LOUIS-FERDINAND CÉLINE – MORTE A CREDITO (NUOVA BIBLIOTECA GARZANTI)

LOUIS-FERDINAND CÉLINE – MORTE A CREDITO

1° edizione NUOVA BIBLIOTECA GARZANTI – 2007

Saggio critico di Carlo Bo

TRADUZIONE: Giorgio Caproni


 

 

Morte a Credito è il secondo romanzo di Louis-Ferdinand Céline pubblicato da Denoel nel 1936. A differenza di Viaggio al Termine della notte, che presenta ancora elementi di collegamento con la produzione letteraria passata e presente, in questo secondo lavoro Céline scardina e rivoluziona definitivamente il modo di scrivere. L’argot pervade il libro dalla prima all’ultima pagina, accompagnato da una ricerca esasperata ed eccezionale della musicalità della prosa (la petit music la definiva Céline, la riproposizione del sentimento che scaturisce dal parlato), con aulico, popolare e turpiloquio uniti in un fantastico gioco musicale: il marchio di fabbrica dello scrittore.
Anche in questo romanzo riscontriamo una parziale trasposizione della vita dello scrittore, in particolare della sua infanzia, ma non bisogna commettere l’errore di considerarlo una biografia.
TRAMA
Ferdinand Bardamu è medico presso la Fondazione Lanuty. Nevrotico, passa le notti insonni a scrivere memorie come consigliatogli dallo specialista.

Il mio strazio, per me, è il sonno. Se avessi sempre dormito bene non avrei mai scritto un rigo…” (p.5)

 

Suo unico amico è il cugino, anch’egli medico, Gustin Sabayot. Bardamu non ama il suo lavoro di medico, è disprezzato dai pazienti e trova rifugio nella letteratura. A battere a macchina i suoi libri ci pensa Mamma Vitruve.

Io mica son Checca, meteco, né Massone, né Normalista, non so farmi apprezzare, scopo troppo, io, non godo buona reputazione… In quindici anni che, nella Zone, mi tengon gli occhi addosso e vedon com’io mi difendo, gli stronzi più stronzi si son prese tutte le libertà, han per me ogni sorta di disprezzo. E ancor fortunato se non m’han sbattuto fuori. La letteratura mi ripaga. Avrei torto a lamentarmi. Mamma Vitruve batte i miei romanzi”. (p.6)
Immerso nella scrittura della leggenda di Re Krogold, Bardamu ne parla con il cugino, ma questi non mostra interesse alcuno per la storia. Del resto, è quello un argomento di difficile trattazione e che richiede una vasta documentazione.
A turbare ulteriormente la vita di Ferdinand è lo scoppio di uno scandalo dovuto alle calunnie messe in circolo da Mireille, la nipote di Mamma Vitruve, sui rapporti tra il dottore e le sue pazienti dell’ambulatorio. La narrazione sfocia nel delirio, delirio generato dalle febbri che colpiscono Bardamu ormai da oltre venti anni, conseguenza della sua partecipazione al primo conflitto mondiale.
Febbre o no, le orecchie mi ronzan sempre e talmente da non permettermi d’afferrar piú gran che. È da quand’ho fatto la guerra che son ridotto così. M’è corsa dietro a piu non posso, la follia… per ventidue anni di seguito. Carino, no? Ha sperimentato mille e cinquecento rimbombi, un baccano immenso, ma io ho delirato piu’ alla svelta di lei, l’ho fottuta, l’ho posseduta al ” finish “. Ecco qua! Mi metto a sragionare, l’ammalio, la costringo a dimenticarmi”. (p.24)
Vegliato dalla madre e dalla Vitruve, Bardamu comincia a ricordare gli anni della sua infanzia…
La madre, zoppa da una gamba, commerciante in merletti e tessuti lo portava sempre a trovare in campagna la vecchissima zia Armide. Poi i due si dirigevano di gran passo, per evitare i malfattori, a ritirare i merletti (e per sollecitarla nel lavoro) dalla signora Heronde.
Il padre, sportivo collerico impiegato frustrato, fa oggetto dei suoi sfoghi la moglie e il figlio Ferdinand, la cui nascita ha provocato un ulteriore peggioramento della situazione economica della famiglia:
Era un biondone, mio padre, pronto ad andare in bestia per dei nonnulla, con un naso a pallottolina da bimbo piccino su un paio di baffoni enormi. Quando s’incazzava roteava ferocemente gli occhi. Non ricordava che contrarietà. Ne aveva sopportate a centinaia. All’ufficio delle Assicurazioni, guadagnava centodieci franchi al mese.
Quanto alla marina, aveva invece sorteggiato sette anni d’artiglieria. Avrebbe voluto sentirsi forte, tranquillo e rispettato. In ufficio, alla Coccinella, lo trattavano come uno straccio. Lo torturava l’amor proprio ferito, e anche la monotonia. Non aveva dalla sua che una licenza liceale, i baffi e gli scrupoli. Con la mia nascita in soprannumero, colammo a picco nella miseria”. (p.38)
Di alti valori morali, i genitori sono austeri, severi e preferiscono fare ristrettezze piuttosto che avere un solo centesimo di debito.
Pagaron sempre anticipato. Mai un soldo di debito. Anche nei momenti piu neri”. (p.39)
In questo ambiente opprimente (“Durante la giornata non c’era da stare allegri. Mi capitava di rado di non piangere per una buona parte del pomeriggio. Ricevevo piu ceffoni che sorrisi, in bottega. Chiedevo perdono a proposito e a sproposito, ho sempre chiesto perdono di tutto”, p.40) , il bambino Ferdinand cresce con le sole gioie regalategli dalla nonna materna Caroline.
Qualche tempo dopo la famiglia si trasferisce da Rue de Babylone al Passage des Bérésinas ma la miseria li segue ancora, gli affari non decollano e gli scatti di rabbia del padre, di conseguenza, aumentano. Sono pagine magnifiche, musicali, che riescono a far ridere il lettore pur descrivendo situazioni di disagio estremo. Ma la genialità di Céline è proprio in questo.
Lasciammo Rue de Babylone per riaprir bottega, ritentar la fortuna al Passage des Bérésinas, fra la Borsa e i boulevards. Avevamo un appartamento su in cima, formato di tre piani, tre stanze che comunicavano per mezzo d’una scala a chiocciola, fatta a cavatappi. Mia madre saliva senza posa, zoppicando. Ta! pa! tam! Ta! pa! tam! Si reggeva alla ringhiera. Mio padre s’innervosiva sentendola. Già era di malumore per via delle ore che non passavan mai. Guardava ogni momento l’orologio. Ci mancava anche lei, con la sua gamba! Un nonnulla bastava per farlo uscir dai gangheri”. (p.47)
Il Passage, dobbiamo confessarlo, è cosa da non credersi come lerciume. Par fatto apposta per creparci, lentamente ma sicuramente, fra le pisciate dei cagnozzi, la zella, gli scaracchi, le fughe di gaz. È piu fetido d’una prigione”. (p.55)
Ferdinand accompagna la madre a vendere merletti e tessuti presso le case di ricche famiglie. In una di queste visite, a casa dei Pinaise, si fanno rubare un fazzoletto ma, pur accorgendosene, non dicono nulla pur di non perdere la clientela borghese. Il padre però, accortosi del pezzo mancante, s’infuria dando vita ad uno dei suoi tragicomici “spettacoli”.
La nonna compra a Ferdinand un cagnolino e lo porta spesso al cinema per farlo divertire. Altra figura positiva del romanzo è quella dello zio Eduard (fratello della madre), persona moderna e che si intende di meccanica. Questi li porta spesso a fare delle gite fuori porta, in campagna, e una di esse, a bordo di un trabiccolo, è protagonista del racconto. Grande la comicità, Céline riesce a ricreare l’effetto del cinema (le comiche) sulla carta.
Altro episodio divertentissimo è quello che vede protagonista il padre di Ferdinand costretto ad andare a pulire gli escrementi che gli altri residenti del Passage si divertivano a gettare sulla soglia del negozio.
Se ne usciva di casa col secchio, la scopa, lo straccio e la
paletta per raschiar gli stronzi, infilandocela sotto e facendoli saltar nella segatura. Era la peggior umiliazione per un uomo istruito come lui. Gli stronzi aumentavan sempre, in lungo e in largo, e piu davanti a noi che altrove. Doveva esser di certo un complotto”. (p.60)
Per Ferdinand giunge infine il momento di andare a scuola ma è un incubo per il piccolo che infatti comincia a star male poco dopo l’inizio delle lezioni: vomito, febbre altissima e delirio. La madre pensa addirittura possa trattarsi di polmonite, fatto sta che la convalescenza si protrae per mesi ma la guarigione, eccezion fatta per una debolezza persistente, bene o male arriva.
Scegliemmo le Comunali, in Rue des Jefineurs, a due passi da casa nostra, dopo il Carrefour des Francs-Bourgeois, con un portone cupo cupo”. (p.71)
Mi ce ne volle per rimettermi. La convalescenza si trascinò per altri due mesi. La malattia era stata grave… Si risolse in foruncoli… Il medico tornò spesso. Insisté ancora perché mi si mandasse in campagna… Facile a dirsi, ma mica avevamo i mezzi…” (pp.78-79)
Pochi mesi dopo però, la nonna Caroline si ammala di polmonite e muore. La vecchia aiutava molto in negozio la famiglia e si occupava con premura del piccolo Ferdinand. La figlia cade in depressione, Ferdinand continua ad essere debole mentre il padre continua con i suoi deliri prendendosela contro i massoni, Dreyfus, il Destino.
Lui dava ogni colpa ai ” Massoni… Contro Dreyfus!… E a tutti gli altri delinquenti che si accanivano sul nostro Destino!” (p.85)
Per tentare di risollevare le misere sorti del commercio la madre decide di intraprendere la vendita di merce nei mercati dei dintorni. Ad accompagnarla nelle sue bibliche sfacchinate va il piccolo Ferdinand che però mette in mostra un’indole pestifera che il padre aveva sempre presentito e predetto. Al mercatino delle pulci di Clignancourt conosce infatti un terribile monello, Paulo, che fuma, beve assenzio e si prostituisce. Un giorno Paulo gli dà una fionda e con essa Ferdinand rompe un orologio pubblico che la madre dovrà rimborsare. Il padre lo pesta: è la disperazione della famiglia. La madre, a causa del suo carattere da teppista, è costretta ad abbandonare le vendite di merce nei mercati.
A casa, replica, giú altre botte in tromba …. E’ un uragano… Mio padre mi sgranchisce le ossa a fondo, a gran calcioni, mi sfonda le costole, mi mette sotto i piedi, mi sbraca. Per giunta, urla ch’io sto assassinandolo!… Che dovrei gia’ essere alla Roquette! Da quel dì… Mia madre lo supplica, lo stringe per le braccia, si strascica in terra, grida “che in prigione diventan piu’ feroci ancora”. Son quanto di peggio si possa immaginare… Sono a un pelo dalla forca. Ecco a che punto mi trovo!… Popaul c’entrava, e di molto, ma anche l’aria aperta e il vagabondaggio… Io non cerco scuse…[…]Dopodiché decisero che di mercati non se ne sarebbero fatti piu, che la strada sarebbe stata la mia rovina, lo rendevo ogni cosa impossibile, coi miei istinti criminali.”(p.90)
Il piccolo Ferdinand riprende ad andare a scuola, si annoia, non impara nulla ma almeno evita di far danni.
A rallegrare un po’ l’ambiente ci pensa la signora Divonne, un’arzilla settantenne che suona il piano e canta in cambio di cibo (offertole dai vari negozianti presso i quali di volta in volta si esibisce).
Anemico, malaticcio, Ferdinand necessita di passare tempo all’aria aperta, lontano dall’insalubre ambiente del Passage. E così la madre, non avendo la famiglia i soldi per una vacanza, decide di riprendere le vendite nei mercati e quelle porta a porta.
La situazione economica non migliora affatto ma i genitori sono colti da “pazzia” improvvisa: decidono di usare i soldi ereditati da nonna Caroline per andare… in Inghilterra!
Memorabili le pagine in cui Céline descrive l’improbabile soggiorno inglese della famiglia. La “delirante” avventura inizia subito male: durante la traversata, a bordo del traghetto, sono colti dal mal tempo e il mal di mare dà il via ad un pazzesco festival del vomito, dove tutti vomitano contro tutti e dove tutto si risolve in rissa verbale e fisica. Sbarcati in Inghilterra, accolti da freddo e pioggia, i Bardamu non conoscono una sola parola d’inglese, prendono i bagagli sbagliati e iniziano a vagare nei dintorni del porto sotto il diluvio universale, affondando nel fango, “annegando” nell’acqua da quanta ne cade dal cielo. Tornati al porto non possono far altro che imbarcarsi di nuovo per la Francia. Ma nel Passage, tutte le sere, il padre di Ferdinand si cimenta in narrazioni memorabili e romanzate sul viaggio inglese. Tutti sanno che sono balle quelle che racconta ma nessuno vuol perdersi il piacere di distrarsi ascoltandone la narrazione.
Per Ferdinand arriva il giorno degli esami di licenza elementare (ovviamente come ritardatario dati i suoi scarsi risultati) che riesce ad ottenere nonostante l’ignoranza grazie ad un maestro non esigente. Ottenuta la licenza i genitori si adoperano per trovare un impiego a Ferdinand, sebbene il padre sia convinto che il ragazzo, dati i suoi istinti criminali, non riuscirà a mantenere un lavoro.
Comprate scarpe e vestiti, la madre lo accompagna dal signor Berlope per farlo assumere come tirocinante nel suo negozio di nastri, tessuti e guarnizioni. Ferdinand viene assunto e posto sotto le dipendenze del tirannico signor Lavelongue che, severo con tutti i tirocinanti, si rivela un vero aguzzino nei riguardi del volenteroso e gran lavoratore ragazzo.Ferdinand deve così ripiegare i vestiti e i tessuti messi a soqquadro dalle clienti e fare tutto il giorno su e giù dal magazzino al settimo piano! Oltre a Lavelongue anche i colleghi più anziani lo maltrattano e il solo amico che abbia nel negozio è un ragazzo, André, che sistema scatole al settimo piano. Ma ancora una volta la vita riserva al giovane Ferdinand altre delusioni: messo su da un collega malizioso André teme che possa rubargli il posto di lavoro e così smette di parlargli. Ferdinand, d’animo buono, cerca di ricucire lo strappo con l’amico raccontandogli il seguito della leggenda di Re Krogold. Lavelongue però li scopre a parlare e allora per Ferdinand scatta il licenziamento sebbene ingiusto. Per di più viene fatto passare per fannullone, cosa assolutamente falsa. Per il padre è l’inizio delle catastrofi che il figlio procurerà a loro due, poveri e vecchi genitori, in balia di uno snaturato come Ferdinand. I suoi comici sproloqui sono sublimi:
Ne aveva per ogni gusto… Contro gli Ebrei… gl’intriganti… gli Arrivisti… E contro i Massoni soprattutto… Mica so che c’entrassero, costoro… Andava a scovarle, le sue idee balzane, a dritta e a manca… Si scalmanava talmente, nel diluvio d’improperi, da finir col dimenticarsi di me… S’attaccava a Lempreinte, l’orrendo fregno delle gastriti… al Barone Méfaize, suo direttore generale… A non importa chi e che cosa pur di dare in escandescenze e di ribollire… Faceva un baccano tremendo, era lo spasso di tutto il vicinato”. (p.133)
Tornato disoccupato, la madre lo accompagna la mattina di negozio in negozio in cerca di una nuova occupazione ma, nonostante gli sforzi profusi, per Ferdinand non si trova nulla. Dopo alcuni mesi però, lo zio Eduard, una delle poche figure positive nella vita di Ferdinand, riesce a trovargli un lavoro presso un gioielliere suo amico, il signor Gorloge. Come inzio per Ferdinand è di nuovo l’inferno: deve portare in giro per Parigi una pesantissimo campionario di 30kg di cianfrusaglie in cerca di improbabili acquirenti. I soldi, anziché guadagnarli, li spende per le scarpe che consuma e per comprarsi da bere. Ma ovviamente non riesce a vendere nulla. Gorloge se la passa veramente male e i litigi con Antoine, l’unico operaio che tira avanti la baracca visto che il padrone non lavora mai, sono all’ordine del giorno. A Ferdinand poi sono affidate anche le consegne dei rari gioielli lavorati.
Ma ecco che finalmente, un giorno, a Ferdinand capita l’impensabile. Durante uno dei suoi giri con il “campionario” si imbatte in un negozio di cianfrusaglie cinesi e lì… viene indirizzato da un facoltoso cinese che gli commissiona la creazione di una spilla a forma di Sachia Muni per la cifra di duecento franchi! La vita sembra finalmente sorridere al giovane protagonista ma la gioia è di breve durata. Gorloge in persona si mette al lavoro per creare l’oggetto ma dopo ventotto giorni viene incredibilmente prelevato dai carabinieri per completare il servizio di leva. Il lavoro passa quindi nelle mani di Antoine, mentre Ferdinand potrà mostrare in giro il lavoro per cercare di ottenere altre commissioni di oggetti simili (per paura di perderlo lo porta sempre con sé). A consegnare il gioiello ci penserà, al suo ritorno, Gorloge in persona.
Ma è destino che Ferdinand finisca ancora una volta nei guai. L’assenza del padrone fa sì che la “banda” si dedichi ai bagordi mangiando, bevendo e sperperando denaro a profusione, con Ferdinand e Robert (altro garzone) che si divertono a sbirciare Antoine e la moglie di Gorloge fare sesso. Indebitatisi per i bagordi fatti, Antoine e la padrona escogitano un piano semplice ma geniale per incastrare l’ingenuo Ferdinand: con un tranello sessuale la signora Gorloge lo seduce e gli ruba la spilla! Per Ferdinand è l’ennesima sciagura, non vuole credere di essere stato truffato così facilmente ma deve infine rassegnarsi all’evidenza dei fatti. Al ritorno di Gorloge si presenta dal padrone ma questi neanche gli parla, lui allora fugge per le vie di Parigi per far ritorno al Passage soltanto di notte. Ad aspettarlo trova il padre che comincia uno dei suoi (spassosi) show di rabbia e insulti. La madre invece, più ingenua, chiede al figlio dove abbia messo il gioiello e di tirarlo fuori. Ma Ferdinand il gioiello non ce l’ha e così la famiglia è in rovina: dovrà rimborsare il gioiello a Gorloge. Il padre è sempre più iracondo e predice un futuro da assassino per il figlio…
Mio padre, lui chiacchierava da solo. Si perdeva in monologhi. Diceva vituperi, non la finiva più… Tutto il suo bataclan di maledizioni… Il Destino… Gli Ebrei… La Iella… L’Esposizione… La Provvidenza… I Massoni…” (p.168)
Lo zio Eduard però, una volta ancora, giunge in suo aiuto: con i suoi mille franchi ereditati da nonna Caroline pagherà un soggiorno in Inghilterra per Ferdinand affinché possa svagarsi cambiando aria imparando al contempo l’inglese. I genitori sono contrari, il padre in particolare perché non vuole essere in obbligo con nessuno, ma alla fine si lasciano convincere: Ferdinand andrà in Inghilterra presso un collegio di Rochester, il Meanwell. La partenza è un mix di comicità e tristezza:
Sempre, come ci trovavamo tra la folla, noi diventavamo timidi, furtivi… Perfino mio padre, che al Passage alzava tanto la cresta, fuori perdeva tutte le sue penne… Si faceva piccino piccino. Soltanto a casa lanciava tuoni e fulmini. All’aperto, arrossiva se lo guardavano… Dava occhiate qua e là di sfuggita…” (p.180)
Promisi tutto quel che vollero, purché mi lasciassero partir subito… Purché non s’inscenasse un’altra tragedia. Dopo aver chiacchierato tanto, eravamo rimasti a corto di ciance… Era il momento della partenza. Mi venivano idee nere, provavo sinistre sensazioni…
[…] Avevo sciocchi presentimenti, mi chiedevo se alle volte, gli’Inglesi, non sarebbero stati ancor piu carogne, ancor piu stronzi, e molto peggiori, della gente di qui…” (p.181)
L’avventura comincia subito male dato che il treno arriva a Rochester in ritardo di due ore e così Ferdinand non trova più nessuno del Meanwell College ad attenderlo. Ecco allora gli istinti da vagabondo prendere di nuovo in lui il sopravvento e portarlo a girovagare divertito nei dintorni in una specie di fiera sul lungofiume. Lì beve la sua prima birra e conosce una ragazza, Gwendaline, che vende dolciumi e si innamora di lui. Ma alla fine, all’alba, Ferdinand si reca al Meanwell: la nuova avventura ha inizio.
Anche il soggiorno inglese si rivela però esperienza negativa per Ferdinand che fin dal primo giorno, pensando di vendicarsi delle angherie subite fin lì dalla vita, decide di non parlare mai in inglese e di non scrivere ai suoi genitori. Il clima è pessimo, fa sempre freddo, e anche il cibo scarseggia. Ma Ferdinand, il più grande dei quattordici giovani ospiti, mangiando più di tutti riesce ad ingrassare passando il tempo ad ammirare estasiato la signora Merrywin dalla quale è fortemente attratto. Suo unico compagno è un sordomuto, Jonkind, con il quale gira nei dintorni del collegio.
Unico svago concesso ai ragazzi sono divertenti sfide calcistiche con i ragazzini di altri collegi. Ma la pacchia dura poco. Dopo quattro mesi infatti il signor Merrywin scrive al padre di Ferdinand del suo mutismo, notizia che lo porta a prodigarsi in uno dei suoi memorabili deliri. Il collegio intanto perde sempre più ospiti. Merrywin allora, pur di tenere ancora Ferdinand, gli dà carta bianca lasciandolo libero di girovagare nei dintorni con Jonkind e la signora Merrywin.
Favorirono i miei istinti, le mie inclinazioni al vagabondaggio… Mi fecero girare quanto piu possibile nei dintorni, per bricchi e villaggi, con l’idiota, la sua carriola e tutti i suoi balocchi…” (p.214)
Le cose, ovunque si trovi ad operare sono sempre destinate a finire male e al collegio le cose non vanno diversamente. Nel corso di una perlustrazione Ferdinand scopre infatti un magnifico nuovo collegio in costruzione che segnerà la fine del Meanwell. La notizia getta nello sconforto i Merrywin con la conseguenza che i pochi rimasti possono fare quel che vogliono.
Dopo la Pasqua restano solamente Ferdinand e Jonkind ma la fine del collegio è ormai segnata: viene venduta la mobilia mentre Ferdinand riceve per posta il biglietto di ritorno per la Francia dove gli affari di famiglia sono ulteriormente peggiorati dal momento della sua partenza. Non gli resta quindi che preparare la valigia… Sta male al solo pensiero di dover tornare al Passage… La signora Merrywin, invaghitasi di lui, lo va a salutare poi fugge via e si butta dalla scogliera! Ferdinand assiste alla scena da lontano, poi rientra impaurito al collegio ma subito lo assale la curiosità di accertarsi della fine della signora. Torna alla scogliera ma la paura di essere incolpato della tragedia lo riassale e così se ne va direttamente alla stazione.
Dopo otto mesi passati in Inghilterra Ferdinand torna dunque in Francia ma vi trova una situazione peggiore rispetto a quella che aveva lasciato, con i genitori disfatti dalle avversità (il padre addirittura aveva dovuto vendere il suo amatissimo orologio!). Nessuno dei due gli chiede qualcosa riguardo al soggiorno inglese né lui ha voglia di parlarne.
In attesa di rifarsi il guardaroba per ricominciare la ricerca di lavoro a settembre, Ferdinand riceve le visite dei vicini ansiosi di sentirlo parlare dell’Inghilterra e di sentire parole inglesi, ma lui rifiuta di parlare e del resto l’inglese non lo ha neanche imparato.
Vestito a nuovo grazie agli immani sacrifici della madre Ferdinand parte alla ricerca di lavoro ma non trova nulla, è depresso e si sente inutile.
Ero un bel bighellone e un bel poltronaccio… Non meritavo la loro grande bontà… i tremendi sacrifici… Mi sentivo, eh sì, del tutto indegno, marcio, bacato… Vedevo bene cosa bisognava fare e lottavo disperatamente, ma riuscivo di meno in meno…” (p.265)
E così, giorno dopo giorno, sempre più depresso, dopo l’inutile ricerca di lavoro si stende sugli scalini dell’Ambigu a passare il tempo con altri disoccupati e “scarti della società” come lui. Il Progresso avanza nella città, la modernizzazione mangia l’antico, i motori sostituiscono i cavalli, ma per i poveri come lui non c’è un posto in questo Progresso…
Insomma, davanti all’Ambigu, standomene così fra le cinque e le sette, l’ho pur visto arrivare il Progresso… ma sempre senza trovare un posto… Tornavo ogni volta a casa bischero come prima…” (p.271)
La situazione economica della famiglia sembra poter migliorare grazie alla madre che riesce a vendere molta merce presso i nuovi quartieri dei sobborghi parigini ma… ma come al solito la sfortuna si abbatte nuovamente contro la famiglia Bardamu: le gambe le si bloccano per gli sforzi e il commercio finisce. Ferdinand allora decide di rimettersi a cercare lavoro con ancor più convinzione ma senza risultati. Non trova nulla, la notte non dorme più e si sente oppresso da un senso di colpevolezza.
Avevo la capoccia infarcita di preoccupazioni… Trovarmi un posto era adesso un assillo ancor peggiore di prima che partissi per l’estero. Vedendo di nuovo mia madre minacciata, mi ridiedi alla caccia, all’inseguimento degli indirizzi!…” (p.276)
Dappertutto, mi son visto scacciato…” (p.277)
Continuavo a scervellarmi di che mai potessi esser colpevole.” (p.281)
I guai sono dietro l’angolo ed ecco allora Ferdinand combinarne un’altra delle sue. Incaricato dalla madre di andare a far la spesa, il ragazzo ha la geniale pensata di scambiarla per del vino! Poi si addormenta e si sveglia all’una di notte. Tornato a casa ubriaco, il padre lo attacca ma lui non replica fino a che la discussione degenera in tragedia: Ferdind sbatte sulla faccia del padre la macchina da scrivere, poi inizia a strangolarlo. L’arrivo della governante, Hortense, fa sì che il ragazzo lasci il padre e si scagli su di lei sbattendole la testa contro la ringhiera. La donna riesce però a fuggire in strada dove chiama aiuto. I vicini accorrono e pestano Ferdinand lasciandolo al piano di sotto. È ancora una volta lo zio Eduard a salvarlo dalla prigione. Il padre fortunatamente non è morto e lui potrà andare a vivere con lui fino a che non sarà riuscito a trovare un posto di lavoro.
Dallo zio Ferdinand sta benissimo, l’ambiente è pulito, il verde circostante riesce a farlo stare tranquillo, mangia bene e parla di sport e di meccanica.
E proprio Eduard gli trova un impiego da un inventore-scienziato di sua conoscenza per via dei brevetti per la sua pompa tascabile per biciclette. Si tratta del celebre Roger-Marin Courtial des Pereires, direttore della rivista scientifica “Génitron”, scrittore di numerosi libri (“Lavori, ohei, ponderosi! Di che leggere per parecchi inverni, chili e chili di prosa…”, p.317) e prode mongonfierista.
Oltre ch’essere a quel modo l’inventore, autore, giornalista, andava spesso nel pallone sferico…” (p.304)
Fu una gran bell’idea quella che venne un giorno a zio Eduard d’andar lui stesso al ” Géitron ” per tastar un po’ il terreno circa un impieguccio per me.” (p.308)
Ma la vera natura di Courtial si manifesta presto a Ferdinand: megalomane, privo di senso pratico, incapace di fare lavori manuali, impaziente, disordinato, memorabili sono i ritratti che di lui scrive Céline.
Non era proprio buono a un corno, come tre dozzine di bischeri messi insieme… Per piantar storto un chiodo si schiacciava perlomeno due unghie, si spappolava il pollice, era un macello se niente niente toccava dei martelli. E non parliamo poi di tenaglie, avrebbe strappato via, piu che certo, la parete… il soffitto… l’intero gabbio… Non sarebbe rimasto nulla intorno… Non aveva un briciolo di pazienza, la sua mente correva troppo svelta, troppo lontano, era troppo intensa e profonda… Non appena la materia gli opponeva resistenza, lui sbottava in un’epilessia… Tutto finiva in una gran frittata generale… Soltanto in teoria sapeva aggiustar bene ogni problema…” (p.309)
Gli uffici del “Génitron”, in fatto di tremendo disordine, di cafarnaio assoluto, di totale baraonda, non temevan rivali…” (p.314)
Courtial dunque lo assume, rigorosamente senza stipendio, in cambio di vitto e alloggio (dorme presso la sede del Génitron): è l’ “addetto al materiale”, ampolloso titolo dietro al quale si cela una mole di lavoro immane per il povero Ferdinand. Spettano a lui infatti le consegne delle copie agli abbonati, spetta a lui ritirare dal tipografo le stampe, spetta a lui il compito di riordinare la sede e di riparare la mongolfiera di Courtial, insomma toccano a lui tutti i lavori manuali.
Ma nonostante le numerose copie vendute Courtial è sempre alla ricerca di soldi e Ferdinand scopre così che il padrone gioca ai cavalli perdendo enormi somme di denaro. Anche nel nuovo lavoro c’è ancora solo miseria.
I mesi passano e la barca fa sempre più acqua, Courtial ha bisogno di soldi e così si inventa sempre nuovi sistemi per racimolarne. Per esempio si fa pagare in anticipo cinquantadue franchi dagli aspiranti inventori che in cambio avrebbero avuto pubblicità per i loro progetti per ben tre numeri del Génitron consecutivi. In più prometteva di racimolare grossi investimenti per mettere in pratica i loro progetti, avrebbe pensato a tutto lui… ma intanto sempre più numerosi sono quelli che lo vanno a cercare per farsi ridare i soldi. Con scene sempre comiche è Ferdinand a doverli tenere a bada. Ma Courtial è incapace di tenersi a freno e continua ad indebitarsi alle corse dei cavalli. Decide così di dar vita ad un altro concorso-farsa su ricerche sul “moto perpetuo” ma alle minacce verbali molti inventori passano alle vie pratiche denunciandolo per truffa. Come se non bastasse lo Zelante, la mongolfiera con cui facevano voli dimostrativi nei paesi di campagna guadagnando qualche soldo, si rompe definitivamente. A seguito di ciò arriva nell’ufficio del Génitron anche la moglie di Courtial, Iréne, che con il marito dà vita ad esilaranti discussioni.
In un crescendo di situazioni tragicomiche vissute tra discussioni, fughe dai creditori, bugie, raggiri, denunce e visite ai commissariati si arriva alla comparsa di un misterioso prete che sembra in grado di poter dare una svolta in positivo ai Des Pereires e a Ferdinand. È un giovedì quando si presenta al Génitron uno strano prete che chiede di veder Courtial per parlargli di un suo incredibile progetto: la costruzione di una campana subacquea in grado di far recuperare i tesori nascosti nei fondali marini. Per raggiungere l’obiettivo dà a Courtial un anticipo di 6.200 franchi per far pubblicare sul Génitron un bando per realizzare il suddetto progetto. E così le vendite del Génitron vanno a gonfie vele per via del progetto per la “campana profonda” per la ricerca dei tesori sottomarini:
La bellona, lei faceva le fascette… per le spedizioni in Provincia… Era anche questo importante!… Se ne parlava un po’ dappertutto del Concorso per la ” Campana profonda “… Era diventato un avvenimento!…” (p.409)
La “favola” dura però poco. Al secondo appuntamento fissato dal prete per la consegna di ulteriori 10.000 franchi, la polizia irrompe nel locale e arresta il canonico Fleury che altri non era se non un povero malato di mente che rubava tesori nelle chiese. Per Courtial la situazione si fa gravissima visto che il progetto “campana” è fallito e che gli inventori pretendono la costruzione della Campana e la restituzione dei soldi anticipati. E così un giorno accade l’irreparabile: gli inventori prendono d’assalto la sede del Génitron al cui interno stava dormendo Courtial, sfondano le vetrine, l’uscio… crolla tutto ma Courtial riesce a salvarsi così come Ferdinand che avendo subodorato la mal parata era fuggito precedentemente nel parco di fronte da dove aveva assistito divertito a tutta la scena.
Distrutto l’ufficio, Ferdinand va a stare a Montretout nella casa dei Des Pereires. Ma anche lì la situazione degenera ben presto visto che Courtial, per far fronte ai creditori, ha svenduto casa e mobili! comprando una proprietà in campagna. Memorabile lo scontro con la moglie con Ferdinand che fugge in strada per non essere coinvolto nella loro discussione.
Prima di partire per la campagna, dove Courtial prevede di far palate di soldi con il suo sistema di agricoltura radiotellurica, Ferdinand va con Iréne al Génitron a cercare di recuperare qualcosa (portano via del caucciù), poi va a salutare la prostituta Violette (con la quale aveva intrecciato una duratura relazione) e infine va dai genitori per comunicargli l’imminente partenza per la campagna. Al Passage trova i genitori invecchiati, il padre in particolare, e un po’ di tristezza lo coglie.
I tre arrivano così al podere di Bleme-le-petit acquistato da Courtial ma… vi trovano uno stato di abbandono e di degrado totale. Del resto da un’iniziativa di Courtial non ci si poteva attendere nulla di buono. Da subito Courtial e Ferdinand, con la scusa delle escursioni per la ricerca dei posti migliori per seminare, non fanno nulla dalla mattina alla sera. È Irene a mandare avanti la baracca, a sistemare la casa, pulire e cucinare. Ferdinand e Courtial scovano poi una bettola a Mesloir! E lì si danno al vino e riprendono a giocare ai cavalli coinvolgendo gli ingenui contadini. Ferdinand poi ne approfitta per intrecciare una relazione con la cameriera. Irene intanto, stanca di aspettare una decisione del marito, decide di cominciare a piantare le patate. Courtial ne inventa poi un’altra delle sue: dà vita ad un familistero dove far crescere in campagna e istruire i giovani francesi al costo di soli 400 franchi:
La nostra coltivazione “Radiotellurica” si trasformava, seduta stante, grazie all’apporto dei sottoscrittori, in “Familisterio Rinnovato della Razza Nuova”… Così denominavamo sul nostro programma la fattoria e i suoi poderi…” (p.467)
La folle pensata di Courtial ottiene adesioni e quindici ragazzini felici giungono in campagna. L’operazione però non sfugge né ai creditori né ai gendarmi che vengono fin lì ad indagare sulla sua nuova possibile truffa.
I ragazzini, quasi tutti non paganti, non hanno il minimo interesse per l’istruzione e per la fatica e così, complice la penuria di cibo, si trasformano ben presto in ladri! La notizia si diffonde e i contadini della zona cominciano ad odiare Ferdinand e i Des Pereires per via delle sparizioni di cibo e animali.
Sapevano, in particolare, che ci alimentavamo alle spalle
degli abitanti!… Coi pollastri che sparivano per venti chilometri in giro… Come il burro e le carote!… Gli zingari eravamo noi!…” (p.475)
Ci detestavano dappertutto per un raggio di venti chilometri, ci odiavano di tutto cuore, ma tuttavia, nella nostra solitudine di Bleme-le-Petit, era estremamente difficile beccarci in flagrante delitto!…” (p.478)
I ragazzi non si contengono più e cominciano a rubare anche soldi. Inevitabilmente, a poco a poco, vengono via via arrestati. Courtial invia lettere ai genitori dei sette rimasti ma questi non ne voglion sapere di riprendersi i figli.
Come sempre Céline porta all’iperbole le catastrofi dei protagonisti e così ecco che il raccolto di patate va in malora per colpa di un numero infinito di vermi che divorano tutto e affiorano fino in superficie. Il fenomeno diventa di pubblico dominio, perfino i giornalisti vengono a curiosare e così la colpa ricade su Courtial e sul suo metodo radiotellurico.
Stava diventando il grande avvenimento del giorno!… A dar retta al chiasso orrendo che si fece, noi eravamo i responsabili, gli originali creatori d’una pestilenza agricola!… completamente nuova… d’un inaudito flagello orticolo!…” (p.485)
S’era decuplicata, la nostra corrispondenza!… Gente che voleva saper tutto… che voleva venire a intervistarci!… Eppoi un forbicio di anonimi che ci sistemavano, in cambio dei loro francobolli!… Carrettate d’insulti!…” (p.486)
Arriva l’inverno e la fame e il freddo li ha ormai ridotti allo stremo. Courtial una notte si allontana dalla baracca senza dire nulla. L’indomani il postino avverte Ferdinand che l’inventore si è suicidato sparandosi in faccia con il fucile. Ancora una volta la fantasmagorica avventura finisce male, in tragedia addirittura. Ferdinand e Irene vanno a prelevare il cadavere:
Ma la testa era un macello!… Se l’era fatta scoppiar tutta… Non aveva quasi piu cranio… A bruciapelo, insomma!… Stringeva ancora lo schioppo… Lo teneva agguantato fra le braccia…” (p.496)
Ferdinand riesce a farsi dare una carriola da una contadina e così i due riportano il martoriato cadavere alla baracca dove però, ad attenderli, c’è la gendarmeria! Posti in stato di arresto, sono interrogati in quanto sospettati di omicidio. Ferdinand mantiene la calma ma Irene comincia un incessante delirio che sfocia poi in disperazione totale: è vero che con Courtial litigava sempre ma in fin dei conti era l’unica persona con cui fosse mai stata bene. La situazione descritta è di immensa gravità ma la penna di Céline riesce ad indurre il riso sulle labbra del lettore.
Apprendiamo così dall’interrogatorio e dal delirio che Lèon Charles Punaisera era il vero nome dell’inventore mentre quello di Irene era Honorine Beauregard.
I ragazzi rimasti sono mandati in riformatorio a Versailles mentre l’arrivo del giudice istruttore, preceduto da un nugolo di fotografi e giornalisti, scagiona i due dalle accuse, imponendo al ragazzo di far ritorno dai genitori e a Irene di andare dove meglio desidera.
Per Ferdinand è arrivato dunque il momento di ritornare a casa e la disperazione lo riassale. In compagnia di Irene attende l’alba nella baracca per andare poi alla stazione scortati dal gendarme. Di notte però il gendarme se la squaglia e arriva… l’abate Fleury!!!, quello del progetto della campana per il recupero dei tesori sottomarini. In un delirio crescente e grottesco l’abate dà in escandescenze, cerca Courtial e non vuol credere che l’inventore sia morto. Ferdinand allora gli mostra il cadavere per farlo smettere ma il falso prete prosegue con gli isterismi, mette le mani nel cadavere impiastrando tutta la stanza fino al soffitto. Ferdinand è allora costretto, dopo averlo messo ko, a buttarlo nei campi limitrofi con l’aiuto di Irene. La mattina il gendarme fa il suo ritorno e Irene prepara la colazione per tutti. Rientra anche il prete che fa divertire tutti con le sue sceneggiate. Il momento della partenza arriva: il cadavere è portato via dall’ambulanza mentre il gendarme, Ferdinand, Irene e il prete vanno verso la stazione. Ferdinand con il prete (ma lo semina ben presto) andranno a Parigi, Irene a Beauvois.
Eccolo qui, Ferdinand, fare ritorno a Parigi. Senza lavoro, sconfortato, si sente male, è stordito e gli ritornano in mente tutte le cose insegnategli da Courtial, in particolare quelle concernenti le stelle e gli astri del cielo. Alla fine, per evitare di essere arrestato come vagabondo prende una carrozza e si fa portare… dallo zio Eduard. Lo zio lo accoglie a braccia aperte, non gli fa troppe domande e gli chiede di rimanere fino al recupero delle forze. Ma Ferdinand ha deciso: senza arte né parte si arruolerà nell’esercito, l’unico possibile lavoro per uno come lui. Lo zio prova a dissuaderlo ma ormai il ragazzo ha deciso così…
L’esperienza del servizio militare sarà narrata da Céline nel romanzo (incompleto) Casse-Pipe.
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