LOUIS-FERDINAND CÉLINE – MEA CULPA – LA BELLA ROGNA (LES BEAUX DRAPS)

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MEA CULPA
Traduzione di Giovanni Raboni
LA BELLA ROGNA
(Les beaux draps)
Traduzione di Daniele Gorret
notizia sulla vita e le opere di céline p.7
Bibliografia essenziale p.17
Mea culpa p.23
La bella rogna p.35
Nausea di Céline [, Nausée de Céline] di Jean-Pierre Richard p.176
GUANDA – MARZO 1982
A fine post la versione originale e quella pirata del libro.
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LS BEAUX DRAPS
Il libro, pubblicato nel 1941, critica fortemente l’Esercito francese (che, imborghesito, ha preferito fuggire piuttosto che combattere e perdere la vita sul campo), le elites e l’intera società francese ormai ebraizzata.
Le citazioni sono tratte dall’edizione edita da Guanda (tradotta, chissà perché, La Bella Rogna).
L’inizio del libro polemizza e fa riferimento ai decreti con cui erano state bandite le sue opere e la condanna per diffamazione seguita alla pubblicazione di Bagatelles. Promette quindi di starsene buono, nascosto, di non nominare nessuno e di tenere a bada il linguaggio…

 

Ci siamo! Pare che tutto cambi che adesso si viva tra i complimenti, la redenzione, le buone maniere, la vera virtù. Bisognerà sorvegliare il proprio linguaggio. Ci son decreti anche per questo. Son passato per il correzionale, non bisogna che ricominci. Soprattutto non nominiamo nessuno! Nient’altro che idee generali! […] Mi occulto.[…] Ci son censori, delatori in tutti gli angoli… Non so più dove mettermi… […] (p.37)
Ma la sconfitta, la ritirata dell’esercito francese è così clamorosa da non poterla non nominare.

 

[…]La batosta 71 seguita da 40 anni di vergogna è stata un fatto d’armi munifico in paragone all’ultima acrobazia. Son mica cose che s’inventano. Non è mica cattiveria.[…] (p.38)
Son curiosi i soldati quando non vogliono proprio più morire. Succede qualcosa. L’ardore vien meno. Vedete quei graziosi ufficiali portar via il loro armadietto a specchio… traslocare il loro bene più prezioso… l’amichetta… in torpedo con diritto di precedenza… non li rivedremo tanto presto… […] (p.39)

 

Si attribuisce la colpa della disfatta ai civili, ma son stati i militari a darsi vergognosamente alla fuga…

 

È strano, oggigiorno c’è la moda di dare addosso in tutto ai civili, sono gli insopportabili, i rognosi, son loro i responsabili infetti, i vili sciacalli di disfatta.[…]
Costava caro l’Esercito Francese, 400 miliardi per scappare, 8 mesi di « belote », un mese di sfacelo… Tasse a non finire… Hanno avuto ragione i civili a tagliar la corda con tutti i mezzi. E neppure volevano morire. Non avevano niente da fare in prima linea se non disturbare le battaglie, se battaglia ci fosse stata… Spettava ai militari esserci, rallentare l’invasore, rimanere a morire sul posto, il petto in fuori di fronte agli Unni, e non col didietro che se la svignava. Se avessero avuto meno fretta, ci sarebbe stato meno ingorgo. Si posson capire queste cose senza passare per la Scuola di Guerra. L’Esercito che scappa non è decoroso, e poi diffonde sentori di panico. Dalla Mosa alla Loira era tutto un pernacchio, una fifa unanime. Chi è che ha fatto la diarrea più grossa? i civili o i militari?[…] (p.41)
[…]Tutte le ballerine che sbagliano ballando pretendono che è colpa del tutù. Tutti i militari che tremano strillano ai quattro venti che son stati troppo traditi. È il cuore che tradisce anche qui allo stesso modo, è sempre lui a tradire l’uomo. Volevan tutti rappresentare la loro parte, passar sotto gli archi di Brandeburgo, farsi portare nei Trionfi, tagliare i mustacchi del cattivone, ma non crepare per la Nazione. La conoscono bene la Nazione. È tutto letame e affini. […] (p.42)
A parole era vittoria certa, ma nei fatti è stata ignobile disfatta.
[…]Se dipendesse dalla forza delle parole saremmo senz’altro il Re del Mondo. Nessuno potrebbe superarci in materia di chiacchiera e disinvoltura. Campioni del mondo in fanfaronate intontiti di pubblicità, di stupefacente fatuità, Ercoli in parlantina.[…] (p.43)

I soldati, imborghesiti, di morire per la patria non han la benché minima voglia.

 

 

Però c’è una grossa differenza tra il 14 e oggi. L’uomo era ancora allo stato naturale, oggigiorno è tutto malizia. Il soldatino col suo mustacchio ci andava « bevendone delle grosse » adesso è degno della forca, furbacchione pagliaccio e sornione e carogna, bluffa, lancia sfide, scoccia l’universo, si dà un sacco di arie, ma quando si tratta di pagare la sua parte non lo becchi più. Non ha più l’anima a fior di pelle. È un ventriloquo, è uno sbuffo. È uno scroccone come tutti quanti. È crapulone e per nascita, è il tartufo proletario, la peggior specie schifosa, il frutto della civiltà. Si atteggia a povero diavolo, non lo è più, è puttana e mestatore, sicofante fannullone, ipocrita. Il fratello succhione del borghese. Fiuta tutte le trappole, gli hanno insegnato la teoria, non conosce ancora i dettagli, ma sa che tutto è marcio, che non ha bisogno di lambiccarsi, che non sarà mai abbastanza carogna da soppiantare in questo il dirigente, che sarà sempre in ritardo per rimpinzarsi dopo tanti altri. È opportunismo da teppista, del « prender tutto » e non dar nulla. Anarchismo alla buona. Brava furfanteria media, quella che manda gli altri alla guerra, che fa indietreggiare i battaglioni, che fa dell’ombelico il centro del mondo, della pensione ai vecchi uno scherzo, dell’iprite per tutti una buona azione. (p.44)

I capi, ovviamente, non sono meglio…

 

E d’altronde poi è un fenomeno generale, neanche i capi vogliono morire. Noterete che i grandi despoti, i presidenti, i grossi calibri, i re, le principesse, tutta ‘sta gente se la batte in fretta, si precipita al coperto, appena l’avventura gira male, vacilla… Lampi di fuggi fuggi. Non uno che paghi di persona. (p.46)

I Francesi cedono volentieri tutto agli alleati. Agli inglesi:

 

Perché dovrebbero sentirsi imbarazzati gli Inglesi? Avrebbero proprio torto! I Francesi son consenzienti, sono entusiasti di essere battuti, spappolati, squartati vivi… Gli fa piacere… Dakar… Dunkerque… Libreville… Mers-el-Kebir… Fouilly-les-Oies!… Possono ben prendere tutto quel che vogliono! Vivano le Grandi Banche! E viva il Re! Le Antille!… Le Indie!… Mendoza!… Paese femmina adora batosta… L’amore molto crudele… affondare tutta la flotta francese!… Per loro è un regalo!… le Canarie… la Pulzella… Terranova… Canada!… Non vogliono la Corsica?… Ma via!… Questo non ha proprio importanza!… Niente geografia! della goduria!… Napoleone! Fachoda!…
Basta che gli faccia piacere! Ci ritroviamo vendicati nel nostro onore! Viva la Regina! […] purché rompa le scatole ai Tedeschi!… Sopporteremo tutto! Ah! brilleremo al massimo!… Si tratta di stizza femminile, non si ragiona più!… È erotico… Se volessero bombardarci! questo sì che ci farebbe godere. Oh! sarebbe l’estasi! in trance! Saremmo proprio felici come a ci vendicherebbe l’Onore!… E se ci mettessero i gas?… Di colpo allora non si resisterebbe più! Che piaceri folli! Che Londra!… Andremmo a fare le code in cantina… Questo sì che giubilo paradisiaco! Così sì che ci amerebbero davvero!… (p.51)
Gli USA ebraizzati…
A Washington non piacevano gli ebrei, ma a Roosevelt piacciono molto, è il loro uomo al cento per cento, non c’è niente che gli rifiuti. Trascina tutto nella guerra, l’U.S.A., il continente, la Luna.[…]Vedrete che musica!… Non immaginano mica i Francesi come r si presenta l’America. Si fanno illusioni. 40 milioni di bianchi ben sbronzi, sotto direzione ebraica, perfettamente degenerati, almeno nell’anima, spaventosi, e poi 300 milioni di meticci, in gran parte negroidi, che chiedono solo di abolire tutto. Più l’odio dei Gialli! Bisogna soltanto aprire un pochino le porte della Catastrofe e vedrete che Corrida! È Cartagine ma molto più sul bruto, più arrogante, più putrido. Una specie di delirante anarchia! Il mondo salvato dai fratelli Marx! Siamo ai cartoni animati! Ci sarebbe da ridere in altri momenti! […]

(p.53)

…negrizzati…

È predetto che fra cento anni i bianchi abiteranno a New York un quartiere riservato: i negri andranno a vedere a Nuova-Harlem i « visi pallidi » che ballano la polka. (p.54)

Il bello è che i francesi hanno voluto la guerra… Come son brutti gli ipocriti! I Francesi perché dicono di non aver voluto la guerra? L’hanno voluta eccome. Son stati tutti dietro a Daladier al momento della Dichiarazione, proprio come dietro a Clémenceau, e poi dopo dietro a Mandel e poi ancora dietro a Reynaud e poi dietro a chiunque altro! Chicchiricchì! 800.000 destinati speciali! E insieme tutti gli scrittori! e tutti i giornalisti! Ecco la pura verità. (p.56)

Odiano l’esercito occupante tedesco, ma ne adorerebbero uno ebraico…

 

È la presenza dei Tedeschi che è insopportabile. Sono molto educati, molto perbene. Si comportano come boys-scouts. Eppure non si posson digerire… Perché vi chiedo? Non hanno umiliato nessuno… Han respinto l’esercito francese che chiedeva solo di tagliar la corda. Ah! Se fosse un esercito ebreo, allora come sarebbe adulato! 
Immaginate un esercito giudeo, che arrivi mettiamo da un po’ più lontano… Non ci sarebbe niente di abbastanza splendido per lui! Che estasi a non finire! È questo che manca al Vuole morirne e contento, vi dirò come fra poco. È maledetto, è segnato. Tutto il resto son solo parole. Francese, la bacchetta dell’Ebreo, non vuol più saperne di altre.(p.59)
Ebrei che, con i massoni, sono ovunque e tutto controllano…
Più ebrei che mai nelle strade, più ebrei che mai nella stampa, più ebrei che mai al Foro, più ebrei che mai alla Sorbona, più ebrei che mai a Medicina, più ebrei che mai al Teatro, Opera, ai Francesi, nell’industria, nelle Banche. Parigi, la Francia più che mai consegnate ai massoni e agli ebrei più insolenti che mai. […] (p.62)
Sia i soldati che le elites finiscono per adattarsi al modello di vita inculcato loro dall’ebreo. Le elites in particolare, devono fare il liceo, laurearsi, diventare insensibili, cinici…
[…]Bisogna prima di tutto andare a scuola. Passare la maturità…[…] Uscire da tutto questo laureato… Già tanto carogna in piccoli lumi, ciarlone del prò e del contro. Il rudimento della cialtroneria… lo scetticismo elementare…[…] grazie all’istruzione infrigidante, razionale e papirizzata… Ecco l’adolescente di élite a posto per i centomila profitti, ben difeso contro la sua giovinezza, contro le cotte della sua età… avendo ben assorbito la morale di mamma e papà… l’orrore per la spontaneità… il disonore del sacrificio… […] (p.66)

 

[…]Che tutto quanto è ariano vi esasperi! che tutto quel che non è ebreo vi imporpori di vergogna e di orrore, che è un fatto istantaneo in voi, che non c’è bisogno di pregarvi, che non si è mai potuto sorprendervi se non con rutti appena fiutate che non è ebreo. […] (p.70)
Una nazione che si sia preservata dalla contaminazione razziale può risollevarsi anche da una disfatta bellica, ma non è il caso della Francia…
E i disastri militari? Le occupazioni del nemico? Che nedite bello spavaldo? Nessuna importanza. Una nazione prolifica, ardente, si rialza in modo ammirevole dalle più grandi batoste militari, dalle più crudeli occupazioni, ma solo ad una condizione, questa condizione assolutamente essenziale, mistica, quella di essere rimasta fedele attraverso vittorie e rovesci agli stessi gruppi, alla stessa etnia, allo stesso sangue, agli stessi ceppi razziali, non imbastarditi, quelli che l’han fatta trionfare, sovrana, ai tempi di prove e di conquista, di essersi malgrado tutto preservata dalle fornicazioni di razze basse, dall’inquinamento ebraico soprattutto, berbero, afro-levantino, dai putrefattori-nati dell’Europa.
Ha soggiaciuto ai filtri, ha inclinato alla gentaglia di dappertutto? Da questo momento non c’è più salvezza, ogni paese contaminato ebraico degenera, languisce e sprofonda, la guerra non lo uccide, gli dà il colpo di grazia. (pp. 75-76)
La borghesia è totalmente ebraizzata…
Il Borghese, lui, se ne frega, quel che vuole è conservare lasua grana, i suoi « Royal Dutch », i suoi privilegi, la suasituazione e la Loggia dove si procura relazioni così belle, quelle che vi collegano al Ministero. In definitiva è ebreo perché è l’ebreo che ha gli ori, che ha il Vitello più bello nel suo Tempio. Son cose che non si discutono nemmeno!… che van da sé una volta per tutte!… E putti putti… Il solo vero rimpianto del borghese è di non essere nato ebreo, ebreo fino in fondo, da sempre, mamma e papà. La vera nobiltà della nostra epoca. L’imita in tutto e per tutto, stesse opinioni, stesse fissazioni, stessi divi, stesse ripulse, stesse baldracche, stessi zibellini. Segue il corso giudaico come può.[…] (p. 78)
Così come lo è il proletariato…
L’operaio come se ne frega di essere ariano puro! meticcio o bistro! di discendere dai Goti o da Artù! purché la sua pancia non faccia pieghe! E proprio questo si profila… Ha ben altre gatte da pelare! Che cosa può importargliene a lui di essere di sangue puro o misto? Perché non marchese di Priola? duchessa di Gonesses? Son tutte storie di crucchi, pensate per rompere le scatole agli ebrei, razziarli, scuotere la loro grana. Sono vendette dell’Hitler che non ha potuto dominare il mondo, molto incazzato. Ci sono piccoli ebrei molto simpatici e Francesi che son carogne belle e buone, rimasugli nauseabondi.

Non è per niente una questione di razza. È una questione di classe. Tutti lo sanno… L’ebreo è amico dell’operaio, democratico, amico del progresso, partigiano della pubblica istruzione,del suffragio alle donne. È questo che conta! È ben diverso dal cagoulard. Un amico della libertà! È un perseguitato l’ebreo, un uomo che soffre per la sua religione! Una vittima delle dittature! Gli ebrei responsabili della guerra? Ecco ancora un’altra balla! Un’invenzione del Capitale per scagionare i veri colpevoli, gli uomini della quinta colonna. […]

(p.79)

La Francia è ebrea e massona…
La Francia è ebrea e massonica, una volta per tutte. Ecco quel che bisogna mettersi nella zucca, cari diplomatici! […]
La religione? Strumento ebraico per rabbonire gli ariani.
[…] L’ariano in realtà soccombe per grulleria. Ha abboccato alla religione, alla Leggenda tramata dagli ebrei espressamente per la sua perdita, la sua castrazione, la sua servitù. […] (p.85)
E non è tutto. Crimine dei crimini, la religione cattolica è stata attraverso tutta la nostra storia, la grande ruffiana, la grande imbastardatrice delle razze nobili, la grande procacciatrice dei rognosi (con tutti i santi sacramenti), la rabbiosa contaminatrice.
La religione cattolica fondata da dodici ebrei avrà giocato fino in fondo tutto il suo ruolo quando saremo scomparsi, sotto i flutti della turba enorme, del gigantesco lupanare asiatico che si prepara all’orizzonte.

Questa la triste verità, l’ariano non ha mai saputo amare, adulare che il dio degli altri, mai ha avuto religione propria, religione bianca.

Quel che adora, il suo cuore, la sua fede, gli son stati forniti in tutti i loro elementi dai suoi peggiori nemici.

È assolutamente normale che ne crepi, il contrario sarebbe un miracolo. (p. 86)
L’avidità domina la società…

 

 

I dannati della Terra da un lato, i borghesi dall’altro, hannoin fondo una sola idea, diventar ricchi o rimanerlo, è proprio lo stesso, il rovescio vale il diritto, la stessa moneta, lo stessopezzo, nei cuori nessuna differenza. È tutta trippa e affini.
Tutto per la pancia. Soltanto ce n’è di più avidi, di più agili, di più coriacei, di più fannulloni,di più stupidi, chi è nato con la camicia, chi no. Questione di sorte, di nascita.[…] (p.91)
Il popolo poi, è ormai corrotto e imborghesito…
Il popolo non ha ideali, solo bisogni. Cosa sono i bisogni? Sono che i loro prigionieri ritornino, che non ci sia più disoccupazione, trovare lavori per benino, aver la sicurezza, essere assicurati contro tutto, il freddo, la fame, l’incendio, avere le vacanze pagate, la pensione, la stima, la belote e il cicchetto, più il cinema e il « bois de rose », un temperamento carognosamente smoking e la motoretta d’occasione per le passeggiatine in famiglia. È un programma tutto in tema, da buona spanciata e minimo sforzo. È borghesia in embrione che non ha ancora trovato la sua sinecura. I più terribili sconvolgimenti non cambieranno il suo programma. È un sogno da insicuro, da contadino che non ha più la sua vacca, non ha più terra, più castagne, che si aggrappa a tutto quel che trova, che ha paura che il mondo gli manchi, che tutto gli frani tra le dita. Tutto questo dice tra sé è fantastico! cresce da solo, non durerà… Sarò pacifico solo da funzionario…[…] (p.92)
La rivoluzione si fa solo con i soldi.
Non basta la miseria a sollevare il popolo, le estorsioni dei tiranni, o le grandi catastrofi militari, il popolo non si solleva mai, sopporta tutto, anche la fame, mai una rivolta spontanea, bisogna sollevarlo, e con che cosa? Con la grana.

Senza oro niente rivoluzione. […]

Senza grana, niente pifferi, niente grancasse, niente sommosse di conseguenza.

Senza oro, niente rivoluzione! […]

Tutto insieme fa somme astronomiche! È uno spettacolo, bisogna dargli un prezzo, le spese di sommossa costan l’ira di Dio, ti rovinano! per spingere il branco a tutto delirio, che scuota le sue catene, la marmitta, la pentola Duratoli, che tutto si ribalti e anche il tiranno, che si sbudelli tutto nella gioia! la fratellanza riconquistata! la libertà di coscienza! il Progresso in marcia! Che sia l’enorme Opera, la più gigantesca di due tre secoli! che è un’altra vita che comincia! Ah! tutto questo è dispendioso! Al portento! Tutto un mondo di poliziottini da rimpinzare, ingozzare, far brillare, le Logge piene di questurini di ogni razza da foraggiare, sgualdrinelle da imbottire, ingrassocciare, intiepidire, vezzeggiare, che tutto ciò tarli l’edificio, squittisca e corroda a prezzo d’oro. Son parcelle a non finire. […][…]è una voragine di denaro far insorgere il popolino, è un perù che ti mobilita, il tesoro della « Shell » ci passa dentro. Senza oro niente rivoluzione. Il dannato mica è compiacente bisogna ungerlo e maledettamente bene, perché si lanci sulle barricate, perché cominci a fare il matto. Lui preferisce la vita in famiglia, l’autobus e il comizio bavoso. In fondo non gli piacciono le grane. È un perfetto conservatore, vien dalla terra, è nato Marmittone, non bisogna dimenticarlo. […]

[…]Senza oro le idee non son nulla. Bisogna versare l’oro a profusione, a moggia, a tonnellate, per sollevare il popolo. Chi non ne ha non fa insorgere nessuno. Oggi come ieri. Prima di tutto un accomandante! È la condizione prima dello spettacolo! E non un piccolo minchione smorfiosetto![…]

(pp. 93-94-95)

E proprio così è accaduto in Russia…
[…]Niente può riuscire senza oro, niente si conclude, ha successo, tutto svapora al primo soffio. Al minimo venticello contrario, al primo piccolo intrigo, tutto si dissipa e sparisce. Per trattenere gli uomini insieme, possederli in muta fedele, bisogna garantirgli la zuppa, il piatto regolare e abbondante […] (p.96)
[…]Senza banchieri nessuna agitazione di folla, nessuna emozione degli strati profondi, nessuno scatenamento passionale, niente Cromwell, e nemmeno Marat, niente fuga a Varennes, niente Danton, niente promiscuità, niente panzane. […] (p.97)

[…]Naturalmente si era in famiglia, Trotzky, Warburg, Loeb… banchieri ebrei… agitatori… poeti e contadini… Roba che chiedeva solo di incontrarsi, di servire in coro la buona causa, la sola che conta, quella dei giudei…[…] 

Lenin, Warburg, Trotzky, Rothschild pensano le stesse cose su tutto questo. Non un prepuzio di differenza è il marxismo al ioo per ioo. Banche, forzati, tutto assolutamente d’accordo. […]

Si sono intesi su due piedi, Warburg, la Banca e Trotzky. Era tutto nei presagi, un assegno presentato dal Tempo, New-York assicurava la copertura, 200 milioni di dollari oro per buttare all’aria l’impero dello Zar, rovesciare, battere Romanoff, e non 200 milioni fuoricorso, 200 milioni freschi e in contanti! Trotzky stesso fece il viaggio, presentò i suoi piani, la sua persona, i suoi complimenti, piacque subito per le sue idee ai Sigg. Schiff, Warburg e Loeb… […][…]Che bum!… Che partenza da tornado! Il piccolo partito bolscevico; che otto giorni prima era solo una penosa piccola cianfrusaglia, una stramberia appena per aria, una manciata di energumeni…; ah ve lo do io questo pallone gonfiato! Che tiro alle stelle!… Crescono stranamente dieci miliardi d’oro!… Vi divorano le Quotazioni! Incantano! Son dappertutto! Sfascian tutto! Kerensky tentenna, incespica, si evapora! Non si vede più!…[…]

(pp.98-99)

Il comunismo, cavallo di battaglia dell’ebreo, serve ad asservire ancor di più gli ariani.

Il Comunismo è il gran pallino, è il gran cavallo di battaglia dell’ebreo. […]

Lo spaccone ebreo, sporco idiota, fannullone, non saprà nemmeno cosa farsene del comunismo quando ce l’avrà. Abborraccerà, raffazzonerà tutto. Non potrà impedirselo, è nella sua natura. Giustizia sociale per l’ebreo? Lui l’imbroglione, il Faraone, lui che getta la polvere, il ruffiano nato dell’universo, l’isterico satrapo rifiuto d’Oriente, il bastardo di tutte le mistiche, l’incapace di tutti i mestieri, il parassita di tutti i tempi, l’impostore di tutti i traffici, il bruttoceffo diventato canaglia? […] È solo putrido, putrescente. Ha solo una cosa di autentico in fondo alla sua sostanza di porco, è il suo odio per noi, il suo disprezzo, la sua rabbia di farci crollare, sempre più in basso in fossa comune. Che cosa aspetta dal comunismo? Di pressarci ancora di più, di garrottarci ancora più da vicino nella prigione ebrea.
Tutti operai sì, ma sotto di lui! E per cosa fare? I suoi capricci, la sua fantasia, la sua apoteosi di falso negro. […] (pp.104-105)

I giornali antisemiti non servono a nulla, tanto il francese vuol solo eliminare il borghese, gli altri ariani come lui…

 

[…]son disgustosi tutti i giornali, detti ferocemente antisemiti, cos’è che cercano in fondo? Uno se lo chiede. Cos’è che vogliono? il posto dei giudei? Sistemare lì dentro le loro care persone? È deboluccio come programma. […] Il Francese prima di tutto se ne frega, pensa al carbone, alla disgrazia, al suo carbone, alla sua disgrazia personale, al suo piccolo carbone individuale, a nient’altro, del resto se ne frega, son delle idee, non ne vuole. Ha freddo, ha la pelle screpolata. Tutti questi giornali predicatoni-predicatori sono ottimisti. […] (p.106)
[…]Il popolo non è anti-ebreo, non è ebreofago, vuol divorare solo il borghese, il borghese che conosce bene, il suo ideale, il suo modello, il suo padrone diretto, che è dello stesso capoluogo cantonale, dello stesso paese, dello stesso villaggio, che parla il suo dialetto se possibile, il suo fratello francese che ha sfondato, è fratrofago il Francese, assolutamente non divoratore di ebrei. L’ebreo non è in questione, l’antisemitismo è una trovata, l’invenzione canagliesca dei borghesi e dei loro fautori, per sviare il povero popolo, i suoi troppo legittimi furori su un innocente. […] Ariano putrido non la più di ebreo, forse un po’ meno. […] (p.108).
[…]Per il popolo il Comunismo è il mezzo, il trucco per accedere a borghese su due piedi, alla vigliacca. Balzare nei privilegi, tranquillo, Pacifico una volta per tutte.[…] (p.110)
L’ebreo si trova bene in ogni situazione perché, istrionico, a tutto si adatta e tutto comanda.
L’ebreo accetta volentieri tutto quel che si vuole, sempre d’accordo con voi, a una condizione: 
Che sia sempre lui che comandi. 
È per la democrazia, il progresso, tutti i lumi, dal momento che ciò va nel suo senso. 
Grandi etichette e furfanteria.
La formula gli è proprio indifferente, si sbroglia sempre, purché sia lui che comanda, in definitiva, attraverso persone
interposte, attraverso missioni occulte, attraverso le banche, attraverso il suffragio universale, attraverso i semi-ebrei, attraverso i massoni, attraverso i matrimoni dinastici, tutto quel che si vorrà, pure i Soviet, purché sia lui che comandi.
Fabbrica altrettanto bene il suo grano nelle monarchie nordiche che nei Comintern calmucchi o nelle Logge del Messico. È a suo agio dappertutto purché sia lui che comandi, non abbandona mai i fili.

[…]

È un mimetico, una puttana, sarebbe dissolto da tempo a forza di trapassare negli altri, se non avesse l’avidità, ma la sua avidità lo salva, ha affaticato tutte le razze, tutti gli uomini, tutti gli animali, la terra è ora spossata, sfinita dalle sue trappolerie, non è ancora appagato, rompe sempre le scatole all’universo, al cielo, al Buon Dio, alle Stelle, vuole tutto, vuole di più, vuole la Luna, vuole le nostre ossa, vuole le nostre trippe in bigodini per installarle al Sabba, per imbandierare il Carnevale. È folle, da legare completamente, è solo un assurdo sporco idiota, un falso scimmione isterico, un impostore da serraglio, uno scocciante esagitato, uncinato ibridacelo da complotti. […] (pp.125-126)
Il comunismo è suo…
L’ebreo non ha paura di nulla… Ha paura proprio soltanto di una cosa. Del Comunismo senza gli ebrei.

La felicità senza Marx e i suoi figli… Questo sì che è la fine del mondo…

[…] (p.127)

 

Il mito del progresso industriale devasterà gli operai. Sono queste pagine, profetiche, di grandissima attualità. (Caso Fiat)
[…]L’intenzione è eccellente… ma bisogna pensare ai « non astratti », a quelli che sgobberanno sulla cosa… quelli che non sono negli uffici intenti ad ubriacarsi di statistiche, di grafici promettenti… Quelli che li eseguiranno i grandi progetti mirabolici, che si sobbarcheranno i tristi compiti nel fondo degli abissi di carbone… che si intontiranno a morte intorno ai trapani trafilatori nel baccanale acre delle fabbriche, tutta la vita nel tanfo d’olio caldo. Mica è divertente il tangibile… […] (p.128)
Chi va lì dentro per il proprio piacere? Sicuramente non i nostri cari visionari, i nostri gentili ardenti raddrizzatori, ben risparmiati dalla loro cultura, la loro bell’esperienza, la loro posizione.
La fabbrica è un male come i cessi, non è più bello, non meno utile, è una triste necessità della condizione materiale. Beninteso, non cincischiamo, accettiamo coraggiosamente la che vi si passano, che è la felicità essere operai, allora scusate! che sopruso abbietto! che impostura! che faccia tosta ributtante! che assassinio disinvolto! Equivale a definire i cessi un trono, è lo stesso genere di spirito, un abuso sporco. fabbrica, ma per dire che è spassosa, che sono ore eccezionali
Naturalmente non si può sopprimerla, la fabbrica essendo allora ammessa, quante ore bisogna passarci stando alle vostre chiacchiere turbinanti perché il lavoro sia compiuto? tutte le copiglie nei loro buchi, perché non rompiate più l’anima a nessuno? e perché tuttavia il lavoratore non crepi, che non diventi la sua tortura, un trita-uomo, uno svuota-midollo?… Ah! È una domanda così difficile… delicata al massimo. Se mi è permesso azzardare una parola d’esperienza, sul posto, e poi come medico, per anni, un po’ dappertutto sotto le latitudini, mi sembra a ben ponderare tutto quanto che 35 ore è il massimo per individuo e per settimana nel putiferio delle fabbriche, senza diventare completamente cretino.
Non c’è solo il chiasso delle macchine, dappertutto dove infierisce la costrizione è la stessa medesima cosa, imprese, uffici, negozi, il cicaleccio delle clienti è un rompitesta nauseante quanto un idroestrattore-frantumatore a benne, ovunque si obnubila l’uomo per farne un aiuto-materiale, un pompatore di profitti, è subito l’Inferno che comincia, 35 ore è già[…] discreto.
Bisognerebbe reimparare a danzare. La Francia è rimasta felice fino al rigodone. Non si danzerà mai in fabbrica, nemmeno si canterà mai più. Se non si canta più si trapassa, si smette di fare bambini, ci si chiude al cinema per dimenticare che si esiste, ci si mette in una tomba di illusioni, tutta nera, che è già morte, con lo schermo pieno di fantasmi, si è giàmolto giudiziosamente stecchiti, rattrappiti nelle poltrone, si acquista il permessino prima di penetrare, il permesso di rinunciare a tutto, davanti alla porta, subdoli defunti, di stravaccarsi in fossa comune, imbottita, magica, umidiccia.  (p.129-130)
La famiglia deve tornare la priorità per la Francia dove non si fanno più bambini. C’è bisogno di uguaglianza.

La Francia ha delle noie.Creperà per quasi tutto, per gli ebrei, per i massoni, per l’Inghilterra, per la disfatta militare, per il disperato battibecco celtico, per pretese cacochimiche, per l’odio degli uni contro gli altri, per l’egoismo capitalista, eccetera, ecciutera… Creperà perché manca di benzina, di cotone, di rame, e di frumento… Perirà infine soprattutto perché non produce più abbastanza bambini, è l’uovo di Colombo in effetti: niente più bambini, niente più Francia… Al tasso attuale è semplicissimo tra ventanni non ci sarà più gioventù… non ci saranno più da noi che

vecchi, enfisematosi vescicolari… […]

(p.131)

[…]la bestia. Parlate di un bel presente… Parlate di un allegro avvenire… soltanto lavoro, sacrifici, carognate a perdita d’occhio… Non è mica un programma eccitante… […] (p.132)
[…] bisogna ricominciare tutto dall’infanzia, per l’infanzia, per tutti i fanciulli. È di là che comincia il razzismo ed il vero comunismo pure, durante l’infanzia e non altrove con la gentilezza unanime, la voglia che tutta la famiglia sia bella, sana, viva, ariana, pura, redentrice, rallegrata di bellezza, di forza, non solo la vostra piccola famigliola, i vostri due, tre, quattro marmocchi, ma tutta la famiglia francese, l’ebreo in aria beninteso, espulso nelle sue Palestine, al Diavolo, nella Luna. Che importano i figli degli altri! È più che sufficiente allevare i propri! Ognuno vede arrivare mezzogiorno alla propria porta! Bisogna che cessi questo comportamento ributtante, una volta per tutte! che diventi incomprensibile questo quasi altrettanto cari, quasi altrettanto preziosi dei vostri, che pensiate anche a loro, come figli di una stessa famiglia, la il vero rovesciamento sociale, sono delle mamme papà dappertutto. Il resto è soltanto scocciature, trucchi all’abracadabra, egoismo da culla. Bisogna che i figli degli altri vi diventino vostra, la Francia tutta intera. È questa la felicità di un paese,
intrighi bizantini, buffonate d’orgoglio, stravolto, assolutamente contro natura, che posson finire solo in catastrofi. Razzismo è famiglia, famiglia è uguaglianza, è tutti per uno e uno per tutti. Sono i marmocchietti che non hanno denti che gli altri fanno mangiare la minestra. Nella sorte comune niente bastardi, niente reietti, niente rifiuti, nella stessa nazione, la stessa razza, né viziati né padroncini. Niente più sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Niente più dannati della terra. Basta. Niente più fannulloni, e neanche ruffiani, niente più cadì, niente più uomini con due, tre stomaci. Il marxismo è ben infognato, gli strappiamo la sua carta migliore: il cuore freddo degli uomini. È la famiglia che riscalda tutto, non è più la grana che la unisce, è la razza, non è più la grana che la divide, non ce n’è più. È tutto il paese ricreato familiarmente a 100 franchi al giorno. (p.133)

 

La scuola poi, tarpa le ali ai bambini, li rende mediocri, soffoca la loro creatività.
Ecco il prezioso adagio tutto da meditare.Voi dite: « Il popolo non ha nessun gusto! Gli piace solo il falso, la spazzatura… ».E dove avrebbe preso il proprio gusto? Non a scuola, non lo si impara. Ci si disinteressa del gusto, dell’entusiasmo, della passione, delle sole cose utili nella vita… A scuola si imparano solo sciocchezze raziocinanti, anemizzanti, mediocrizzanti, il modo di diventare ripetitore idiota. Guardate i bambini, nei primi anni… son tutta grazia, tutta poesia, tutta birichina vivacità… A partire dai dieci, dodici anni finita la magia dello spontaneo! mudati sospettosi sornioni cocciuti pelandroni, piccoli bricconi inavvicinabili, asfissianti, smorfiosetti perversi, ragazzi e ragazze, spettegoloni, irritati, stupidi, come mamma papà. Un fallimento! Quasi già vecchi perfetti all’età di dodici anni! Un capitombolo dalle stelle tra le nostre macerie e le

nostre melme!

Un disastro di incantesimo.

Quale la ragione? La pubertà? Ha le spalle ben larghe! No! Perché tirati su subito nella violenza, picchiati di primo acchito fin dalla scuola, la grande mutilatrice di giovinezza, la scuola avrà tagliato loro le ali al posto di aprirgliele belle grandi e più grandi ancora! La scuola non innalza nessuno alle nuvole, mutila, castra. Non crea uomini alati, anime che danzano, fabbrica sottouomini striscianti, che si interessano solo più a quattro zampe, di intrugli in scarichi segreti, di bidoni per le immondizie in acque di risciacquatura.

Ah! È davvero il crimine peggiore rinchiudere i bambini così durante cinque e dieci anni per insegnargli solo cose vili, regole per stordirsi meglio, trivializzarsi a gran forza, limitarsi

l’entusiasmo alle cose che si comprano, si vendono, si mangia- no, si combinano, s’installano, dilatano, esultano Capitale, con cui avvolgersi, trafficare, arrangiarsi, girarsi, laminare, saldare, in cento inferni meccanizzati, che si accumulano in depositi per rifilarli con gli utili… al formicolarne dei bruti da compera. Che farsa atroce! Strappare i bambini ai loro giochi, impastoiarli con cura attraverso esami impeccabili di nozioni sempre più utili, trasformare in piombo il loro argento vivo, imbullettarli sulle loro quattro zampe, che la bestia non saltelli mai più, che resti prosaica per sempre, truccata da urlare a morte, sotto cappa terribile, al punto di desiderare tutte le guerre per sbarazzarsi come può di un’esistenza che non è più tale, che è una specie di sopravvivenza di una gioia defunta da tempo, sotterrata viva a scuola.[…]

Volete ritrovare la spinta? la forza creatrice? allora prima condizione: Rinnovate la scuola! ricreate la scuola! non solo un pochettino… proprio nel senso di sottosopra!… (pp.136-137)
Tutto deve riprendere dalla scuola, nulla si può fare senza scuola, fuori della scuola. Ordinare, vezzeggiare, far sbocciare una scuola felice, gradevole, allegra, fruttuosa all’anima infine, niente affatto cupa e rattrappente, costipante, incrinata, malefica. […] 
Da dove gli viene questo gusto-catastrofe? prima di tutto, soprattutto dalla scuola, dalla prima educazione, dal sabotaggio dell’entusiasmo, delle primitive gioie creatrici, con l’affettazione declamatoria, la tronfiezza moralistica.
La scuola dei riempimenti ripetizioni, delle imbottiture di mucchi secchi ci conduce al peggio, ci scredita per sempre davanti alla natura e alle onde… Mai più imprese di pedanterie! fabbriche per tarpare i cuori! per appiattire l’entusiasmo! per sconcertare la gioventù! per non lasciarne uscire che noccioli, piccoli grumosi rifiuti d’impagliatura, incartapecoriti uso laurea, che non posson più innamorarsi di nulla salvo che di gramole-segatrici-frantumatrici a 80.000 giri al minuto. (p.138)
Il Progresso ha inaridito l’uomo…
Son d’accordo che c’è una forza maggiore, ci son dei mali necessari, delle meccaniche in certi casi, dei filobus, delle Ciclopompe, delle calcolatrici a motore, capisco le scienze esatte, le nozioni aride per il bene dell’Umanità, il Progresso in marcia… Ma vedo l’uomo tanto più inquieto perché ha perso il gusto delle fiabe, del favoloso, delle Leggende, inquieto al punto di urlare, perché adula, venera il preciso, il prosaico, il cronometro, il ponderabile. Ciò non è nella sua natura. Diventa pazzo, rimane altrettanto idiota. Si fabbrica perfino un’anima chimica con l’alcol a grandi dosi, per reagire contro l’angoscia, riscaldarsi gli acciai, drogarsi contro il monotono, si rovina, farfuglia, intristisce, rutta, lo portan via, lo incarcerano, lo rattoppano, lo raggiustano alla veloce, ritorna, è tutto da ricominciare… […]

[…]Lo rintronano di meccanica come i frati rintronavano di bigotterie i nostri padri, gli zoticoni, si butta sul moderno, va alla carica, dal momento che gli si parla di atomi, rifrazioni cosmiche o « quanti », crede di esser diventato duro come il ferro. È dispostissimo per ogni bandiera. […]Tutto ciò è un vasto imbroglio per abbindolare il nostro uomo, impoverirlo, disgustarlo della sua anima, della sua piccola canzone, che si vergogni, troncargli il piacere del sogno, stregarlo di garbugli, nel genere Mesmer, raggirarlo, convertirlo in treppiede della macchina, che rinunci al suo cuore, ai suoi gusti, muto di fabbrica, momento della fabbricazione, la sola bestia al mondo che non osa davvero più saltare di gioia, […] (p.140)

… e solo i negri lo libereranno…
Come vincerà il negro! Come verrà ad abolire tutta ‘sta roba! tutta questa freneticheria sinistra! lui l’Anti-macchina in persona! che sfascia tutto! non riaggiusta nulla! l’Anti-Ragione forza di natura! Avrà un bel calpestare tutto questo servitorame abbrutito, questi cani striscianti sotto telai!… (p.141)
La scuola va riformata.
Ci vuole un lungo e terribile sforzo da parte dei maestri armati del Programma per uccidere l’artista nel bambino. È una cosa che non si fa da sola. Le scuole funzionano per questo, sono i luoghi di tortura per la perfetta innocenza, la gioia spontanea, lo strangolamento degli uccelli, la fabbricazione di un lutto che trasuda già da tutti i muri, la iella sociale primitiva, la vernice che penetra dappertutto, soffoca, fa fuori per sempre ogni gioia di vivere. (p.144)

[…]Da cosa dipende tutto questo? dalla scuola, dai programmi.

La Salvezza dalle Belle Arti! Invece di imparare i participi e tanto così di geometria e di fisica mica divertente, bisogna solo rovesciare le nozioni, premiare la musica, i canti in coro, la pittura, la composizione soprattutto, le trovate di danze personali, i rigodoni particolari, tutto quel che dà profumo alla vita, leggiadra briosità, che porta lo spirito a fiorire, abbellisce le nostre ore, le nostre tristezze, ci assicura un po’ di felicità, di entusiasmo, di calore che ci eleva, ci fa attraversare l’esistenza, insomma su una nuvola. (p.145)

Bisogna riapprendere a creare, ad intuire umilmente, appassionatamente dalle sorgenti del corpo, dagli accordi plastici, dai rudimenti d’arte, i segreti di danza e musica, la catalisi di ogni grazia, di ogni gioia e la tenerezza per gli animali, per i più piccoli, per gli insetti, per tutto ciò che barcolla, vacilla, si affaccenda, cade, ruzzola, si trascina, si rialza, ricomincia di ciuffi in filo d’erba e di filo d’erba in azzurro, tutto intorno alla nostra avventura, così precaria, così mal disposta… […]

Durham…

Che il corpo riprenda gusto di vivere, ritrovi il suo piacere, il suo ritmo, il suo brio perduto, gli incanti del suo volo… Lo spirito lo seguirà bene!… Lo spirito è un corpo perfetto, una linea mistica prima di tutto, il tratto agile d’un gesto, un messaggio dell’anima, che meglio si sorprende si raccoglie al balzo, allo slancio di danza che sotto opprimenti indecifrabili volumi, borbottamento di testi, contesti, abbuffata d’analisi di pidocchi, tagliature di capelli in mille, sports seduti, emicranie, riemicranie e compagnia, da vomitare questo nero casino, nero su bianco, trippe e budella paralizzate di gravità, di orrori appresi immangiabili, barcollanti disgraziati, straziati da biblioteche, impantanati, soffocanti, terribili, sotto il vischio del sapere, sotto calcificanti mucchi di fienarola culturale. Ah! che maialesca diguazzata! […]

Invischiati in tal modo, cosa volete che diventino, senza ali, senza emozione, senza fervore? Bruti o mascalzoni, cafoni dappertutto, sornioni di fabbrica, pelandroni in bottega, ubriachi sui campi, bestie al cinema, passivi dappertutto, sempre più noiosi, annoiati, cadenti, oppressi?In ciascuno liberare l’artista! rendergli la chiave del cielo!

[…]

L’arte non conosce nessuna patria! Che sciocchezza! Che menzogna! Che eresia! Che proverbio ebreo!

L’arte non è che Razza e Patria! Ecco la roccia su cui costruire! Roccia e nuvole in verità, paesaggio d’anima. (pp.146-147)

[…]Vorrei che tutti i maestri fossero prima di tutto degli artisti, non artisti-rigoristi da formule, abbrutitoti di un nuovo genere, ma persone al corso del meraviglioso, dell’arte di riscaldare la vita, non di raffreddarla, di coltivare gli entusiasmi, non di appiattirli, l’entusiasmo il « Dio in noi », sui desideri della Bellezza superare colori ed arpe, uomini da raccogliere le magie che scaturiscono nell’infanzia.[…]

[…]La scuola deve tornare magica o sparire, irrigidita galera.

L’infanzia è magica.[…] (p.148)

Ci vuole uguaglianza, basta con i privilegi delle elites…

Delle élite così divoranti, dei mangioni, degli accaparranti, non ne abbiamo proprio bisogno. Poiché la loro forza è lo spirito, devono pur digiunare un pochettino, di tanto in tanto, le élite… Non dico che debbano vivere di acqua limpida e di salsefiche al setaccio, ma tuttavia bisognerebbe che pensino che non stanno lì solo per il lardo ed i massaggi sotto bagni tiepidi […]Bisognerebbe scegliere e subito… È l’ora delle purificazioni, c’è la moda dell’Uguaglianza. Se ci hanno giocato su i nostri massoni! imbandierato, cinto i nostri edifici, stregato i nostri monumenti! Bisognava pure che la cosa andasse a parare da qualche parte un giorno o l’altro, che scenda nell’esistenza, l’Uguaglianza.
Uguaglianza davanti alla fame, per tutti i viventi la stessa cosa, le 3000 calorie Standard, per il genio, per Beethoven, come per Putois Jules, sterratore. 
L’uguaglianza fisiologica, l’uguaglianza davanti al bisogno, la dannata materia essenziale, una volta per tutte, il tetto, la tavola, le babbucce, il latte dei bambini, il pasto unico, se è necessario, ma la stessa cucina, lo stesso calore per tutti, niente più pezzenti, niente panciuti, gente che salta i pasti, altri che si strozzano, che se ne esca, che non se ne parli più, che la faccenda sia regolata una volta per tutte. Niente più tergiversari, niente più perifrasi. Il tagliando umano di esistenza.  (p.153)
Latticello! Lo spirito prenderà tutto il suo slancio quando non si parlerà più del rancio, né di pullovers superdelicati, che tutto questo non sarà più un problema e soprattutto un motivo di invidia, di odio, di geloso furore. (p.154)
Le elezioni e il suffragio universale sono una farsa perché l’ebreo controlla tutto…

Suffragio universale? Ma sì! Assolutamente d’accordo! Soltanto se permettete: niente carro davanti ai buoi! Allontanate prima l’ebreo! Ha tutte le carte in mano, la grana e il revolver.Se si gioca bene siamo sistemati senz’altro! La cosa va da sé, belli fritti in anticipo. Ricordatevi della melma del 36! lo stiamo ancora mandando giù il Fronte Popolare! il filtro del giudeo! E non è finito! È amaro! Non c’è bisogno di dirvelo! Comunismo? A modo mio?

Ma certo! Beninteso! Soltanto se permettete: Niente carro davanti al bue! Prima espellete l’ebreo! Ha tutte le leve in mano, e tutto l’oro e tutta l’elite! Se lo palpate vi sistema! è regolato su un’ora precisa! Tutti i quadri son pronti, i manifesti, soffoca, accaparra tutto. Non respirate più. Simulatore, fannullone, sadico, abborraccione, fottitore maniaco, negroide, sarà inetto a costruire un chicchessia, sarà capace solo di torturare tutto, mettere sottosopra la bicocca, scopare le ragazzine, e poi basta e poi è tutto. Il parassita impazzito. Tutto il resto son miraggi, bindolerie, imposture di giudei.Sarà la botta della Spagna, mille volte peggio, e per nulla, di un’anarchia.

Quando tutto sarà solo più rovine, il negro spunterà, sarà la sua ora, sarà il suo turno, forse con il tartaro. Il negro il vero babbo dell’ebreo, che ha un membro ancora molto più grosso, che è il solo che s’impone in fin dei conti, arrivati alla fine delle decadenze. Basta guardare un po’ le nostre ragazzine, com’è che si comportano, che passano già dal giudeo al negro, sbarazzine, maliziose, esperte d’onde… (pp.159-160)

Il proletariato è ormai corrotto dall’ebreo…

[…]Solidarietà impossibile senza l’uguaglianza davanti ai dindi, prima di tutto. Ci si occuperà dello spirito in seguito, e della famiglia, e della patria, e del razzismo se volete, e di tutto il resto e del suo andamento… Tutto ciò è soltanto dell’accessorio, son fronzoli, brutti tiri più o meno… Ecco quel che pensa il buon popolo e non lo farete smuovere… Il popolo è un gran sornione, divenuto come voi e borioso, e diffidente, e vile, è passato tra le quinte, l’ebreo gli ha mostrato i trucchi. Un tempo era uomo di fede, e poi uomo di forza, dopo di ciò divenuto uomo di mano, attualmente è uomo di coda, critico e spettegolone su tutto. […](p.164)
L’incredulità è totale… Il proletario rivendica, non si occupa mica delle vostre storie, crede solo al suo ventre, crede che voi difendete il vostro, e poi basta e poi è tutto, che tutti gli appelli al buon cuore, alle forze morali, alla bellezza dei principi, alla riunione dei Francesi, sono ancora solo dei brutti tiri per abusare della sua ignoranza, […]

Vuol toccare i vostri dindi, vuole contarli insieme con voi…C’è solo questo che può rimetterlo in cammino… la vostra amata grana…

Mica è facile mettere insieme i rinnovamenti nazionali e la conservazione dei soldi…

(p.165)

Le ultime nove pagine del testo sono, di fatto, il capitolo di un libro che sfuma in una sorta di balletto.

 

 

 

Originale (a destra, più scura)  e copia fianco a fianco…
mea culpa la bella rogna louis-ferdinand celine-1 mea culpa la bella rogna louis-ferdinand celine-2