ELSA MORANTE – L’ISOLA DI ARTURO. MEMORIE DI UN FANCIULLO

ELSA MORANTE – L’ISOLA DI ARTURO. MEMORIE DI UN FANCIULLO
ELSA MORANTE – L’ISOLA DI ARTURO. MEMORIE DI UN FANCIULLO

ELSA MORANTE – L’ISOLA DI ARTURO. MEMORIE DI UN FANCIULLO

EINAUDI – Collana ET SCRITTORI – 2018

INTRODUZIONE

Di Cesare Garboli p. V

In prima persona, il protagonista, Arturo Gerace, ripercorre il periodo trascorso sull’isola di Procida fino ai sedici anni…

CAPITOLO PRIMO

RE E STELLA DEL CIELO p. 9

I ricordi di Arturo non possono che principiare con quelli della madre, oggetto di “adorazione fantastica di tutta la mia fanciullezza” (p. 11), della quale conserva unicamente una foto che la ritrae nei primi mesi di gravidanza, oltre a qualche informazione ricevuta dal suo balio, Silvestro… La donna, infatti, è morta nel darlo alla luce…

La sua vita si è svolta unicamente a Procida, piccola isola inospitale e taciturna, dove “un forestiero non desta curiosità, ma piuttosto diffidenza”. (p. 14)

La dimora è quella eredita dal padre dall’eccentrico Romeo l’Amalfitano, inarrivabile misogino che aveva acquistato e ammodernato quello che era sempre stato un convento… Lì, si narra, nessuna donna entrava, onde evitare infinite sventure…

Il padre, Wilhelm, era entrato nelle grazie di Romeo dopo il suo arrivo sull’isola, lui nato in Germania dalla relazione tra la madre, una maestra, con il padre, ivi emigrato per lavoro. Biondo e timido, il giovane era stato lieto di poter entrare nelle grazie dell’Amalfitano, crescendo circondato da una serie di giovani, per lo più artisti, cui quello dava ospitalità… Palazzo dei guaglioni il nome assegnato alla dimora, ereditata da Wilhelm dopo due anni dal suo arrivo sull’isola, alla morte del vecchio proprietario…

Come un selvaggio Arturo cresce, ignorando “qualsiasi norma e orario”. (p. 21) A preparare i pasti era Costante, un contadino…

Unica compagna di Arturo, la cagna Immacolatella, nonché i personaggi della letteratura incontrati nei libri lasciati dai giovani in casa di Romeo…

Wilhelm è continuamente in viaggio, con brevi ritorni… La solitudine è quindi regina della vita di Arturo… “Così, io trascorrevo quasi tutti i miei giorni in assoluta solitudine; e questa solitudine, cominciata per me nella prima infanzia (con la partenza del mio balio Silvestro), mi pareva la mia condizione naturale”. (p. 27) Per lui quasi un privilegio la rara presenza del padre, idealizzato come un Dio, lui unico biondo tra i mori… Ovunque lo seguiva, come un cane, felice… “Dal momento stesso che lasciava Procida, mio padre per me ridiventava una leggenda!” (p. 45)

L’adolescente si crea proprie “certezze assolute”, tra le quali “l’autorità del padre è sacra”, onore nel coraggio, dispregio del tradimento, superiorità dei Gerace sugli altri procidani, affetto della madre superiore a tutti, inesistenza di Dio… Ossessionato dal pensiero della morte, la sfida continuamente… Spesso, inoltre, il pensiero, ammirato, gli va verso i reclusi del Penitenziario…

Immacolatella è stata sua fedele compagna, fino, ironia della sorte, alle di lei morte per parto, dai 6 ai 13 anni… Della madre, invece, ha sempre saputo poco, così come della nonna, odiata da Wilhelm ma da lui vista in foto dal genitore gelosamente custodita!…

Alle soglie dei quattordici anni, subito dopo la dolorosa morte di parto di Immacolatella, Wilhelm lo informa di essere a breve di ritorno da Napoli con una moglie…

CAPITOLO SECONDO

UN POMERIGGIO D’INVERNO p. 71

La notizia dell’arrivo della sua prossima matrigna, turba fortemente Arturo che, appena quattordicenne, per la prima volta prova un “senso di rivolta” contro il padre… Questa si rivela essere di poco più grande d’età di lui, pressapoco sedicenne, napoletana di umili origini e poveramente abbigliata. In carrozza arrivano in casa, con Nunziata, questo il di lei nome, a custodire gelosamente la sua borsa e la sua valigia… Le fruste vesti, l’ingenua fede e bigottismo che la contraddistinguono, la denotano quale povera, irrisa da Wilhelm che le strappa di mano la borsa rovesciandone il contenuto: santini e gioielli falsi che per lo più lui le ha regalato… La ragazza s’impone tuttavia: dormiranno insieme, previo trasporto di un lettino, lì con Wilhelm che mai con nessuno ha pernottato… Arturo diffida di lei, evita di chiamarla per nome, ridendo ai racconti fantasiosi, cui Nunzia crede, inerenti miracoli e fatti di Napoli. Incredula, lo ascolta dichiarare di essere cresciuto senza madre… Arturo, invece, intriso di romanticismo, giura di partire un giorno per divenire un valente guerriero ed eroe, un re…

Voglio compiere delle azioni gloriose, da fare imparare il mio nome a tutti quanti!”. (p. 116)

Durante la cena, Wilhelm si diletta a punzecchiarla ancora, imitando l’Amalfitano e prospettandole terribili visite di spiriti maligni a tormentarla, rea di essere femmina… Poi giunge il momento di consumare la prima notte di nozze. Arturo non può fare a meno di origliare, inconsciamente in preda a rabbia e… gelosia…

CAPITOLO TERZO

VITA IN FAMIGLIA p. 131

Dall’indomani, Arturo inizia a evitare Nunziatella, rinunciando persino a passare rari momenti con l’amato padre… La solitudine s’impadronisce ancor di più di lui…

Appena rientrato, trascurando di cercare gli sposi, andavo diritto a chiudermi in camera mia; e allora, incominciava a invadermi un sentimento di solitudine, quale non avevo mai conosciuto nel passato”. (p. 136)

Dopo quindici giorni, pervaso dalla smania di partire, Wilhelm esterna i propri sentimenti a Nunziatella: “io non t’avrei mai sposato se non fossi stato certo di questo: che tu NON tenevi sentimento per me. […] Io non so che farmene, del sentimento delle femmine. Non lo voglio, io, l’amore vostro”. (p. 141) Massimo il suo odio per le madri… “In realtà, essa vorrebbe sempre tenerti prigioniero, come al tempo ch’era incinta di te”. (p. 145) “Se non fosse per le femmine, il nostro destino non sarebbe di nascere e di morire, come le bestie. La razza delle femmine odia le cose superflue, immeritate, è nemica di tutto ciò che non ha limiti…” (p. 146)

Arturo, stavolta, non riesce a dare ragione al genitore, rimpiangendo di non aver mai avuto una madre a coccolarlo… Vorrebbe essere abbracciato dal padre e, invece, si ritrova a doverlo salutare ancora una volta al molo. La solitudine morde ancor di più il suo animo…

M’invadeva una solitudine arida; e dal fondo di questa solitudine, sentivo risalire l’angoscia innaturale da me conosciuta il giorno avanti per la prima volta. Di non sapere il destino”. (p. 150)

Rimasto solo con Nunziatella, si ritrova a doverla ospitare per la notte per la di lei paura a dormire sola. Durante la notte, tuttavia, agitato da sonni inquieti e da quella presenza femminile, si ritrova a odiarla e scacciarla d’improvviso… Inizia a scrivere poesie, evitando e maltrattando Nunziatella. Dopo pochi giorni, a sorpresa, Wilhelm ritorna in un via vai frenetico che lascia quasi indifferente Arturo, certo di non essere lui il motivo della presenza del genitore…

Un giorno, durante un confronto, il padre arriva ad accusarlo di gelosia nei confronti di Nunziatella, per questo maltrattata… La cosa che maggiormente lo indispettisce, è il fatto che lei non lo tema come, invece, fa con Wilhelm… “m’immaginavo di usarle cattiverie inaudite, ogni sorta di barbarie, nella smania d’essere odiato da lei com’io la odiavo”. (p. 172)

CAPITOLO QUARTO

REGINA DELLE DONNE p. 173

Mentre Wilhelm è sempre più spesso assente dall’isola, in primavera Nunziatella si ritrova incinta… Arturo passa l’estate da solo, per lo più a bordo della sua barca Torpediniera delle Antille, facendosi di umore nero al rincasare, ritenendo la matrigna una delle cause dell’allontanamento del padre… Un giorno, in autunno, ascoltandola parlare con alcune donne con le quali ha stretto amicizia e che la passano a trovare, Nunziatella annuncia di voler chiamare il figlio in arrivo Violante, se femmina, e… Carmine Arturo! se maschio… Sulle prime Arturo resta indifferente al prossimo arrivo di un fratellastro, cui attribuisce quasi un potere nefasto nel riscontrare il peggioramento delle condizioni di Nunziatella. Da lei, peraltro, apprende alcune notizie sul conosciuto mitico “Pugnale Algerino”, amico di Wilhelm al quale aveva donato un orologio di cui il padre era geloso: Marco il suo nome…

Studiando le mappe per la sua prossima partenza, Arturo si sente dire dalla matrigna “Io, però… se ti fossi madre, mica ti lascerei partire!” (p. 188), frase che lo fa arrabbiare, offendendosi nel ritenersi ancora considerato come un bambino…

La sera del 22 novembre, la vita di Arturo cambia: nasce infatti Carmine Arturo. Nunziatella, durante le doglie, si sente male, invitandolo ad andare a chiamare la mammana, Fortunata. Di corsa esegue la bisogna, terrorizzato, rivivendo con il pensiero la morte della madre nel corso del parto… E proprio a Fortunata ne attribuisce la causa… Di corsa tornano indietro, con Arturo a realizzare di aver mutato il proprio sentimento per la matrigna…

E del mio famoso odio per lei, che era stato la mia croce, non me ne restava più nemmeno una traccia”. (p. 196)

Al loro arrivo, tuttavia, il bambino è già nato… Arturo si sveglia felice l’indomani, andando in cerca di un dono per Nunziatella… Prende un riccio di mare, non avendo soldi per un gioiello, pur non trovando il coraggio di consegnarglielo..

tutto ciò che sempre m’era piaciuto tornava a piacermi, perché Nunz non era morta”. (p. 201)

Durante le visite delle amiche, Arturo s’indispettisce nel sentirle sparlare di Wilhelm… Ma, soprattutto, ecco giungere due giorni dopo in casa la madre di Nunziata, Violante, a rincarare la dose e voler portare via figlia e nipote… Ma, a sorpresa, Nunziata si mostra inamovibile, rifiutandosi di seguirla a Napoli… Arturo apprende che il padre, per potersi sposare, si è perfino convertito al cattolicesimo!…

CAPITOLO QUINTO

TRAGEDIE p. 225

Dopo Natale, Wilhelm torna a casa. Ma è assorto, tetro, immerso nei propri pensieri, disfatto nell’animo e nell’aspetto, disinteressandosi al neonato così come alla moglie e ad Arturo… Sorpreso a sospirare e perfino a singhiozzare, sempre più impegnato in fugaci partenze e ritorni, Wilhelm cessa così di essere il “personaggio principale” di Arturo… Quest’ultimo, intanto, come predettogli tempo addietro dal padre, si riscopre geloso di Carmine, ritenuto più bello, oltre che biondo, oggetto della venerazione e delle coccole di Nunziata… “Così, io vedevo un altro possedere quella famosa felicità da me sempre rimpianta, e non avuta mai!” (p. 232)

Affranto, Arturo arriva perfino a progettare l’uccisione di Carmine… I baci mai dati la sua più grande ossessione…

Adesso, più che mai capivo che soddisfazione sia, per un uomo, avere una madre”. (p. 234)

La mia invidia più intollerabile, poi, non l’ho ancora detta. Era questa: ch’ella gli dava dei baci. Troppi baci. […] io non ne avevo dati né ricevuti mai!” (p. 235)

e mi sentivo pieno d’invidia, di trasporti e di malinconia”. (p. 236)

Pur di farsi notare, decide allora d’inscenare il proprio suicidio assumendo una dose ritenuta sicura di sonniferi, sottratti al padre. Ma i suoi calcoli si rivelano errati e, per poco, non muore davvero… Per diciotto ore resta incosciente, poi vegliato da Nunziata, incredibilmente arrivata per lui a trascurare parzialmente Carmine.. Dopo quattro giorni si ristabilisce, intimando alla matrigna di mantenere il segreto su quel tentativo di suicidio, memore del biglietto d’addio lasciato in cucina, nonché di averlo fatto semplicemente per verificare cosa ci sia nella morte, una sorta di passaggio delle Colonne d’Ercole, timore degli antichi… Uscito in giardino e da lei raggiunto, finisce per baciarla!… Lei è sconvolta, si stacca con forza, pur sembrando di ricambiare il suo invaghimento, sfuggendogli come a un nemico…

CAPITOLO SESTO

IL BACIO FATALE p. 258

Con quel bacio Arturo è costretto a stare lontano da Nunziata, pur tornandogli il pensiero sempre a lei…

Il corpo del giovane, intanto, in piena pubertà, si modifica, facendolo sentire ancora più brutto e sgraziato, sempre più complessato nei confronti del padre e del fratellastro…

Allora, per la prima volta nella mia vita, io sentii davvero tutta l’amarezza di esser soli”. […] mi attaccavo alla visione angelica di mio padre come all’unico rifugio sperato”. (p. 269)

Un giorno, al ritorno del padre, Arturo trova il genitore contrariato a trovarlo lì al molo, invitato a precederlo a casa. Nascostosi, lo vede attendere nervosamente qualcuno, dimagrito, sciatto, tremebondo… Rimasti i soli carcerati, realizza trattarsi di un destinato al penitenziario. Ed eccolo, tronfio, giovane e bello scendere tra le guardie senza degnare Wilhelm di un cenno…

Arturo nota lo struggimento del padre che, mai capitato prima, resta a Procida fino a inverno inoltrato!… Rimasto solo, finisce per cedere alla chiamata di Assuntina, una giovane vedova ventunenne, un po’ zoppa, che da tempo frequentava la casa. Scopre così il sesso e i suoi piaceri, pur senza mai baciarla per non macchiare il ricordo di quello dato a Nunziata… Non può più negare, ora, il proprio innamoramento per la matrigna…

In conseguenza, giunsi a questa grande scoperta: che dunque, senza dubbio io ero innamorato di N. Così, era proprio essa, nella mia vita, il primo amore, di cui si racconta nei romanzi e nelle poesie! Io amavo Nunz., e certamente, senza saperlo, l’avevo amata fin dal famoso pomeriggio del suo arrivo[…]. (p. 283)

Ancora una volta, tuttavia, vittima del proprio egoismo e gelosia, Arturo cerca di colpire la matrigna, facendosi sempre più spavaldo nella speranza di farle sapere della relazione clandestina. E Nunziata, alla fine, li vede salire insieme verso casa Gerace e scambiarsi un bacio, bacio da Arturo voluto dopo averla scorta alla finestra… La matrigna reagisce: già in preda da giorni a nervosismo, finisce per litigare apertamente con Assunta. Questa rimprovera l’imprudenza di Arturo, ignorando esser stata frutto di un suo deliberato piano per ingelosire Nunziata… Questa piange, turbata dal pentimento di aver insultato e cacciato Assunta, nonché di provare gelosia per Arturo… Il giovane fa ulteriormente precipitare la situazione, proponendole di partire insieme con Carmine al seguito, promettendole una vita da regina e viaggi infiniti… Basita, Nunzia gli intima di stargli lontano, lei troppo pia e bigotta anche per solo immaginare un tradimento simile… “E ti chiedo di tenerti sempre scostato da me, perché quando tu mi stai vicino, io sento schifo!” (p. 293)

Ferito, Arturo si rifugia con ancor maggior veemenza, ai limiti della violenza, nella relazione con Assunta, la sua “schiavetta indiana”, tanto lontana dalla Dea bianca Nunziata, progettando perfino di poterla sposare…

CAPITOLO SETTIMO

LA TERRA MURATA p. 296

Wilhelm passa l’estate chiuso in stanza, palesemente per via del giovane carcerato, del quale vuol emulare lo stato di recluso… Solo una volta al giorno, alla stessa ora, esce… Arturo sa a cosa ciò sia dovuto, pur serbando il segreto…

Passa il tempo e, a settembre, sul finire di quella che sarà la sua ultima estate a Procida, Arturo s’imbatte nel padre, assorto. Lo segue, ritrovandosi a percorrere la fin lì mai battuta via che conduce alla fortezza… Dopo averne perso le tracce, lo ritrova in un punto impervio, nei pressi di una finestra verso la quale ripete la strofa di un canzone napoletana che lo commuove, inducendolo a pensare alla sua sofferenza per la separazione da Nunziata…

Nun trovo ‘n’ora ‘e pace

a ‘notte faccio iuorno

sempre per sta ‘cca ‘ttuorno

speranno ‘e te parlà! (p. 313)

Quei quattro versi, col loro motivo che lui cantava lento, strascinato e gridato, mi pareva proprio che ragionassero della stessa solitudine mia: di quando me ne andavo girovagando scansato da N., senza amicizie né felicità né riposo”. (p. 314)

D’un tratto, però, quando il padre inizia a fischiare in codice, come già fatto con lui in passato, è colto da profondo turbamento e un senso di tradimento. Traduce così anche il messaggio… “Né-visite-né-lettere-niente-almeno-una-parola-che-ti-costa?” (p. 315)

Due mani si appoggiano alle grate, poi ecco la risposta: “Vattene, parodia!”, seguita dalle risate dei carcerati… Arturo corre via per non farsi vedere, con l’affetto per il genitore, a sorpresa, a riaccendersi…

egli veniva mortificato e ripudiato come l’ultimo servo. E a simile scoperta, non so perché, il mio affetto per lui, che credevo soffocato e quasi spento, si riaccese in me più amaro, struggente, quasi terribile!” (p. 317)

CAPITOLO OTTAVO

ADDIO p. 319

È a novembre che Arturo scopre i tradimenti di Assuntina con altri uomini, già prima del loro incontro… Sconvolto, finisce in lacrime, indotto a rimanere ancora sull’isola solo per via del padre, a sorpresa ancora a Procida e meno tetro e più socievole con l’avanzare dell’inverno, quasi fosse in attesa di qualcosa d’importante…

La sera del 3 dicembre, rincasato tardi, non trova la cena che Nunziata gli lasciava pronta… In un salone la trova divorata dal… galeotto! Sfrontato, questi si presenta come evaso, salvo poi rivelare di esser stato scarcerato in anticipo, per amnistia, prima del termine dei due anni di reclusione. Non era un ergastolano, come immaginato, ma un piccolo delinquente che si prende gioco di Wilhelm, dal quale ha ricevuto l’orologio di Marco!, la promessa di altri beni e di tanti soldi per aprire un garage a Roma e poi sposarsi… Tonino Stella, questo il suo nome, odia Wilhelm per averlo fatto trasferire da Viterbo a Procida, lontano dalla fidanzata. Ora, in cambio di soldi, ha accettato di passare quindici giorni insieme in viaggio. Arturo è sconvolto: il padre ha tradito Marco (Pugnale Algerino) e perfino l’Amalfitano (per aver ospitato terzi in villa)…

Così, nello spazio di un giorno, W. G. aveva rinnegato senza scrupoli prima Romeo e poi Marco, i due compagni più fedeli della sua sorte. Doppiamente traditore – e spergiuro. In onore di questo ingrato”. (p. 334)

I due giovani si punzecchiano e, al ritorno di Wilhelm, ripulitosi, vestitosi elegantemente, reduce dalla preparazione delle valigie per il viaggio e dal recupero di cuscini e coperte, Arturo finisce per litigare anche con il padre (che ha appreso da Tonino non aver mai viaggiato oltre Benevento, Viterbo e Roma, tanto da essere soprannominato “Procida”, nonché spesso intento a parlare di lui e descriverlo come uno che lo adora). Arturo viene nuovamente tacciato di gelosia, di egocentrismo, lui che pretende di essere amato da tutti e di stare sempre al centro dell’attenzione, ora frustrato per non intraprendere il primo viaggio con suo padre (che invece se ne va con uno sconosciuto prezzolato)… Partirà e di lui non vorrà più sapere nulla, dichiara, scagliando una forchetta contro il ridente Tonino che, però, non reagisce…

Sì, me ne vado! E me ne voglio scordare, di te! Per sempre! Ascolta! Questa è l’ultima parola mia!” (p. 344)

Chiuso in stanza, scrive una dura lettera, passando, di fatto, la notte quasi insonne. Prima dell’alba, si desta al rumore della sopraggiunta carrozza. Il padre entra a sorpresa in stanza per salutarlo e chiedergli di accompagnarlo al molo, ma Arturo rifiuta, senza neanche voltarsi…

– Allora… arrivederci, – egli disse, mostrandosi disinvolto.

– Arrivederci, – gli risposi. E mentre lui spariva dalla camera, pensai: A rivederci… e invece, non ci rivedremo mai più!” (p. 348)

L’indomani Arturo, logorato dal pensiero dell’addio al padre, resta chiuso in stanza (“Così, mi tenni chiuso dentro la mia camera, come fossi morto”, p. 249). Quell’addio è per lui un dolore immane che potrà alleviare solamente lasciando l’isola… Lo farà l’indomani, 5 dicembre, giorno del suo sedicesimo compleanno… Crede nel ritorno a sorpresa del padre, ma, superate le dieci del mattino, realizza di essersi ancora una volta fanciullescamente sbagliato. E così, per l’ultima volta, si sfoga con Nunziata. Già il giorno prima aveva rifiutato di aprire la porta, scalciandola poi brutalmente al mattino quando la matrigna aveva fatto bussare Carmine per gli auguri e una pizza dolce… Al di lei ritorno, più tardi, furente nel trovarli pronti a festeggiarli, perfino vestiti a festa, cade in preda al rancore. La ferisce parlando della partenza di Wilhelm con Tonino che, a differenza loro, ama…

– Sì lo ama! LO AMA! E gliene importa più assai di lui che di te… e di Carmine… e di me! E di tutti! – io ripresi, come un forsennato”. (p. 354)

Lei non si scompone e gli dimostra che vuol bene al marito perché lo ritiene un infelice che, per quanto bello, non troverà mai nessuna donna in grado di amarlo, ormai vecchio, fortunato di aver trovato lei, a differenza di Arturo, che tante donne potrà avere grazie alla sua passionalità, invitandolo a rispetto… Arturo ribatte di non volere l’amore di nessuna e che nessuna sposerà, in quanto… vuole solo lei, Nunziata! Le dichiara il proprio amore, cercando di baciarla. “Non bisogna fare il male!” (p. 358) replica lei, finendo per rimanere ferita dalla sua cieca violenza…

Allora il mio amore si convertì in odio; e prima di lasciarla senza averla baciata, con le mani rabbiose mi sfogai a malmenare alla cieca le sue guance riverse, il suo collo e i suoi capelli”. (p. 358)

“Addio! Per sempre! È tutto finito” (p. 359), dichiara Arturo fuggendo di casa. Spaventata, invano Nunziata lo implora di tornare indietro. Si rifugia in una grotta-magazzino di pescatori dove “provavo una tristezza informe, senza più sentimenti per nessuno”. (p. 361)

Poco dopo passa Nunziata, a chiamarlo lungamente, disperata… Memore di quanto accaduto l’anno passato, infatti, ne teme il suicidio!… Rifiuta di rispondere alla chiamata, provando, anzi, il desiderio di poter essere morto…

Giunta la sera, un uomo lo chiama… è Silvestro!, che, mai dimentico dei compleanni di Arturo, in una licenza da soldato, è giunto sull’isola per lasciargli un regalo, una sciarpa rossa. La guerra è vicina e lui è stato arruolato di leva… Arturo gli esterna il desiderio di lasciare l’isola per, forse, mai più farvi ritorno, già l’indomani, assieme a lui… Si arruolerà volontario per dar prova del proprio coraggio… Silvestro depreca la scelta di sfidare la morte in guerra, ma accetta di tornare alla villa a preparare i bagagli, ritirare i soldi e dare notizie di sé a Nunziata… (“Dille che le mando il mio addio, perché, io con lei, non ci rivedremo per molto tempo, se mai più ci rivedremo. E che si ricordi di me, e mi perdoni i dispiaceri che le ho dato. E saluta anche il mio fratello Carminiello per me”. (p. 371)

I due passano la notte nella grotta, con Arturo in preda a sogni inquieti dove vede i suoi unici tre familiari, calmato solo dal russare di Silvestro. Nunzia, peraltro, gli ha fatto dono della pizza dolce e di tutti i suoi risparmi, oltre all’orecchino d’oro gemello di quello che, durante le botte, le aveva strappato dall’orecchio… Era svenuta nell’apprenderlo partito…

Al canto del gallo si desta, in preda a un momentaneo “rimpianto sconsolato” che gli appesantisce il cuore… Ma è il momento di partire, non prima di aver ripercorso, in spiaggia, quei suoi sedici anni trascorsi interamente sull’isola…

E l’unico amore mio di quegli anni tornò a salutarmi. Gli dissi ad alta voce, come se davvero lui fosse lì accosto: – Addio, pà”. […] Di qui sarei passato a un’altra età, e avrei riguardato a lui come a una favola”. (p. 376)

Forse, pensa, aveva ragione Wilhelm, che lui era geloso di tutto, innamorato dell’innamoramento…

Il momento della partenza giunge infine, senza voltarsi a guardare l’amata/odiata isola…

Del padre non ha più avuto notizie, mentre Nunzia è dimagrita e rimasta nella casa dei Guaglioni, dove cresce anche Carmine, dalla sua partenza chiamato solamente Arturo!

APPENDICE BIOBIBLIOGRAFICA p. 381

Cronologia della vita e delle opere p. 383

Bibliografia essenziale p. 389

INDICE p. 393

*Libro ricevuto in dono da Giulia D’Amico il 14 febbraio 2019*

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