DANIEL PENNAC – MIO FRATELLO

DANIEL PENNAC – MIO FRATELLO
DANIEL PENNAC – MIO FRATELLO

DANIEL PENNAC – MIO FRATELLO
FELTRINELLI – Collana NARRATORI FELTRINELLI – I ed OTTOBRE 2018

TITOLO ORIGINALE: MON FRERE

TRADUZIONE: Yasmina Melaouah

Pennac alterna nel libro aneddoti e ricordi sul fratello Bernard, poco dopo la morte del quale ha deciso di portare in scena un adattamento di Bartleby lo scrivano di Melville, opera a entrambi cara… Nei sessanta capitoli, la metà sono dedicati proprio alla “versione” di Pennac dell’opera…

“Perché mai, poi, avevo messo in scena solo il personaggio del notaio, che quasi ammattiva per colpa dello scrivano? E perché mi ero attribuito la sua parte? Il fatto che il racconto mi piacesse da sempre non era un motivo sufficiente. Mi resi conto, allora, che recitavo con mio fratello assente. Per tutta la vita aveva recitato insieme”. (p. 104)

Il desiderio di portare in scena il Bartleby di Melville mi è venuto un giorno in cui pensavo a mio fratello Bernard.[…]
Era morto da sedici mesi. La sua presenza mi mancava. Abitavamo a settecento chilometri di distanza, ci vedevamo poco ma ci telefonavamo spesso. […]
Passati sedici mesi, mi mancava ancora, ogni giorno. (p. 11)

Ho quindi messo in scena Bartleby lo scrivano come il monologo di questo notaio di cui mi sono assegnato la parte e, da solo in scena, l’ho recitato un centinaio di volte. […]
Quello che riproduco qui è il mio adattamento. (p. 15)

I manifesti lo presentavano così, lo spettacolo: Bartleby di Herman Melville, lettura scenica. (p. 20)

Il fratello è morto a seguito di una setticemia derivante da un’operazione errata alla prostata. In passato, nella stessa clinica, per la stessa operazione, aveva già rischiato la vita, raccontandogli poi l’esperienza vissuta in stile “luce in fondo al tunnel”… Da tempo era peraltro malato di Parkinson, sposato con una donna petulante, sebbene bellissima, lui abituato ad essere comprensivo e pacato, prepensionato ingegnere aeronautico…

Mio fratello l’ha ucciso una clinica privata. Praticano una resezione della prostata, perforano accidentalmente l’intestino, infezione diffusa, e tuo fratello muore di setticemia. (p. 23)

Durante tutta la nostra vita mi sono nutrito del suo umorismo. (p. 29)

La maggior parte degli spettatori non aveva letto Bartleby lo scrivano. Molti ignoravano pesino l’esistenza di questo racconto di Herman Melville. (p. 33)

Ben presto in scena ho smesso di leggere. Nel giro di poco tempo, il testo lo sapevo a memoria. […] Non leggevo più Bartleby, lo recitavo. Lo possedevo. (p. 45)

Nelle prime settimane seguite alla morte di mio fratello, ho perso l’uso del corpo. Mi sono lasciato andare. (p. 53)
Quando mio fratello era vivo non l’ho imitato molto. […]
Il mio lutto, invece, fu mimetico.[…]
A volte, per strada, lo vedevo in lontananza. […]
Ogni tanto lo vedo ancora. (p. 57)
Non so niente di mio fratello morto, se non che gli ho voluto bene. Non c’è nessuno al mondo che mi manchi come mi manca lui e e tuttavia non so chi ho perso. (p. 83)
In sua presenza nessuno si arrabbiava. Incarnava l’equilibrio familiare. (p. 84)

L’ultima vita di mio fratello fu la pensione anticipata, il Parkinson, il suicidio mancato, il flirt con la psicanalisi, l’Alzheimer del nostro fratello minore e la sua seconda morte, grazie al bisturi finalmente liberatore. Non c’ero, neanche questa volta. (p. 92)
Il giorno in cui quel giovane chirurgo uccide davvero mio fratello, insomma, io non c’ero. Ero a Venezia. (p. 100)