DELIA FERGNANI – ERO UN BARCONE E AVEVO UN SOGNO

DELIA FERGNANI – ERO UN BARCONE E AVEVO UN SOGNO

ACQUAVIVA – NOVEMBRE 2005

A Cura di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo

 

Raccolta di racconti, raccontini e poesie di Delia Fergnani.

I testi sono molto scorrevoli e ottima risulta la scrittura, semplice, delicata, poetica e capace di far rivivere emozioni comuni a molti…

In Ero un barcone e avevo un sogno, il lettore s’immedesima in un barcone del Po che, un giorno, s’imbatte nella polena di una barca a remi innamorandosene perdutamente. Da allora vive il sogno e la speranza di poterla incontrare nuovamente… Finirà dismesso, incagliato su un prato dopo una prima piena e su di un altro per quella del duemila, con una sola nutria come amica… Recuperato, viene infine utilizzato come struttura di ristorazione, ripensando sempre alla sua amata polena nell’unico giorno di chiusura del locale, in pace dal chiasso degli avventori… Gli gira sovente intorno una strana donna che scrive su di un quaderno…

In La Piuma la protagonista, una donna matura, riceve il commiato da Eros, addio che le lascia intatti i ricordi d’amore…

In Insolite piacevolezze, una donna immagina di rilassarsi con pensieri di una giornata “diversa”, priva di stress e condizionamenti maniacali, concludendo, però, che quelle idiosincrasie fanno ormai parte del proprio essere. Voce interiore e forza dell’abitudine la svegliano, facendole cambiare sogno…

Pensierini: sette brevi poesie…

UN FARO PER ME

Vorrei avere un faro

Un bianco faro

Nel buio della testa

Che giri la lanterna

Sull’onda dei pensieri

E mi conduca in  salvo

Se scoppia la tempesta. (p. 37)

 

In Scenderò quelle mille scale, si riflette sull’infanzia, età magnifica di fantasia, scoperte e spensieratezza, con la promessa di ritrovare in parte quello spirito in vecchiezza…

In Ciocio non cambiare l’autrice rende omaggio al regno animale, semplice, naturale e privo di parola…

In La borsa e la vita, si considera il profondo legame di una donna con la propria borsa e, nello specifico, con tutte quelle della propria vita, ricordate a una ad una dall’autrice…

 

Pensierini: sette brevi poesie

LA MIA TESTA

La mia testa

È terra di frontiera

È strada di passaggio

Per vecchie idee in fuga

E nuove speranze in viaggio.

Ma che polverone! (p. 67)

 

UN PO’ DI COMPAGNIA

Sono così sola

A volte

Che sul muro

Davanti casa mia

Cerco la mia ombra

A tenermi compagnia. (p. 68)

 

In Chi viene alzi la mano, l’autrice narra del ritrovarsi dopo decenni con i compagni di classe. Emozionandosi per la storia di uno di loro, ultimo di dieci fratelli allattato dalla sorella maggiore, non può che riscoprire la gioia di vivere e la compassione per il genere umano capace di grandi gesti d’amore e altruismo…

In a modo mio, l’omaggio alla madre morta, nel giorno in cui avrebbe compiuto cento anni, mediante il varo di una barchetta costruita con del polistirolo e una candela che le acque del fiume, nel buio, portano lontano…

In Quelli di Faenza, l’autrice ricorda una frase che le diceva sempre il padre per farle capire che non si può avere sempre tutto e che si può “fare anche senza come quelli di Faenza”… Una frase che l’ha sempre indispettita, da piccola, ma che poi ha fatto sua e ripetuto ai figli… Una banale rima, frustrante da bambina, d’ausilio in età adulta nei momenti di difficoltà o indigenza…

Un giorno ha preso il treno, ma, leggendo il cartello “Faenza”, commossa dai ricordi di una vita, s’è chiusa in bagno perdendo così la fermata… A Faenza non c’è poi mai stata…