DELIA FERGNANI – MA IL MIO NOME È RIMASTO A RIVA

DELIA FERGNANI – MA IL MIO NOME È RIMASTO A RIVA
DELIA FERGNANI – MA IL MIO NOME È RIMASTO A RIVA

DELIA FERGNANI – MA IL MIO NOME È RIMASTO A RIVA
ACQUAVIVA – 2007

Rebecca, giovane donna di paese, racconta il suo ultimo giorno di vita… Al mattino l’inattesa speranza del prossimo ritorno a casa, tra i reduci di guerra, del fratello maggiore e del promesso sposo, Gino… Preparatasi con abito da festa come dalla madre richiestole, Becca esce da una porta secondaria per evitare gli sguardi maliziosi dei presenti, recandosi in riva all’amato Po. Lì la raggiunge un’amica, a rimirare la superficie ghiacciata… In breve numerosi sono gli abitanti in attesa di un congiunto…

“siamo tutti lì in quello spasimo d’attesa, il cuore in bilico tra felicità e dolore e la bocca zittita come il fiume sotto il ghiaccio”. (p. 16)

Nello scorgere la bisaccia lanciata in cielo da Gino, segnale convenuto de ritorno alla partenza, colma di gioia Becca avanza inavvertitamente sul ghiaccio che, frantumandosi, la porta a finire in acqua, trascinata via congelata dalla corrente…

“Sono morta così, davanti a tutti ad un passo dalla felicità sparendo sotto il ghiaccio con la sottana di panno rosso, me ne sono andata lontano trasportata dal fiume ma il mio nome, ripetuto di bocca in bocca, il mio nome urlato, il mio nome sussurrato e pianto è rimasto per sempre sulla riva”. (p. 18)

L’autrice scrive di averne appreso la storia da una mondina, memore di quanto tramandatosi nel corso delle tempo di nonna in nonna…

IL POSTER p. 21

Prendendo spunto da un poster, raffigurante una bimbetta, faccia da monella e stringhe slacciate che cammina sola per strada dove campeggia su di un muro un poster che la raffigura con la scritta “Le brave bambine vanno in paradiso quelle cattive vanno ovunque”, la narratrice considera la propria vita, non quella di una santa né quella di un’avventuriera. Eccola quindi a immaginarsi vite alternative…

LETTERA APERTA p. 29

Lettera aperta al pianeta Terra, sempre più maltrattato e rovinato dagli esseri umani…

PENSIERINI p. 38

Sfrenatezza

È un pretesto dell’anima
un gioco del pensiero
un passatempo
una mania
o forse una difesa
questo mio continuo
divagare dalla realtà
alla più sfrenata fantasia. (p. 40)

TRE CRAVATTE E UN FARFALLINO p. 46

Durante una cena tra amici, nel sentir parlare di cravatte, all’autrice tornano alla memoria tre cravatte e un farfallino, ciascuna legata a un ricordo speciale della propria vita (una nera che il padre indossava in memoria della madre morta; una rossa che la madre vietò al fratello d’indossare durante il Fascismo; quella anonima di un giovane recluso con il padre a San Vittore nel 1943 impiccatosi per non correre il rischio di “parlare”; un farfallino indossato al ristorante a dodici anni che la mostrava ancora bambina agli occhi degli altri, in particolare a quelli di un cameriere che le piaceva…)…

STUPORE p. 57

Lo stupore di fronte alla neve che cade, sentimento che sempre coglie chi assiste a tale spettacolo…

UNO TIRA L’ALTRO p. 64

Nel flusso ininterrotto di pensieri si passa continuamente dall’uno all’altro. Seguire il filo logico delle loro connessioni è un gioco interessante che fa rievocare anche ricordi d’infanzia…

PENSIERINI p.74

TORNARE A BOMBAY p. 82

Dopo trent’anni l’autrice torna a Bombay assieme alla figlia. Una megalopoli dalle mille contraddizioni di cui trascrive alcuni ricordi…

IL BOTTINO p. 93

Come nei giochi di bambina, quando accumulava “tesori” in cantina, l’autrice rivive momenti importanti della propria vita (come quando assieme al padre ascolta alla radio per la prima volta il jazz)…

LA GIBIGIANNA p. 100

Un castello del piacentino attrae come un amato l’autrice…

DI PAGINA IN PAGINA p. 109

Con le storie scritte lascia una parte di sé in ricordo ai figli…