FRANCESCO EUGENIO NEGRO – CÉLINE. MEDICO E MALATO

FRANCESCO EUGENIO NEGRO – CÉLINE. MEDICO E MALATO
FRANCESCO EUGENIO NEGRO – CÉLINE. MEDICO E MALATO

FRANCESCO EUGENIO NEGRO – CÉLINE. MEDICO E MALATO

FRANCO ANGELI – 2000

INTRODUZIONE p. 9

Il caso Céline non è finito. Non è vero che il giudizio sia legato solo allo stile. Lo si ama per stile e lo si odia per politica. (p. 10)

Va contro il mondo ossessionato di progresso e di potere. Il mondo che è diventato una malattia cronica. Con la sua “medicina stilistica” prescrive una terapia d’urto. Violenta, letteraria. Uso di parlato sospeso tra delirio e parola. Delirio, ricambio possibile per una “more a credito”. Unica coerenza è la morte. Scrivere è esorcizzare la morte. Morte ed ironia. Lascia intravedere la speranza della guarigione. Ottenibile solo se l’uomo saprà uscire dal “branco” e ridivenire “individuo” capace di fuggire all’anonimato dove l’ha relegato la società. […]

Paura di vivere e paura di morire. (p. 11)

1 – I PASSAGES p. 13

L’interno dove si vive, porta alla nascita del “mio” universo, capace di alimentare l’individualismo. Solo per poco. Poi, ci si confonde con gli “altri”. L’intimo ed il sociale si mischiano. Una doppia forza. Da un lato, il desiderio di fuga verso il fuori, cui si oppone il ritorno verso il dentro, fatto di legami familiari, di ambiente dove si è nati, di abitudini. […]

Sensazioni, che si riuniscono nei passages e si dividono in Ferdinand. Il secolo onirico è scosso e portato al risveglio dalla politica e dalla guerra.[…]

Céline, forse, non si abbandona mai alla reverie. (p. 16)

Il viaggio di Céline p. 18

Il risveglio, nei passages porta Céline al suo esotismo. Ma è esotismo? Il viaggio di Céline, l’inizio dell’allontanamento, incomincia, nei passages, con Morte a Credito. Vero allontanamento nello spazio, nel tempio e nella gerarchia sociale. (p. 18)

I passages, falsificando il dentro ed il fuori, rendono ovvia l’alterità. (p. 19)

Céline traduce i passages, in luoghi africani, in New York e se stesso in Bardamu. (pp. 19-20)

La lingua della paura che è dentro di noi. Di un mondo che, nei momenti di solitudine, vediamo nemico e poi subito dopo amiamo, ritrovando speranza in noi stessi. (p. 20)

Arruolamento come voler fuggire. Prima tappa del viaggio. (p. 21)

Céline ha, contrariamente al viaggiatore, paura di vivere.[…] Ama bambini ed animali forse perché non possono ferirlo come gli uomini. […]

Disprezza o meglio vede, in maniera distaccata, tutto quello che lo circonda. Gli “altri” sono tramutati, con il suo “bastone storto”, in marionette. (p. 22)

Céline nei passages p. 23

I passages, cornice, mai dimenticata da Céline. In questo laboratorio riceve l’imprinting. […]

Modello ossessivo al quale rifarsi, è il padre. L’ambivalenza del sentimento, amore-odio. […]

Una sorta di manierismo, di stereotipia verso mitici ideali che, Céline, vive fin dalla più giovane età.[…]

Se il padre insiste sull’ordine ed i principi, la mare, insegna l’igiene, la pulizia. Nell’aria c’è ancora la figura dominante di Pasteur. (p. 23)

Lo scritto è manifestazione dell’inconscio. […]

Lo scritto va interpretato come un sogno. Si manifesta a puntate, dura una vita. (p. 24)

Così si avvicina alla letteratura come uno scienziato, un ricercatore. Spiegando, a chi giudica facile il suo scrivere, il “teorema” del bastone immerso nell’acqua e la difficoltà di creare uno stile[…]. (p. 25)

Lo stile ha creato nella psiche vittimistica e nell’autocompiacimento, la sensazione di essere, per invidia degli altri, un escluso. Escluderlo, mentre in realtà vuole che gli altri gli riconoscano la genialità che, a momenti, con falsa umiltà, definisce opera faticosa da ouvrier. (p. 27)

2 – CONIGLIO E PAPERO p. 29

La lettura di Céline, per un medico, al di là dello stile, suscita un interrogativo inevitabile. Come può, uno scrittore-medico essersi infettato con la patologia del razzismo? Il medico non può avere una dimensione patologica dell’“altro”. C’è un’incompatibilità di principio tra la professione medica ed il razzismo. […]

Il mondo di Céline si potrebbe articolare in: “io”, “tu”, “loro”.[…]

“Loro”, nei pamphlets diventa il nemico esterno, quello da combattere. “Tu” e “loro”, in funzione dell’“io”. (p. 29)

Céline coinvolge il lettore con il vous. E con il “circuito io-voi” attivato, si raggiunge “l’effetto Céline”. […]

L’inverosimile diventa autentico, tutto s mescola in un’ambiguità atemporale. (p. 30)

“Rivaleggiando con il fumetto, la scrittura di Céline utilizza sempre più spesso l’onomatopea”. […]

Céline crea una propria lingua artificiale. Linguaggio che ricorda quello del bambino. Primigenio, impossibile, iniziale. […]

È un linguaggio egocentrico. (p. 31)

Il petit truc aggiunge all’esperienza sintattiva un effetto intenzionale. I tre punti come pausa emotiva, aspettativa che non sappiamo se si risolverà. Se i tre punti non sono una vera interiezione, hanno con questa,i n comune, l’espressione di uno stato emotivo. L’emotività nella lingua, rappresentata dalle interiezioni. (p. 32)

Céline dialoga con se stesso, a voce alta. Inventa un nuovo essere ed un nuovo mondo. (p. 33)

Céline, segue la legge del disordine della propria coscienza. Il suo eroismo è quello del visionario. C’è un rovesciamento delle pulsioni razionali, l’assurdo. Bardamu e Ferdinand sono perseguitati nella fase paranoide, Ferdinand-Céline diviene, nella fase paranoica persecutore. La scrittura si è rovesciata. Se Céline avesse scritto solo i pamphlets forse oggi non sarebbe ricordato. I pamphlets sono serviti, con il loro ostracismo, a rendere Céline un nome che porta nella diversità del proibito. (p. 35)

Ha una poetica antinaturalistica, non vuole mimesi della realtà, ma creare spettacolo, gioco. […]

La deformazione del bastone è “l’ottica onirica”. (p. 36)

L’ambiguità, in Céline, è sempre presente perché fa parte della poesia, dell’indeterminato. La poesia spazializza la temporalità il livello della poesia è quello di un’ambiguità costruttiva. (p. 37)

3 – IL CARNEVALE p. 39

Carnevale, sinonimo di maschera. Maschera fisica e maschera psichica. La prima, esiste in quanto causata dalla seconda.[…]

Céline maschera per Destouches. (p. 39)

Si considera la voce della nuova Francia.

Il carnevale, la festa dei folli, il trionfo della carne, della maschera, della marionetta, dell’animale, del corpo. Durante il carnevale si può parodiare la realtà, dissacrare tutto. (p. 41)

Trasforma un nazionalismo spinto, tipicamente francese, in razzismo.

Il mondo di Céline è un mondo parallelo, come un’altra dimensione. Un mondo doppio. (p. 42)

4 – LA POSSESSIONE p. 45

Il posseduto, in pubblico, è figura teatrale.[…]

Céline, liberatosi dell’opinione, compie la violazione linguistica. […] Ha bisogno di spettatori. Monologante, si nasconde, si traveste dietro a tanti diversi Céline ai quali dà aspetti diversi, doppi, terzi che ascoltano. […]

Cerca di mascherarsi e così crea “persone”. Ritualità teatrale capace di attirare le folle. (p. 45)

Mentre Proust descrive, insegna, Céline vuole possedere. Non vuole restare solo. Cerca adepti. […]

Ma qual è per lui, un grande evento? Tutto quello che gli si oppone. Che gli permetta di indossare la maschera del perseguitato. Lo zar s manifesta nelle occasioni previste dal rituale. (p. 46)

I lettori ridono, guardano ed applaudono al rito. Entrano lentamente nel culto, vengono iniziati. (p. 47)

Céline cerca di contaminare, di far possedere il “paziente” con forme stereotipate, gli fa indossare la maschera. […]

Il lettore è in buona fede, attirato dalle bugie del guaritore.[…]

“Il mio nome è un altro” ed il posseduto men te sulla propria identità. Céline lo fa per la ferita alla testa. L’immaginario diventa realtà. […]

Il rito della scrittura diventa una forma di carnevale dove tutto è permesso. (p. 48)

L’essere riconosciuti gratifica. A Céline piace il riconoscimento. Lo “stile”, la diversità del linguaggio non è modo di riconoscimento? Esclusività dell’Autore? Così si comunica con la “folla”, adunanza, lettore. Alternanza di alto e basso. (p. 49)

Non si sente responsabile. Persecutore e perseguitato. Due personalità solo in apparenza distinte. (pp. 50-51)

La posizione schizoparanoide si difende con scissione ed identificazione proiettiva. L’odio per la realtà indirizza l’aggressività istintiva verso l’interno, alterando la percezione. Al realtà esterna non viene identificata con precisione, non viene vista la folla che è intorno. (p. 51)

Ci mostra gli orrori che abbiamo sempre voluto nasconderci. […]

Céline affascina. Perché in ognuno di noi c’è un po’ di Céline. (p. 52)

Céline, con alta considerazione del proprio “ego”, vuole dimostrare che lui può parlare “sporco” senza sporcarsi.

Per fare questo si maschera, diventando, ogni volta, una “persona” apparentemente diversa. Così, distratti dal contenuto e seguendo il singolo personaggio, non ci si accorge che c’è follia e saggezza, vero e falso contemporaneamente. Un costante rimescolarsi, unirsi e dividersi come in un balletto. Non ha così importanza chiedersi se sia folle o no. (p. 54)

5 – TENEBRA E NOTTE p. 55

L’obiettivo è squarciare l’ignoto. Per farlo si entra sempre più bel buio, nel cuore delle tenebre. (p. 55)

Céline spera di vincere il “perturbante”, non accettandolo. Crea un mondo semplificato, facile, ripetitivo, senza problemi. (p. 57)

Parafrasando le epopee omeriche c’è un Céline-Iliade e le sue formule ed un Céline-Odissea che racconta le avventure di Ferdinand-Ulisse. Céline ha una visione epica. Conrad descrive se stesso in maniera epica.

Céline, poi, entra nella comicità. È un Rabelais, anche lui medico, noir. (p. 58)

6 – L’ALBERO NON DÀ UN SOLO FRUTTO p. 59

Per contrastare ed evidenziare una piccola macchia nera si deve far risaltare la parte bianca. Opposizione, perenne e ripetitiva, modello delle critiche che Céline rivolge al mondo culturale nel quale vive. […]

Il periodo tra le due guerre mondiali è uno dei più fecondi ed attivi in ogni genere di arte. Una costante sperimentazione. Dada, inizio dell’esistenzialismo…. A sentire Céline, si ha la sensazione che, in realtà, solo lui sia il “nuovo”. Interno, il deserto, la passività. […]

Per costruire la propria identità deve decostruire gli altri. Il suo “io” è persecutorio. Gli “altri”, così, li mette tutti insieme facendo di tutta l’erba un fascio. (p. 59)

I Colloqui con il professor Y sono la sintesi della vita letteraria di Céline. Odio per le Accademie, fantasmi, come l’ “Ebreo” dei pamphlets. Si respira un forte narcisismo, associato a delirio di onnipotenza. L’opposizione al sistema è costante ed estensiva. La vita è un complotto. Tutti sono contro di lui e quindi lui deve essere contro tutti. Gli “altri” non dovrebbero esistere. C’è solo il moi. Maschera di delusioni che si nasconde, ancora una volta, dietro lo stile. […]

Sceglie, come espressione, la forma del monologo. (p. 60)

C’è un parlare a voce alta, ponendosi domande e dandosi risposte che si avvitano sempre più, alimentando odio e rancore. […]

Perché si dovrebbe dialogare se si pensa di esistere fine a se stessi o meglio di essere l’unico depositario del vero? (p. 61)

7 – UNA PROFETICA COINCIDENZA p. 63

Solo la menzogna permette di vivere. Céline mente e lo fa costruendosi un “proprio” Semmelweis. (p. 63)

Céline proietta su di lui la propria patologia fatta di stereotipi, di miti, di persecuzioni, di abiezione, di non riconoscimento della realtà, di autoesaltazione dell’“io”. Semmelweis non è un doppio per Céline. (p. 64)

La società non riconosce la genialità, così l’eroe si isola. (p. 65)

La difficoltà di ambientazione. Inizia la mania persecutoria. L’uomo è perseguitato dal Fato, dalla scuola, dal padre, dalla società. C’è sempre qualcuno che gli è contro. […]

La madre ha solo una colpa “Ha fatto tutto lei, per farmi campare, è il nascere che non ci voleva”. (p. 66)

Céline si immedesima in un’istanza di disordine, libertà, anarchia in un primo momento crede che la società sia in sintonia con il suo tema. Società che, poi, immobilizzata in un “nuovo ordine”, tende ad escluderlo. […]

All’esterno vede ed immagina gruppi che vogliono perseguitarlo giustificando, così, lui come persecutore per esorcizzare la paura della guerra. Persecutore e perseguitato si intrecciano, diventando causa ed effetto in un meccanismo schizo-paranoide.[…]

Al tema della persecuzione è connesso l’igienismo. (p. 70)

Nella tesi di Céline su Semmelweis si trovano, quindi, riuniti: vitalismo, intuizionismo, razionalismo, irrazionalismo, nihilismo sociale, insensatezza, materialismo naturalistico, casualità, empirismo, vittimismo, superominismo, elogio dell’eroe che scopre empiricamente. (p. 73)

Da vittima. Il genio è vittima. (p. 75)

8 – LA PAURA DELL’ALTRO p. 77

I pamphlets, parte dell’opera di Céline. Per molti utili a condannare con una parte il tutto. Esaminando Céline, senza una visione d’insieme si rischia di non capire perché abbia scritto i pamphlets. I pamphlets sono un problema, ma un problema da affrontare.

In principio era la guerra e questa, ha fatto nascere la paura. Tutto poi è stato inserito in uno stile. È la paura la key word di Céline. Senza la guerra, forse non avremmo mai avuto Céline.

Anamnesi e sintomi in Céline coincidono.

La guerra l’ha salvato. Céline è ancora vivo. Questo è ancora più pauroso di morire. È vivo ed ha paura di una vita così diversa da qeulla che gli era stata fatta sognare. La morte. […]

Ambigua sofferenza di chi vuole essere guardato, ma non sopporta di esserlo. I ricordi dilatati dal rimosso. Ogni giorno è l’anniversario dell’odio. Vorrebbe esorcizzare con la sofferenza l’odio. Ma questo continua a vincere. […]

“L’odio de sé” diventa giustificazione paradossale al sentirsi perseguitato, persecutore di se stesso e degli altri. “L’odio del sé” come insopportabile peso del rimosso. Non si può essere amati se non ci si ama. (p. 77)

Così, l’ “altro” si obiettiva, diventa gruppo, partito, nazione, cultura fino a “razza”. […]

Il “noi” esiste solo in funzione di un “loro”. La logica oppositiva “noi-loro”, implica da parte del “noi”, a vari gradi, un processo di deumanizzazione dell’“altro”. (p. 78)

Céline trascina la guerra in tutti i suoi scritti. Guerra, ragione per non accettare “l’oggi”. […]

Céline è osservatore delle conseguenze belliche con un pessimismo che esalta l’abiezione. […]

Céline è l’antieroe. […]

Guerra, causa di putrefazione, come la malattia. Ricorda che lui ha combattuto e che quindi, qualunque cosa faccia o dica, gli è permesso perché ha già pagato.[…]

La testa, il cranio, lì nascono le emozioni! L’alibi che ritorna è la ferita che non c’è. (p. 79)

Céline si riferisce alla ferita come paradosso dell’autocommiserazione. […]

È testimoniale dell’orrore. Vuole evitarne un altro ma solo per se stesso. Insulta perché ha paura? Potrebbe essere questo il paradosso céliniano![…]

“La vertigine dell’identità” che spaventa molto più della differenza. Così Céline estende nel Juif la propria xenofobia, facendo diventare, tutto quello che non è se stesso, “un altro”.[…]

L’ebreo per Céline, ha quello che lui cerca e non trova, un’identità. Per questo è colpevole. L’ebreo è colui che non si differenzia. (p. 80)

Céline esagera è sempre sovratono. Se il contenuto di Bagatelles poteva fare scalpore, come una ragazzata, i pamphlets successivi diventano sempre più difficilmente giustificabili. (p. 81)

Un padre dal quale farsi amare ed una madre che si ama. È dimostrazione di amore edipico? Edipo a Colono entra nel bosco. Sente una voce ma non sa di chi sia: è il padre. Il nome di Céline è matrilineare. Ferdinand voleva essere amato, Céline riesce ad ottenere al massimo, la mitizzazione. L’identificazione di se stesso con il padre e la sua condanna sacrificale, non è sufficiente a risolvere la psicosi. Che, invece, riesce a Céline quando usa, mediante la scrittura dei pamphlets, il mito che il padre gli aveva insegnato da piccolo. Così, gratifica il padre e collegandolo con il nemico (“Ebreo”) e scrivendo contro questo, arriva a chiudere il buco psicotico rimasto libero, permettendo “l’edipo” nei confronti della madre. (p. 82)

Il superamento della malattia è l’igiene, la purezza. In letteratura è lo stile ripulito all’accademismo. Igiene come terapia per combattere la malattia che a sua volta è capace di produrre la paura. (p. 83)

CÉLINE MEDICO p. 87

Per spiegare Céline e comprendere l’evoluzione del suo stile si devono leggere gli scritti del suo doppio dott. Destouches. (p. 87)

Destouches osserva come medico e scrive come Céline, anche quando dovrebbe essere Destouches.[…]

Non ci sono i punti. Ma che importa? Se si legge Céline specularmente a Destouches, i romans sono scritti di medicina rivolti all’igiene ed al sociale con in più il petit truc. […]

Gli scritti medici, non solo solo romans ma anticipazione dei pamphlets. (p. 88)

Se odio e paura occupano la mente di Céline, igiene e medicina interessano quella di Destouches. Proviamo a riunire e troveremo Morte a credito e via via, fino alla trilogia. Quattro angoli di una cornice che circondano il quadro Céline: odio, paura, igiene e sociale. (pp. 88-89)

Da un lato è all’avanguardia, dovendo il paziente come un individuo. “Esiste il malato e non la malattia”. Principio che riporta alla medicina del dialogo. Dall’altro crede alle statistiche. Sa coniugare il moderno, la ricerca ed il rapporto medico-paziente. Per questo deve essere stato un buon medico. (p. 94)

10 – LA BILOGICA DI CÉLINE p. 95

Nell’inconscio si manifesta un processo di non determinazione. Le figure si possono assommare, perdere identità, sovrapporsi. Poi, saltare fuori in maniera disordinata. […]

Rende asimmetrico il simmetrico. (p. 95)

Con un meccanismo centrifugo vomita il proprio odio. […]

Scrivere è dialogare con gli altri, tentativo di uscire dal vicolo cieco che si è imboccato quando si vuole lottare da soli contro se stessi. (p. 96)

L’école des cadavres ha solo procurato problemi fino alla denuncia. Perché prosegue con Les beaux draps? Parla in prima persona perché la paranoia ha talmente superato le difese che non sa più nascondersi? Altrimenti si dovrebbe pensare ad un suicidio letterario. La risposta sta, forse, in una sovrapposizione di narcisismo e sadomasochismo che, uniti insieme, allontanano definitivamente dall’Erosa. È la disperazione.

Il passaggio di Céline da Viaggio al termine della notte ai pamphlets è una fase di premalattia. Una marea lentamente montante. (p. 97)

Céline bambino acquista l’aggressività del timido. Si butta contro Geppetto-padre e contro tutti coloro che lo colpiscono e scrive pamphlets. (p. 98)

Quello che descrive è la “realtà” ed allora perché ci si irrita contro di lui? Oppure è il bambino che, redarguito perché ha detto la parolaccia, la ripete all’infinito. Per farlo smettere? Non sgridarlo più. Così Céline, per un po’, continua a urlare, poi si isola. […]

Così sono tutti nemici quelli che portano via i giocattoli ed entrano nella sua stanza, nel mondo sicuro ed egoista che ha cercato di costruirsi intorno. […]

Céline, bambino che non vuole crescere in Morte a credito, segue un rituale infantile. Si identifica nell’errore del sogno, in Semmelweis, agnello sacrificale. La nostalgia. L’ideale irraggiungibile. L’immaginazione dell’eroismo. Cerca di uniformarsi. Questa discrepanza con la realtà lo porta alla distruzione dell’ideale ed alla più completa reificazione. (p. 99)

È il petit truc, a rendere il linguaggio parlato, uno scritto. Una sorta di tecnica allucinatoria di rappresentazione della realtà. (p. 100)

Come ogni scienziato, scienziato di stile, influenza l’esperimento, che “normalizza” tagliando parti della formula, in funzione del risultato della sperimentazione. Tenta, dopo ogni punto, una nuova soluzione. Il timido topo si guarda con circospezione dopo ogni movimento-capitolo-frase-scritto. Muove gli occhietti furbi, ma timorosi, in cerca di consenso. Racconta fatti crudi, duri, impossibili, sperando che il resto del mondo lo guardi e lo capisca. (pp. 102-103)

A lui è concesso urlare, solo con piccoli squittii, poi tornare nella tana a vedere che effetto abbiano fatto. […]

Fatica ma risale. È la fine di un incubo, è arrivato. In Rigodon, l’ultimo roman, finito con la morte, come la Recherche per Proust, Céline termina il viaggio iniziato con Semmeleweis, la sua autobiografia a priori. (p. 103)

11 – AUTODIDATTA ED ANARCHICO p. 105

L’anarchia di Céline sta nel cercare di sovvertire le regole.[…]

[…] Céline entra nella miseria confondendosi con questa. […]

Céline non sa sognare. Fa vedere solo il brutto, la malattia. Ha una sola ricetta, lo stile. Stile vuol dire individuo. La terapia nel nihilismo è solo individuale. Urla il proprio odio in una sorta di terapeutico autocompiacimento che non tiene conto delle conseguenze del contenuto dei propri scritti. […]

L’anarchia dichiarata da Céline è pervasa di contraddizioni. Idee libertarie e conservatrici insieme. Il suo è in realtà soggettivismo politico viscerale che non guarda né a destra né a sinistra. Anarchia come stato mentale più che ideologia. Céline in realtà è tradizionalista, l’opposta cioè, dell’anarchico. (p. 106)

Più che di anarchico si potrebbe parlare di un’anticonformista della cultura di massa. Più anarca che anarchico. (p. 108)

12 – UNA RICERCA DI IDENTITÀ p. 109

Céline si esprime con contrazioni del tempo a maggiore o minore aderenza, con associazioni mentali ossessive. […]

Ferdinand è alla ricerca di identità fin dall’infanzia.[…]

L’ “io” di Destouches e quello di Céline insieme formano un nuovo “io”, manifestazione dell’inconscio filtrato dal mito individuale. L’ “io proprio” e l’ “io scrittore”, non sono divisibili. (p. 109)

Questo atteggiamento psicotico di vuoto di riconoscimento viene riempito dall’“io scrittore”. (p. 110)

13 – CÉLINE MEDICO E MALATO p. 113

Stramberie nel comportamento, stereotipi, manierismo, persecuzione, isolamento sociale, vittimismo. Scopo apparente potrebbe essere la ricerca di consensi? La non digestione del padre? La disposizione di Céline al manierismo si conferma con la volontà di stupire. […]

Céline medico e malato. Ambiguità e doppio. Il doppio, nasce dall’amore e dall’odio, dall’accettazione e dall’aggressione.

Céline grande affabulatore, tra menzogna e verità. La risoluzione è creare un delirio strutturato. Così, manierismo, stereotipia e stramberia, spesso presenti nell’individuo senza diventare patologia, assurgono a ruolo di malattia quando divengono disfunzionali. (p. 113)

Céline si schiera con i poveri. Il basso dà sensazione di filantropia. È l’“io basso” di Céline. Così rifugge il piano alto. Di chi “ha capito” e vuole aiutare o meglio tenta, chi da solo non ci riuscirebbe mai. Il basso, presuppone l’alto. […]

Le frasi sono insensate, come il suo argot. Insensatezza verbale propria di un atteggiamento paranoide che vorrebbe che tutti capissero ed accettassero. Un bambino capriccioso che vuole sempre comandare, insofferente a ogni autorità. l’0insensatezza diviene allora aggressiva. Le parole diventano monologhi ossessivi che ricordano un individuo in preda all’ubriachezza. Ubriaco di se stesso, di quello che dice. Si autoascolta. (p. 114)

Céline, a cavallo tra verità e menzogna. (p. 115)

Non si possono più fermare. Si devono eliminare. Lo stile è la sua nuova arma. Il suo farmaco, contro le idee che infettano. […]

Si infetta mortalmente. In una confusione mentale che, come in tutte le febbri alte, porta al delirio, alla farneticazione. Delira rimanendo sempre Céline, ma delira. I microbi di questa infezione sono gli ebrei, poi “gli altri”, la folla. […]

Ama Bébert il gatto perché è animale individualista come lui. (p. 116)

Infatti, come molti psicotici, continua a proiettare la propria patologia sugli altri. L’ossessione della persecuzione per i detrattori e gli invidiosi del suo successo. (p. 117)

CONCLUSIONI p. 119

Perché Céline? Perché più di ogni altro rappresenta l’ambiguo che è in ognuno di noi. La censura del tribunale morale che costringe l’Autore ad inibire la curiosità per il male facendo compiere azioni turpi ad un doppio. Ombra e suo riconoscimento. Anima e luce. […]

Lo scrittore colpito per l’arroganza di aver cercato di creare un nuovo stile. Il nuovo, che ha chiamato a vita, si ribella contro di lui. Automa e bambino. (p. 119)

RINGRAZIAMENTI p. 121

ABBREVIAZIONI E NOTE AL TESTO p. 123