JEAN-CLAUDE CARRIÈRE E UMBERTO ECO – NON SPERATE DI LIBERARVI DEI LIBRI

JEAN-CLAUDE CARRIÈRE E UMBERTO ECO – NON SPERATE DI LIBERARVI DEI LIBRI
JEAN-CLAUDE CARRIÈRE E UMBERTO ECO – NON SPERATE DI LIBERARVI DEI LIBRI

JEAN-CLAUDE CARRIÈRE E UMBERTO ECO – NON SPERATE DI LIBERARVI DEI LIBRI

BOMPIANI – Collana TASCABILI n. 433 – 2011

Traduzione di Anna Maria Lorusso

PREFAZIONE

Di Jean-Philippe De Tonnac p. 7

OUVERTURE: IL LIBRO NON MORIRÀ p. 15

[…] la sparizione del libro. (p. 15)

Delle due cose, l’una: o il libro resterà il supporto della lettura o ci sarà qualcosa che rassomiglierà a ciò che il libro non ha mai smesso di essere, anche prima dell’invenzione della stampa. (p. 16)

JCC: Hai ragione a sottolinearlo: non abbiamo mai avuto tanto bisogno di leggere e scrivere quanto ai giorni nostri. Non possiamo neanche servirci di un computer se non sappiamo leggere e scrivere. (p. 19)

NIENTE DI PIÙ EFFIMERO DEI SUPPORTI DUREVOLI p. 21

JCC: I nostri buoni, vecchi dvd andranno anche loro in malora, a meno che non conserviamo gli antichi apparecchi che ci permettono oggi di vederli.

È questa, del resto, una delle tendenze del nostro tempo: collezionare ciò che la tecnologia si forza di rendere fuori moda. […] non c’è niente di più effimero dei supporti durevoli. (p. 23)

Possiamo, dunque, ancora leggere un testo stampato sei secoli fa. Ma non possiamo più leggere, non possiamo più vedere, una videocassetta o un cd-rom vecchio di qualche anno appena. A meno che non conserviamo i nostri vecchi computer in cantina. (p. 24)

UE: Il culto della pagina scritta, e più tardi del libro, antico quanto la scrittura. (p. 28)

JCC: Senza elettricità, tutto è irrimediabilmente perso. Al contrario, potremo ancora leggere dei libri, durante la giornata, o la sera con una candela, quando tutta l’eredità dell’audiovisivo sarà scomparsa. (p. 29)

In ogni caso, se la memoria visiva e sonora del XX secolo andrà perduta con un enorme tilt elettrico, o in un qualsiasi altro modo, ci resterà comunque e sempre il libro. (p. 30)

Dunque la stessa questione si è posta per tutte le grandi culture: cosa si fa di una cultura minacciata? Come salvarla? E cosa salvare? (p. 31)

UE: Quando la salvaguardia è possibile, quando si trova il tempo di mettere gli emblemi di una cultura in un luogo sicuro, è più facile salvare il manoscritto, il codex, l’incunabolo, il libro, che la scultura o la pittura. (p. 31)

Dunque, se devo salvare qualcosa, di facilmente trasportabile e che ha dato prova di capacità di resistere agli oltraggi del tempo, scelgo il libro. (p. 34)

JCC: […] ogni nuova tecnica esige un nuovo linguaggio, tanto più difficile quanto più la nostra mene è formattata dall’uso dei linguaggi precedenti. (pp. 37-38)

La tecnologia non è in alcun modo una facilitazione. È un’esigenza. (p. 38)

I POLLI CI HANNO MESSO UN SECOLO PER IMPARARE A NON ATTRAVERSARE LA STRADA p. 39

CITARE I NOMI DI TUTTI I PARTECIPANTI ALLA BATTAGLIA DI WATERLOO p. 57

LA VENDETTA DEI FILTRATI p. 69

JCC: Quello che Internet ci dà è in effetti un’informazione bruta, senza alcuna distinzione, o quasi, senza controllo delle fonti o gerarchia. (p. 69)

Eravamo convinti che con la globalizzazione tutti avrebbero pensato allo stesso modo. Abbiamo il risultato completamente opposto: la globalizzazione contribuisce alla frammentazione del sapere comune. (p. 71)

UE: Torquato Accetto Della dissimulazione onesta. […] Accetto consiglia di non mostrarsi come si è, per proteggersi dall’invidia altrui. (p. 75)

I generi letterari o pittorici si creano per imitazione e influenza. (p. 79)

Il romanzo borghese è nato nel contesto di un’economia mercantile e si rivolge fondamentalmente a delle donne. (p. 80)

La grande epoca letteraria italiana è quella in cui i poeti lavorano presso i signori di città piccole come Firenze, Ferrara, e non Roma. (p. 85)

Torniamo alla nostra ipotesi. Quando lo stato è troppo potente, la poesia tace. Quando lo stato è in piena crisi, come era in Italia nel dopoguerra, allora l’arte è libera di dire quello che deve dire. (p. 88)

OGNI LIBRO PUBBLICATO OGGI È UN POSTINCUNABOLO p. 91

UE: A proposito di brutte, copie, vorrei ricordare un fenomeno legato ai cambiamenti culturali indotti dalle nuove tecnologie. Noi usiamo il computer ma soprattutto stampiamo come dei pazzi. Un testo di dieci pagine io lo stampo cinquanta volte. Ucciderò una dozzina di alberi, mentre prima dell’ingresso del computer nella mia vita non ne uccidevo neanche dieci. (p. 96)

Col computer, al contrario, stampo, correggo, integro le correzioni, stampo di nuovo e così di seguito. Cioè moltiplico le brutte copie. Così si possono avere duecento versioni dello stesso testo. (p. 97)

Ma torniamo ai libri antichi. I libri stampati circolavano soprattutto negli ambienti colti. Ma circolavano certamente molto più dei manoscritti che li hanno precedenti, e dunque l’invenzione della stampa rappresenta senza alcun dubbio un’autentica rivoluzione democratica. Non si possono concepire la Riforma protestante e la diffusione della Bibbia senza l’aiuto della stampa. Nel XVI secolo Aldo Manuzio avrà perfino la grande idea di fare dei libri tascabili, molto pi facili da trasportare. Non è mai stato inventato un mezzo più efficace, che io sappia, per trasportare informazione. Anche il computer, con tutti i suoi giga, deve comunque essere collegato a una presa elettrica. Col libro questo problema non c’è. Lo ripeto. Il libro è come la ruota. Una volta inventato, non si può fare di più. (p. 101)

UE: Ci sono diverse considerazioni che entrano in causa nella scelta di un’opera antica. Ci può essere il puro amore per l’oggetto libro. Esistono dei collezionisti che, avendo un’opera de XIX secolo ancora intonsa non ne taglieranno le pagine per niente al mondo. Si tratta di proteggere l’oggetto di quanto tale, di conservarlo intatto, vergine, esistono pii collezionisti che si interessano solo al tipo di rilegatura. Non sono interessati al contenuto delle opere che possiedono. Ci sono quelli che sono interessati agli editori e che cercheranno di mettere le mani sulle opere stampate da Manuzio, per esempio. Alcuni si appassionano solo a un titolo. Vorrebbero possedere tutte le edizioni della Divina commedia. Altri si limitano a un solo campo: la letteratura francese del XVIII secolo. Ci sono anche persone che formano la loro personale biblioteca intorno a un solo argomento. È il mio caso; io colleziono, come ho detto, tutto ciò che ha a che fare con la scienza falsa, strampalata, occulta, e con le lingue immaginarie. […]

Sono affascinato dall’errore, dalla malafede e dalla stupidità. (p. 108)

Il vero collezionista è interessato più alla ricerca che al possesso. (p. 110)

Conosco dei collezionisti (e teniamo presente che si colleziona di tutto, libri, francobolli, cartoline, tappi di champagne) che passano la vita intera a costituire una collezione completa e che, una volta che la collezione è finita, la vendono o la donano a una biblioteca o a un museo. (p. 111)

I collezionisti, i veri appassionati di libri, in generale non sono persone molto ricche. (p. 113)

DEI LIBRI CHE VOGLIONO ASSOLUTAMENTE ARRIVARE FINO A NOI p. 119

JCC: Quanti documenti preziosi, libri rari, sono stati consegnati alla distruzione per semplice distrazione, inavvertenza, negligenza? I negligenti forse hanno fatto più danni dei distruttori. (p. 120)

UE: Io vorrei ritrovare per me stesso, gelosamente, un altro esemplare della Bibbia di Gutenberg, il primo libro stampato. Mi interesserebbe che venissero ritrovate anche le tragedie perdute di cui parla Aristotele nella sua Poetica. Altrimenti, non vedo tanti altri libri dispersi di cui davvero sento la mancanza. Forse per la ragione che, se sono scomparsi, lo abbiamo detto, è perché forse non meritavano di sopravvivere al fuoco o all’inquisitore che li ha distrutti. (p. 123)

LA NOSTRA CONOSCENZA DEL PASSATO È DOVUTA A DEI CRETINI, DEGLI IMBECILLI O DEGLI AVVERSARI p. 137

UE: In effetti è preferibile non ricostruire mai il passato basandosi su una sola fonte. (p. 139)

JCC: Gran parte della nostra conoscenza del passato, che il più delle volte ci è arrivata dai libri, è dunque dovuta a dei cretini, degli imbecilli o degli avversari fanatici. È un po’ come se, sparite tutte le tracce del passato, non avessimo per ricostruirlo che le opere di questi folli della letteratura[…]. (p. 142)

È Paolo che ha separato il cristianesimo dal giudaismo e che si è rivolto ai “gentili”, vale a dire ai non ebrei. È lui il padre fondatore. (p. 143)

UE: La rinascita religiosa non è legata ai periodi di oscurantismo, al contrario. Fiorisce nelle ere ipertecnologiche, come la nostra, corrisponde alla fine delle grandi ideologie, a periodi di estrema dissoluzione morale. È in momenti come questi che abbiamo bisogno di credere a qualcosa. (p. 145)

UE: Ma i nazisti gridavano “Gott mit uns”, “Dio è con noi” e praticavano una religiosità pagana! Quando l’ateismo diventa religione di stato come in Unione Sovietica, non c’è più alcuna differenza fra il credente e l’ateo. Entrambi possono diventare dei fondamentalisti, dei talebani. Ho scritto altre volte che non era esatto dire che la religione è l’oppio dei popoli, come ha scritto Marx. L’oppio lo avrebbe neutralizzato, anestetizzato, addormentato. No, la religione è la cocaina del popolo. Essa eccita il popolo. (p. 146)

NIENTE FERMERÀ LA VANITÀ p. 149

ELOGIO DELL’IDIOZIA p. 161

UE: L’imbecille è colui che in un certo momento dirà esattamente quello che non dovrebbe dire è autore di gaffe involontarie. Lo stupido invece è diverso; il suo deficit non è sociale ma logico. (p. 162)

JCC: E poi c’è l’imbecillità patriottica, militarista, nazionalista, razzista. (p. 164)

UE: La difficoltà nel decidere se uno sia un cretino, uno stupido e un imbecille viene dal fatto che queste categorie rappresentano dei tipi ideali, sono degli Idealtipen, come direbbero i tedeschi. Ma il più delle volte troveremo nello stesso individuo una mescolanza delle tre attitudini messe insieme. La realtà è ben più complessa di questa tipologia. (p. 168)

UE: Quindi possiamo dire che l’imbecillità di un tempo non si esponeva, non si faceva riconoscere, mentre adesso offende le nostre giornate. (p. 174)

INTERNET O L’IMPOSSIBILITÀ DELLA DAMNATIO MEMORIAE p. 177

UE: Resto comunque convinto che nella società della globalizzazione siamo informato di tutto e possiamo agire di conseguenza l’Olocausto sarebbe stato possibile se Internet fosse esistita? Non ne sono sicuro. Tutti avrebbero saputo immediatamente cosa stava succedendo. La situazione è la stessa in Cina. (p. 177)

JCC: Ovviamente esistono molti modi di condannare un uomo, un’opera, una cultura, al silenzio e all’oblio. Ne abbiamo esaminati alcuni. La distruzione sistematica di una lingua, così come hanno fatto gli spagnoli in America, è evidentemente il modo migliore per rendere inaccessibile la cultura di cui quella lingua è espressione e poterle far dire in seguito ciò che si vuole. Ma abbiamo saputo che queste culture, che queste lingue, resistono. (p. 181)

UE: C’è dunque una soglia al di qua della quale l’informazione è percepita e una al di l della quale diventa solo un rumore di fondo. (p. 182)

LA CENSURA COL FUOCO p. 187

UE: […] il fuoco accidentale o volontario accompagna la storia del libro fin dalle sue origini. Sarebbe impossibile citare tutte le biblioteche che sono bruciate. (p. 187)

I gesuiti che andavano in Cina erano persone colte. Invece Cortès o soprattutto Pizarro erano dei macellai e i francescani che li accompagnavano consideravano gli indigeni delle bestie selvagge.

Ed ecco invece che in America Latina i francescani hanno fatto la parte dei bad guys, mentre i domenicani quella dei good guys. (p. 189)

JCC: Se vuoi che ci si ricordi di te, devi scrivere, scrivere e fare in modo che i tuoi scritti non scompaiano in qualche braciere. (p. 190)

Tutto questo per dire che le immagini, in cui vediamo spesso cose diverse da ciò che effettivamente mostrano, possono mentire ancora più del linguaggio scritto o delle parole. (p. 192)

UE: Esiste anche un’altra forma di censura di cui ormai possiamo essere vittime. Possiamo conservare tutti i libri del mondo, tutti i supporti numerici, tutti gli archivi, ma se si verifica una crisi della cultura che fa sì che tutti i linguaggi che abbiamo scelto per conservare quest’immensa cultura diventino d’un tratto intraducibili, allora questa eredità è irrimediabilmente perduta. (p. 193)

Il censore sa molto bene che non elimina tutti gli esemplari del libro condannato. Ma è un modo di erigersi a demiurgo, capace di consumare il mondo, e un’intera concezione del mondo, nel fuoco. L’alibi è rigenerare, purificare, una cultura che certi scritti hanno infettato. Non è un caso se i nazisti parlavano di “arte degenerata”. L’autodafé è una sorta di medicazione. (p. 194)

JCC: Bisogna conoscere la pericolosità di uno scritto per volerlo fare sparire. Inoltre il censore non è un folle. Non è bruciando alcuni esemplari di un libro messo all’indice che lo farà scomparire. Lui lo sa perfettamente. Ma il gesto resta simbolico. E, soprattutto, comunica agli altri: avete il diritto di bruciare questo libro, non esitate, è una buona azione. (p. 194)

TUTTI I LIBRI CHE NON ABBIAMO LETTO p. 203

UE: La verità è che tutti noi abbiamo a casa nostra decine, o centinaia, certe volte migliaia (se la nostra biblioteca è imponente) di libri che non abbiamo letto. (p. 204)

Leggevo per il gusto di leggere, qualunque cosa. È stata una delle grandi rivelazioni della mia infanzia. (p. 210)

JCC: Una biblioteca non è per forza formata da libri che abbiamo letto o che leggeremo un giorno; in effetti è molto importante precisarlo. Una biblioteca raccoglie i libri che possiamo leggere. O che potremmo leggere. Anche se poi non li leggeremo mai. (p. 214)

LIBRI SULL’ALTARE E LIBRI ALL’“INFERNO” p. 217

COSA FARE DELLA PROPRIA BIBLIOTECA QUANDO SI MUORE? p. 241

JPT: Vorrei dunque, se me lo permettete, parlare della sorte delle vostre biblioteche dopo la vostra scomparsa. (p. 241)

UE: Per quel che concerne la mia collezione, ovviamente non vorrei che venisse dispersa. La mia famiglia potrà donarla a una biblioteca pubblica o venderla attraverso un’asta. In questo caso, dovrebbe essere venduta nella sua completezza, a un’università. È questa l’unica cosa che mi interessa.

Una collezione di libri è un fenomeno masturbatorio, solitario, e si trovano raramente persone che possono condividere la tua stessa passione. (p. 242)

[…] è un vizio solitario. Per ragioni misteriose, l’affezione che possiamo avere per un libro non è in alcun modo legata al suo valore. Ho dei libri cui sono molto legato e che non hanno un grande valore commerciale.

Credo che solitamente si faccia confusione tra biblioteca personale e collezione di libri antichi. Io ho, fra la mia abitazione principale e le mie altre case, cinquantamila libri. Ma si tratta di libri moderni. I miei libri rari rappresentano milleduecento titoli. Ma c’è anche un’altra differenza. I libri antichi sono quelli che io ho scelto (e pagato), i libri moderni sono libri che ho comprato nel corso degli anni ma anche, e sempre di più, libri che ricevo in omaggio. Ora, benché ne dia moltissimi ai miei studenti, me ne restano comunque tanti ed eccoci alla cifra di cinquantamila. (p. 243)

INDICE p. 251