, pen­savo a lui, i suoi richiami di corno… dove poteva essere co­stui?… e il pastore poi? quante domande da porsi… un’ora buona che mi chiedevo… non dormivo… sento un rumore nella scala… sì!… un passo… qualcuno alla nostra porta… e toc! toc! manco per sogno immaginario… hanno bussato!… a quest’ora qui?… mi scuoto dalla paglia, mi alzo, vado… apro… tre gradini più sotto, una voce!… è Kracht!… mi bi­sbiglia, non vuole parlarmi nella nostra stanza… chiede che scenda giù con lui fino al portico… bene… pari pari!… lo se­guo… mi porta neanche lontano, mi dice subito di che si trat­ta… me lo dice in tedesco molto semplice… lo capisco… oh sospettavo! che Léonard e Joseph ci hanno denunciati la mat­tina stessa, come « sabotatori e detentori di armi »… sì! sì!… che il Landrat ha dato ordine di perquisire la nostra torre, e i nostri vestiti e i pagliericci, e di sequestrare tutto… Kracht
mi bisbiglia ste buone notizie… facciamo teatro! proprio da ridere!… con sfondo di bagliori d’incendio, fino alle nuvole, Berlino che brucia… sottofondo gran sonoro!… boum! brang! piccole bombe e le grosse! non hanno questo a « PAmbigu » né in nessun cinema… allora? allora?… al sodo!… il segui­to!… a sto punto, mi sbalordisce… che gli dia le due Mauser, la mia e quella di La Vigue… che non vada a gettarle via!…
che le terrebbe per sé!… niente al Landrat!… nichts! nichts! niente!… avevo capito?… perfettamente!… benissimo! era un po’ forte ma bene!… bene!… perché voleva le Mauser} … (pp.290-291)

Passano i giorni e anche della von Thorfels si son perse le tracce. O meglio, Ferdinand viene a sapere al Tanzhalle che alla donna è proibito di vederli…

tutto d’un colpo! vlof! … volata via!… più con­ tessa!… mica detto: arrivederci!… Lili l’aveva intravista, le sembrava, verso i pioppi… loro dovevano sapere, sti due mi­
scredenti… il bibel-cambusa e soprattutto l ’altro… riurlo la mia domanda… oh, certo!… certo!… non avevano potuto sentirmi! il Diesel!… Diesel!… proum!
– Ma si!… ma si!… che lei è qui!… proum!… ma deve più parlarvi!… proibito!., la gente come lei che vengono dall’Est devono più parlare a nessuno!
– Allora?… allora?…
– Le tocca restare alla fattoria!… sbafare, bere, ronfare, è tutto!… vietate le relazioni! (p.294)

Da chi quell’ordine? Probabilmente Leonard e Joseph lo sanno…

Si poteva più parlare alla contessa, bene!… certo!… ma da dove veniva sto divieto?… sarebbe divertente sapere… ordine di chi?… Berlino?… Moorsburg?… il Landrat?… forse Tinge?… la rabbia che non avevo riportato niente?… Wohlmuth l ’Apotheke m’era sembrato proprio che si aspet­tava che gli chiedevo questo… quello… ma forse un’altra
ragione?… che andava sempre più male da quando che lui non aveva più fucile? Léonard, Joseph, dovevano essere al corrente… loro, dal porcile, sapevano tutto, ciò che an­dava, ciò che non andava, dai domestici… (p.295)

I due infidi gli riveleranno importanti informazioni in cambio di scatolame, tabacco e alcolici…

– Portate la raccagna, saprete!… la cosa importante da dir­vi, che non restiate li!
Che bidone ancora!
– Tornate domani!… con quel che s’è detto!…
– Di che?
– Di tutto !… troverete !… nel fondo a sinistra !… il doppio fondo!… spingete forte! (p.296)

Mentre La Vigue se la dorme delirando nel sonno, l’insonne Ferdinand pensa al futuro e a come poter eventualmente raggiungere Rostock…

la felicità, l’infelicità degli uomini, è dor­mire, più, meno… lui li, gli occhi spalancati, dormiva… stro­piccio ancora un fiammifero… batte neppure ciglio… se ne sbatte… «dici davvero!… dici davvero!…» tutto quello che borbotta… per me credo proprio che è davvero finita… squa­gliarsi?… ma per dove?… verso dove?… vi ho parlato della Danimarca, lassù… non a due passi! manco vicino la Dani­marca! quante pezze? e imbarcarsi dove? Warnemunde?… Rostock?… in tempo di pace… ma adesso? vado no a chie­dere gli orari!… Rostock… Rostock di allora?… non una pa­rola naturalmente a La Vigue… né a Lili… vedranno bene… (p.298)

Da Lili si farà portare delle carte geografiche, mente al sergente monco chiederà notizie sui treni… Lo storpio gli conferma la partenza di tre treni a settimana per Rostock…
Più tardi, a pranzo, ecco fare la sua ricomparsa la Kretzer. Sembra guarita ma, finisce per delirare agitandosi nell’annunciare lo spettacolo degli zingari. Kracht la caccia prima di proclamare alla tavola che lo spettacolo è rinviato e che l’indomani tutti dovranno partecipare alle ricerche del Rittmeister avvistato dalle parti di Tribitz..
.
La spedizione sarà guidata da un vecchio gendarme…
Eppure Ferdinand e gli altri son convinti di averlo visto partire per Berlino il Rittmeister…

non ci chiedevano il nostro parere… partiva­mo con un gendarme… niente da dire!… uscita vigilata… giusto un po’ da riflettere… tutta la notte che si riflette… La pianura fino alle nuvole… se n’è andato verso l ’ovest, dicono… manco per niente!… noi l ’abbiamo visto… sud­ est!… mica verso Tribitz… manco per niente!… sopra la sua Bleuette… si è forse perduto?… nonostante le sue carte e la bussola… che abbia preso Tribitz per Berlino?… andava a respingere i russi, l’aveva giurato, forse erano a Tribitz? i russi?… era un’altra ipotesi… si andava a vedere, col gen­darme… può darsi che ci fanno tutti prigionieri… (p.306)

Sono in circa trecento e dovranno procedere in ordine sparso camminando a fatica sul terreno fangoso…

credono che è per di là Tribitz!… chiedo a Kracht di riguardare ancora la sua carta… è scoraggiante sta carta!… noi lì, addirittura trecento, e in ordine sparso, faccia­mo niente di niente su sta distesa… come punti sperduti… (p.308)

Noi li si era mica l ’ala avanzante, era ritrovare il ciospo… non ce lo vedevo dentro una buca!… era partito dritto da­vanti a sé, direzione Berlino, non verso l ’ovest, a meno di
una giravolta che cazzo ci andava a fare a Tribitz?… voleva respingere i russi, non gli inglesi, né i francesi… i russi, la sua fissazione !… va’ a capire !… anche lui aveva una gran car­ta, e una bussola, poteva orientarsi benissimo… ma i nostri due lì, Kracht e il nostro stratega-gendarme sembravano as­solutamente sicuri che si fosse nascosto a Tribitz… infor­mati da chi?… insomma, si andava avanti… (p.309)

Mentre gli zingari approfittano di una sosta per raccogliere vimini, il gendarme scorge di lontano del fumo. È l’unico a vederlo, ma i sei obiettori mandati in avanscoperta trovano un burrone da cui fuoriesce il suddetto fumo. All’interno sono ammassate una serie di donne che picchiano due di loro. Sono le prostitute di Moorsburg!…

qua strepitano!… e forte!… è pieno di gente in fondo a sta buca… credo che è un burrone… vedremo più da vicino… eccoci!… ci siamo!… mica solo partiti i ginocchi… tutti i cal­zoni, a pezzi… e i gomiti!… facciamo tanto «Pollicino», ab­biamo seminato i nostri stracci nell’argilla, lontano dietro di noi… potranno ritrovarci facile, seguendo le tracce… alla fine ci siamo, guardiamo anche noi… sono molti… è un cre­paccio… quanti sono dentro là in fondo?… che dico quanti! quante!… tutte donne!… attorno a un fuoco di legna… han­no dovuto portare della legna da lontano!… non un focherello, un vero rogo!… hanno messo qualcosa a cuocere, sul fuoco, direttamente… mica da stupirsi che si vedeva niente di lontano, sto crepaccio è molto fondo, con una piccola pozza all’estremità… hanno messo su un accampamento… si fanno la cucina… anzi si stanno arrostendo della carne… e che odore che c’è !… certi brani enormi!… oh, ma le conosco ste rosticciere, credo… anche loro devono conoscerci, dalle nostre balenghe… ci guardano da sotto… subito gli insulti! «traditori! spioni! rotti in culo! ladri!»… (p.311)

Ma le due picchiano sono in realtà due uomini, il Rittmeister e il Revizor! Senza esitare, Kracht, Ferdinand, Lili, La Vigue e il gendarme si gettano nel dirupo…

come sbraitano verso di noi!… proprio dal fango!… dal fon­do!… ste due che pestano ci conoscono!… coi nostri nomi!… hilfe! hilfe! Kracht! Kracht!… oh, credo che ci sono… affer­ro!… capisco!… ste due che menano non sono donne!… uomini sono!… c ’è solo da andar giù!… buttiamoci!… il gen­darme non è d ’accordo!… è troppo profondo!… obietta… deve credere soprattutto che è una trappola!… è un pendio d’argilla molto sdrucciolosa… giù dabbasso le megere e stop… Kracht è armato, può arrischiarsi!… hilfe! hilfe!… so mica quello che fanno alle due vittime!… Kracht si lancia, slitta, ruzzola… noi pure… ci lasciamo andare di venti me­tri buoni… come mucchi di fango… a capitombolo… arrivo prima di tutti gli altri io, giù, coi miei bastoni… Lili subi­ to dopo di me col suo tascapane e Bébert… e poi La Vigue e il feldgendarme… (pp.311-312)

Sono proprio loro, orribilmente tumefatti dalle botte prese per giorni… Le prostitute ne approfittano intanto per fuggire…
Trasporteranno i feriti che saranno sistemati nel salone e sottoposti alle cure di Ferdinand…

ste forme che bastonavano!… manco vedo le facce… vado a tasto… ah, ne riconosco uno!… tutti lo riconoscono… vengono tutti a vedere!… è il Ritt­meister, il nostro Rittmeister! lui in persona!… come è finito qui?… non di qua che se ne andava! l’avevano visto sulla sua Bleuette! direzione Berlino… sud… non ovest! e che era lui!… senza errore! può più muoversi ma è lui!… l’altro nep­ pure può più muoversi… gli giriamo la testa… per guardar­lo!… nessuno lo conosce… è un uomo… tutto brizzolato… gli togliamo certi strati di fango… ha avuto la biava anche lui!… giusto in tempo si è arrivati!… è tutto piaghe e credo fratture… bozzi, bernoccoli… si mette a bafugliare un po’… può mica articolare gli viene fuori con la bava un fiotto di sangue, dal naso, la bocca, con gran grugniti… il Rittmeister stranguglia… vuole parlarci… ci fa segno…
– Was? tvas?… svasa!
Tra un vomito e l’altro ci riesce…
– Revizor!… Revizor!
Questo ci voleva dire!… chi era!… afferriamo!… quello che doveva arrivare!… lui!… allora si erano incontrati?… così, in mezzo alla pianura… o a Tribitz? mentre che ci chie­devamo questo… quello… le donne si squagliavano!… sca­lavano l ’altro versante di fronte… chi erano? non le aveva­mo riconosciute… Kracht lui, invece!… sì !… si!… eccome!… le prostitute! quelle che ci avevano trattato da bestia!… quel­le di Moorsburg!… se l ’erano sgavagnata anche loro!… pie­ne le balle di fognature e pattumiere!… basta coi marciapie­di! volevano più obbedire!… avevan pestato un postino, il solo che rimaneva a Moorsburg, gettato tutte le sue lettere nella fogna… volevano più per niente curarsi, andavano più alle punture… ammutinamento totale! (p.312)

capivo che le prosti­tute avevano creduto di essere state denunciate e che fosse­ro stati il conte e il Revizor a far venire il feldgendarme… ancora a mozzichi di parole il comandante racconta che s’era smarrito a cavallo… che invece di puntare sud aveva creduto meglio, con movimenti aggiranti, di sorprendere l’armata russa verso Potsdam… era caduto sulle bagasce che stavano appunto tagliando la corda!… la stessa notte!… piantato tutto, lazzaretto, pattumiere, postino… il loro obiettivo le puttane, era l’ovest, non importa come!… Amburgo, il Bel­gio, il Reno… l’ovest, dove si mangiava, gli avevano detto… non ne sapevano granché, una cosa però, più mondezza!… e più lazzaretto né punture!… vedendoci arrivare s’erano cre­dute richiuse nelle baracche, e la furia allora!… e poi erano in pieno mangiare!… graticole di quei pezzi enormi!… diret­tamente sulla brace!… sto fumo che il carabba aveva visto! che non aveva avuto pace fino a quando non ci siamo an­dati!… adesso voleva sapere tutto, mica feldgendarme per niente!… come s’erano fatti beccare?… tutti e due?… il con­te von Leiden innanzitutto?… lui faceva fatica… anche a biascicare… lo piantiamo a sedere… nemmeno seduto sta bene… ha freddo, batte i denti, l’altro pure… meno però… allora?… l’inchiesta! li avevano picchiati forte, a colpi di manici di piccone… e di manici di pale, e di marmitte…(p.313)

Ci ho pensato… comodo arrivare per ultimo… il senso del­ l’opportunità… la riflessione…
– Tutti e due dabbasso, nel salone!
– Insieme?
Duri a capire… gli spiego, il salone grande, quello del­l’armadio, staranno bene!… non saranno soli, noi ci coriche­remo nelle poltrone, Lili, io, La Vigue… ci avrò tutto l’occorrente a portata… ovatta, fiale, garza… le fratture, vedrò…(p.317)

Il gendarme se ne va di fretta per sbrigare altre pratiche altrove. Con i malati restano dunque Ferdinand, Lili e La Vigue…
L’indomani Ferdinand si reca da Leonard e Joseph, che sa possessori di un fornelletto, per scaldare una siringa. I due accettano in cambio della promessa di cospicuo quantitativo di alcol e tabacco. Harras sarà presto di ritorno… Fatte le iniezioni, Ferdinand e La Vigue portano due sacchi pieni di roba ai due spioni che, in cambio della promessa di ulteriori beni, gli consigliano di farsi vedere allo spettacolo degli zingari e di non lasciare mai Kracht…

– Tu Lili, sali dall’ereditiera, va’ nella sua biblioteca… tira giù il geografico!… uno grande, con carte!… la carta della Danimarca soprattutto! spicciati! Lili è mai lunga in niente… l ’unico punto, mi chiederà che cosa cerco in Danimarca… le dirò di non fiatare, starà zitta…
La Vigue torna su con due sacchi, due belli grossi… ha fatto bene!… gli voglio sbrufar da bere con un colpo solo le no­stre due porche gattemorte, da farli restar li ciucchi duri:
pof!… che risputino tutto, come i vecchi!… ho la sensazio­ne che sappiano qualcosa… e al momento può darsi che una piccola finezza… vedremo! sti due «più che loschi» sapevano meglio di me che cosa c’era in fondo… avevo mai veramente strafugliato, giusto preso i pacchetti di Lucky, giorno per giorno… e poi non per noi!… oh, avevo prelevato in tutto cinque… sei stecche…
– La Vigue!… tira su! (p.323)

Un sacco pieno per uno… piglio solo un bastone… andan­ do piano, gliela faremo… conosciamo bene il parco… anche al buio… a tentoni… la pista nelle foglie, il sentiero… (p.324)

– State a sentire, voi due!… voi tre!… non lasciate la vostra donna al castello… domani sera la gente della roulotte dànno una commedia per il Landrat e i von Leiden…
– Credevo che era rientrata…
– Balle!… ci sarà tutto il villaggio!… anche Kracht!… con­trordine di Berlino!… ci saranno tutti!…
– Berlino?
– Si! … sì!… lasciate mai Kracht!… si farà dai bibelfor­scher, alla loro segheria… sapete!… al Tanzhalle… che vi ve­dano lì tutti e tre… proprio tutti e tre! e non andate via pri­ma della fine!… non prima della fine!… ecco quello che ave­vamo da dirvi!
– Credevo che era rinviato!…
– No! un fatto, è domani sera!… lasciate mai Kracht… e adesso su, tornatevene a casa!… non avrete il tempo di tornare… vi hanno visti dalla roulotte, sicuro!… vedono tut­to!… tornate più!… domani passando, ci andate sempre al­ le gamelle, cacciatevi nei bighi una scatola… (pp.325-326)

Stranamente nessuno chiede se i due malati stiano meglio, tutti a far finta di nulla e a parlar d’altro…

Mi credevo che si mettevano a parlare della nostra spedi­zione, ecc… che avevamo ritrovato il vecchio… e il Revizor… che farebbero tante di quelle code da costringermi a farli star zitti… bah!… non una parola!… né a tavola, al mahlzeit, né alla segheria, né il sergente monco, né nessuno dei bibelforscher… mosca!… manco la Kretzer nella sua stanza… co­me se non fosse successo niente… perfino la Kretzer, la bar­dassa, una furia nei pettegolezzi… niente!… beninteso che lo fanno apposta, nessuna allusione… mi domanda nessuno se stavano meglio i due, come era trascorsa la notte!… per­sino l’ereditiera nella sua torre, pure abbastanza affettuosa, che pareva tenerci a suo fratello, aveva dato delle coperte, ma non era scesa giù a vederlo… no!… il Revizor, nessuno aveva chiesto niente, se c’era speranza che si rimetteva!… (p.327)

Ferdinand e La Vigue fanno un salto al Tanzhalle per verificare se quanto riferitogli da Leonard e Joseph sia vero. Lo è, tutto è pronto per lo spettacolo degli zingari. Come promesso vanno a buttare altri sigari nel posto convenuto con i due spioni…
Al pranzo tutto tace…

aspettavo la Frau Kretzer, proprio rimessa dalla sua crisi, scesa giù per il mahlzeit, sta qui almeno, campionessa in polpettini, che cosa poteva andare a scazzare?… spingo… provoco addirit­tura…
– Stanno meglio!… i due!
Nemmeno lei! manco mi sente! è lei che mi fa una doman­da… niente che vedere coi miei due vecchioni..,
– Ci sarà anche lei, dottore?
– Dove?
– Ma alla serata gitana!
– Oh, lo credo bene!… io e mia moglie e il mio amico! e il mio gatto!
C’è puzzo d’intrigo… voglio tagliar corto, che siano chia­riti… lei per prima, sta cecca furiosa… e che se lo mettano bene in testa!… che ci saremo tutti al Tanzhalle!… resterà nessuno al castello!… tutti dai zingari!… tutti e tre!… ag­giungo! (p.330)

Il Revizor sembra stia meglio…
Ferdinand si mette intanto a copiare la mappa del Brandeburgo e della Danimarca…

Al risveglio La Vigue gli dice agitato se abbia assistito al raid di Leonard, Joseph e di Nicolas giunti a saccheggiare l’armadio. Lui si è opposto, rimediando una botta di cui porta i segni in fronte. Ferdinand non vuol credergli, ma qualcuno ha realmente prelevato beni dalla dispensa…

– Di’ un po’ Ferdine, guarda la mia fronte!
Mi chiede la Vigue… devono essere le cinque… non si può dire che abbiamo dormito… loro, forse?… ho dovuto smor­zare la candela verso le due… le tre… ho avuto il tempo di ricopiare le carte… che ha sulla fronte?… riaccendo… la ve­do la sua fronte… niente!… forse un po’ rosso verso una tem­pia… una ditata…
– Dove te lo sei fatto?
– Mica io!… delle persone!
– Che persone? le avrei viste! è venuto nessuno!…
– Le ho viste io!… te vedi niente!
La sua mania che lo prende, le apparizioni…
– Sei Bernadette, figlio!
– No Bernadette ma ho visto!
So mai se è una balla o se davvero ci crede… la sua ma­nia di bluffare… o se è vittima?… in ogni modo convenivano contraddirlo… sfasciava tutto… fingo che mi strabilio… faccio: ah?… ah?… mi racconta, mentre che dormivamo Léonard e l’altro sono entrati qui nel salone, e il gigante russo, Nicolas… hanno rovistato tutto, i comò, l’armadio e hanno rubato un mucchio di bottiglie… e si sono squa­gliati… ma lui s’è messo di mezzo!… ma sì! c’è stata gran lotta, ne posso vedere i segni rossi sulla sua fronte…
– Sì, sì La Vigue! li vedo!
Lo guardo bene, è malato… voglio dire molto agitato…
– Di’ Ferdine, io sono nel sogno!… disturbami mica!…
ci sarai anche tu, come me!… anche Lili! pure Bébert!… tut­ti e quattro nel sogno!… non è bello?
– Ma sì!… ma sì!… splendido! vado a vedere l’armadio!
Sì!… in effetti… vedo… ci han strafugliato dentro… ma chi?… non credo Léonard né Joseph… altri visitatori… ma quali?… Léonard Joseph s’arrischierebbero mai… (p.334)

Con La Vigue raggiunge quindi la stalla dove, in effetti, dei due balordi non v’è più traccia…
Durante il pranzo Ferdinand chiede a Kracht di accompagnarlo, durante l’intervallo, in visita ai due malati…

– Kracht, caro amico… lei ci va alla serata!… ci saranno tutti!… anche noi!… vorrei chiederle però…
– Prego, caro dottore…
– All’intervallo!… ci sarà intervallo… le chiederò di fare un salto fin qui per vedere i nostri malati… non voglio la­ sciarli soli per molto… capisce?
– Ma certo, caro dottore!…
Questo vuol dire parlar chiaro!… nessuno fiata… ingo­iati come sono nei loro sandwich… si fanno un’abbuffata… ottimo!… Kracht guarda l ’orologio… quasi le otto… è già parecchio che ci prepariamo!… ha preso le sue torce elet­triche… le sue «torch», una molto massiccia… ha diritto alle «torch» lui, ss… allora, avanti!… il Landrat deve ve­nire, a presenziare… forse c’è già… la «Forza dalla Gioia» non è un semplice divertimento, è una serata «per la Vitto­ria» sotto l’alto patronato di Goebbels… vedremo bene!… (p.338)

Con Kracht che non vuol accendere la torcia, il gruppo arriva quasi in ritardo… Poco prima dell’intervallo Ferdinand si fa dunque accompagnare ma, strada facendo, strani individui con facce infarinate comunicano qualcosa di importante all’SS… Questi spara in aria facendo accorrere altra gente che disperde facendo ancora fuoco… Raggiunti i malati, Ferdinand si accorge della morte di Herman Von Leiden… Ma ecco un altro di quegli ignoti uomini ad invitare Kracht ad uscir fuori…

il castello è niente lontano… ma proprio là brusco: halt! un po’ dopo la drogheria… e davanti a noi qualcuno!… un testone!… Kracht spiana la torcia… il faccione parla… lui parla, bisbiglia… mai visto sto qualcuno… capisco neanche quel che si dicono… è in tedesco… in dialetto… una faccia cerea, più bianca del bianco, come passata al gesso… e certi labbroni, e certe ciglia un metro… ci sono mica proiettori fuori! sarà l ’effetto a me, che son stato accecato dall’aceti­lene? non ci credo… un pierrot?… dei pierrot? anche Kracht ha l’aria sorpresa… si parlano con sto spettrale… ancora una altra capoccia viene fuori dall’ombra!… e poi un’altra!… una sfilza!… e che gli bisbigliano in dialetto… ho mai visto delle facce così bianche, così incipriate… dei profughi?… da dove?…
– Cos’è che si dicono?
Posso manco rispondere, La Vigue mi domanda, ci ho ca­pito niente… la faccenda deve esser seria…
Manco il tempo di fare: ah!… Kracht spara!… in aria!… pistola!… due colpi!… da dove potevano venire sti uomini infarinati?… l ’ho mai saputo… se ne sono andati senza man­co salutare… mai incontrati in seguito… Kracht adesso an­dava avanti a noi con le sue due torce… si faceva più scru­polo… la fretta che aveva sapevo mica di che!… arrivava gen­te da ogni parte, trafelata… sti qui del villaggio li conoscevo di vista… i due colpi in aria li facevano accorrere… «Kracht! Kracht!…» lo chiamavano dal fondo del buio… dovevano ve­nire anche dallo spettacolo… doveva essersi interrotto lag­giù, di colpo… vedevo gente dell’assistenza, attorno a noi, ristagnare lì, farfugliare… «che è che non è?»… i colpi di rivoltella di Kracht… non se ne sapeva niente di più però!… si andava a vedere!… a far delle seghe!… il boschetto come prima cosa!… il parco… il castello lì!… la gente vuole venir­ ci dietro, naturale! entrare con noi… Kracht li scaccia via… ha fatto presto!… un colpo in aria! ancora! pang!… se la batto­no tutti… deciso adesso il Kracht… il busso e le torce!… lui io Lucette La Vigue andiamo subito dai feriti… è il momento !…prima il Revizor… va meglio… guten abend! buonasera!… il polso è debole, in ogni caso… l ’osculto… respira bene… e niente febbre… non hanno avuto freddo?… no!… alla gamba, di sicuro una frattura… che non si muova, si vedrà più tar­di!… l ’altro, il conte ulano, non dice niente… prendo la tor­cia… sulla sua testa, bene, ci siamo… Kracht mi domanda «glauben sie?» lei crede? «oh ja! ja!…» è morto da più di un’ora… ci ho l ’abitudine dei « certificati » io… il Revizor ac­canto a lui casca dalle nuvole, ha sentito niente!… non un la­mento… il conte von Leiden è morto alla svelta… siamo ri­masti fuori due ore circa… non stava bene… però l’avrei mai creduto… così svelto… una sincope? insomma ecco, ci tocca annunciarlo, che non ci rompano i coglioni!… «il Rittmeister conte von Leiden è morto»…. propongo: è morto in combattimento… no! no!… Kracht non vuole!… prima, avvertire Moorsburg!… avvertire come?… ci andrà in bici!… subito? sì!… nella notte?… la strada?… protesto…
– Kracht, veniamo con lei! non vogliamo restar qui, so­li!… intruppati lì com’erano, tutti, donne, mugic, prigionie­ri, aspettavano solo l ’occasione di beccarci senza il nostro ss… eccome che ci facevano la pelle!… se lo svuotavano l’ar­madio!…
– Ja! ja! ja! sicher!
Mi dava ragione… i tedeschi son marci fradici di difetti ma hanno una qualità gli dite ciò che è vero ragionevole, ammettono… i francesi, mai!… lì Kracht era d’accordo che andato via lui ci ritrovavano a strichetti… friggione e salsiccini!… la calata di tutto il villaggio… riflettiamo… al­l’improvviso bussano… «herein! avanti!»… nessuno!… ma sì! una testa!… non farinosa, al gesso, una faccia normale, neanche però del villaggio… conosco le facce…
– Che c’è?
Kracht spiana le sue torce tutte due… lo sconosciuto par­la… ancora dialetto… capisco una parola… due… oh sta fac­cenda si complica!… è questione di un uomo fuori… do­ve?… alla fattoria?… nel cortile?… e anche di un altro!… lì a due passi!… hanno approfittato della nostra assenza, mi sembra!… bisogna che Kracht ci vada!… orca! vacca!… non senza di noi!… potevamo non fidarci di Léonard, il baggiano (pp.342-343)

Nel fondo di un canale è ripescato dagli obiettori il corpo senza vita del Landrat, Von Simmer, colpito prima con un colpo di vanga e soffocato poi con un panno di seta…

scorgiamo… lato pianura profondo sepolto sotto le alghe la gente ci mostrano: degli stivali… chiedo a Kracht: «ja! ja!… ci siamo!» ci siamo capiti… qualcuno in fondo!… sto qualcuno, ho un presentimento… tutto sta a tirarlo fuo­ri dall’acqua… questo probabile che gli avevano detto gli «infarinati»… non avevo capito… all’uscita del Tanzhalle… Kracht ordina: quattro bibelforscher’…. arrivano, loro mangian la foglia in un baleno, vedono gli stivali… scendono giù nell’acqua… si imbrodano… afferrano gli stivali, e tira­no il corpo, lo strappano da sotto le alghe… eccolo! è lui, sopra le alghe, sulla schiena adesso, per quanto è lungo… oh, nessuna sorpresa, lo sospettavo!… il Landrat Simmer… vive più, ha fatto il pieno e mica solo questo!… strangolato che lo hanno, in più!… gli sciolgono la corda dal collo… un cordone bello grosso di seta… dove l ’hanno trovata sta se­ta?… è un enigma, manco un filo di seta a Zornhof, specie in cordoni!… né a Berlino! insomma non c’è dubbio è seta… pri­ma, l’hanno accoppato… ha una ferita… profonda, tutta an­cora sanguinante… in mezzo al cranio… direi un tocco di van­ga… sopra alla tempia destra… l’hanno garrotato, e poi stran­golato… ma il colpo di vanga prima, senza dubbio… faranno l’inchiesta… poi l’hanno schiaffato dentro l’acqua, sotto le alghe… da dove veniva?… usciva di dove?… doveva presen­ziare la serata… aveva pranzato alla fattoria? probabile…  (p.344)

Ma i colpi di scena non son finiti… un altro annegato… immerso nel pozzo nero, sotto il cielo illuminato a giorno dai razzi della RAF… è il cul-in-terra, il terzo morto della serata, scagliato nelle acque luride da Nicolas, lì presente e in preda a conati di vomito…

vedere?… sanno, è tutto… la prova ci portano… dove?… ba­sta mica il Landrat, c’è un altro annegato!… che dicono!…[…]

vedere!… la raf ci viziava, era bene illuminato, una festa!… razzi adesso a centinaia, a tutto cielo!… ho detto!… più ri­schiarato che in pieno giorno!… che cosa ci toccava guardare adesso? ci assillano tutti che ci spicciamo, che approfittiamo che fa cosi chiaro!… tutto il villaggio è là, e i Kretzer, signo­re e signora, e i bibel e i prigionieri… facevo proprio fatica, ma op!… rilevo, non vedo Léonard, né l ’altro… Nicolas il colosso è nel bel mezzo del cortile, in ginocchio, sta vomitan­do… troppo tafiato? bevuto troppo?… s’è scolato pare tutte le bottiglie della cucina… c’era una buona riserva… lo sape­va… bene!… però l ’avevo mai visto sbronzo… una pazzia, perché eravamo alla serata?… può darsi che faceva solo fin­ta?… e il suo cul-in-terra?… dove l’aveva cacciato?… lo por­tava dappertutto… lo lasciava mai!… tutti lo interrogano…
– Nicolas!… Nicolas! di’ dove?
Nicolas rigetta sul serio, vedo… e si fa scuotere!… lo scuotono tutti! che risponda qualcosa!… basta mica vomi­tare!
– Sagt Nikolas!… di’! di’! (p.346)

È una vecchia a raccontare a Kracht di aver visto il gigante russo eliminare lo storpio scaraventandolo nella fossa…

che fine ha fatto il cul-in-terra?… proprio in quel mo­mento, cosi critico, una donnetta tira Kracht per il cinturone, vuole parlargli, a tutti i costi parlargli… si allontanano… laggiù li vedo, lei fa dei gesti, gli indica verso di noi, qualcosa… ah, ci siamo!… la fossa! la fossa di liquame che lei gli mo­stra col dito, là… per questo che voleva parlargli… subito, il mio intuito… lei mi dico, lei sa!… non più tanto diffiicile!… lei, ha veduto il colosso Nicolas scaraventare il cul-in-terra… smarronavo mica!… Kracht fischia due colpi, a rotella!… aveva almeno quattro fischietti… e come trottano!… pieno di bibelforscherl gli dà un ordine… ordini!… credo, che vada­no a cercare il cul-in-terra… all’istante! in fondo al liquame![…]

La gente attorno cercava di farlo parlare… la donna  l’a­veva visto!… lei!… sballottare il cul-in-terra!… faceva ve­dere come… era solo nel cortile, con l’invalido sulle spalle, a cavalcioni, come al solito, costeggiava il liquame, e vloff! te l’aveva scaraventato! lontano!… lei aveva visto… ploof! questo aveva fatto!… andava al Tanzhalle, col suo cul-in-terra… il Landrat doveva raggiungerci… anche… lui era fi­nito nell’altra pozza… veniva anche lui dalla fattoria von Leiden… ma lui nessuno aveva visto il colpo… il cordone… (p.347)

Lo vedevamo adesso il cul-in-terra… nella melma, sì era lui, il figlio von Leiden… ripiegato su se stesso, un grosso tronco, le gambe atrofizzate… manco un dubbio!… ricoperto di liquame, nero e giallo, impiastricciato come dipinto, spal­mato… aveva mica cordone al collo come l’altro, l’avevano no strangolato, lui… fortuna che Kracht fa luce, i bibelfor­scher potevano vedere, rovistare… quattro maciste lo tirano fuori… lo issano fin sul bordo… a me, adesso! le mie fun­zioni!… palpeggio, osculto… (p.348)

I cadaveri sono disposti sull’erba, in attesa dell’inchiesta che si terrà l’indomani…

– Saliamo di sopra!
Ci sta… mi segue… hep! hep!… ci chiamano… è Kracht… ha già ricevuto la risposta!… non da Moorsburg, addirit­tura dalla strada!… hanno incontrato il capitano che sapeva dell’accaduto… si!… tutto!… il capitano comandante di pre­sidio… anzi che ha l’ordine li, scritto… « di non muoversi più, per nessun motivo, di restare tutti nelle nostre stanze, e di non toccare i morti»… (p.349)

Divertente excursus. Visita alla casa editrice Brottin assieme alla segretaria Marie…

Intanto che sei al lavoro la gente si dice: forza è il mo­mento!… zompano ti saccheggiano, sabotano tutto!… loro che non fanno un cazzo d ’altro, mai, che un sacco di melo­nate e menate… sabotarti i tuoi apparecchi, demolirti ven­tanni di fatica, che stupenda occasione, che stupro! matti­na, sera, osservali, sbafare, ruttare, sbevazzare, farsi far le carte, riguardarsi la bottega, mandarsi dei fiori, e op! in macchina! un altro localino! un altro caviale!… ti assenti ri­trovi il tuo cantiere sottosopra, travi, mattoni, balconi, ar­cate, dritto, rovescio, mesci-mesci! l’orrendo tumulo!… so­no passati per il tuo lavoro, litigiosi stravolti, gibboni con la bava ai denti! astiosi!… vai a riconoscerti!… hai più che da rimetterti alla stanga, rifare tutto, con quanta più fatica, frustarti, dacci a sudare!
Lì vedevo dove ero sbucato, quasi alla pagina 2500… al punto dove ci ho tre morti, tre assassinati, devo dire… a chi può interessare sta roba?
In quel momento la signorina Marie viene a trovarmi, la mia segretaria… le chiedo cosa pensa…
– Oh, sa… i suoi libri… dopo il Voyage…
– Il Voyage cosa?
– Lei non può più aspettarsi granché…
– Che non mi aspetterei niente di niente, le giuro, signo­rina, se non mi avessero rubato tutto!… me che vivo di co­sì poco, che invado così poco posto, e non chiedo di vedere
nessuno…
– E allora?
– Andrò a finire sotto altro nome… in un posto dove non ci va nessuno… nelle dune, guardi… da qualche parte…
La signorina Marie non sogna… le ho raccontato le mie disgrazie mille volte!
– Sì ma il suo «conto»?… ha visto?

Ammetto che l’ho visto!… nove milioni di debiti!… una bazzecola! per un uomo che vive di niente!…
— Mi boicottano, signorina Marie!
Sa anche lei… tutti i particolari…
– Sono accusato di tutto!… e da tutti!… da Cousteau il condannato a morte a Petzarev, il Buchenwald d’onore… come vuole che me ne tiri fuori?
— Capisco!
Oh, beninteso sono avvisato… quante volte m’hanno ri­petuto: i suoi libri non si smerciano più!… del resto non solo i suoi libri, tutti i libri! la gente non compra più! han­no le tasse no! la televisione, le vacanze, l’aperitivo, più la macchina, le assicurazioni!… non hanno nemmeno più il tempo!… e poi inoltre, a dire il vero, non hanno mai com­prato libri, se li facevano prestare e se li tenevano… li ru­bavano in casa di amici o sulle bancarelle… uno sport! ma adesso, il golf, lo strip-tease, i blouson! hanno la testa al­trove!
«Me ne fotto! dico… vado a trovare il maiale!»… si può più vedere!… la mia segretaria è informata… dopo il suo guaio all’udito, s’è messo in cassa… protetto!… vive, dorme
nella sua cassaforte… conta i suoi sacchi, e i suoi franchi pe­santi… «lo vedremo»… faccio… «lo vedremo!»…
— Signorina Marie, mi faccia il favore, mi accompagni, sarà testimone!
Chiamo un taxi, ecco! ci siamo!… il luogo è noto… sini­stro… larghe piastre di marmo, nere e bianche… un anfitea­tro enorme… freddo… molto obitorio… aspettiamo… ah, un
canapè… uno solo… a sprofondo, gambe accavallate, il fra­tello del «maiale»… non ci rivolge la parola… penso alla pa­gina che ho appena lasciato, che stava ad aspettarmi, la 2500… sto fratello del «maiale» mi fa cagare, il tempo che perdo!… e i tre baccalà laggiù… sopra le alghe bagnate… at­tacco sta soglia smorta…
– Dove Brottin?
Scuote la testa, non sa…
– E gli altri?
Ah, risponde!
— A lezione!
– Lezione di che?
– Tromba!
Bah ne so quanto prima…

– E il signor Nimier?
– Agli « otto giorni » di Trebisonda…
Basta, vedo che non risponderà più… l’ho sfinito… sbadi­glia verso il busto di suo fratello, in fondo all’altro capo del­l’anfiteatro… e poi risbadiglia e se ne va… è molto affatica­to… restiamo soli con la signorina Marie… dirimpetto al bu­sto… slumo un sofà… un mobile veramente misero, che man­co farebbe cento franchi (leggeri) ai robivecchi… tutte le suemolle, cavatappi fuori…
Dal corridoio arrivano delle voci… ascolto… discutono forte… ci vado… nessuno!… è negli uffici…
– Per chi votate?
Ci sono delle opinioni… due volte… tre volte… dieci vol­te!… «per chi?» e poi tutto d’un colpo una canzone… scan­dita da applausi…
A lè che lo piglierete nel taftà!
Olè! olè!
Uomini, donne…
Se lo piglieranno nel taftà!
Olà! olà!
Ah, una che viene!… congestionata, pomodoro… mi ve­de… mi fa…
– Lei allora?… e lei?… per chi vota?…
Urgenza, si direbbe! ho niente da dire… voto per nessu­no io…
– Oh, ma lei non è Céline?
Le viene l’ispirazione…
– Ma sì! ma sì! in persona!
– Lei viene per la lezione?
Ci devo aver l ’aria «cascato da un razzo! »… irresponsa­bile…
– Lei non sa?… dopo i pediluvi? la riunione dei flagel­lanti?
– N o ! no! le assicuro… venivamo per vedere Achille… chiedergli un po’…
– Ah, che buffo!
Lei si spancia… sono così comico?
– Dopo le sue trombe d ’Eustachio, da tre mesi, Achille sta nella cassa!… non sa?
Alza i tacchi… va a dirlo agli altri… in fondo… e li fa ri­dere, tutti gli altri in fondo… chi sono?… uno adesso spunta fuori, uno in maglione e occhiali… e pipa in bocca…
– Sono Rastignan, mi presento, lei non mi conosce, Cé­line! … Direttore della « Revue compacte »!
– Rallegramenti, caro amico! ma chi è sta gente che sbrai­ta?
– Ma il nostro Comitato, Céline!
– Sbraitano e votano?
– Proprio cosi! l’idea è geniale! la mia idea!
– Non ne dubito! ma chi sono?
– Gente di mondo e fortunati, oziosi integrali!… pedera­sti… alcolizzati, ci vogliono! ci sto attento io!… qualche as­sassino… qualche blouson…
– L a capisco, Rastignan…
– La «nouvelle vague», afferra? Comitato di lettura! tut­ti letteralmente incapaci, ci tengo! sta gente là misurano! sanno «giudicare»… tutta la loro vita!… e parlano inglese… e chirghiso!…
– Si!
Niente da rispondere…
– Lei ha il suo manoscritto Céline? il Comitato è pron­to! lei è pronto?
– Mi ha già rifiutato il Voyage…
– Oh, sa, a quei tempi!… erano tutti di lettere!… uomini di lettere!…
– L’ho «disturbato», Rastignan!
– Oh «disturbato»! ridica! Céline!… ridica! che verbo affascinante!
L’ho commosso…
– Disturbi Rastignan!
Però come berciano! e da in fondo in fondo!… vogliono votare! il «Comitato di lettura»… lo chiamano…
-Pezzo di merda!… bagolone!… zelioso!… sgancia!…
– Li sente?
– Oh si!… oh si! la lasciamo!… vogliono votare!…
– Caro Céline me lo ridica!
– Disturbi disturbi Rastignan!
Bene… la signorina Marie mi fa segno che basta, che pos­siamo andar via…
Certo!… tutto quello che potremmo dire o fare!… la marronata è di tornare in un sito dove la gente si muove cosi… cosà… tutto diverso da te… sai più!… ti guardano strano…rifletto… a poco a poco il tempo s’è ingoiato tante di quelle persone… questo… quello…
– Mia figlia, per esempio, signorina!
– Davvero?
– L’ho mai rivista…
– E poi?
– Non so…
Ci eravamo incagliati al solito posto… dove tutto passa di lì, da una strada l’altra, Square Boucicaut… attorno allo square le auto girano… girano… tre… quattro persone ven­gono dalla strada, entrano… non di più… su quattro, tre preti… la loro casa madre è a due passi, Rue de Babylone… ci ho abitato marmocchio lì proprio di fronte… Rue de Baby­lone… la loro Missione… mi viene ancora in mente ding! ding! il mattutino… adesso vedo, possiamo andare… il Bou­levard Raspail… ma che rumore, veramente mica il posto per ricordarsi preciso di questo… quello… arrivederci!… sta visita mi ha esasperato! frega un cazzo il Brottin! e il suo Comitato e la sua cassa!
– Certo! certo! taxi!
La signorina Marie è d’accordo…
Eccone uno.
– Taxi!… Meudon!… alle mie storie!
– Certo! avanti!
Ecco almeno una persona educata!
– Signorina Marie, mi dica, sta gente delle Edizioni Brot­tin non ci hanno poi insultati?
– O h appena!… appena!…
– Che sega ci ero andato a fare da loro?
– A dirgli buongiorno !
-G iu sto ! giusto! non sono stati molto corretti…
– Oh, ma sì!… oh, ma sì! il loro stile!… erano in pieno lavoro…
– Li abbiamo scomodati?
-Forse?… forse? (pp.351-355)

L’indomani il giudice istruttore giunto sul posto si fa accompagnare da Ferdinand a constatare la morte dei tre soggetti. Poi fa radunare tutti, soli assenti Leonard, Joseph, Hjalmar e il pastore…

vuole tutti attorno alla pozza… in circolo… quelli che non si reggono in piedi, seduti o coricati… ma lì tutti!…(p.359)

Le bare son pronte, ma ecco un nuovo delirio di La Vigue intento a professarsi autore degli omicidi…

– Leute! leute!… ich bin der morder!… ich! ich!
Si batte il petto! si accusa!…
– Io! io! l’assassino!
– Sta’ zitto smorza! stronzo! te eri con noi!
Tutti l ’avevano visto con noi! per fortuna! e tra Kracht e Inge!… ma buttava male lo stesso!… il barba vuole sapere…
provo a spiegargli… Kracht gli spiega…
– N ichts!… nichts… schauspieler! nervósi attore! isterico!
– È attore?… (p.360)

Dal salone sono fatti sloggiare per lasciar posto allo stesso giudice e ai quattro soldati di scorta. Più tardi, con la scusa di prestargli le cure, Ferdinand ottiene dal Revizor informazioni sul giudice… un ex parrucchiere…

però: hep! hep!… Kracht mi ferma… per noi: un ordine!… dobbiamo immediatamente sgomberare!… il giudice istrut­tore occupa il salone… lui e i suoi quattro soldati Wehrmacht… devo solo passare mattina, sera, per le cure al Revi­zor… e portargli la sua gavetta… è tutto!… e restare lassù nel nostro torrione… aspettare!… si stava niente male nel salo­ne… Maria Teresa, la gentile, lei, ci aveva smerdati, con gra­zia, di questo che s’erano parlati col barbetta, porco Giuda!… un minuto, che rifletta… dico a Lili e a La Vigue:
– Voi, andate a vedere lassù! sistemate un po’ !… io vi rag­giungo!… vado a fare una puntura!… prima!
Un’idea… il Revizor deve sapere chi è sto barbetta, giu­dice istruttore… busso al salone, entro, c’è nessuno… tranne il Revizor sul fianco, sopra la barella… non s’è mosso… il Revizor che mi parla… mi vede… mi domanda…
– Untersuchung? … l’istruttoria?
– Ja! ja! (p.361)
– Chi è?
– L’ho conosciuto parrucchiere… parrucchiere per signo­ra… Gegmerstrasse… prima di Hitler… ha fatto un po’ di piazza! lei sa? politik! (p.362)

L’indomani un corposo corteo funebre accompagna le bare dei tre morti alla sepoltura… Arrivano perfino Hjalmar e il pastore, scomparsi da due mesi!!!

e altri ancora che non conosco… si sarà la folla al cimitero!… oltrepassiamo la chiesa… in quel momento sento un tamburo, da dietro un cespuglio… tutti si voltano… dei mesi che non si sentiva più… Hjalmar tornato?… e poi un canto, un canti­co… insomma una specie… sarebbe tornato anche il pasto­re?… inevitabile che la gente vada a vedere… da non cre­derci, ma si! Hjalmar e il pastore Rieder… proprio loro!…
uno al tamburo, l’altro a cantare… dove si sono ficcati tutto sto tempo?… la gente glielo chiede, anche Kracht… (p.364)

L’indomani escono per andare a recuperare cibo alla cucina degli obiettori, dai quali si fanno anche fabbricare una rudimentale stecca per la frattura alla gamba del Revizor. Ma l’uomo sente troppo dolore e così la steccatura è rinviata…

***

e Bébert?… credo di sentirlo… manda dei so­spiri… era più giovanissimo ormai… è campato ancora sette anni, Bébert, l ’ho riportato qui, a Meudon… è morto qui, dopo tante di quelle disgrazie, cellulari, bivacchi, ceneri, tut­ta l’Europa… è morto in forma e slanciato, impeccabile, sal­tava ancora per la finestra la stessa mattina… facciamo ride­
re noi, tutti noi, vegliardi nati!… decido… «lasciamolo!… saliamo in casa!…» nel nostro bussolotto di torre!… domani vedremo!… domani… l ’alba…(p.372)

***

Insonne come sempre, alle due di notte Ferdinand sente Bébert soffiare contro qualcuno presente sulle scale. Poco dopo un trambusto al piano di sopra scuote tutto il palazzo. Sono Inge e la Kretzer, insultate e malmenate dalle impiegate del terzo piano che le hanno sorprese a cospargere alcol per appiccare il fuoco all’edificio…

Il domani fu lungo a venire… non che sono il tipo nervoso, per niente… macché!… qualcosa però, mi è rimasto!… appun­to, le due del mattino… avevo chiesto a Kracht di prestarmi una « torch »… sbircio l ’orologio… Bébert soffia… lui che sof­fia mai… sì!… c’è qualcuno fuori!… nella scala… un impiegato della Dienstelle}… non escono la notte… restano nelle loro stanze, anche in caso d’allarme… forse lo sdondolo dei muri?… no!… è un gradino che cricchia… scricchiola!… altri lievi cricrac… sicuro, dai gradini!… Bébert soffia ancora… faccio per andare… non voglio svegliarmi La Vigue… un grido!… due gridi!… altro che gridi, sbraitano!… pieno la scala… e certe castagne!… vlac!… ciac!… che scazzotteria… sopra di noi! al piano delle segretarie… oh, ma butta male!… intasato di donne… e voci di uomini!… Lili, La Vigue esco­no dalla paglia… mi chiedono che succede… ne so niente io… si picchiano e urlano, è tutto… apro l’introibo… capi­sco!… è tutto il personale furibondo, in un corpo a corpo… il loro pianerottolo sporge sul vuoto… specie di balconata… è mica tra di loro è contro due donne… salgo, vedo tutto con la mia «torch»… vedo le due donne che le accoppano cri­sto dio! pestano! mordono!… e che chiamano «aiuto! hilfe! aiuto!» sono l ’Inge e la Kretzer! che menate potevano fare là sopra?… stavano per sbatterle dalla ringhiera!… nel vuoto!… che cosa stavano combinando?… ah, ce lo grida­ no!… stavano per appiccare il fuoco!… molto semplicemen­te! la prova le bottiglie di alcoole!… avevo solo che da sen­tire… pieno le scale, da giù proprio da sotto, dal salone, alla badessa al terzo… tutti allora che bruciavamo? proprio co­sì!… fin sopra da Maria Teresa!… quattro bottiglie di al­coole da ardere… ne avevano versato dappertutto… avevono smarronato sentendo scricchiolare i gradini… Bébert neppure… Inge, la Kretzer che si parlavano mai!… s’erano proprio riconciliate per attaccare il fuoco alla catapecchia!… (p.373)

Solo l’arrivo di Kracht, che spara colpi in aria, salva le donne dall’esser gettate nel vuoto… Le due sono quindi trasferite nelle isbe costruite dagli obiettori e destinate ai medici finlandesi mai giunti in loco…

Le stanno addosso in venti a Inge… stavolta è la buona!… il tuffo!… da sopra stiamo a guardare… Kracht sa quel che ci vuole… la sua grossa Mauser!… ancora! nel soffitto, due col­pi!… ptaf! ptaf!… come si squagliano!… panico di sorci!… nelle cube! è finito!… più nessuno nella scala solo noi tre e Kracht… i Kretzer e Inge von Leiden…[…]

– Non posso mandarle da nessuna parte… le rinchiuderò qui… insomma, qui accanto… alle isbe… lei è dell’idea?
– Benissim o!… benissimo!
Un’ottima idea!… non ero però sicuro che ci restano!
– Chi le bada?
– I bibelforscher!
Mi dà i particolari… ciò che ha deciso!… una sola delle isbe! erano state previste per i medici finlandesi… la loro (p.374)

– Eccellente! meglio non si può!… ma la piccola?… e il marito Kretzer?
Oh sì! oh sì! ma naturale!… tutti insieme!
– Lei andrà a trovarle tutti i giorni!… due volte al giorno! (p.375)

In marcia per la visita alle due recluse, Ferdinand e gli altri osservano le persone trasportare nella neve di ottobre mobili e suppellettili verso l’isba-prigione. La popolazione è solidale con le due donne, ma terribilmente astiosa nei loro riguardi…

Abbiamo che fare con degli ossi duri… lo sospettavo… sbrighiamoci!… già un bel tappeto di neve… fine ottobre… non siamo soli!… tutto il paese che rimorchia mobili, sedie, cuscini… per le prigioniere! (p.377)

Zorn­hof conosceva certe disgrazie, terribili, almeno una vedova per capanna, ma noi tre lì, la nostra arroganza, superavamo tutto!… insomma anche noi dentro la fossa di merda! pre­sto!… era nell’aria… stava per succedere… (p.378)

Ferdinand e gli altri, incontrato Kracht, decidono di rinviare la visita a dopo il completamento del trasloco e della costruzione di una stufa all’interno dell’isba… Al rientro trovano Maria Teresa e la Von Thorfels che, spaventate, chiedono di esser alloggiate altrove. Vengono quindi sistemate nel salotto dove si trova già il convalescente Revizor…
I bombardamenti aumentano d’intensità facendosi sempre più vicini…

 «fortezze» su «fortezze!»… proprio così!… ascolto… e mica bisogno di toccare i muri… vibrano, li si vede vibra­re… e il pavimento… braum ! … non solo esplosioni, un rom­bo dopo ogni bomba… rrrrrr… l ’ordigno che scoppia!… si rovescia dappertutto, si sparpaglia… lontano… lontano… lag­giù… e poi più vicino… Lili ha ragione… e le nostre gamel­ (p.381)

Bussando alle porte delle impiegate, Ferdinand rimedia un po’ di pane per il Revizor, mentre più tardi, nel salotto, stappano bottiglie di champagne con cui le due vecchie si ubriacano… Vogliono giocare a ping pong, poi crollano esauste…
Poco dopo un rumore di moto e di un autoblindo annuncia l’arrivo di… Harras!, sempre di buon umore…

Là giusto il tempo di rispondermi… rrrrr!… un rumore di moto… e un’altra… rrrrr!… nel parco, lì!… e più vicino… al portico… si va neanche a guardare!…
– Di’, che è?
Non ci sono moto a Zornhof… almeno se n’è mai viste… allora?… e altre due… rrrrr!… vengono per noi?… il meglio, non farci vedere… sono tedeschi?… russi?… inglesi?… non entrano… parlano fuori… lì, è facile… sono crucchi!… Kracht scende… ha da parlargli, lui!… tendo l ’orecchio… capisco un po’ … vengono da Berlino… che cosa vogliono?… par­lano così a pezzi, così roco, che mi fan venire quasi voglia di uscire, che mi spieghino… ah, un altro rrrrr!… molto più forte!… con tutta una ferraglia dietro… delle catene… è un autoblindo, mi par di capire… e subito Harras, la sua voce… non c’è dubbio, è lui! può dire che si è fatto aspettare… il perdivento!… da dove sbuca fuori? e si smascella! poi!… ha il coraggio! la sua maniera: oooah! vedo mica di che!… par­la agli altri, non ha fretta… possiamo farci vedere!
– Heil Harras!… heil dio buono! (p.386)

alle sue vacanze! alla cura dei nervi! Lo faccio sganassare… oooah! lo abbiamo sempre fatto ridere… lo guardo, è dimagrito… dimagrito, be’ ce ne vuo­le!… è ancora due volte il doppio di me… mica è triste, no! non è uomo da esser triste… ha dovuto assai viaggiare?… dico… gli chiedo…
– No!… no, vecchio mio!… abbiamo avuto grane fastidio­ se… tante! mille!… peggio di qui, vecchio mio!… peggio! non mi crede?
Capisco che Grunwald non esiste più… né il telegrafo… né il gran bunker… né i colleghi finlandesi… né le signorine dattilo… tutto spazzolato via, stritolato, bruciato!… uno sfa­celo!… due notti!… in due notti soltanto! pffff … imita e il gesto… pfff! abbiamo dovuto vedere di qui?… certo! tutte le sere!… anche tutti i momenti!… pfff! pfff! (p.387)

I russi sono sempre più vicini afferma il medico nazista che ordina poi a Kracht di mandare due SA a guardia delle recluse. Inizia quindi a tirar fuori cibi e bevande dalla dispensa che fa inviare alle due donne. Poi convoca gli assassini Leonard e Joseph, cui affida la gestione della fattoria, di cui nomina nuovo direttore il Revizor… Loro si sposteranno tutti verso Danzica, passando per Rostock, Stettino. Chiederà al generale Goering un visto per Ferdinard al fine di consentirgli di raggiungere la Danimarca via Rostock…

– Lei collega è il nord! la sua idea fissa: Danimarca… «par­tigiani» anche in Danimarca!… lo sa? terribili!… insomma, la sua idea!… io non posso far niente per lei, Goering sì! lui ci ha il timbro!… timbro grande così! (p.394)

Più tardi ecco giungere altre moto, quelle al seguito di Goering. Il gerarca si informa sulle morti, modificando l’ora del decesso apposta dal giudice istruttore nei certificati di morte, rilasciando infine un permesso per Ferdinand…

Mi fa l’Harras…
-Dica collega!… per il suo viaggio a Rostock? è il mo­ mento!
Certo, ci pensavo, ma non avevo il coraggio… lui sì! addi­rittura gli spiega… «vogliamo andare al mare!… a vedere la spiaggia… Warnemunde… Lili ed io… tre giorni!… vacan­ze!… quattro giorni!… turisti!…»
La Vigue resta qui… lui ci andrà dopo…
– Ma certo!… ben volentieri!… perché avrei i pieni po­teri? vediamo!… vediamo!…
Piglia un gran foglio… bianco… lo timbra in tre punti… e firma…
– Lo riempie poi lei Harras!
Non si può essere più gentili…
– Adesso amici, si parte!
Sempre la fretta!… è vero, è il momento!… fa giorno, in­ somma quasi… usciamo tutti… non resta più nel salone che Maria Teresa e il Revizor… imbenzinati! alcool e morfina!… (p.401)

A bordo di un carro trainato da sei vacche la Von Thorfels, Inge, Cillie e i Kretzer raggiungeranno invece Konisberg…

Il momento della partenza forse?
Le due s a si piazzano ai due lati… dietro… andranno a piedi… Nicolas proprio avanti, guida la prima coppia di vac­che… un segno di Kracht e via che si parte… piano piano… salutiamo… facciamo «arrivederci»… risponde nessuno… né Inge, né i Kretzer, né Nicolas… non ci guardano nemmeno… insomma il carro si è messo in moto… non ha molle… Har­ras nota «il carro armato neppure!»… mi informa…(p.404)

Adesso è l ’addio ufficiale!… ci siamo dentro tutti!… e col braccio alzato!… Léonard, Joseph… le ninfe della Dienstelle… heil! heil!… il generale Harras, Kracht… e noi tre La Vigue e Lili… heil! heil! Nicolas ci risponde… heil!… non gli altri… ah ma sì!… Cillie!… heil! heil! alza le braccine ver­so di noi… heil! heil! è contenta, si diverte molto… in viag­gio!… viaggio!… (p.405)

Harras se la ride pensando ad una ritirata di Russia alla rovescia…
Ma Goering si mette a citarne con precisione il vero tragitto…

– Vede caro Destouches, la ritirata di Russia alla rove­scia… ritorno! ritorno! oooah! (p.405)

Goering lo interrompe…
– Oh, scusi! scusi Harras! mi scusi! non hanno mai preso per questa strada! mai!
– Ah credevo!
– Ma no! no! caro Harras! non creda!… pochissimi sono ritornati per Stettino!… quattro gatti!
– Però!…
– Oh no Harras! lasci stare!… so bene!…
Il generale medico era sicuro…
– Mi siedo un po’ se permette…
E si siede, lì sulla neve…
– Un minuto! un minuto Harras!
La prima volta che si accalorava…
La brutta faccenda del Landrat… la fine del Rittmeister,lo avevo mai visto interessarsi, aveva fatto del suo meglio, e basta!… ma lì sulla ritirata di Russia, non la pigliava niente alla leggera!…
– Mi sembrava, Goering…
– Che non le sembri più! aspetti Harras!…
A sedere sulla neve, ecco che si raccapezza…
– Niente, niente Stettino, Harras!
La testa tra le mani…
– Interburg… sì! e poi Elbing! e Gumbinnen… Thorn!… sono passati di lì!… e poi Plock!… Landsberg!… ecco le loro tappe!… Neuenkirschen!… quasi niente Stettino!… Neuenkirschen!… tanti malati… Neuenkirschen! c’erano ancora dei resti!… sa all’ospedale! ci ho prestato servizio, aiutante mag­giore… dei nomi nel legno, su le travi, dei nomi… graffiti,non è così?… (p.406)

NOTA p.407

Di Giuseppe Guglielmi

La Corte dell’ira p.409