CÉLINE CONTRO VAILLAND. DUE SCRITTORI, UNA QUERELLE, UN PALAZZO DI UNA VIA DI MONTMARTRE SOTTO L’OCCUPAZIONE TEDESCA

CÉLINE CONTRO VAILLAND. DUE SCRITTORI, UNA QUERELLE, UN PALAZZO DI UNA VIA DI MONTMARTRE SOTTO L’OCCUPAZIONE TEDESCA
CÉLINE CONTRO VAILLAND. DUE SCRITTORI, UNA QUERELLE, UN PALAZZO DI UNA VIA DI MONTMARTRE SOTTO L’OCCUPAZIONE TEDESCA

CÉLINE CONTRO VAILLAND. DUE SCRITTORI, UNA QUERELLE, UN PALAZZO DI UNA VIA DI MONTMARTRE SOTTO L’OCCUPAZIONE TEDESCA

ECLETTICA EDIZIONI – Collana VISIONI n. 23 – 2019

A CURA di Andrea Lombardi

TRADUZIONE: Valeria Ferretti e Andrea Lombardi

In questo volumetto edito dalla Eclettica Edizioni, Andrea Lombardi ha raccolto una serie di testi concernenti la polemica scaturita tra Vailland e Céline…

Oltre agli scritti dei due diretti interessati, sono stati inseriti un testo di Giampiero Mughini, tratto da Addio, gran secolo dei nostri vent’anni, che ben riassume la polemica, e testimonianze di Robert Chamfleury, introdotta da Marc Laudelot, e di Herman Bickler. Ad arricchire il volume anche un’appendice fotografica in bianco e nero…

Libro interessante immancabile in una libreria “céliniana”…

NOTA INTRODUTTIVA

Di Andrea Lombardi p. 5

CÉLINE, VAILLANT E RUE GIRARDON

Di Giampiero Mughini p. 11

Lì dove Rue Girardon faceva angolo con rue Norvins, Céline si trasferì nel marzo 1941 e ci visse sino alla mattina del 17 giugno 1944, le sue ultime ore parigine prima di un esilio dalla Francia che sarebbe durato sette anni. (p. 14)

Di tutti gli intellettuali parigini che a dirla con Céline avevano “une reputation germanueuse” (la reputazione di essere favorevoli ai nazi), fu lui il primo a involarsi. (p. 15)

Il fatto è che al piano sottostante quello dove abitava Céline, ed esattamente negli stessi anni, abitavano un francese e una francese che del loro appartamento fecero un punto di ritrovo e di sostegno della Resistenza parigina. Robert Chamfleury e Simone Mabille, di cui non sappiamo esattamente come e quanto intensamente agissero. […]

Quanto ai congiurati antinazi che entravano nell’appartamento Chamfleury-Mabille, c’era nel 1943 un trentaseienne metà scrittore e metà giornalista (era nato nel 1907), Roger Vailland[…]. (p. 18)

Ebbene, il 23 gennaio 1950[…] Vailland pubblica su un giornale parigino un fiammeggiante articolo in cui confessa che al tempo dei due appartamenti uno sull’altro di Rue Girardon, lui e altri suoi compagni ci avevano pensato se sì o no uccidere Céline, l’abietto inquilino del piano di sopra.

Peggio ancora, il Vailland del 1950 quasi si pentiva di non averlo fatto. Di non avere scannato il Céline del 1943[…].

Più ancora, Vailland scrive che una o due volte la settimana l’appartamento di Céline faceva da covo per i raduni della crema degli intellettuali parigini pronazi. Tanto che lui e i suoi compagni avevano dunque pensato a una strage, non solo a uccidere Céline. A farne fuori il più possibile di quei reietti. (p. 20)

Per tornare al Céline reale, lui che furioso lo era già di suo diventa furiosissimo quando viene a sapere dell’articolo di Vailland pubblicato sulla Tribune des Nations, e beninteso dopo che erano usciti altri articoli di giornalisti comunisti che accusavano Céline di essere stato nientemento che un agente della Gestapo durante l’Occupazione. (p. 24)

Da come le raccontano rispettivamente Vailland e Céline, le due scene di vita vissuta a Rue Girardon più opposte di così non potrebbero risultare. Da una parte il Céline intravisto e raccontato da Vailland, e cioè uno che scende per le scale a fare una schiamazzante combutta con alcuni dei personaggi più truci della “collaborazione” intellettuale parigina. Dall’altra il Céline quale lui si autoracconta e si assolve, uno che non esce mai da casa e che se ne va a letto alle sette si sera a combattere un’insonnia che tutta la vita lo aveva fatto fornire a sprazzi e sussulti. Chi dei due, nel lustrare a proprio comodo il quadro di vita vissuta, si avvicinerà di più alla verità?

Stando ad altre testimonianze, la vita reale del Céline di Rue Girardon era tutto il contrario dello schiamazzo e di una qualsiasi ostentazione. (pp. 26-27)

[…]Chamfleury prende la penna e scende in campo tutto dalla parte di Céline. (p. 27)

Nel confronto tra le due opposte realtà raccontate dai due romanzieri nemici, Céline è probabilmente il più vicino al vero che non il Vailland staliniano che l’aria di uno che se la suona e se la canta in fatto di indomito furore ai tempi eroici. (p. 28)

Rolland racconta che quanto aveva scritto il Vailland del 1950 non era da prendere minimamente sul serio, che si trattava di una testimonianza scritta in un momento in cui voleva far passare il suo engagement per ancora più risoluto e implacabile di quanto fosse stato. Mai e poi mai, racconta Rolland, i “resistenti” del quarto piano di Rue Girardon avevano pensato a uccidere Céline. (p. 29)

ILLUMINAZIONI

Di Louis-Ferdinand Céline p. 39

* Testo di Vailland cui replica Céline *

Era il 1943. eravamo diversi terroristi, diverse canaglie, voglio dire diversi partigiani, a frequentare spesso il grande edificio che fa angolo con l’avenue Junot e la rue Girardon, proprio di fronte ai giardini del Moulin de la Galette.[…]

L’appartamento del quinto piano era abitato da Louis-Ferdinand Céline.

Un gruppetto di “collaboratori” si riuniva una o due volte alla settimana, nell’appartamento al quinto. (p. 40)

Redattori di “Je suis partout”, scrittori, artisti, la crema della “collaborazione”. Verso le undici se ne andavano via tutti. Si sentiva un gran rumore per le scale. Céline li accompagnava fino all’avenue Junot, poi restavano un bel po’ a parlare, a ridere, a far giochi di parole, proprio sotto le finestre di Simone. (pp. 40-41)

Poi si disperdevano, e Céline risaliva i suoi cinque piani; si sentiva un piccolissimo rumore per le scale. Una sera d’estate, dopo aver letto le grida dal “Je suis Partout” ancora più perfettamente delatrici del solito, decidemmo di giustiziarli. (p. 41)

E dato che l’unanimità è preferibile, quando di tratta di una condanna a morte, rinviammo la decisione. (pp. 42-43)

E Céline, da Copenhagen, scrive lettere d’insulti agli scrittori che non “collaborarono” e un brutto libro che tutti i “collabò” comprano finché fu un collaborazionista.

Credo che la nostra mansuetudine fu una fregatura e per di più una cattiva azione. (p. 44)

. – .

Trovo nell’articolo di Vailland i chiari sintomi di questa vanagloria, sovrappiù di chiacchiere, droga, sparate, invenzioni idiote, vanterie… […]

Come può Vailland, per quanto fesso sia, pensare che ignorassi quello che succedeva nella mia casa di Rue Girardon? (p. 44)

[…]quel Vailland è solo un idiota patentato! Di dettagli, e ben gustosi, su questa buffonata resistente degli eroi dello “scampato pericolo” gliene potrei raccontare a migliaia! (p. 45)

Certo queste persone si sono trasformate più tardi, ancora una volta, passato qualsiasi pericolo, in quali giustizieri feroci… vendicatori implacabili delle coliche!

Io dico, e affermo che questo Vailland (che orrore che sia così privo di qualsiasi forma e stile!) mi deve la vita e il suo Goncourt… […]

Quanto alle strampalate invenzioni deve solo spararle a forconate! Non ho mai ricevuto nessun redattore di “Je Suis Partout” né di giorno, né di notte…. né dell’Alta Collaborazione… non ho mai dovuto accompagnarli… soprattutto sbraitando… (assolutamente non il mio genere! Lurido idiota!) (p. 46)

A dire il vero, quasi ogni mattina, uno di questi giovanotti della STO saliva a bussare alla nostra porta, al quinto, sbagliando piano… mia moglie o io stesso li accompagnavamo da Champfleury, la porta sottostante… (pp. 46-47)

ROBERT CHAMFLEURY E L.F.-CÉLINE

Di Marc Laudelot p. 51

L’AMICO SS DI CÉLINE

Di Hermann Bickler p. 57

FOTO p. 63

***Refusi da correggere in una eventuale seconda edizione…