Il Voyage al cinema Come Céline immaginava l’inizio e la fine de Voyage au bout de la nuit, in un adattamento cinematografico.

 

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Il
Voyage al cinema
Come
Céline immaginava l’inizio e la fine de Voyage au bout de la
nuit
, in un adattamento cinematografico.
TRADUZIONE
Stefano
Fiorucci e Jeannine Renaux
Allora
ecco… Nel luglio ’14. Siamo in avenue du Rois. Ci sono tre parigini
assai nervosi. Delle donne dell’epoca, dell’epoca di Gyp. [Contessa
di Mirabeau-Martel NdT] E allora si sente, mio Dio, quello che
dicono. E passano nell’avenue du Bois, passano nel viale
dei
cavalieri,
un generale e il suo ufficiale di stato maggiore, che lo segue da
dietro, a cavallo. Allora, la prima delle donne, mio Dio mio Dio:
«Ah!
Dite dunque, il generale di Boisrobert, l’avete visto?

Si, l’ho visto. – Mi ha
salutato, cred
o?
– Si, si, vi ha salutato. Io non l’ho riconosciuto.
Non
m’interessa, sapete. – Ma l’ufficiale di stato maggiore, è il
piccolo Boilepère, oh, è venuto l’altro ieri, è pesante,
fate
finta di non
vedere, non
badateci,
non
badateci.
Sapete, ci ha parlato delle grandi manovre di Mourmelon! Oh, mi ha
detto, è la guerra,
me ne
vado, parto… Ci
stufa,
vero?,
con la guerra…
»
Allora
si sente una musica in lontananza, una musica altisonante, guerresca.

Credete, si, veramente?

Oh si, con questa guerra, ci
scocciano, mia cara amica. Le sfilate militari tuttavia, la sera,
hanno l’aria di che? È una balera, non è possibile… À Longchamp,
l’ultima volta, ho visto i soldati con bourguignotte, specie di
caschi, è incredibile, è molto brutto, si imbruttiscono, è questo
che loro chiamano fare la guerra. È ridicolo, no?, ridicolo. Oh, si
si si, è ridicolo… Oh, tieni, ecco lì l’addetto dell’ambasciata
di Spagna? Anche lui parla di guerra, picc
ina
mi
a,
è spaventoso, oh sono stufa dunque, preferisco andare a caccia di
fagiani. Guerre in quest’epoca è ridicolo, infine, è inco
ncepibile,
no veramente,
non son da
credere cose simili, hanno dei ritornelli imbcilli, davvero no,

è da Maurice Chevalier, è troppo divertente del resto, fa ridere
ovunque.
Ecco,
si, è tutto.

Ah, parlatemi piuttosto della battaglia dei fiori. La
battaglia dei fiori? Questa si, era carina, era graziosa dappertutto.
Ma ora partono per la guerra, questo, è idiota no?, non è possibile
non può durare.
Si,
bene, allora lì abbiamo un alzamento di sipario, siamo entrati nella
guerra. Bene. In quel momento lì
potete partire
detro
Parigi
presentando un
autobus
, ci sono delle vedute
sor
prendenti,
l’autobus che scende verso il bivio Drouot, l’autobus fa a quel punto
un galoppo, è divertente da guardare, l’autobus Madeline-Bastille, a
tre cavalli, ah si prendete questa veduta. Giusto, bene. Allora a
quel punto rientrare nei paesaggi. Prendete i paesaggi che sono nel
Voyage. Bisogna
rileggere il Voyage – questo è noioso. Bisogna trovare nel
Voyage delle cose che esistono ancora. Il passage Choiseul
potete certamente prenderlo. Ma
ci sarà Épinay, la salita d’Épinay,
ci
sarà

ancora… Suresnes, potete prendere, ma non sembra già più quello
che era… e poi potete prendere le Tuileries, potete prendere la
piazza Louvois, le stradine, questo, è da vedere,
quello
che
va bene
con
i vostri affari.
E
poi, c’è la mobilitazione. Bene. A quel punto rientrate nel Voyage.
Là dunque, è dove i protagonisti del Voyage partono per la
guerra, fa parte del grande film. Servono soldi per questo…
Poi
dunque, la fine.
Allora
lì vi lascio una parte immaginaria, e poi potete rappresentare,
forse un paesaggio della Mosa, là dove del resto ho iniziato la
guerra, un po’ le Fiandre, bene, benissimo, non avete che da vedere,
è evocativo, e poi molto dolcemente cominciate a far partire quel
rombo di cannonata.
Quello
che caratterizzava la guerra, per quelli del ’14, quando arrivavano
al fronte, è la cannonata, da ambo le parti? Era un rombo Blom
belolom belom, che era una specie di mola al cui fondo passava
l’epoca. Vale a dire che lì, davanti a voi, avevate la linea del
fuoco, ed è là che si andava a crepare, è là che la gente andava
a morire. Bene e allora è lì che bisognava caricare alla baionetta,
ma si riduceva grosso modo al fuoco e agli incendi. Il fuoco, poi
bruciava. I villaggi bruciavano, tutto bruciava. Il fuoco poi la
carneficina.
Immaginate,
come potete, datevi da fare. È lì che conto sul piccolo Descaves.
C’è bisogno di una musica che accompagni questo rumore di cannonata.
Boh, una musica assai sinistra, molto wagneriana, assai profonda, e
questo può prenderlo dalle biblioteche, per questo. Una musica che
accompagna tutto. Pochissime frasi. Pochissime parole. Anche nella
grande storia, anche nei trecento milioni. La cannonata. Belombelom
Bon, tactactac. Delle mitragliatrici, ce n’erano già. Dal mare del
Nord alla Svizzera c’era una linea di quattrocentocinquanta
chilometri che non smetteva di uccidere l’uomo, da ambo le parti. Ah,
beh si, il tipo che arrivava là, diceva, è là che succede, è la
ghigliottina; insomma. È là che ci si massacrava. Non è
un’invenzione! Ne son morti un milione e settecentomila. Non un
pochino! Con delle ritirate, delle avanzate e delle ritirate,
esplosioni più potenti, cannoni grossi, piccoli, non molti aerei,
no, potete rappresentare un aereo lontano, non era molto, no, quello
che si temeva, era la cannonata molto chiara. I Tedeschi, loro,
avevano dei grossi cannoni che erano una grossa sorpresa per
l’esercito francese, dei 105, non se ne avevano. Bene. E biciclette
che si piegavano, che si smontavano.
Allora,
per finire la storia, il
Voyage,
vedete, finisce, ben
e,
finisce come può,
insomma,
ma allora, appunto, c’è una fine, una conclusione, una firma del
Voyage, viva,
dunque.
Il libro termina con parole filosofiche, così finisce
per il libro, ma non per il cinema. Allora al cinema ecco qui.
Immagino un finale: questo qui. C’è un vecchio – è
Simon nel mio spirito – che è il guardiano del cimitero, del
cimitero militare. Bene, è vecchio, ora, ha settanta anni, non ce la
fa più. Bene allora il direttore del cimitero militare, che è
conservatore, un giovane gli ha notificato che è tempo di
andarsene… Ah,
dice, vorrei
tanto, non
chiedo di meglio
dato che non ce la faccio più ad anadarci…
Perché ecco, si
è costruito per lui una capanna, nei dintorni di Verdun, insomma,
una capanna, e allora, di questa capanna Adrian, una baracca Adrian
che gli hanno lasciato, fa al tempo stesso anche un po’ da bar, e poi
ha un grammofono, ecco, d’epoca, eh!, allora, nel bar, ebbene dà da
bere alle persone e dice, racconta la sua storia, a molte persone, e
si vede il bar, e allora ci sono delle persone che vengono, ce ne
sono molte che venivano, ma che non vengono più, per visitare le
tombe dei cari morti, ma dopo tutto le tombe dei cari scomparsi, lui
si sente molto vecchio, eh!, e poi per andarci è assai difficile, è
così difficile che non ci va più, lui, perché dice sono troppo
vecchio, non posso più, muovermi. Fare tre chilometri attraverso le
colline, è merdoso, è impossibile, ritorno morto, no?, posso più,
posso più, ah, no. Allora ha l’occasione di dire questo, perché il
custode del cimitero ha trovato qualcuno per rimpiazzarlo. E poi chi
è quersto qualcuno per sostituirlo? Beh, sono degli… ci sono degli
armeni. Una famiglia d’armeni. C’è un padre, una madre, e cinque
bambini. E perché sono là? Perché erano in Africa come fanno tutti
gli Armeniani (sic), e li hanno cacciati fuori dall’Africa, e gli
hanno detto andate a rifugiarvi lassù, troverete un cimitero, ci
sarà un uomo che leva le tende e andrete a sostituirlo. Ah, poi
dice, è giusto, perché i figli sono malati, l’Africa è del resto
troppo calda per loro. Così Simon li riceve. Il guardiano del
cimitero. Ha il suo berretto, tutto qui. – Bene, dice, mi
sostituirete, insomma qui sapete, non avrete caldo, eh? È bene se
vorrete fare un po’ di fuoco voi stessi, cercare un po’ di legna.
Allora il bosco è una pentola con la quale fa il suo fuoco, ma dice:
– Io, non posso più reggere, perché ho bisogno di camminare. In
passato, c’erano degli americani… Ci sono sempre degli americani,
anche, là in mezzo, vedrete, li troverete… allora, io, voglio
condurvi fino all’ingresso da cui si passa, non è lontano, è appena
ad un chilometro, ma io non ce la faccio più… – perché zoppica,
anche, no?, zoppica, – io sono mutilato, mutilato del ’14 all’ottanta
per cento, conta! Bene me ne andrò da mia sorella. Era una bella
stronza. Dimora ad Asnières! Era una troia, lo so! Mi dice di
andare, mi dice di andare ma non so se andrò d’accordo con lei, io,
ora, non la vedo da trenta anni, era una persona stronza, dev’esser
ancora più stronza ora. È sposata, mi dice che hanno una camera,
forse, bene si hanno una camera, non so quello che farò là,
insomma, non posso restare lì, no?, non posso fare il lavoro, posso
più. Non ce n’è molto di lavoro, ora, ce ne sono due, tre, che
vengono, ce n’erano, in passato ce n’erano un sacco che venivano, per
il ricordo, dei francesi, degli inglesi, c’era di tutto, là dentro,
laggiù, ma vedrete, mi si dice, ah, dovete rimettere le croci, bene,
ce ne sono di quelle cadute, ovviamente, il tempo ha fatto il suo
lavoro, le croci non possono tenere per sempre, allora ho rimesso
delle croci come ho potuto per tanto tempo poi ora ci vado più, ah,
no, non posso andarci, dopo mi corico capite, non posso più, be,
coricarmi qui, eh, non è molto divertente, poi non ho nessuno,
allora, vengono, e appunto c’è una donna che viene, un’americana,
un’americana molto vecchia che dice, beh,: – Vorrei vedere il mio
amico John Brown, il mio caro zio che è morto, là, c’è? – Oh, dice
lui, è nei registri, aspettate vado a controllare, ah, vi mostro il
registro, là, – le mostra il registro, e dice – Ah, lo tenevo
bene, bisogna essere giusti, eh, vediamo, Brown, Brown, Brown. Ah,
si, si, si, si, si. Oh, be sapete, è al cimitero Fauvettes, laggiù,
signora, è difficile da trovare ora.
No, no, tenete, lui, là,
con sua moglie e i figli, è divertente, le terre, lo rimetteranno in
ordine; e poi allora, capite, io non posso, ve lo dico, questo non
vale la pena, signora, vi assicuro che vi impegnerete lì dentro, eh
beh sapete, per ritrovarlo, è lì, nel mio registro, ma è da troppo
tempo che non sono andato a vederlo, l’americano, è molto lontano,
almeno due chilometri e mezzo da qui, no, no, lo faranno, loro… Ma
posso offrirvi quello che ho, ho della granatina, del limone… Oh,
avete biosgno di un piccolo caffè, ah, si, un caffettino, non si
rifiuta, questo, vi faccio un caffettino… Allora fa un caffettino,
no?, sente la femmina. Insomma, dice, vedete, mia sorella, là ad
Asnières, prendete caffé, prendete caffé?… Non so se lei lo sa
fare, dopotutto. Una carogna, oh, questo, lo dico. Insomma, non so
che ci vado a fare, giuro, io, insomma devo pure andarmene. Ah! Non
abbiate paura (perché gli altri hanno un po’ la tremarella). Oh, non
fa caldo, qui, ma per aver caldo non avete che da mettere della
legna… è semplicissimo. Ah, andate a vedere, non è divertente,
ecco, un po’ di musica. Ah, era bello, quel grammofono lì, è
perfetto, vero?, ah, era d’epoca, era molto bello, era un… Allora
tira fuori un coso a mano, e mettono su i dischi dell’epoca, ma
dell’epoca, capito?, – Viens Poupoule! Ma Tonkinoise! – Ah, questo,
è più divertente, ah, potrete fare questo tutta l’estate sapete,
ritornerà la gente quando avranno un po’ sgombrato, è questione di
mettercisi, no? Ebbene signora, ritornate? Ve ne andate a Parigi?
Avete una vettura? Ah, dite dunque, mi converrebbe, mannaggia,
ritornare in vettura…
Intervista
raccolta al magnetofono da Jean Guénot e Jacques Darribehaude.