DOMENICO MUSTI – STORIA GRECA. LINEE DI SVILUPPO DALL’ETÀ MICENEA ALL’ETÀ ROMANA

 

DOMENICO MUSTI – STORIA GRECA. LINEE DI SVILUPPO DALL’ETÀ MICENEA ALL’ETÀ ROMANA

LATERZA – Collana MANUALI LATERZA n. 27 – 10° ED. 2001

PREFAZIONE p. VII

INTRODUZIONE p. 3

CAPITOLO PRIMO

PREISTORIA E PROTOSTORIA GRECA. CIVILTÀ MICENEA. ALTO ARCAISMO p. 41

Le prime tracce di “Greci prima dei Greci si hanno a partire dal neolitico, allorché i primi gruppi umani si stanziano sul territorio della penisola greca dedicandosi ad agricoltura e pastorizia. Le tracce di questi primi stanziamenti umani, attestate da reperti archeologici, sono quindi del VII millennio ac circa (tardo mesolitico). È possibile suddividere quest’epoca in: VI millennio= neolitico antico; V=neolitico medio e IV=neolitico recente. A caratterizzare il passaggio al Neolitico (dal Mesolitico) sono proprio la diffusione della ceramica e la costruzione di edifici a pianta quadrangolare con muri di argilla.

È tuttavia soltanto dal “Medio Neolitico”, 4.000 ca., che sono documentabili forme organizzate di vita sociale, con gruppi umani sedentari dediti a caccia, allevamento e agricoltura ma, soprattutto, primitivi insediamenti urbani con case e fortificazioni a loro difesa nonché figurine in terracotta dalla forma ferina o antropomorfa. Gli edifici, spesso raccolti in primordiali agglomerati urbani, presentano la diffusione di muri in mattoni e primitive fortificazioni difensive. Sulla ceramica poi, compaiono decorazioni lineari.

Nel neolitico recente le fortificazioni si fanno ancor più articolate (mura concentriche) e le decorazioni sui vasi, sempre più complesse e articolate, prendono forme a spirale, non più solo lineari.

L’ETÀ DEL BRONZO

L’età del bronzo va, in Grecia, grosso modo dal 2800 al 1100. A seconda delle aree geografiche prese in considerazione assume diversa denominazione: Elladico, Cicladico (Isole) e Minoico (Creta). È convenzionalmente diviso in Antico, Medio e Recente.

Lo sviluppo della civiltà prosegue nei millenni seguenti (età del bronzo 2.800-1.100, ca.) complice la migrazione di popolazioni dall’Asia Minore e dall’Egeo Settentrionale (la più nota è la migrazione Achea del 2.000-1.800, attestata dalla diffusione della «minia», la ceramica grigia).

La civiltà minoica (Età del bronzo), la più conosciuta e la più fiorente, concerne essenzialmente la zona di Creta e si divide convenzionalmente in tre fasi: antica, media, recente. La fase antica (2.800-2.000 ca) è caratterizzata dallo sviluppo della lavorazione del metallo (oltre che della ceramica), attestato dai numerosi gioielli e armi ritrovati. È la fase «prepalaziale».

Il Minoico Medio (2000-1570 ca) vede la nascita dei «Palazzi» (fase palaziale): nei principali agglomerati dell’isola (Cnosso, Festo e Mallia, dal 1900ca) sono costruiti edifici che sviluppano altri ambienti attorno al Megaron, lo spazio quadrangolare di base degli edifici fin lì costruiti. Nei secoli successivi i palazzi sono a più riprese ricostruiti e ampliati, raggiungendo il massimo sviluppo (dal 1700ca) con tanto di sale di rappresentanza e di “teatri”. Resta ignoto il motivo per cui questi palazzi siano stati “ristrutturati”: sviluppo e dinamismo sociale? Fenomeni naturali distruttivi? Invasioni?

La ceramica si fa sempre più complessa con rappresentazioni di giochi, temi naturalistici, figure antropomorfe (da notare: mai di armi). Sulle pareti dei palazzi fanno la comparsa stupendi affreschi, sintomo evidente di una società organizzata e vitale. Dal Minoico Medio al Tardo Minoico si diffonde anche una forma di scrittura sillabica (la Lineare A), non ancora decifrata, che sarà ripresa dai Micenei. Molti sono poi i segni di contatti con le società orientali: Egitto, Siria e Mesopotamia. I nuovi palazzi mostrano il potere esercitato dal signore sugli abitanti del territorio limitrofo.

Ci sono contatti con la società Elladica? Molto probabilmente sì, nell’arte, nella cultura, nella scrittura e nell’architettura. I palazzi si diffondo anche nelle isole delle Cicladi, a Micene, Tirinto, Pilo. Non a caso è questo il periodo in cui i cretesi esercitavano un controllo capillare sui mari, definito in greco “Talassocrazia” (Tucidide), una sorta di dominio “territoriale” sul mare e non semplice egemonia come sarà poi quella dei Micenei. Si vedano ad esempio gli affreschi ritrovati a Tera che mostrano navi cretesi giungere a ritirare merci. Prova ulteriore di questo controllo del mare avviato da re Minosse e dell’espansione sul territorio greco, sono i resti di palazzi che si hanno a Micene, Pilo, Tebe, Atene. (I palazzi micenei erano però generalmente costruiti su acropoli, peculiarità che dimorerà intatta nei secoli a venire con le poleis). E come non considerare il mito del Minotauro? Qualcosa di vero doveva pur esserci…

******* LA LEGGENDA DI MINOSSE *******

Minos era il termine con il quale veniva indicato il potere regio. Da quel nome, il mito di Minosse, capostipite cretese, figlio di Zeus ed Europa. Re di Creta, sacerdote e legislatore, ottenne da Poseidon il dominio del mare Egeo e poi, dopo la morte, giudice dell’Oltretomba. Da una relazione tra sua moglie Pasifae e un toro nacque il Minotauro (toro di Minosse). Catturato da Eracle, fu rinchiuso nel labirinto (costruito da Dedalo) dallo stesso Minosse che, sconfitta Atene, le impose un tributo di fanciulli e fanciulle da sacrificare all’orrido mostro. Teseo però, aiutato da Arianna, uccise il Minotauro…

*******

Il passaggio in mano micenea, sebbene ignote ne siano le cause, dimostrano un ulteriore contatto tra queste due civiltà e un “passaggio” di consegne nel potere (violento? non violento?). I contatti più evidenti sembrano quindi esserci, oltre che nell’architettura, nella presenza di “teatri”, di affreschi alle pareti dei palazzi, nei corredi funebri, nella ceramica, nell’oreficeria e… nella SCRITTURA. Se la Lineare A non è mai stata decifrata, la Lineare B (1200 tavolette ritrovate a Pilo, 4000 a Cnosso) lo è stata e ci ha illuminato su diversi aspetti di queste due società.

Proprio le tavolette ritrovate a Pilo (più lunghe e articolate di quelle cretresi) e a Cnosso, scritte con la cosiddetta “lineare B”, ci danno una miriade di informazioni sulla civiltà minoica (liste di persone, oggetti, affitti, tributi) e sulla Grecia arcaica. La società che dai suddetti reperti emerge, è una società fortemente centralizzata, con la comunità terriera circostante il palazzo sottoposta all’autorità del wanax (il signore), affiancato da un comandante militare (lawaghetas) e da un’aristocrazia militare e terriera. I gradini più bassi sono occupati dai lavoratori liberi e dai servi (douloi). Il declino di questa fiorente civiltà si verifica nel periodo “recente”, all’incirca dal 1.200 ca. I palazzi vengono infatti distrutti [ignote le cause: disastro naturale? Incendio? Devastazione umana (attacco esterno o rivolta interna)? Non si può stabilirlo con esattezza, mancando fonti che ci illuminino al riguardo] e mai più ricostruiti. All’interno di questo quadro di decadenza micenea si inserisce la migrazione di un popolo di origine indoeuropea: quello dei Dori.

Il loro arrivo in terra ellenica e il conseguente controllo dei centri micenei, si verifica in particolare nelle regioni di Argolide, Laconia e Messenia (mentre in Tessaglia si stanziarono i Tessali, appartenenti al ceppo etnico degli Ioni), senza attacchi o distruzioni, bensì con graduale processo di occupazione. Ecco dunque composto il quadro etnico che caratterizzerà la storia della Grecia “classica”: Dori, Eoli (Beozia e Tessaglia), e Ioni (Attica ed Eubea) stanziatisi in Grecia a partire dal 1500 ca.

Il passaggio dalla fase storica micenea a quella della Grecia classica si ha con la comparsa della polis. Punto d’incontro tra la civiltà palaziale e la civiltà dorico-ionica, la polis caratterizzerà l’intero arco della storia greca (mai infatti ci sarà un’entità statuale greca). Era formata dall’Acropoli, parte alta della città e sede del polo religioso; dall’astu la città vera e propria, e dalla chora, il territorio circostante. Siamo nell’VIII secolo ca.[1] Inizialmente i “cittadini” erano i soli aristocratici ma, lo vedremo più avanti, con il tempo la cittadinanza fu allargata con riforme fino a comprendere anche le fasce più umili della popolazione (schiavi esclusi). I suddetti cittadini avevano tre diritti:

1) partecipare alla vita politica;

2) far parte dell’esercito;

3) possedere terre.

Si autogovernavano con un’assemblea, la magistratura e il consiglio. L’attività politica si svolgeva, all’interno dell’astu, nell’agora, mentre la sede del culto era posta nell’Acropoli, la parte alta della città. Ogni polis aveva una o più divinità protettrici cui erano riservati specifici culti e festività. La scrittura divenne infine di uso comune e non più solamente appannaggio degli scribi e con usi di archivio e catalogazione (elenchi di nomi e di oggetti, di tributi). Basato sull’alfabeto fenicio, presentava, in aggiunta alle consonanti, anche le vocali.

[1] Attenzione! La polis dell’VIII-VII secolo è la forma comune di polis. Le prime forme di polis si erano avute già dal 1.000 ca. A tal riguardo ci sono diverse ipotesi sui luoghi di origine, se in territorio metropolitano o in Asia Minore. Dal V secolo poi, le poleis assumeranno una dicotomia: da un lato le poleis oligarchiche (Sparta per intenderci), dall’altra quelle democratiche (Atene).

CAPITOLO SECONDO

LA GRECIA DELLE CITTÀ. LEGISLAZIONI, COLONIZZAZIONI, PRIME TIRANNIDI p. 135

[LE GRANDI MIGRAZIONI (VIII-VII sec. a.C.)]

A partire dall’VIII secolo la storia greca si caratterizza per altri due fenomeni, oltre alla diffusione della forma comune di polis. Il primo di questi è rappresentato dalle migrazioni.

La crescita economica della regione aveva portato a un conseguente ingente aumento della popolazione. Ma questa nuova situazione non era sostenibile e, pertanto, l’emigrazione ricoprì la funzione di valvola di sfogo per la popolazione eccedente e per le tensioni sociali derivanti, nonché di diffusione della cultura greca lungo le coste occidentali del Mediterraneo. Un aristocratico (l’ecista=fondatore) guidava la spedizione colonizzatrice dando vita a una nuova polis che restava poi in contatto con la madrepatria. Il fenomeno fu notevole, in particolare per quel che concerne l’Italia meridionale che assunse, non a caso,l’appellativo di Magna Grecia. Importanti insediamenti sorsero, infatti, in Sicilia (Leontini, Catania, Nasso, Siracusa, Gela, Agrigento), Campania (Pitecussa, Cuma), Calabria (Reggio), Puglia (Taranto). Ma colonie furono fondate anche in Asia Minore, Spagna, Francia, Egitto.

[LE TIRANNIDI E LE LEGISLAZIONI CITTADINE (VII-VI sec.)]



CAPITOLO TERZO

SVILUPPI POLITICI DEL VI SECOLO p. 223

Altro elemento distintivo della storia greca di questo periodo sono i mutamenti politici che concernono alcune poleis. Da un lato, infatti, sorgono tirannidi (Argo, Sicione (gli Ortagoridi), Corinto (i Cipselidi), Megara, Mileto, Efeso), tirannidi che si presentano come una mera degenerazione delle monarchie e che infatti non durano mai più di tre generazioni (max 60 anni), dall’altro si avviano riforme e legislazioni nelle principali poleis, sorte per porre fine alle tirannidi o per evitarne l’instaurazione: si veda il caso di Sparta.

A) SPARTA

Capitale della Laconia, zona meridionale del Peloponneso, Sparta nacque dall’unione di cinque villaggi. Tra l’VIII e il VII secolo Sparta conquistò e sottomise il territorio della Messenia (743-724 I guerra messenica; 684-668 II guerra messenica), dimostrando una tendenza all’espansione opposta a quella delle altre poleis: mentre, infatti, gli ellenici si espandevano all’estero con le migrazioni, Sparta lo faceva a livello regionale, nel Peloponneso, tanto che la sua unica colonia sarà Taranto. Per quel che concerne le istituzioni e gli ordinamenti cittadini, la tradizione assegna a Licurgo[2] il merito di averli fissati e di aver così dato stabilità alla città, evitando la tirannide (degenerazione della monarchia) e instaurando un modello di eunomia (buon governo) sicuramente più rigido e severo di quello delle altre poleis greche ma efficace ed efficiente. La riforma di Licurgo prevedeva infatti la DIARCHIA, l’esistenza di due re appartenenti alle famiglie degli Agiadi (discendenti di Euristene) e degli Euripontidi (discendenti di Procle). Il loro ruolo era quello di guidare gli eserciti in battaglia.

[2] Come per molti altri personaggi della storia greca, Omero su tutti, anche Licurgo è probabilmente un individuo non esistito realmente.

La GERUSIA (30 membri: 28 ultrasessantenni, più i due re), il consiglio, ricopriva di fatto il ruolo politico principale: avanzava proposte che l’apella poteva solo approvare. L’APELLA era l’assemblea dei cittadini di pieno diritto (gli Spartiati). Dai poteri limitati, poteva solamente approvare le proposte della gerusia. Il numero degli spartiati, dei cittadini di pieno diritto, era limitato per legge e tradizionalmente fissato a 9.000. Lo scarso numero dei cittadini rappresenterà indubbiamente un limite allo sviluppo e alla crescita della città. Ad occuparsi della terra e dell’artigianato erano infatti rispettivamente gli Iloti (i servi) e i Perieci. A differenza degli iloti, i perieci (abitanti delle zone circostanti) possedevano e coltivavano terre proprie, erano vincolati a Sparta per i rifornimenti e i commerci, ma non erano servi.

Società chiusa, oligarchica, ordinata e disciplinata (popolazione divisa in fasce d’età, militarizzata, pasti comuni), quella spartana, sostanzialmente pacifica, “provinciale”, non attaccò città al di fuori del Peloponneso. Quando lo farà, sarà per rispondere alle provocazioni di Atene.

B) ATENE

Capitale dell’Attica, Atene era sede di un palazzo miceneo non andato distrutto. La tradizione vuole che Teseo abbia condotto il processo di sinecismo, ossia l’unificazione dell’Attica intorno a un unico centro: Atene. Retta da una monarchia, questa istituzione con il tempo si trasformò dapprima in Arcontato a vita (1049-753), poi in decennale (753-683) e infine in annuale (dal 683). Gli arconti erano nove e il più importante l’eponimo (che dava il nome all’anno). Con il tempo, poi, gli arconti persero molte delle loro prerogative venendo declassati a responsabilità nel campo giudiziario. Gli altri arconti erano il basileus, il polemarco e i sei tesmoteti (custodi delle leggi). Terminato il mandato annuale, gli arconti decaduti entravano a far parte dell’Aeropago, il Consiglio. Questi ordinamenti furono rivisti allorché il verificarsi di una grave crisi agricola che colpì l’intera Grecia sul finire del VII sec., spinse gli aristocratici di Atene ad affidare a Solone l’incarico di riformare le istituzioni per evitare una guerra civile con i teti (i braccianti agricoli). Arconte eponimo e “conciliatore”, nel 594/3 Solone annullò i debiti (in realtà con la riforma monetaria li ridusse); rimise in libertà i teti che, in base alle leggi di Draconte, erano stati resi schiavi per morosità; fissò un limite al quantitativo di terre che un singolo individuo poteva possedere; vietò l’esportazione di prodotti agricoli (olio escluso). Ma, soprattutto, divise i cittadini in quattro classi in base al censo (riforma timocratica):

1)PENTACOSIOMEDIMNI: Cittadini le cui terre producevano almeno 500 medimni [4] di cereali o una misura equivalente di olio. Potevano accedere all’Arcontato e alla Tesoreria. Potevano essere eletti alla Bulè.

2)CAVALIERI: 300-500 medimni. Facevano parte della cavalleria e potevano essere magistrati. Potevano essere eletti alla Bulè.

3)ZEUGITI: > di 200 medimni. Erano opliti.

4)TETI: salariati

[4] Un medimno equivale a 51,8 l o 51,8 Kg.

Furono inoltre introdotte l’ECCLESIA (Assemblea popolare), nella quale i teti eleggevano i magistrati, e l’HELIAIA (Tribunale del popolo) che decideva sui ricorsi dei cittadini alle sentenze degli arconti (che presiedevano vari tribunali). L’Aeropago, fu declassato a mero “custode delle leggi”; il suo posto è preso dalla Bulè (Consiglio) di 400 membri, appartenenti alle due classi superiori. Nominati dall’ecclesia, elaborano le leggi da sottoporre all’ecclesia stessa. I 400 membri erano eletti in numero di 100 per ciascuna delle quattro tribù genetiche di Atene. Ogni tribù era poi divisa in 3 trittie e in 12 naucrarie (distretti).

Terminata la sua opera, Solone si trasferisce in Egitto e così ad Atene riesplodono i conflitti politici (staseis) e le tensioni che portano, tra le altre cose, a dieci anni di anarchia (mancanza di arconti) e a vari tentativi di colpi di mano da parte degli appartenenti alle tre fazioni politico-territoriali ateniesi: i proprietari della pianura (Pedion), della costa (Paralion) e della zona interna (Diakroi). È all’interno di questa caotica e conflittuale situazione che emerge la figura dell’ex-arconte polemarco Pisistrato. Abile a manovrare tra i vari schieramenti politici (meglio dire “fazioni”, visto che nell’antica Grecia non esisteva nulla di simile agli attuali partiti politici) e ad accaparrarsi il consenso dei ceti più umili come di quello di artigiani e opliti, Pisistrato riuscì a installare una tirannide. Tirannide invero anomala la sua (se non altro perché sorta all’interno di un ordinamento non più monarchico), visto che si attuò compiutamente solo dopo due tentativi falliti e che proseguì con i figli, degenerando in forme assolutistiche e personalistiche solo con questi ultimi. Di Pisistrato, infatti, la memoria storica cittadina lascia commenti positivi in tutti campi, da quello economico-sociale a quello delle arti e della cultura. Pisistrato fu al potere una prima volta dal 561 al 555, esiliato (555-549) torna dal 549 al 542, ancora esiliato (dal 542 al 532) tiene infine il potere fino alla morte, dal 532 al 527. Durante il suo governo, non furono cambiate leggi e la moderazione la fece da padrona. La degenerazione in chiave assolutistica della tirannide avviene solo con i figli Ippia e Ipparco che, non a caso, sono osteggiati dalla popolazione: nel 513 Ipparco viene assassinato e nel 510 Ippia viene deposto. Un forte contributo alla deposizione di Ippia fu dato da Sparta che, pensando a un ritorno dell’oligarchia dopo anni di riforme ad Atene, favorì il rientro della famiglia aristocratica degli Alcmeonidi. Ma le vicende successive concretizzeranno l’esatto opposto di quanto auspicato da Sparta. La riforma di Clistene ne è l’emblema. Aristocratico “illuminato”, Clistene attua una coraggiosa riforma, gettando le basi della “democrazia” ateniese e facendone un paradigma per le future generazioni. Come prima cosa, il territorio dell’Attica fu diviso in 30 distretti (trittie, 10 urbane, 10 dell’interno e 10 della costa) distribuiti a 10 tribù, ognuna delle quali con una trittia urbana, interna e della costa. Ciascuna tribù, oltre a fornire cavalieri e opliti per l’esercito, eleggeva 50 membri da inviare al Consiglio dei 500 (Bulè) che gestiva la politica estera, preparava proposte da sottoporre all’ecclesia, controllava l’operato dei magistrati e l’integrità delle casse pubbliche. Ogni mese (i mesi erano 10), a rotazione, 50 consiglieri (pritani) di ciascuna tribù presiedevano le sessioni (10 mesi, quindi 10 sessioni, pritanie). L’ecclesia (Assemblea) era aperta a tutti i cittadini ateniesi (anche se, ovviamente, non tutti vi partecipavano, in quanto non obbligatorio o perché impegnati nel lavoro o residenti lontano dal luogo delle riunioni) e si riuniva all’aria aperta, generalmente nell’agorà. Approvava, respingeva o modificava le proposte del Consiglio. L’assemblea poi poteva ostracizzare persone sospettate di voler agire contro la democrazia (per instaurare una tirannide o per ripristinare l’oligarchia). L’ostracizzato doveva lasciare la città per 10 anni ma manteneva la cittadinanza e i beni.[5] L’assemblea eleggeva i 10 strateghi (uno per tribù) che comandavano l’esercito e si riunivano per le decisioni in un Collegio presieduto dall’arconte polemarco. Il sistema timocratico introdotto da Solone restava tuttavia in piedi e, infatti, mentre la maggior parte delle cariche fu resa sorteggiabile, i posti di maggiore responsabilità restarono eleggibili e quindi appannaggio dei soli ricchi (su tutti l’arcontato).

[5] Ostracismo: da ostrakos il pezzo di coccio su cui si scriveva il nome della persona. In realtà la votazione avveniva in due tempi, durante la 6° e l’8° pritania. Nel corso della prima fase si denunciava che qualcuno stava agendo contro a democrazia, poi, nella seconda fase si scriveva il nome della persona. Il primo ostracizzato fu Ipparco di Samo nel 487. L’ostracismo sarà sempre più utilizzato nel V secolo come strumento di lotta politica, degenerando dalla sua funzione originaria.

CAPITOLO QUARTO

LA FINE DELL’ARCAISMO. L’AVVENTO DELLA DEMOCRAZIA, LE GUERRE PERSIANE p. 268

APOGEO E DECLINO DELLA GRECIA CLASSICA

**Nel capitolo precedente abbiamo visto “nascere” la Grecia delle poleis (VIII-VII sec.), osservando una serie di fenomeni che vanno dalla diffusione delle poleis (da quelle oligarchiche come Sparta a quelle democratiche come Atene) passando per migrazioni, tirannidi e riforme. Di guerre non ne abbiamo avuta traccia, eccezion fatta per la conquista del Peloponneso da parte di Sparta. Ebbene, la guerra porterà in soli due secoli la Grecia dapprima al suo massimo splendore, poi alla decadenza (VI-IV secolo). La prima serie di guerre da studiare vede opposti i Greci a una popolazione straniera, barbara: i Persiani. L’altra, sarà uno scontro fratricida, una guerra civile: la guerra del Peloponneso.**

LE GUERRE PERSIANE

L’impero persiano, a seguito delle gesta di Ciro il Grande (538-529, sconfisse ed ereditò l’impero dei Medi) e di Cambise (529-521), vide aumentare enormemente la propria estensione: dalla Persia all’Indo, dal Caucaso all’Egitto, alla Cappadocia.

Dario I (521-485) si adoperò per la riorganizzazione dell’impero (divise l’immenso territorio in venti satrapie), si dedicò al rafforzamento dei confini (spedizioni contro Taci, Geti e Sciti), ma, soprattutto, tentò di estendere il proprio dominio anche sulla Grecia continentale (oltre che sulle città greche d’Asia Minore già in suo possesso). Il “casus belli” fu fornito a Dario dalle ribellioni delle città ioniche (dell’Asia Minore) greche, stanche di dover pagare il tributo al Gran Re e di dover essere governati da uomini (greci) di sua fiducia, di fatto veri e propri tiranni. Nel 500, in particolare, Aristagora, tiranno di Mileto, dopo aver tentato di conquistare Nasso con la collaborazione del satrapo Artaferne, decise di cambiare schieramento, instaurando una democrazia a Mileto e cercando di esportarla anche nelle altre città greche dell’Asia Minore. Con l’aiuto di Atene (20 navi) e di Eretria (5 navi), la ribellione va in porto (499-498): le tirannidi e i governi filopersiani sono abbattuti e le guarnigioni persiane ivi stanziate espulse. Ma la vittoria è breve: tra il 497 e il 494, infatti, Dario sottomette di nuovo tutte le città ribelli, distruggendo infine Mileto (494). Dario, però, non si accontenta e comincia da subito a preparare una spedizione punitiva contro Atene ed Eretria che avevano fornito, seppur in maniera limitata, aiuti ai rivoltosi della Ionia nel 498. L’obiettivo di Dario è palese: sfruttare l’occasione per allungare le mani anche sulla Grecia continentale. In breve Artaferne e Dati (i generali persiani) conquistano Nasso, le Cicladi, Delo ed Eretria. Siamo nel 490 e la sola Atene (Platea fornì mille opliti) fu così costretta a fronteggiare i 20.000 persiani sbarcati a Maratona sotto il comando di Dario. 6-7.000 opliti ateniesi si fecero incontro all’esercito del Gran Re, anziché barricarsi in Atene, in base al “decreto di Milziade”, uno degli strateghi ateniesi. La battaglia, grazie all’utilizzo della falange oplitica, fu vinta dagli ateniesi [stando ad Erodoto, che invitiamo vivamente a leggere, sul campo restarono 6.400 persiani contro solo 192 ateniesi! Al di là delle cifre effettive, la vittoria ateniese fu di vasta portata].

In città prevalse la linea politica di Temistocle, in virtù della quale Atene si dotò di una flotta imponente. Nel 482, infatti, scoperti filoni argentiferi a Maronea, si accese una diatriba tra la fazione dei “conservatori” di Aristide (ostracizzato), che volevano il mantenimento dello “status quo” e una pace con i persiani, e quella dei “liberali” di Temistocle che, invece, volevano un’economia attiva, il riarmo della città e un maggiore coinvolgimento nella vita cittadina dei teti. Prevalse dunque Temistocle. 100 talenti ricavati dalle miniere furono così devoluti alle 100 più ricche famiglie ateniesi che avrebbero dovuto utilizzare il denaro per costruire ciascuna una trireme. Se il lavoro sarebbe stato giudicato insoddisfacente, avrebbero dovuto restituire il denaro. Atene si ritrovò così con una flotta ragguardevole. Nel frattempo, infatti, il successore di Dario I, Serse (484-464), organizzò una nuova spedizione, ben più consistente per uomini e mezzi di quella di Dario. L’obiettivo era lavare l’onta della sconfitta di Maratona e sottomettere l’intera Grecia. Siamo nel 480. L’anno precedente (481), riunitisi presso l’istmo di Corinto, i Greci, captato il pericolo, decisero di mettere da parte le divisioni e le faziosità, proclamando la pace generale e richiamando gli esuli (anche Aristide torna ad Atene). La sola Argo, nemica di Sparta, si proclamò neutrale. I persiani, dunque, si attestarono in Macedonia con un esercito di circa 100.000 uomini avanzando rapidamente in Tessaglia. La fanteria greca, guidata dal re spartano Leonida, si attestò presso le Termopili, la flotta presso l’Artemision.

Le truppe di terra subirono una durissima sconfitta: dei circa 7.000 opliti inviati, 4.000 restarono sul campo nonostante l’eroismo di Leonida, 300 Spartiati e altri 700 opliti Tespiesi. Alla flotta andò decisamente meglio, dato che una tempesta, un attacco greco e una strenua difesa ellenica portarono all’affondamento di moltissime navi barbare. Le notizie provenienti dalle Termopili resero inutile il prosieguo dello scontro e così la flotta greca si ritirò dall’Eubea. L’avanzata via terra dei persiani fu rapida e inarrestabile: Focide, Beozia e Attica furono messe ferro e fuoco ponendo in ginocchio Atene, la cui popolazione fu trasferita a Salamina, Trezene ed Egina in base al “decreto di Temistocle”. La città abbandonata rimase in balia dei Persiani che la diedero alle fiamme (nel 480 e nel 479). Proprio a Salamina si attestò la flotta greca (di fatto ateniese) che umiliò quella persiana (e alleati Ionici e Fenici). Serse tornò a Sardi mentre l’esercito persiano svernò in Tessaglia sotto la guida di Mardonio. Gli scontri ripresero nella primavera seguente (479) e l’esito fu favorevole ai Greci per terra e per mare: a Platea (in Beozia) infatti l’esercito greco guidato dal re spartano Pausania ottenne una netta vittoria; a Micale (a nord di Mileto) la flotta persiana fu distrutta completamente e i fanti massacrati.

Le guerre persiane si concludono dunque a favore dei greci, per una volta uniti. Ma quest’unità era destinata a durare poco, complice l’imperialismo di Atene e la “chiusura” di Sparta. È paradossalmente anche il periodo di massimo splendore della Grecia “classica” che vive quello che il grande storico Tucidide ha genialmente definito pentecontaetia, cinquanta anni preludio della guerra civile.

LA PENTECONTAETIA

Con il termine pentecontaetia si è soliti indicare il cinquantennio che va dalla fine delle guerre persiane (indicata nel 477 con la formazione della Lega navale Delio-Attica) e l’inizio della guerra del Peloponneso. Per Tucidide i fatti accaduti in quell’arco di cinquanta anni erano preludio e gestazione dello scontro tra le due poleis per eccellenza: Atene e Sparta. Da un lato una città aperta (Atene), in espansione (nonostante le devastazioni subite nel 480 e 479), imperialista, aggressiva, audace e intraprendente; dall’altra una città (Sparta) chiusa, conservatrice, “timorosa” del cambiamento (che non a caso aprirà le ostilità danneggiando Corinto intervenendo in favore di Corcira, colonia corinzia).

La crescita, l’espansione di Atene comincia con la creazione della lega navale Delio-Attica (477) grazie alla quale la città attica si pone a capo dei Greci della Ionia, dell’Attica e dell’Asia Minore. Chi non può fornire navi (come Samo, Chio, Lesbo) deve versare 460 talenti annui, con il tesoro conservato presso il santuario di Delo. Per quel che concerne la politica cittadina, Temistocle, che voleva rafforzare Atene in vista di un probabile scontro con Sparta per la supremazia in Grecia, rimase inascoltato e, completata la ricostruzione delle mura cittadine e avviata quella delle lunghe mura (dall’astu al Pireo), fu ostracizzato (471). Il potere passò quindi al partito di Cimone (figlio di Milziade, eroe di Maratona) che ottenne una vittoria navale e terrestre sui persiani (469), presso l’Eurimedonte, di grande prestigio, senza però preoccuparsi di Sparta, ritenuta alleata. Nel 464 la città laconica era stata devastata da un terribile terremoto. Di questa situazione approfittarono gli iloti della Messenia (464-455, 3° guerra messenica). Cimone inviò un contingente in aiuto degli spartani ma, a causa del comportamento ambiguo tenuto dalle truppe ateniesi, dei buoni rapporti di Atene con poleis nemiche di Sparta come Argo, fecero sospettare gli spartani di essere in presenza di una collusione tra quelli e gli insorti. Gli attici furono così rimandati a casa. Cimone dopo il suddetto clamoroso smacco cadde in disgrazia e fu ostracizzato nel 461. Atene decise inoltre di rompere l’accordo del 481 con Sparta, alleandosi con Argo e accogliendo in Attica gli iloti ribelli e ponendo ai vertici della politica esponenti “democratici” come Efialte (assassinato dopo aver approvato la riforma dell’Aeropago, ridotto a mero tribunale per gli omicidi) e Pericle.[6]

[6] Pericle di fatto influenzò le sorti di Atene per un trentennio. Fu stratego nel 454, 448-446 e 443-428!

Questi, per permettere a tutti di potersi candidare, introdusse il salario per gli eletti alla bulé, per i giudici e per i magistrati; gli zeugiti furono poi ammessi all’arcontato. Sotto Pericle Atene raggiunse il suo massimo splendore. Caldeggiò, inoltre, la fondazione della colonia di Turi (in Calabria), incrementò i traffici commerciali, abbellì la città con magnifici edifici tra cui il Partenone e i Propilei, favorì artisti e uomini di cultura come Fidia (scultore), Erodoto (storico), Sofocle (tragediografo). Per quel che concerne la politica estera, questa fu prevalentemente aggressiva e non sempre vincente. La spedizione in Egitto del 460-454, in chiave antipersiana, si risolse in un clamoroso flop, ma l’obiettivo, ambizioso, era quello di conquistare Cipro e di sollevare l’Egitto (grande produttore di grano). La sconfitta fu pesantissima. Nel 449 Atene tenterà invano una nuova spedizione a Cipro a seguito della quale sarà firmata la pace di Callia in virtù della quale la Persia si impegnava a non attaccare le città greche dell’Asia Minore e dell’Egeo, gli ateniesi l’Egitto e Cipro. Atene si alleò poi con Megara (appartenente alla lega peloponnesiaca e vicina di Corinto, città di mare non aderente alla lega navale Delio-Attica e fedele alleata di Sparta) scatenando le ire di Corinto e dei peloponnesiaci, con una serie di scontri interrotti nel 445 con la stipula di una pace trentennale. Ma Atene non rispettò i patti, imponendo a Potidea, altra colonia corinzia appartenente alla lega Delio-Attica, di non commerciare con la madrepatria, espellendo inoltre dai porti delle città della lega tutti i mercanti Megaresi. Il tutto aggravato dal fatto che dal 454 il tesoro della lega navale Delio-Attica era stato trasferito ad Atene e, quindi, usato a proprio piacimento dagli ateniesi che incameravano i tributi degli alleati ormai ridotti a sottoposti. Come annotò Tucidide fu dunque Atene a fare di tutto per provocare i peloponnesiaci. La risposta di Sparta non si fece attendere e, assurta al ruolo di paladina della libertà contro il dispotismo ateniese, inviò ultimatum ad Atene chiedendo la libertà per Potidea, la rimozione delle limitazioni commerciali imposte a Megara, l’autonomia per le città aderenti alla lega navale e l’espulsione di Pericle.

CAPITOLO SESTO – LA GUERRA DEL PELOPONNESO (431-404) COME GUERRA CIVILE DEI GRECI p. 386

All’ultimatum spartano Atene rispose negativamente. Sparta e gli alleati peloponnesiaci danno allora il via alle ostilità invadendo l’Attica, in quanto Atene, con i suoi interventi, aveva violato la pace stipulata nel 445. Con Sparta (si veda cartina) sono tutti i peloponnesiaci (tranne Argo e gli Achei che restano neutrali), i Beoti, i Megaresi, i Focesi, i Locresi; con Atene gli appartenenti alla lega Delio-Attica (e Chio, Lesbo, Cicladi, Corcira, Zacinto, Tracia). Nettamente superiori per terra i peloponnesiaci, per mare gli attici.

La guerra (431-404) può essere divisa in due fasi: 431-421 e 421-404. La prima fase, detta archidamica (dal nome del re spartano, morto nel 427, Archidamo II), segue lo stesso copione: Sparta e alleati invadono l’Attica ma si arrestano di fronte alle grandi mura (progettate da Temistocle). Alla fine del 430 scoppia la peste ad Atene e ne fa le spese lo stesso Pericle che muore nel 429: peste che dissuade i peloponnesiaci a invadere quell’anno l’Attica. Ad Atene emersero la figura di Nicia (conservatore) e di Cleone (radicale propenso alla prosecuzione della guerra). La guerra, cruenta, proseguì tra alterne vicende, senza un evento risolutorio fino al 422, allorché l’assedio di Anfipoli, in Tracia, precedentemente spartana, portato da Cleone, si concluse con la morte del generale spartano Brasida e dello stesso Cleone. La pace di Nicia (421) sancisce lo status quo ante bellum con una tregua cinquantennale (in realtà non accettata da Megaresi, Corinzi e Beoti). Ma mantenere la pace fu impossibile. Piccoli scontri su scala locale si accesero infatti già pochi mesi dopo la stipula del trattato di pace: nel 418 Sparta ha la meglio su di una quadruplice alleanza composta da Argo, Elide, Mantinea e Calcidesi (supportati da Atene). Nel 415, mentre Nicia reprime Melo (devastando la città, sterminando gli uomini e riducendo i restanti abitanti in schiavitù), l’altro stratego, Alcibiade, ottiene il consenso per una spedizione in Sicilia (415-413) dalla quale guadagnare alleati e risorse per proseguire e vincere la guerra con Sparta. L’occasione era data dalla richiesta di aiuto inoltrata da Segesta contro Selinunte e Siracusa (colonie corinzie). Parte un corpo di spedizione imponente, sebbene Alcibiade, giunto a Catania, fosse richiamato ad Atene in quanto accusato di empietà per aver parodiato in casa sua i misteri eleusini (e di aver danneggiato le statue di Ermes la sera della partenza della spedizione). Ma Alcibiade fa perdere le proprie tracce e si rifugia dapprima ad Argo e poi a Sparta! La spedizione siciliana, nel frattempo, si risolveva in disastro: nessuno supportava gli ateniesi mentre Sparta e Corinto inviarono una spedizione agli ordini di Gilippo: nel 413 Nicia e Demostene (giunto con 5.000 opliti e 73 navi) sono sconfitti sul campo e giustiziati dai siracusani (contro il volere degli spartani), il tutto mentre in Grecia il re spartano Agide II occupava Decelea, 20 Km a nord-est di Atene. Nel 412 Sparta strinse un patto di alleanza con il re persiano Dario II (424-404) con i finanziamenti del quale (in cambio Sparta rinunciava alla protezione dei greci d’Asia Minore) i Lacedemoni allestirono una propria flotta nel momento in cui Atene invece doveva vedersela con le defezioni degli alleati ionici e dell’Asia Mionore (Eubea, Lesbo, Chio, Mileto, Clazomene, Efeso) e vedeva consumarsi il colpo di stato oligarchico (411). Ne è protagonista il trasformista Alcibiade che, da Samo, sede della flotta ateniese, induce la città a mutare l’ordinamento cittadino in oligarchico, promettendo con il cambio di regime l’appoggio della Persia. Il potere è così dapprima nelle mani di un consiglio di 400, poi esteso ad un Consiglio di 5.000. Ma, l’anno seguente (410), Cleofonte e altri radicali ripristinano il Consiglio dei 500 e le altre cariche democratiche. È questo un periodo di piccoli successi, gli ultimi, con la flotta guidata da Alcibiade (eletto stratego nel 408 e accolto ad Atene da trionfatore) poi però deposto nel 407. L’ultima amara vittoria ateniese è quella delle Arginuse nel 406: 70 navi spartane sono affondate (contro le 25 ateniesi) ma il mancato soccorso dei naufraghi provoca scalpore ad Atene e porta all’apertura di un processo agli strateghi condannati a morte. L’anno seguente (405) Lisandro a Egostpotami sbaraglia la flotta ateniese e giustizia 3.000 opliti. Gli alleati di Atene defezionano uno dopo l’altro e nel 404 la città si arrende. Corinzi e tebani ne volevano la distruzione e la vendita dei suoi cittadini come schiavi, ma Sparta si limitò a imporre la fine dell’impero ateniese, l’abbattimento (al suono dei flauti) delle mura del Pireo e delle Lunghe Mura, la riduzione della flotta a 12 trireme, l’imposizione di una oligarchia di 30 costituenti (i cosiddetti Trenta tiranni) con il compito di redigere le “leggi patrie”. Solo l’intervento di Trasibulo e di altri esuli ripristinò nel 403 la democrazia con Sparta che lasciò fare.

CAPITOLO SETTIMO – CRISI E RICOMPOSIZIONE DELLA POLIS DOPO LA GUERRA DEL PELOPONNESO p. 458

[IL PREDOMINIO DI SPARTA E IL DECLINO DELLA GRECIA]

La fine della guerra del Peloponneso sancì una situazione di declino per la Grecia: Atene, che aveva avuto un’impetuosa espansione nel V secolo raggiungendo il massimo splendore, si trovò ridimensionata con una democrazia più moderata (ripristinata con le armi da Trasibulo) e irrigidita (si veda il processo a Socrate). Sparta, d’altro canto, che aveva combattuto in nome dell’autonomia e della libertà delle poleis greche, non fece altro che sostituirsi al dominio ateniese (favorendo la diffusione di oligarchie un po’ ovunque), dominio che non poteva durare a lungo. Troppo chiusa la città, inadeguati gli ordinamenti politici, cui si assommavano la diffusione di corruzione, lusso, ingiustizie, rivalità, disuguaglianze in una decadenza senza eguali (introdotta la proprietà, apertura al commercio). Il declino si realizza per Sparta anche in campo militare. Tra il 400 e il 386 al termine di tre fallimentari spedizioni in difesa dei greci d’Asia Minore, viene firmata la pace di Antalcida (o del Re, 386) in virtù della quale le suddette città passano sotto il controllo persiano. Ma Sparta perdeva colpi anche in Grecia. Dal 392 comincia un lungo scontro con Argo, Corinto (annessa da Argo) e Atene, risolto nel 386 con l’aiuto dei Siracusani e dei Persiani. È il preludio della sconfitta, subita a opera di Tebe e, moralmente, di Atene che, nel 377, ricostituisce la lega navale Delio-Attica (“per la pace, per la libertà e per l’autonomia” delle città greche).

CAPITOLO OTTAVO – DALL’EGEMONIA SPARTANA AL NUOVO POLICENTRISMO GRECO p. 527

[LA BREVE EGEMONIA TEBANA (371-362)]

Il declino di Sparta è dunque attestato dalla sconfitta subita per mano di Tebe e di Atene. Ma la sconfitta di Sparta servirà solo a indebolire ulteriormente la Grecia che, dopo un’egemonia decennale di Tebe, sarà definitivamente declassata a civiltà di importanza locale.

Ribellatisi alle decisioni spartane (Tebe voleva il controllo della Beozia), guidati dai due condottieri Pelopida ed Epaminonda, i tebani combatterono incessantemente Sparta fino allo scontro decisivo di Leuttra (371). Il re spartano Cleombroto aveva invaso la Beozia con 10.000 uomini per imporre a Tebe di rinunciare alla Beozia, ma l’utilizzo in battaglia della falange obliqua da parte di Epaminonda portò alla vittoria dei tebani sui peloponnesiaci, aggravata dalla ribellione della Messenia. Sparta perdeva così un terzo del proprio territorio e si ritrovava senza gli iloti e i prodotti derivanti dal loro lavoro coatto. Tebe non diede respiro ai Lacedemoni: stretta un’alleanza anche con la Tessaglia e l’Arcadia, attaccò annualmente con Epaminonda il Peloponneso. Atene e Sparta si coalizzarono contro Tebe proprio mentre Pelopida moriva sui campi di battaglia della Tessaglia. Lo scontro di Mantinea (362) segna così la fine di Atene, Sparta e Tebe, dal momento che anche Epaminonda restava ucciso sul campo. È il trionfo del particolarismo, nessuna città può prevalere sulle altre e di ciò ne risente l’intera Grecia che declina e passa sotto il controllo dei “montanari” Macedoni.

CAPITOLO NONO. LA MACEDONIA DALLE ORIGINI AL REGNO DI FILIPPO p. 580

CAPITOLO DECIMO: ALESSANDRO IL GRANDE E LE ORIGINI DELL’ELLENISMO p. 629

[LA MACEDONIA E IL PERIODO ALESSANDRINO]

A partire dal regno di Filippo II (359-336) la Macedonia estende il proprio controllo e la propria influenza sulla Grecia, controllo diretto sulle zone territorialmente limitrofe, influenza sul resto della Grecia. Con la battaglia di Cheronea (338) i tentativi di personaggi del calibro dell’ateniese Demostene (si leggano le sue Filippiche) di respingere i “barbari venuti dalle montagne” con una coalizione di greci, si infransero. Filippo II, tuttavia, istruito a Tebe e allievo di Epaminonda, non umiliò i greci, anzi li riunì (tranne Sparta che era ormai isolata da tutto e da tutti) in una lega panellenica, la Lega di Corinto, con l’obiettivo di combattere i persiani (337). Una congiura di palazzo portò all’uccisione di Filippo II prima e al colpo di stato di Alessandro Magno (336-323) poi. Della situazione tentarono di approfittare i greci, in primis Tebe, ma Alessandro fu implacabile, domò la rivolta greca e inflisse una durissima punizione a Tebe che fu rasa al suolo (334). A quel punto Alessandrò lasciò il controllo della Macedonia ad Antipatro e, con 34.000 uomini, partì alla volta dell’Asia, spedizione che Filippo aveva progettato. La sua fu un’avanzata senza eguali, inarrestabile, che lo portò a conquistare di fatto l’intero regno persiano: nel 333 ad Ipso sconfisse Dario III, prendendone in ostaggio moglie e figli; nel 331, a Gaugamela, mise Dario in fuga conquistando Susa, Babilonia e Persepoli. È il “grande inseguimento”, interrotto nel 330 da Artaserse IV che
uccide Dario III. Alessandro, con abile mossa politica, recupera il corpo di Dario, lo omaggia con funerali solenni, giustizia Artaserse e viene incoronato legittimo re di Persia. Convinto ormai di avere origini divine, Alessandro proseguì la sua marcia verso est, raggiungendo l’Indo. La stanchezza dei soldati per la lunga marcia lo convinsero a tornare indietro. Sulla via del ritorno, durante uno scontro con una popolazione indigena, i Malli, è ferito al torace e riporta lesioni polmonari per i postumi delle quali muore nel 323 aprendo una stagione di lotte per la successione.

CAPITOLO UNDICESIMO – L’ALTO ELLENISMO p. 678

[LE LOTTE TRA I DIADOCHI (323-281)]



Alessandro morì senza eredi e così si accesero le lotte per la successione tra i vari diadochi (successori), senza che nessuno potesse avere il sopravvento sugli altri ereditandone il regno. Da queste lotte nasceranno una serie di regni “ellenistici” governati da dinastie, regni che saranno poi inglobati nell’impero romano. Brevemente: in Siria si costituì un regno retto dai Seleucidi; in Egitto dai Tolemei; in Macedonia dagli Antigonidi. C’erano poi le città greche indipendenti e altri regni minori come quello di Pergamo retto dagli Attalidi.

CAPITOLO DODICESIMO. IL MONDO GRECO E ROMA p. 799

“Tra queste due date, così significative per la storia della cultura greca (393 e 529), si colloca dunque l’esito di quei processi, graduali ma ormai tutti di un solo senso e segno, che si possono ragionevolmente identificare con la fese conclusiva della storia della grecità antica. (p. 846)

TAVOLA CRONOLOGICA p. 863

INDICI p. 875

INDICE DEI NOMI DI PERSONA p. 877

INDICE DEI NOMI DI LUOGHI E DI POPOLI p. 895

INDICE DELLE TAVOLE p. 911

INDICE DEL VOLUME p. 913



APPENDICE DOCUMENTALE

MAPPE CONCETTUALI

GLI ORDINAMENTI DI LICURGO A SPARTA



DIARCHIA

2 Re (1 della famiglia degli Agiadi, 1 degli Euripontidi). Guidano l’esercito in battaglia.

GERUSIA

Consiglio di 30 membri: 28 ultrassessantenni e i 2 re. Propone le leggi da sottoporre all’Apella.

APELLA

Assemblea degli Spartiati. Approva le proposte della gerusia.

Spartiati: Cittadini di pieno diritto. Il loro numero era limitato per legge a 9.000. Perieci: “Abitanti delle zone circostanti”, si occupano di agricoltura, commercio e artigianato. Hanno stretti legami con Sparta (che riforniscono) ma non sono servi.

Iloti: Servi degli Spartiati, lavorano la terra.

LE ISTITUZIONI ATENIESI DAL 683 AL 595



9 ARCONTI

Eponimo, Polemarco, Basileus e 6 Tesmoteti. Incarico annuale dopo il quale si entra a far parrte dell’Aeropago

AEROPAGO

Consiglio del quale fanno parte gli ex- arconti

LA RIFORMA DI SOLONE (594-593)



Solone divide la società in 4 classi sociali in base al censo (riforma timocratica):



    1. PENTACOSIOMEDIMNI: < di 500 medimni di grano. Accedono ad Arcontato, Tesoreria e Bulè

    2. CAVALIERI: 300-500 medimni. Possono accedere alla magistratura e alla bulè.

    3. ZEUGITI: > di 200 medimni. Sono olpiti.

    4. TETI: < di 200 medimni. Fanti o marinai, accedono all’ecclesia.





ECCLESIA

Assemblea popolare. I teti vi eleggono i magistrati.

HELIAIA

Tribunale del popolo. Decide sui ricorsi dei cittadini contro le sentenze degli Arconti

AEROPAGO

Consiglio degli ex-arconti. Declassato a mero “custode delle leggi”.

BULÉ

Consiglio di 400 membri (appartenenti alle due classi superiori) eletti dall’ecclesia. Elaborano le leggi da proporre all’ecclesia. 100 membri per ciascuna delle 4 tribù genetiche di Atebe. Ogni tribù è poi suddivisa in 3 trittie e 12 naucrarie.

9 ARCONTI

Funzioni giudiziarie.

LA RIFORMA DI CLISTENE (508/507)

Clistene divise il territorio in 30 trittie, distribuite a 10 tribù ognuna delle quali con 1 trittia interna, urbana e della costa.

BULÉ-CONSIGLIO DEI 500

50 per ogni tribù. A rotazione i pritani presiedono le 10 pritanie sessioni. Fa le proposte da sottoporre all’ecclesia, controlla operato di magistrati e la politica estera.

ECCLESIA

Comprendeva TUTTI gli ateniesi. Ovviamrente nessuno era obbligato e molti, per lavoro o abitando distante, non vi prendevano parte. Approva, respinge o modifica le proposte del Consiglio. Elegge i 10 strateghi.

STRATEGHI

10. Uno per ogni tribù. Sono eletti dall’ecclesia. Comandano l’esercito.

CRONOLOGIA



VI-IV millennio a. C. ca.: Neolitico. 2800-1100 ca.: Età del bronzo

VIII-VII sec.: Migrazioni, poleis, tirannidi, riforme 594/593: Riforma di Solone ad Atene.

561-555: Primo periodo della tirannide di Pisistrato ad Atene. 549: Inizio secondo periodo della tirannide di Pisistrato

534-527: Terzo periodo della tirannide di Pisistrato 527-510: Tirranide dei Pisistratidi (Ippia e Ipparco) 510: Cacciata di Ippia da Atene

507: Riforme di Clistene ad Atene 499-494: Rivolta ionica

490: Spedizione di Dati e Artaferne contro Atene ed Eretria: battaglia di Maratona 480: Spedizione di Serse e Mardonio contro la Grecia. Battaglie di Termopile, Artemisio e Salamina.

479: Battaglie di Platea e Micale

477: Fondazione della lega navale Delio-Attica 431-404: Guerra del Peloponneso

429: Morte di Pericle per peste 421: Pace di Nicia

415-413: Spedizione ateniese in Sicilia. Sparta occupa Decelea

411: Colpo di stato oligarchico ad Atene (governo dei 400, poi 5000) 408: Rientro di Alcibiade ad Atene

404: Resa di Atene. Trenta tiranni

403: Traibulo ripristina con le armi la democrazia ad Atene 386: Pace di Antalcida

377: Seconda lega navale Delio-Attica

371: Battaglia di Leuttra. Comincia l’egemonia tebana 364: Morte di Pelopida

362: Battaglia di Mantinea 337: lega panellenica

335: Alessandro distrugge tebe e parte per l’Asia

331: Battaglia di Gaugamela e inizio del grande inseguimento 323: Morte di Alessandro Magno





BIBLIOGRAFIA RAGIONATA



La sintesi è stata elaborata seguendo l’ottimo ed imprescindibile manuale universitario di Domenico Musti, Storia Greca, Roma-Bari, Laterza, 2001.

Molto utile,soprattutto per le mappe, è poi il manuale per liceo classico di Andrea Giardina, Le linee del tempo, vol. 1 (Dalla preistoria all’impero romano), Roma- Bari, Laterza, 1997.

DOMENICO MUSTI – STORIA GRECA. LINEE DI SVILUPPO DALL’ETÀ MICENEA ALL’ETÀ ROMANA