GIUSEPPE UNGARETTI – VITA DI UN UOMO. Tutte le poesie
MONDADORI – OSCAR MODERNI – 2017
Testi secondo l’edizione “Meridiani” 2009 a cura di Carlo Ossola
STUDI SU UNGARETTI p.VII
UNA PERPETUA POESIA MAGGIORE
Di Leone Piccioni p.IX
SULLA FORMAZIONE DELLA POESIA DI UNGARETTI
Di Giuseppe De Robertis p. LI
PREMESSA AL «SENTIMENTO DEL TEMPO»
Di Alfredo Gargiulo p.LXVII
LE ORIGINI DELLA «TERRA PROMESSA»
Di Leone Piccioni p.LXXI
SUGLI AUTOGRAFI DEL «MONOLOGHETTO»
Di Piero Bigongiari p.CIX
CONOLOGIA
Di Leone Piccioni p.CXXXIX
AVVERTENZA p.CXLV
GIUSEPPE UNGARETTI
VITA D’UN UOMO
Tutte le poesie
RAGIONI D’UNA POESIA
Di Giuseppe Ungaretti p.5
L’ALLEGRIA
1914-1919 p. 39
ULTIME
Milano 1914-1915 p. 41
ETERNO
Tra un fiore colto e l’altro donato
l’inesprimibile nulla p.43
TAPPETO
Ogni colore si espande e si adagia
negli altri colori
Per essere più solo se lo guardi p.46
NASCE FORSE
NASCE FORSE p. 11
C’è la nebbia che ci cancella
nasce forse un fiume quassù
Ascolto il canto delle sirene
del lago dov’era la città p. 47
AGONIA
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perchè di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato p. 48
CASA MIA
Sorpresa
dopo tanto
d’un amore
Credevo di averlo sparpagliato
per il mondo p. 50
IL PORTO SEPOLTO p. 57
IN MEMORIA
[…]
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono p. 59
[…]
E forse io solo
so ancora
che visse p. 60
IL PORTO SEPOLTO
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto p. 61
LINDORO DI DESERTO
[…]
Allibisco all’alba
Mi si travasa la vita
in un ghirigoro di nostalgie
Ora specchio i punti di mondo
che avevo compagni
e fiuto l’orientamento
Sino alla morte in balia del viaggio
Abbiamo le soste di sonno. p. 62
VEGLIA
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato
alla vita. p. 63
A RIPOSO
A RIPOSO p.64
Chi mi accompagnerà pei
campi
Il sole si semina in
diamanti
di gocciole d’acqua
sull’erba flessuosa
Resto docile
all’inclinazione
dell’universo sereno
Si dilatano le montagne
in sorsi d’ombra lilla
e vogano col cielo
Su alla volta lieve
l’incanto si è troncato
E piombo in me
E m’oscuro in un mio nido p. 64
FASE D’ORIENTE
[…]
Chiudiamo gli occhi
per vedere nuotare in un lago
infinite promesse
Ci rinveniamo a marcare la terra
con questo corpo
che ora troppo ci pesa p. 65
ANNIENTAMENTO
[…]
e mi trasmuto
in volo di nubi
Appieno infine
sfrenato
il solito essere sgomento
non batte più il tempo col cuore
non ha tempo né luogo
è felice
Ho sulle labbra
il bacio di marmo p. 68
DANNAZIONE
Chiuso fra cose mortali
(Anche il cielo stellato
finirà)
Perchè
bramo Dio? p.73
DESTINO
Volti al travaglio
come una qualsiasi
fibra creata
perché ci lamentiamo noi? p.76
FRATELLI p.77
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli p. 77
SONO UNA CREATURA
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
cos’ totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo p.79
IN DORMIVEGLIA
Assisto la notte violentata
L’aria è crivellata
come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle trincee
come le lumache nel loro guscio
Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia p. 80
I FIUMI
I FIUMI p.81
Mi tengo a quest’albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell’universo
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
Ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano
la rara
felicità
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere dell’inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre pp. 81-83
MONOTONIA
Fermato a due sassi
languisco
sotto questa
volta appannata
di cielo
Il groviglio dei sentieri
possiede la mia cecità
Nulla è più squallido
di questa monotonia
Una volta
non sapevo
ch’è una cosa
qualunque
perfino
la consunzione serale
del cielo
E sulla mia terra affricana
calmata
a un arpeggio
perso nell’aria
mi rinnovavo p. 85
LA NOTTE BELLA
[…]
Sono stato
uno stagno di buio[…]
Ora sono ubriaco
d’universo p. 86
SAN MARTINO DEL CARSO
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non m’è rimasto
neppure tanto
Ma nel mio cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato p.89
ATTRITO
Con la mia fame di lupo
ammaino
il mio corpo di pecorella
Sono come
la misera barca
e come l’oceano libidinoso p.90
PERCHÉ?
Ha bisogno di qualche ristoro
il mio buio cuore disperso
Negli incastri fangosi dei sassi
come un’erba di questa contrada
vuole tremare piano alla luce
Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell’improvvisa strada
di guerra
Da quando
ha guardato nel viso
immortale del mondo
questo pazzo ha voluto sapere
cadendo nel labirinto
del suo cuore crucciato
Si è appiattito
come una rotaia
il mio cuore in ascoltazione
ma si scopriva a seguire
come una scia
una scomparsa navigazione
Guardo l’orizzonte
che si vaiola di crateri
Il mio cuore vuole illuminarsi
come questa notte
almeno di zampilli di razzi
Reggo il mio cuore
che s’incaverna
e schianta e rintrona
come un proiettile
nella pianura
ma non mi lascia
neanche un segno di volo
Il mio povero cuore
sbigottito
di non sapere pp. 93-94
ITALIA
Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni
Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti
maturato in una serra
Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia
E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre p. 95
COMMIATO
[…]
Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso p.96
NAUFRAGI p. 97
ALLEGRIA DI NAUFRAGI p.99
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di marep. 97
NATALE
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare p.100
SOLITUDINE
Ma le mie urla
feriscono
come fulmini
la campana fioca
del cielo
Sprofondano
Impaurite. p. 102
MATTINA
M’illumino
d’immenso p.103
DORMIRE
Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve p.104
INIZIO DI SERA
La vita si vuota
in diafana ascesa
di nuvole colme
trapunte di sole p.105
LONTANO p.106
Lontano lontano
come un cieco
m’hanno portato per mano p. 106
SEMPRE NOTTE
La mia squallida
vita si estende
più spaventata di sé
In un
infinito
che mi calca e mi
preme col suo
fievole tatto p.109
UN’ALTRA NOTTE
In quest’oscuro
colle mani
gelate
distinguo
il mio viso
Mi vedo
abbandonato nell’infinito p.110
GIROVAGO p.119
GIROVAGO
In nessuna
parte
di terra
mi posso
accasare
A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che
una volta
già gli ero stato
assuefatto
E me ne stacco sempre
straniero
Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute
Godere un solo
minuto di vita
iniziale
Cerco un paese
innocente p.123
SERENO
Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo
Mi riconosco
immagine
passeggera
Persa in un giro
Immortale p. 124
SOLDATI
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie p.125
PRIME
Parigi-Milano 1919 p.127
L’AFFRICANO A PARIGI
[…]
.Chi dall’esultanza di mari inabissati in cieli scenda a questa città, trova una terra opaca e una fuligine feroce.
.Lo spazio è finito.
[…]
L’uomo lunatico che ora s’incontra, per innumerevoli strade disperso deve inquietarsi a mutare stupori dall’abbaglio fatuo che lo circonda e tutte le volte gli rinveniranno nell’animo la derisione tutt’al più, e le ferite della sua impazienza.
…Non saprebbe più mettergli paura, snaturato, la morte, ma senza scampo scelto a preda dall’assiduo terrore del futuro, tornerà sempre a lusingarsi de potersi conciliare
l’eterno se a furia di noiosi scrupoli un giorno indovinata nel brevissimo soffio la grazia fortuita d’un istante raro, vagheggi che in mente gliene possa a volte restare un qualche emblema non offensivo.
[…]
Dopo tutto tendono al caos.
Ah, vivre libre ou mourir! p.130
IRONIA p.131
Odo la primavera nei rami neri indolenziti. Si può seguire solo a quest’ora, passando tra le case soli con i propri pensieri.
E l’ora delle finestre chiuse, ma
questa tristezza di ritorni m’ha tolto il sonno.
Un velo di verde intenerirà domattina da questi alberi, poco fa quando è sopraggiunta la notte, ancora secchi.
Iddio non si dà pace.
Solo a quest’ora è dato, a qualche raro sognatore, il martirio di seguirne l’opera.
Stanotte, benchè sia d’aprile, nevica sulla città.
Nessuna violenza supera quella che ha aspetti silenziosi e freddi. p. 131
LUCCA
A casa mia, in Egitto, dopo cena, recitato il rosario, mia madre
ci parlava di questi posti.
La mia infanzia ne fu tutta meravigliata.
La città ha un traffico timorato e fanatico.
In queste mura non ci si sta che di passaggio.
Qui la meta è partire.
Mi sono seduto al fresco sulla porta dell’osteria con della gente
che mi parla di California come d’un suo podere.
Mi scopro con terrore nei connotati di queste persone.
Ora lo sento scorrere caldo nelle mie vene, il sangue dei miei morti.
Ho preso anch’io una zappa.
Nelle cosce fumanti della terra mi scopro a ridere.
Addio desideri, nostalgie.
So di passato e d’avvenire quanto un uomo può saperne.
Conosco ormai il mio destino, e la mia origine.
Non mi rimane che rassegnarmi a morire.
Alleverò dunque tranquillamente una prole.
Quando un appetito maligno mi spingeva negli amori mortali, lodavo
la vita.
Ora che considero, anch’io, l’amore come una garanzia della specie,
ho in vista la morte. p. 133
SENTIMENTO DEL TEMPO
1919-1935 p.137
PRIME p.139
O NOTTE
Dall’ampia ansia dell’alba
Svelata alberatura.
Dolorosi risvegli.
Foglie, sorelle foglie,
Vi ascolto nel lamento.
Autunni,
Moribonde dolcezze.
O gioventù,
Passata è appena l’ora del distacco.
Cieli alti della gioventù,
Libero slancio.
E già sono deserto.
Preso in questa curva malinconia.
Ma la notte sperde le lontananze.
Oceanici silenzi,
Astrali nidi d’illusione,
O notte. p.141
PAESAGGIO
[…]
Quel moto di vergogna delle cose svela per un momento, dando ragione dell’umana malinconia, il consumarsi senza fine di tutto.
NOTTE
Tutto si è esteso, si è attenuato, si è confuso.
Fischi di treni partiti.
Ecco appare, non essendoci più testimoni,
anche il mio vero viso, stanco e deluso. p.142
ALLA NOIA
Quiete, quando risorse in una trama
Il corpo acerbo verso cui m’avvio.
La mano le luceva che mi porse,
Che di quanto m’avanzo s’allontana.
Eccomi perso in queste vane corse.
Quando ondeggiò mattina ella si stese
E rise, e mi volò dagli occhi.
Ancella di follia, noia,
Troppo poco fosti ebbra e dolce.
Perché non t’ha seguita la memoria?
È nuvola il tuo dono?
È mormorio, e popola
Di canti remoti i rami.
Memoria, fluido simulacro,
Malinconico scherno,
Buio del sangue…
Quale fonte timida a un’ombra
Anziana di ulivi,
Ritorni a assopirmi…
Di mattina ancora segreta,
Ancora le tue labbra brami…
Non le conosca piú! pp. 146-147
LA FINE DI CRONO p.151
UNA COLOMBA
D’altri diluvi una colomba ascolto. p.153
LAGO LUNA ALBA NOTTE
Gracili arbusti ciglia
Di celato bisbiglio …
Impallidito livore rovina …
Un uomo, solo, passa
Col suo sgomento muto…
Conca lucente,
Trasporti alla foce del sole.
Torni ricolma di riflessi, anima,
E ritrovi ridente
L’oscuro…
Tempo, fuggitivo tremito… p.155
INNO ALLA MORTE
[…]
Amore, salute lucente,
Mi pesano gli anni venturi.
Abbandonata la mazza fedele,
scivolerò nell’acqua buia
senza rimpianto.
Morte, arido fiume…
Immemore sorella, morte,
l’uguale mi farai del sogno
baciandomi.
Avrò il tuo passo.
Andrò senza lasciare impronta.
Mi darai il cuore immobile
d’un iddio, sarò innocente,
non avrò più pensieri né bontà.
Colla mente murata,
coglie occhi caduti in oblio,
farò da guida alla felicità. pp. 157-158
DI LUGLIO
Quando su ci si butta lei,
si fa d’un triste colore di rosa
il bel fogliame.
Strugge forre, beve fiumi,
macina scogli, splende,
è furia che s’ostina, è l’implacabile,
sparge spazio, acceca mete,
è l’estate e nei secoli
con i suoi occhi calcinati
va della terra spogliando lo scheletro. p. 162
CON FUOCO
Con fuoco d’occhi un nostalgico lupo
Scorre la quiete nuda.
Non trova che ombre di cielo sul ghiaccio,
Fondono serpi fatue e brevi viole. p.169
FINE
In sé crede e nel vero chi dispera? p.172
PARI A SÉ
Va la nave, sola
Nella quiete della sera.
Qualche luce appare
Di lontano, dalle case.
Nell’estrema notte
Va in fumo a fondo il mare.
Resta solo, pari a sé,
Uno scroscio che si perde…
Si rinnova… p.173
SOGNI E ACCORDI p.175
OMBRA
Uomo che speri senza pace
Stanca ombra nella luce polverosa
L’ultimo caldo se ne andrà a momenti
E vagherai indistinto… p.180
AURA
udendo il cielo
spada mattutina,
ed il monte che gli sale in grembo,
torno all’usato accordo.
ai piedi stringe la salita
un albereto stanco.
dalla grata dei rami
rivedo voli nascere… p.181
STELLE
Tornano in alto ad ardere le favole.
Cadranno colle foglie al primo vento.
Ma venga un altro soffio,
ritornerà scintillamento nuovo. p.182
DUE NOTE
Inanella erbe un rivolo,
Un lago torvo il cielo glauco offende p.185
ROSSO E AZZURRO
Ho atteso che vi alzaste,
Colori dell’amore,
E ora svelate un’infanzia di cielo.
Porge la rosa più bella sognata. p.187
GRIDO
Giunta la sera
Riposavo sopra l’erba monotona,
E presi gusto
A quella brama senza fine,
Grido torbido e alato
Che la luce quando muore trattiene. p.188
QUIETE
L’uva è matura, il campo arato.
Si stacca il monte dalle nuvole.
Sui polverosi specchi dell’estate
caduta è l’ombra.
Tra le dita incerte
il loro lume è chiaro
e lontano.
Colle rondini fugge
l’ultimo strazio. p.189
SERA
Appiè dei passi della sera
Va un’acqua chiara
Colore dell’uliva,
E giunge al breve fuoco smemorato.
Nel fumo ora odo grilli e rane,
Dove tenere tremano erbe. p.191
LEGGENDE p.193
IL CAPITANO
Fui pronto a tutte le partenze.
Quando hai segreti, notte hai pietà.
Se bimbo mi svegliavo
Di soprassalto, mi calmavo udendo
Urlanti nell’assente via,
Cani randagi. Mi parevano
Più del lumino alla Madonna
Che ardeva sempre in quella stanza,
Mistica compagnia.
E non ad un rincorrere
Echi d’innanzi nascita,
Mi sorpresi con cuore, uomo?
Ma quando, notte, il tuo viso fu nudo
E buttato sul sasso
Non fui che fibra d’elementi,
Pazza, palese in ogni oggetto,
Era schiacciante l’umiltà.
Il Capitano era sereno.
(Venne in cielo la luna)
Era alto e mai non si chinava.
(Andava su una nube)
Nessuno lo vide cadere,
Nessuno l’udì rantolare,
Riapparve adagiato in un solco,
Teneva la mani sul petto.
Gli chiusi gli occhi.
(La luna é un velo.)
Parve di piume. p.195
LA MADRE
E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro. p.198
INNI p.205
DANNI CON FANTASIA p.207
Perchè le apparenze non durano?
Se ti tocco, leggiadra, geli orrenda,
Nudi l’idea e, molto più crudele,
Nello stesso momento
Mi leghi non deluso ad altra pena.
Perché crei, mente, corrompendo?
Perchè t’ascolto?
Quale segreto eterno
Mi farà sempre gola in te?
T’inseguo, ti ricerco,
Rinnovo la salita, non riposo,
E ancora, non mai stanca, in tempesta
O a illanguidire scogli,
Danni con fantasia.
Silenzi trepidi, infiniti slanci,
Corsa, gelose arsure, titubanze,
E strazi, risa, inquiete labbra, fremito,
E delirio clamante
E abbandono schiumante
E gloria intollerante
E numerosa solitudine,
La vostra, lo so, non è vera luce,
Ma avremmo vita senza il tuo variare,
Felice colpa?
LA PIETÀ
1
Sono un uomo ferito.
E me ne vorrei andare
E finalmente giungere,
Pietà, dove si ascolta
L’uomo che è solo con sé.
Non ho che superbia e bontà.
E mi sento esiliato in mezzo agli uomini.
Ma per essi sto in pena.
Non sarei degno di tornare in me?
Ho popolato di nomi il silenzio.
Ho fatto a pezzi cuore e mente
Per cadere in servitù di parole?
Regno sopra fantasmi.
O foglie secche,
anima portata qua e là…
No, odio il vento e la sua voce
Di bestia immemorabile.
Dio, coloro che t’implorano
Non ti conoscono più che di nome?
M’hai discacciato dalla vita.
Mi discaccerai dalla morte?
Forse l’uomo è anche indegno di sperare.
Anche la fonte del rimorso è secca?
Il peccato che importa,
se alla purezza non conduce più.
La carne si ricorda appena
Che una volta fu forte.
È folle e usata, l’anima.
Dio guarda la nostra debolezza.
Vorremmo una certezza.
Di noi nemmeno più ridi?
E compiangici dunque, crudeltà.
Non ne posso più di stare murato
Nel desiderio senza amore.
Una traccia mostraci di giustizia.
La tua legge qual è?
Fulmina le mie povere emozioni,
liberami dall’inquietudine.
Sono stanco di urlare senza voce.
2
Malinconiosa carne
dove una volta pullulò la gioia,
occhi socchiusi del risveglio stanco,
tu vedi, anima troppo matura,
quel che sarò, caduto nella terra?
È nei vivi la strada dei defunti,
siamo noi la fiumana d’ombre,
sono esse il grano che ci scoppia in sogno,
loro è la lontananza che ci resta,
e loro è l’ombra che dà peso ai nomi,
la speranza d’un mucchio d’ombra
e null’altro è la nostra sorte?
E tu non saresti che un sogno, Dio?
Almeno un sogno, temerari,
vogliamo ti somigli.
È parto della demenza più chiara.
Non trema in nuvole di rami
Come passeri di mattina
Al filo delle palpebre.
In noi sta e langue, piaga misteriosa.
3
La luce che ci punge
È un filo sempre più sottile.
Più non abbagli tu, se non uccidi?
Dammi questa gioia suprema.
4
L’uomo, monotono universo,
crede allargarsi i beni
e dalle sue mani febbrili
non escono senza fine che limiti.
Attaccato sul vuoto
Al suo filo di ragno,
non teme e non seduce
se non il proprio grido.
Ripara il logorio alzando tombe,
e per pensarti, Eterno,
non ha che le bestemmie. pp. 208-211
LA PREGIERA
Come dolce prima dell’uomo
Doveva andare il mondo.
L’uomo ne cavò beffe di demòni,
La sua lussuria disse cielo,
La sua illusione decretò creatice,
Suppose immortale il momento.
La vita gli è di peso enorme
Come liggiù quell’ale d’ape morta
Alla formicola che la trascina.
Da ciò che dura a ciò che passa,
Signore, sogno fermo,
Fa’ che torni a correre un patto.
Oh! rasserena questi figli.
Fa’ che l’uomo torni a sentire
Che, uomo, fino a te salisti
Per l’infinita sofferenza.
Sii la misura, sii il mistero.
Purificante amore,
Fa’ ancora che sia scala di riscatto
La carne ingannatrice.
Vorrei di nuovo udirti dire
Che in te finalmente annullate
Le anime s’uniranno
E lassú formeranno,
Eterna umanità,
Il tuo sonno felice. pp. 214-215
DANNAZIONE
Come il sasso aspro del vulcano,
come il logoro sasso del torrente,
come la notte sola e nuda,
anima da fionda e da terrori
perché non ti raccatta
la mano ferma del Signore?
Quest’anima
che se le vanità del cuore
e perfide ne sa le tentazioni
e del mondo conosce la misura
e i piani della nostra mente
giudica tracotanza,
perché non può soffrire
se non rapimenti terreni?
Tu non mi guardi più, Signore…
E non cerco se non oblio
Nella cecità della carne. p. 121
LA MORTE MEDITATA p. 123
CANTO PRIMO
O sorella dell’ombra,
Notturna quanto più la luce ha forza,
M’insegui, morte.
In un giardino puro
Alla luce ti diè l’ingenua brama
e la pace fu persa,
Pensosa morte,
Sulla tua bocca.
Da quel momento
Ti odo nel fliure della mente
Approfondire lontananze,
Emula sofferente dell’eterno.
Madre velenosa degli evi
Nella paura del palpito
E della solitudine,
Bellezza punita e ridente,
Nell’assopirsi della carne
Sognatrice fuggente,
Atleta senza sonno
Della nostra grandezza,
Quando m’avrai domato, dimmi:
Nella malinconia dei vivi
Volerà a lungo la mia ombra? p. 221
CANTO SECONDO
Scava le intime vite
della nostra infelice maschera
(clausura d’infinito)
con blandizia fanatica
la vuia veglia dei padri.
Morte, muta parola,
sabbia deposta come un letto
dal sangue,
ti odo cantare come una cicala
nella rosa abbrunata dei riflessi. p. 222
CANTO TERZO
Incide le rughe segrete
della nostra infelice maschera
la beffa infinita dei padri.
Tu, nella luce fonda,
o confuso silenzio,
insisti come le cicale irose. p. 223
CANTO QUARTO
Mi presero per mano nuvole.
Brucio sul colle spazio e tempo,
Come un tuo messaggero,
Come il sogno, divina morte. p. 224
CANTO QUINTO
Hai chiuso gli occhi.
Nasce una notte
Piena di finte buche,
Di suoni morti
Come di sugheri
Di reti calate nell’acqua.
Le tue mani si fanno come un soffio
D’inviolabili lontananze,
Inafferrabili come le idee,
E l’equivoco della luna
E il dondolio, dolcissimi,
Se vuoi posarmele sugli occhi,
Toccano l’anima.
Sei la donna che passa
Come una foglia
E lasci agli alberi un fuoco d’autunno. p. 225
CANTO SESTO
O bella preda,
Voce notturna,
Le tue movenze
Fomentano la febbre.
Solo tu, memoria demente,
La libertà potevi catturare.
Sulla tua carne inafferrabile
E vacillante dentro specchi torbidi,
Quali delitti, sogno,
Non m’insegnasti a consumare?
Con voi fantasmi, non ho mai ritegno,
E dei vostri rimorsi ho pieno il cuore
Quando fa giorno. p.226
L’AMORE p. 227
CANTO p. 230
[…]
E la crudele solitudine
Che in sè ciascuno scopre, se ama,
Ora tomba infinita,
Da te mi divide per sempre.
Cara, lontana come in uno specchio…
IL DOLORE
1937-1946 p.237
TUTTO HO PERDUTO p.239
TUTTO HO PERDUTO
Tutto ho perduto dell’infanzia
E non potrò mai più
Smemorarmi in un grido.
L’infanzia ho sotterrato
Nel fondo delle notti
E ora, spada invisibile,
Mi separa da tutto.
Di me rammento che esultavo amandoti,
Ed eccomi perduto
In infinito delle notti.
Disperazione che incessante aumenta
La vita non mi è più,
Arrestata in fondo alla gola,
Che una roccia di gridi. p.241
SE TU MIO FRATELLO
Se tu mi rivenissi incontro vivo,
con la mano tesa,
ancora potrei,
di nuovo in uno slancio d’oblio, stringere,
fratello, una mano.
Ma di te, di te più non mi circondano
che sogni, barlumi,
i fuochi senza fuoco del passato.
La memoria non svolge che le immagini
e a me stesso, io stesso
non sono già più
che l’annientante nulla del pensiero. p.242
GIORNO PER GIORNO
1940-1946 p.243
1
Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto…”
E il volto già scomparso
Ma gli occhi ancora vivi
Dal guanciale volgeva alla finestra,
E riempivano passeri la stanza
Verso le briciole dal babbo sparse
Per distrarre il suo bimbo…
2
Ora potrò baciare solo in sogno
Le fiduciose mani…
E discorro, lavoro,
Sono appena mutato, temo, fumo…
Come si può ch’io regga a tanta notte?…
3
Mi porteranno gli anni
Chissà quali altri orrori,
Ma ti sentivo accanto,
M’avresti consolato…
4
Mai, non saprete mai come m’illumina
L’ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero più…
5
Ora dov’è, dov’è l’ingenua voce
Che in corsa risuonando per le stanze
Sollevava dai crucci un uomo stanco?
La terra l’ha disfatta, la protegge
Un passato di favola…
6
Ogni altra voce è un’eco che si spegne
Ora che una mi chiama
Dalle vette immortali….
7
In cielo cerco il tuo felice volto,
Ed i miei occhi in me null’altro vedano
Quando anch’essi vorrà chiudere Iddio…
8
E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto!…
9
Inferocita terra, immane mare
Mi separa dal luogo della tomba
Dove ora si disperde
Il martoriato corpo…
Non conta… Ascolto sempre più distinta
Quella voce d’anima
Che non seppi difendere quaggiù…
M’isola, sempre più festosa e amica
Di minuto in minuto,
Nel suo segreto semplice…
10
Sono tornato ai colli, ai pini amati
E del ritmo dell’aria il patrio accento
Che non riudrò con te,
Mi spezza ad ogni soffio..
11
Passa la rondine e con essa estate,
E anch’io, mi dico, passerò…
Ma resti dell’amore che mi strazia
Non solo segno un breve appannamento
Se dall’inferno arrivo a qualche quiete…
12
Sotto la scure il disilluso ramo
cadendo si lamenta appena, meno
che non la foglia al tocco della brezza…
E fu la furia che abbatté la tenera
forma e la premurosa
carità d’una voce mi consuma…
13
Non più furori reca a me l’estate,
né primavera i suoi presentimenti;
puoi declinare, autunno,
con le tue stolte glorie:
per uno spoglio desiderio, inverno
distende la stagione più clemente!…
14
Già m’è nelle ossa scesa
L’autunnale secchezza,
Ma, protratto dalle ombre,
Sopravviene infinito
Un demone fulgore:
La tortura segreta del crepuscolo
Inabissato…
15
Rievocherò senza rimorso sempre
Un’incantevole agonia di sensi?
Ascolta, cieco: “Un’anima è partita
Dal comune castigo ancora illesa…”
Mi abbatterà meno di non più udire
i gridi vivi della sua purezza
che di sentire quasi estinto in me
il fremito pauroso della colpa?
[…]
17
Fa dolce e forse qui vicino passi
dicendo: “Questo sole e tanto spazio
ti calmino. Nel puro vento udire
puoi il tempo camminare e la mia voce.
Ho in me raccolto a poco a poco e chiuso
Lo slancio muto della tua speranza.
Sono per te l’aurora e intatto giorno” pp. 245-249
IL TEMPO È MUTO
1940-1945 p.251
Il tempo è muto fra canneti immoti…
Lungi d’approdi errava una canoa…
Stremato, inerte il rematore… I cieli
Già decaduti a baratri di fumi…
Proteso invano all’orlo dei ricordi,
cadere forse fu mercé …
Non seppe
Ch’è la stessa illusione mondo e mente,
Che nel mistero delle proprie onde
Ogni terrena voce fa naufragio. p. 253
AMARO ACCORDO p.254
[…]
Ma la morte è incolore e senza sensi
e, ignara d’ogni legge, come sempre,
già lo sfiorava
coi denti impudichi. (p. 254)
TU TI SPEZZASTI
[…]
2
Alzavi le braccia come ali
e ridavi nascita al vento
correndo nel peso dell’aria immota.
Nessuno mai vide posare
il tuo lieve piede di danza.
3
Grazia, felice,
non avresti potuto non spezzarti
in una cecità tanto indurita
tu semplice soffio e cristallo,
troppo umano lampo per l’empio,
selvoso, accanito, ronzante
ruggito d’un sole ignudo. (p. 256)
INCONTRO A UN PINO
1943 p.257
ROMA OCCUPATA
1943-1944 p. 261
FOLLI I MIEI PASSI
Le usate strade
Folli i miei passi come d’un automa
Che una volta d’incanto si muovevano
Con la mia corsa,
Ora più svolgersi non sanno in grazie
Piene di tempo
Svelando, a ogni mio umore rimutate,
I segni vani che le fanno vive
Se ci misurano.
E quando squillano al tramonto i vetri,
Ma le case più non ne hanno allegria
Per abitudine se alfine sosto
Disilluso cercando almeno quiete,
Nelle penombre caute
Delle stanze raccolte
Quantunque ne sia tenera la voce
Non uno dei presenti sparsi oggetti,
Invecchiato con me,
O a residui d’immagini legato
Di una qualche vicenda che mi occorse,
Può inatteso tornare a circondarrni
Sciogliendomi dal cuore le parole. p. 263
MIO FIUME ANCHE TU
Mio fiume anche tu, Tevere fatale,
Ora che notte già turbata scorre;
Ora che persistente
E come a stento erotto dalla pietra
Un gemito d’agnelli si propaga
Smarrito per le strade esterrefatte;
Che di male l’attesa senza requie,
Il peggiore dei mali,
Che l’attesa di male imprevedibile
Intralcia animo e passi;
Che singhiozzi infiniti, a lungo rantoli
Agghiacciano le case tane incerte;
Ora che scorre notte già straziata,
Che ogni attimo spariscono di schianto
O temono l’offesa tanti segni
Giunti, quasi divine forme, a splendere
Per ascensione di millenni umani;
Ora che già sconvolta scorre notte,
E quanto un uomo può patire imparo;
Ora ora, mentre schiavo
Il mondo d’abissale pena soffoca;
Ora che insopportabile il tormento
Si sfrena tra i fratelli in ira a morte;
Ora che osano dire
Le mie blasfeme labbra:
“Cristo, pensoso palpito,
Perchè la Tua bontà
S’è tanto allontanata?”
Ora che pecorelle cogli agnelli
Si sbandano stupite e, per le strade
Che già furono urbane, si desolano;
Ora che prova un popolo
Dopo gli strappi dell’emigrazione,
La stolta iniquità
Delle deportazioni;
Ora che nelle fosse
Con fantasia ritorta
E mani spudorate
Dalle fattezze umane l’uomo lacera
L’immagine divina
E pietà in grido si contrae di pietra;
Ora che l’innocenza
Reclama almeno un eco,
E geme anche nel cuore più indurito;
Ora che sono vani gli altri gridi;
Vedo ora chiaro nella notte triste.
Vedo ora nella notte triste, imparo,
So che l’inferno s’apre sulla terra
Su misura di quanto
L’uomo si sottrae, folle,
Alla purezza della Tua passione.
Fa piaga nel Tuo cuore
La somma del dolore
Che va spargendo sulla terra l’uomo;
Il Tuo cuore è la sede appassionata
Dell’amore non vano.
Cristo, pensoso palpito,
Astro incarnato nell’umane tenebre,
Fratello che t’immoli
Perennemente per riedificare
Uamnamente l’uomo,
Santo, Santo che soffri,
Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,
Santo, Santo che soffri
Per liberare dalla morte i morti
E sorreggere noi infelici vivi,
D’un pianto solo mio non piango più,
Ecco, Ti chiamo, Santo,
Santo, Santo che soffri. pp. 268-270
I RICORDI
1942-1946 p.273
L’ANGELO DEL POVERO
Ora che invade le oscurate menti
Più aspra pietà del sangue e della terra,
Ora che ci misura ad ogni palpito
Il silenzio di tante ingiuste morti,
Ora si svegli l’angelo del povero,
Gentilezza superstite dell’anima…
Col gesto inestinguibile dei secoli
Discenda a capo del suo vecchio popolo,
In mezzo alle ombre… p.275
NON GRIDATE PIÙ
Cessate d’uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.
Hanno l’impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo. p.276
I RICORDI
I ricordi, un inutile infinito,
ma soli e uniti contro il mare, intatto
in mezzo a rantoli infiniti..
Il mare,
voce d’una grandezza libera,
ma innocenza nemica nei ricordi,
rapido a cancellare le orme dolci
d’un pensiero fedele…
Il mare, le sue blandizie accidiose
quanto feroci e quanto,. quanto attese,
e alla loro agonia,
presente sempre, rinnovata sempre,
nel vigile pensiero l’agonia…
I ricordi,
il riversarsi vano
di sabbia che si muove
senza pesare sulla sabbia,
echi brevi protratti,
senza voce echi degli addii
a minuti che parvero felici… p.277
LA TERRA PROMESSA
Frammenti 1935-1953 p.279
CANZONE
[…]
Nulla è muto più della strana strada
Dove foglia non nasce o cade o sverna,
Dove nessuna cosa pena o aggrada,
Dove la veglia mai, mai il sonno alterna.
[…] p.281
…]
Grido e brucia il mio cuore senza pace
Da quando più non sono
Se non cosa in rovina e abbandonata. (p. 181)
CORI DESCRITTIVI
DI STATI D’ANIMO DI DIDONE
Dileguandosi l’ombra,
in lontananza d’anni,
quando non laceravano gli affani p. 284
[…]
Grido e brucia il mio cuore senza pace
da quando più non sono
se non cosa in rovina e abbandonata.
IV
Solo ho nell’anima coperti schianti,
Equatori selvosi, su paduli
Brumali grumi di vapori dove
Delira il desiderio,
Nel sonno, di non essere mai nati.
V
Non divezzati ancora, ma pupilli
Cui troppo in fretta crescano impazienze,
L’ansia ci trasportava lungo il sonno
Verso quale altro altrove?
[…] p. 285
VI
Tutti gl’inganni suoi perso ha il mistero,
a vita lunga solita corona,
E, in se stesso mutato,
Concede il fiele dei rimorsi a gocce.
VII
Nella tenebra, muta
Cammini in campi vuoti d’ogni grano:
Altero al lato tuo più niuno aspetti. p. 286
XIX
Deposto hai la superbia negli orrori,
Nei desolati errori. p. 289
SEGRETO DEL POETA
Solo ho amica la notte.
Sempre potrò trascorrere con essa
D’attimo in attimo, non ore vane;
Ma tempo cui il mio palpito trasmetto
Come m’aggrada, senza mai distrarmene.
Avviene quando sento,
Mentre riprende a distaccarsi da ombre,
La speranza immutabile
In me che fuoco nuovamente scova
E nel silenzio restituendo va,
A gesti tuoi terreni
Talmente amati che immortali parvero,
Luce. p. 293
UN GRIDO E PAESAGGIO
1939-1952 p.295
MONOLOGHETTO
Il ricordare è di vecchiaia il segno,
ed oggi alcune soste ho ricordate
del mio lungo soggiorno sulla terra p. 300
[…]
Non c’è, altro non c’è su questa terra
Che un barlume di vero
E il nulla della polvere,
Anche se, matto incorreggibile,
Incontro al lampo dei miraggi
Nell’intimo e nei gesti, il vivo
Tendersi sembra sempre. p. 302
GRIDASTI: SOFFOCO
Non potevi dormire, non dormivi…
Gridasti: Soffoco…
Nel viso tuo scomparso già nel teschio,
Gli occhi, che erano ancora luminosi
Solo un attimo fa,
Gli occhi si dilatarono… Si persero…
Sempre era stato timido,
Ribelle, torbido; ma puro, libero,
Felice rinascevo nel tuo sguardo…
Poi la bocca, la bocca
Che una volta pareva, lungo i giorni,
Lampo di grazia e gioia,
La bocca si contorse in lotta muta…
Un bimbo è morto…
Nove anni, chiuso cerchio,
Nove anni cui nè giorni, nè minuti
Mai più s’aggregeranno:
In essi s’alimenta
L’unico fuoco della mia speranza.
Posso cercarti, posso ritrovarti,
Posso andare, continuamente vado
A rivederti crescere
Da un punto all’altro
Dei tuoi nove anni.
Io di continuo posso,
Distintamente posso
Sentirti le mani nelle mie mani:
Le mani tue di pargolo
Che afferrano le mie senza conoscerle;
Le tue mani che si fanno sensibili,
Sempre più consapevoli
Abbandonandosi nelle mie mani;
Le tue mani che si fanno sensibili,
Sempre più consapevoli
Abbandonandosi nelle mie mani;
Le tue mani che diventano secche
E, sole – pallidissime –
Sole nell’ombra sostano…
La settimana scorsa eri fiorente…
Ti vado a prendere il vestito a casa,
Poi nella cassa ti verranno a chiudere
Per sempre. No, per sempre
Sei animo della mia anima, e la liberi.
Ora meglio la liberi
Che non sapesse il tuo sorriso vivo:
Provala ancora, accrescile la forza,
Se vuoi – sino a te, caro! – che m’innalzi
Dove il vivere è calma, è senza morte.
Sconto, sopravvivendoti, l’orrore
Degli anni che t’usurpo,
E che ai tuoi anni aggiungo,
Demente di rimorso,
Come se, ancora tra di noi mortale,
Tu continuassi a crescere;
Ma cresce solo, vuota,
La mia vecchiaia odiosa…
Come ora, era di notte,
E mi davi la mano, fine mano…
Spaventato tra me e me m’ascoltavo:
E’ troppo azzurro questo cielo australe,
Troppi astri lo gremiscono,
Troppi e, per noi, non uno familiare…
(Cielo sordo, che scende senza un soffio,
Sordo che udrò continuamente opprimere
Mani tese a scansarlo…) pp. 303-304
IL TACCUINO DEL VECCHIO
1952-1960 p.311
ULTIMI CORI PER LA TERRA PROMESSA
Roma, 1952-1960 p.313
Agglutinati all’oggi
I giorni del passato
E gli altri che verranno,
Per anni e lungo secoli
Ogni mattino sorpresa
Nel sapere che ancora siamo in vita,
Che scorre sempre come sempre il vivere,
Dono e pena inattesi
Nel turbinio continuo
Dei vani mutamenti.
Tale per nostra sorte
Il viaggio che proseguo,
In un battibaleno
Esumando, inventando
Da capo a fondo il tempo,
Profugo come gli altri
Che furono, che sono, che saranno.
Se nell’incastro d’un giorno nei giorni
Ancora intento mi rinvengo a cogliermi
E scelgo quel momento,
Mi tornerà nell’animo per sempre.
La persona, l’oggetto o la vicenda
O gl’inconsueti luoghi o i non insoliti
Che mossero il delirio, o quell’angoscia,
O il fatuo rapimento
Od un affetto saldo,
Sono, immutabili, me divenuti.
Ma alla mia vita, ad altro non più dedita
Che ad impaurirsi cresca,
Aumentandone il vuoto, ressa di ombre
Rimaste a darle estremi
Desideri di palpito,
Accadrà di vedere
Espandersi il deserto
Sino a farle mancare
Anche la carità feroce del ricordo?
Ma alla mia vita, ad altro non più dedita
Che ad impaurirsi cresca,
Aumentandone il vuoto, ressa di ombre
Rimaste a darle estremi
desideri do palpito,
Accadrà di vedere
Espandersi il deserto
Sino a farle mancare
Anche la carità eroce del ricordo?
Quando un giorno ti lascia,
Pensi all’altro che spunta.
È sempre pieno di promesse il nascere
Sebbene sia straziante
E l’esperienza di ogni giorno insegni
Che nel legarsi, sciogliersi e durare
Non sono i giorni se non vago fumo.
Verso meta si fugge:
Chi la conoscerà?
Non d’Itaca si sogna
Smarriti in vario mare,
Ma va la mira al Sinai sopra sabbie
Che novera monotone giornate.
Si percorre il deserto con residui
Di qualche immagine di prima in mente,
Della Terra Promessa
Nient’altro un vivo sa.
All’infinito se durasse il viaggio,
Non durerebbe un attimo, e la morte
E’ già qui, poco prima.
Un attimo interrotto,
Oltre non dura un vivere terreno:
Se s’interrompe sulla cima a un Sinai,
La legge a chi rimane si rinnova,
Riprende a incrudelire l’illusione.
Se una tua mano schiva la sventura,
Con l’altra mano scopri
Che non è il tutto se non di macerie.
E’sopravvivere alla morte, vivere?
Si oppone alla tua sorte una tua mano,
Ma l’altra, vedi, subito t’accerta
Che solo puoi afferrare
Bricioli di ricordi.
Sovente mi domando
Come eri ed ero prima.
Vagammo forse vittime del sonno?
Gli atti nostri eseguiti
Furono da sonnambuli, in quei tempi?
Siamo lontani, in quell’alone d’echi,
E mentre in me riemergi, nel brusio
Mi ascolto che da un sonno ti sollevi
Che ci previde a lungo.
9.
Ogni anno, mentre scopro che Febbraio
E’ sensitivo e, per pudore, torbido,
Con minuto fiorire, gialla irrompe
La mimosa. S’inquadra alla finestra
Di quella mia dimora d’una volta,
Di questa dove passo gli anni vecchi.
Mentre arrivo vicino al gran silenzio,
Segno sarà che niuna cosa muore
Se ne ritorna sempre l’apparenza?
O saprò finalmente che la morte
Regno non ha che sopra l’apparenza?
Le ansie che mi hai nascoste dentro gli occhi,
Per cui non vedo che irrequiete muoversi
Nel tuo notturno riposare, sola
Le tue memori membra,
Tenebra aggiungono al mio buio solito,
Mi fanno più non essere che notte,
Nell’urlo muto,notte.
[…]
Da quella stella all’altra
Si carcera la notte
In turbinante vuota dismisura,
Da quella solitudine di stella
A quella solitudine di stella.
17.
Rilucere d’inveduto d’abbagliati
Spazi ove immemorabile
Vita passano gli astri
Dal peso pazzi della solitudine.
Da quella stella all’altra
Si carcera la notte
In turbinante vuota dismisura,
Da quella solitudine di stella
A quella solitudine di stella.
Rilucere inveduto d’abbagliati
Spazi ove immemorabile
Vita passano gli astri
Dal peso pazzi della solitudine.
Per sopportare il chiaro, la sua sferza,
Se il chiaro apparirà,
Per sopportare il chiaro, per fissarlo
Senza battere ciglio,
Al patire ti addestro,
Espio la tua colpa,
Per sopportare il chiaro
La sferza gli contrasto
E ne traggo presagio che, terribile,
La nostra diverrà sublime gioia!
[…]
È senza fiato, sera, irrespirabile,
Se voi, miei morti, e i pochi vivi che amo,
Non mi venite in mente
Bene a portarmi quando
Per solitudine, capisco, a sera.
[…]
Soffocata da rantoli scompare,
Torna, ritorna, fuori di sé torna,
E sempre l’odo più addentro di me
Farsi sempre più viva,
Chiara, affettuosa, più amata, terribile,
La tua parola spenta.
L’amore più non è quella tempesta
Che nel notturno abbaglio
Ancora mi avvinceva poco fa
Tra l’insonnia e le smanie,
Balugina da un faro
Verso cui va tranquillo
Il vecchio capitano. pp.313-321
ALTRA VOCE
Più nulla gli si può nel cuore smuovere,
più nel suo cuore nulla
se non acri sorprese del ricordo
in una carne logora? p.325
APOCALISSI
Roma, 3 gennaio-23 giugno 1961 p.327
1
Da una finestra trapelando, luce
Il fastigio dell’albero segnala
Privo di foglie.
2
Se unico subitaneo l’urlo squarcia
L’alba, riapparso il nostro specchio solito,
Sarà perchè del vivere trascorse
Un’altra notte all’uomo
Che d’ignorarlo supplica
Mentre l’addenta di saperlo l’ansia?
3
Di continuo ti muovono pensieri,
Palpito, cui, struggendoli, dai moto.
4
La verità, per crescita di buio
Più a volare vicino s’alza l’uomo,
Si va facendo la frattura fonda
PROVERBI
Roma, 1966-1969 p.331
DIALOGO
1966-1968 p.335
UNGÀ p.337
DONO
Ora dormi, cuore inquieto,
Ora dormi, su, dormi.
Dormi, inverno,
Ti ha invaso, ti minaccia,
Grida: «T’ucciderò
E non avrai più sonno».
La mia bocca al tuo cuore, stai dicendo,
Offre la pace,
Su, dormi, dormi in pace,
Ascolta, su, l’innamorata tua,
Per vincere la morte, cuore inquieto. p. 342
IL LAMPO DELLA BOCCA
Migliaia d’uomini prima di me,
Ed anche più di me carichi d’anni,
Mortalmente ferì
Il lampo d’una bocca.
Questo non è motivo
Che attenuerà il soffrire.
Ma se mi guardi con pietà,
E mi parli, si diffonde una musica,
Dimentico che brucia la ferita. p.347
SUPERSTITE INFANZIA p.348
1
Un abbandono mi afferra alla gola
Dove mi è ancora rimasta l’infanzia.
Segno della sventura da placare.
Quel chiamare paziente
Da un accanito soffrire strozzato
E’ la sorte dell’esule.
2
Ancora mi rimane qualche infanzia.
Di abbandonarmi ad essa è il modo mio
Quel fuori di me correre
Stretto alla gola.
Sorte sarà dell’esule?
E’ per la mia sventura da placare
Il correre da cieco,
L’irrompente chiarmarti di continuo
Strozzato dal soffrire
REPLICHE DI BRUNA p.349
NUOVE
1968-1970 p.359
SOLILOQUIO p.362
Cercata in me ti ho a lungo,
Non ti trovavo mai,
Poi universo e vivere
In te mi si svelarono.
Quel giorno fui felice,
Ma il giubilo del cuore
Trepido mi avvertiva
Che non ne ero mai sazio.
Fu uno smarrirmi breve,
Già dita tue di sonno,
Apice di pietà,
Mi accarezzano agli occhi.
Davi allora sollecita
Quella quiete infinita
Che dopo amare assale
Chi ne godé la furia.
II
Rifulge il sole in te
Con l’alba che è risorta.
Può ripiegarmi a credere
Un mare tanto lieto?
Oggi è il carnale inganno
Che va sciupando un cuore
Logoro dal delirio.
Lo delude ogni mira,
Non torna più che finto
Il miracolo, acceca.
III
Il mio amore per te
Fa miracoli, Amore,
E, quando credi d’essermi sfuggita,
Ti scopro che t’inganni, Amore mio,
A illuminarmi gli occhi
Tornando la purezza. pp. 362-363
DERNIERS JOURS
1919 p.367
LA GUERRE p.369
P-L-M
1914-1919 p.391
POESIE DISPERSE p.405
VISO
Screpolato
la patria acquistato
dei muri di recinto
di certi giardini smarriti
a un alito si turbava
non mi rispecchia più. (p. 410)
POESIA
I giorni e le notti
suonano
in questi miei versi
di arpa
vivo di questa gioia
malata di universo
e soffro
di non saperla
accendere
nelle mie
parole p.413
SONO MALATO
La malinconia
mi macera
Il corpo dissanguato
mi dissangua
la poesia p.421
IMBONIMENTO
Ha un cesto di rugiada
il ciarlatano del cielo p.425
TRAME LUNARI p.429
il suono attutito di perse
memorie riverbera
affiorano brividi d’ombra
da uno spiraglio repentino è desto
un corso d’acqua calmo e chiaro
svela ammutoliti giardini
e questo crucciato profugo è
riflesso in quel vago balocco
o gote rosee o tempie azzurrine
o dolcezza d’occhi senza pensieri
ALTRE POESIE RITROVATE p.431
Lettera a Prezzolini e Soffici p.437
Pensavo oggi, guardando questo cielo piovigginoso, che se, per un’improbabile grazia, si fosse d’improvviso alzato l’azzurro, non sarei stato colto da stupore nè da speranza. Anche la nostalgia ha finito di persuadermi. Ho varcato tutti gli stadi dove l’uomo può ancora trovarsi una ragione di vivere. Gli alti cieli delle notti chiare, se mai ancora dovessero scoprirsi per me, avrebbero un significato di commiato. Non sai -e chi saprà? – quest’infelicità di sentirsi abbandonato? abbandonato anche dalle cose, anche dalla terra, anche dal mistero delle stagioni.
Non avere prossimo; si potrebbe popolare il mondo di confidenti immaginari, ma non essere cresciuto in alcuna terra; ma non portare in nessun luogo l’aria familiare dell’origine, ma vagare sempre in esilio.
Mi sono creato un paese di cristallo, perchè fatalmente dovessi accorgermi, da qualsiasi. punto, che non era naturale.
E non si può vivere a lungo di queste allucinazioni ideali.
La vita è una dura disputa mossa da guai concreti, e ci vuole un terreno nel quale attecchire, e ci vuole il caldo che maturi e odori, e ci vuole la sera, che inondi di malinconia e la mattina che rinfreschi e rassereni.
Non ho che strade, strade e strade: il grigio perfido di questo cammino senza conclusione.
NUOVE RITROVATE p.441
TESTI A STAMPA
Rammento, amico antico, l’antica nenia dell’ anima mia:
Quanto ho pianto, mamma?
Tu hai contato le lagrime;
le lacrime non ho contato:
dagli occhi è scaturito un fiume,
e inonda le città; …
danzano sirene nel fiume, mamma!!
E tutto ho riveduto, e tutto ho rivissuto: le cose consuetudinarie
di mia prima esistenza monotona, rifurono, monotonamente
. . . Ricordi il vecchio bambino, dodicenne poeta, assorto in
visione: il bambino silente fra il giuoco romoroso? E i versi, lenti
di Giacomo Leopardi, il poeta noto al vecchio bambino, ricordi?
E non sono passati molti anni, e rincorro ancora i sogni, con
anima stanca: e l’altra notte ho aperto il libro che voglio laudare,
mentre fantasimi lugubri accrescevano cordoglio all’ anima stanca. p.443
VIAGGIO
Non mi posso accasare.
Ad ogni nuovo clima, mi ritrovo di avene già saputo.
In quali tempi andati?
Sempre me ne stacco forestiero.
Tornato nascendo da epoche troppo vissute.
Cerco un paese innocente. p.450
ABBOZZI MANOSCRITTI EDITI POST MORTEM p.455
(SENZA TITOLO)
Rifluire di ricordi nell’aria d’un sogno
–
–
–
Leggermi
trasecolato
– la vita
in questo vuoto
–
–
–p.458
PER NON RAMMARICARSI D’ESSER NATI
Questa carne molestata
Ha pure
Quando meno aspetta
I fremiti dell’alba
E mi brilla dolce
La vita
Come un prato
Al rinvenuto bacio
Della rugiada. p.465
OGGI
Oggi tutto mi pare valicato
Il mio cuore
oggi
non è altro
che un battito di nostalgia p.467
RIMORSO
La mia vita
è già
così colma
di morte
Da ogni attimo
che mi sorge
m’irride
quella scia
di bene
andato
Ogni attimo
che mi sorge
mi si corrompe
in delusione
Vorrei essere
piccolo e ignaro
avere
i sensi vergini
godere
senz’apprensione
di quest’abisso
che mi crescere
nel cuore p.468
POESIA
Nello sfarzo
volubile
di un sogno
si concreta
e tenta
di liberarsi
un poco
la mia
umanità
La frivola immortale
vicenda
d’un attimo
di mondo
concisa
nella mia vita
di randagio
E ne nasce
la parola
illuminata
che si chiama
poesia
NUOVI TESTIMONI MANOSCRITTI DAL FONDO UNGARETTI p.481
APPENDICI:
«CICLI» STORICI E AUTOTRADUZIONI p.485
1 – «APPUNTI PER UNA POESIA». TRE «FASI» p.487
2 – DAGLI «HYMNES» (1928)
A «VIE D’UN HOMME» (1939) p.509
3 – PICCOLA ROMA 1944 p.523
4 – PRIME PROSE E PROSE LIRICHE RITROVATE p.529
NOTE
A cura dell’Autore
e di Ariodante Marianni p.557
NOTA INTRODUTTIVA p.559
L’ALLEGRIA p.579
SENTIMENTO DEL TEMPO p.591
IL DOLORE p.604
LA TERRA PROMESSA p.605
UN GRIDO E PAESAGGI p.627
IL TACCUINO DEL VECCHIO p.630
DIALOGO p.631
NUOVE p.632
DERNIERS JOURS p.633
POESIE DISPERSE p.635
ALTRE POESIE RITROVATE p.636
BIBLIOGRAFIA p.639
OPERE DI GIUSEPPE UNGARETTI p.641
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE DELLA CRITICA p.647
INDICI p.657
INDICE DEI TITOLI p.659
INDICE DEI CAPOVERSI p.669
INDICE GENERALE p.683