KAHLIL GIBRAN – IL VAGABONDO. LE SUE PARABOLE E LE SUE PAROLE


KAHLIL GIBRAN – IL VAGABONDO. LE SUE PARABOLE E LE SUE PAROLE
ACQUAVIVA – 2007

TRADUZIONE E CURA: Giuseppe D’Ambrosio Angelillo

Lo incontrai all’incrocio, un uomo con nient’altro che un mantello e un bastone, e un velo di pena sul volto. E ci salutammo l’un l’altro, e gli dissi: “Vieni nella mia casa, sii mio ospite.”[…]
E dopo una cena leggera ci radunammo attorno al fuoco e io gli chiesi circa i suoi vagabondaggi.
Ci raccontò molte facole quella notte e anche il giorno seguente, ma quelle che ora riferisco nascevano dal’amarezza dei suoi giorni nonostante lui fosse gentile, e queste favole sono di polvere e pazienza della sua strada. (p. 2)
E quando ci lasciò, dopo tre giorni, non ci parve che fosse partito un ospite ma piuttosto che uno di noi fosse rimasto in giardino e dovesse ancora rientrare. (p. 3)

PIANTO E RISO
Sopra la sponda del Nilo, in serata, una iena incontrò un coccodrillo ed essi si fermarono e si salutarono.
La iena parlò e disse: “Come ti va la giornata, Signore?”.
E il coccodrillo rispose dicendo: “Sta andando male per me. A volte, nella mia pena e nel mio dolore, piango, e le altre creature spesso dicono: “sono solo lacrime di coccodrillo”. E questo mi ferisce oltre ogni dire”.
Allora la iena disse: “Tu parli della tua pena e del tuo dolore: ma pensa a me, per un momento. Contemplo la bellezza del mondo, le sue meraviglie e i suoi miracoli, e rido assolutamente di gioia, io rido come ride il giorno. E allora la gente della giungla mi dice: “Non è altro che il riso di una iena”. (p. 14)

L’EREMITA E LE BESTIE

Viveva una volta tra le verdi colline un eremita. Lui era puro di spirito e candido d icuore. E tutti gli animali della regione e tutti gli uccelli del cielo venivano da lui a coppie, e lui parlava con loro. l’ascoltavano gioiosamente, e si radunavano vicino a lui, e non s’andavano finché non cadeva la sera, quando lui lasciava andare, affidandoli al vento e ai boschi con la sua benedizione.
Una sera, mentre stava parlando dìamore, un leopardo alzò la testa e disse l’eremita: “dolci parole d’amore. Dicci, signore, dov’è la tua compagna?”.
E l’eremita disse: “Io non ho una compagna”.
Un grande grido di sorpresa si levò dalla compagnia di bestie e di uccelli, ed essi cominciarono a dirsi l’un l’altro: “Come può lui parlarci di amore e di unione quando lui stesso non sa nulla?”. E silenziosamente disdegnati loro lasciarono da solo.
Quella notte l’eremita si distese sulal stuioa con la faccia per terra, e pianse amaramente battendosi le mani sul petto. (pp. 27-28)

IL FOLLE p. 78

Fu nel parco di un manicomio che incontrai un giovane ocn il volto pallido e bello e colmo di stupore.
E sedetti accanto a lui sulla panca, e dissi: “Perché sei qui?”.[…]
Per questo sono venuto qui. Lo trovo più sano. Qui almeno, posso trovare me stesso”. (p. 78)
E di scatto si volse verso me e disse: “Ma dimmi, anche tu sei stato guidato in questo posto dall’educaizone e dai buoni consigli?”.
E io risposi: “No, sono un turista”.
E disse: “Oh, tu sei uno di quelli che vive nel manicomio dall’altra parte del muro”. (p. 79)

LA TERRA ROSSA

Disse un albero a un uomo: “Le mie radici affondano nella terra rossa, e ti darà i miei frutti”.
E l’uomo disse all’albero: “Come ci assomigliamo. Anche le mie radici affondano nella terra rossa. E la terra rossa a te dà potere di donarmi il tuo frutto, e la terra rossa a me insegna a riceverlo rendendo grazie”. (p. 109)

LA VIA p. 152

Poi la donna gridò: “L’infinitamente piccolo ha ucciso mio figlio per volontà dell’infinitamente grande! E noi cosa siamo allora? Cosa siamo?”. […]
“Figlia mia, noi stessi siamo l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande; e siamo anche la via tra le due cose”. (p. 153)

TROVARE DIO
Due uomini stavano camminando nella valle, e uno dei due, puntando con il dito verso il fianco della montagna disse: “Vedi quell’eremo? Vive là un uomo che da molto tempo si è separato dal mondo. Cerca ogni cosa in Dio, e nientr’altro in cerca su questa terra”. E l’altro uomo disse: “Non troverà Dio finché non lascerà l’eremo e la solitudine del ritiro, e ritornerà nel nostro mondo per dividere gioia e dolore, per danzare con i nostri ballerini alle feste di nozze, e per piangere con uelli che piangono intorno alle bare dei nostri morti”.
E l’altro uomo ne era convinto in cuo suo, ma in dispetto nonostante la sua voncinzione lui rispose: “Sono d’accordo con tutto ciò che dici, però credo che l’eremita sia un uomo buono. E non può essere che l’assenza di un solo uomo buono sia meglio che non questa apparente bontà di molti?”. (p. 165)