ALFRED ROSENBERG – FRIEDRICH NIETZSCHE. ALLOCUZIONE TENUTA A WEIMAR IL 15 OTTOBRE 1944, NEL CORSO DI UNA CERIMONIA COMMEMORATIVA DEL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI FRIEDRICH NIETZSCHE. CON TESTO A FRONTE

ALFRED ROSENBERG – FRIEDRICH NIETZSCHE. ALLOCUZIONE TENUTA A WEIMAR IL 15 OTTOBRE 1944, NEL CORSO DI UNA CERIMONIA COMMEMORATIVA DEL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI FRIEDRICH NIETZSCHE. CON TESTO A FRONTE
ALFRED ROSENBERG – FRIEDRICH NIETZSCHE. ALLOCUZIONE TENUTA A WEIMAR IL 15 OTTOBRE 1944, NEL CORSO DI UNA CERIMONIA COMMEMORATIVA DEL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI FRIEDRICH NIETZSCHE. CON TESTO A FRONTE

ALFRED ROSENBERG – FRIEDRICH NIETZSCHE. ALLOCUZIONE TENUTA A WEIMAR IL 15 OTTOBRE 1944, NEL CORSO DI UNA CERIMONIA COMMEMORATIVA DEL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI FRIEDRICH NIETZSCHE. CON TESTO A FRONTE

EDIZIONI DI AR – Collana IL TEMPO E L’EPOCA DEI FASCISMI n. 13 – 2014

TRADUZIONE: Nicola Vincenzi

NIETZSCHE SECONDO ROSENBERG

Di Manfredi D’Arrigo p. 9

Oggi ci siamo riuniti per commemorare un grande Tedesco che ai suoi tempi, a causa della sua profonda protesta contro l’ambiente spirituale e politico che lo circondava, divenne un rivoluzionario, che per decenni dovette poi sopportare il destino di non essere compreso e che soltanto nella nostra epoca coglie infine il suo pieno riconoscimento storico. […]

[…] il nostro compito è piuttosto quello di ricordare l’uomo stesso.[…]

La questione essenziale della sua vita, quale egli la espresse un giorno: «È possibile, oggi, la grandezza?», determinò in modo totale il suo pensiero e la sua azione. […]

vide attorno a sé il chiaro declino di simili possibilità, e l’ascesa sempre più manifesta di tutto ciò che egli aveva sempre percepito e considerato come il contrario della grandezza e dell’aristocrazia. (p. 13)

L’«europeo bastardo» aveva però bisogno di un simile travestimento: infatti, quanto più s’immiseriva interiormente, tanto più credeva necessario addobbarsi con i tesori appresi a scuola e chiesti in prestito all’antichità, per coprire o nascondere la crescita incessante del proprio vuoto. (p. 15)

Egli sapeva benissimo di non poter essere ascoltato interamente, e sapeva anche di non appartenere più al diciannovesimo secolo, e denominò se stesso, insieme a quei pochi nei quali riponeva le sue speranze, come gli «europei di dopodomani», i «primi nati del ventesimo secolo». (pp. 15-17)

Nella storia del mondo ci sono epoche nelle quali pensatori e statisti, lottando vanamente contro il loro tempo, additano e rendono possibili nuove configurazioni del futuro, senza però poterne vedere la realizzazione. (p. 17)

[…] egli da un lato vedeva questa grassa borghesia giungere a posizioni sempre più esclusive e favorevoli all’ulteriore arricchimento, dall’altro vedeva l’aumento continuo, per tutta la sua epoca, dei diseredati. Gli sembrava che «tanto coloro che possedevano troppo quanto colore che non possedevano nulla» fossero «esseri egualmente pericolosi per la comunità». E però, proprio questo era l’ambiente che Nietzsche avrebbe dovuto avvicinare per poter trovare ascolto presso il Volk. E questa fu la seconda tragedia della sua vita[…].

Al centro di quel processo per il quale tutto ciò che Nietzsche combatté nel profondo come antiaristocratico e spregevole si è alleato contro una Germania risoluta a vincere contro tutte queste forze e questi fenomeni avvilenti del diciannovesimo secolo[…]. (p. 19)

L’uomo colto era degenerato fino a diventare il peggior nemico della cultura, perché voleva dissimulare la malattia generale, e in tal modo era necessariamente di impedimento a qualsiasi medico. (p. 25)

Per lui il marxismo è, pensato fino in fondo, la tirannia degli uomini più sciocchi e insignificanti, cioè dei superficiali, degli invidiosi e per tre quarti commedianti; è di fatto la conseguenza ultima delle «idee moderne» e del loro latente anarchismo. Nietzsche si rivolge anzitutto contro il tentativo di abolire il concetto della proprietà, perché l’abolizione di questo concetto di proprietà porterebbe a una lotta per la sopravvivenza catastrofica[…]. (p. 29)

«Il marxismo ha bisogno della più servile sottomissione di tutti i cittadini all’onnipotente Stato, quale non si è mai vista finora». (p. 31)

Egli è profondamente convinto che la confusione generata dal movimento liberale nel suo complesso[…] necessariamente porterà l’Europa ai conflitti più terribili, ma forse anche a dure tirannidi. […]

una critica di tutta quanta la sua epoca quale non potrebbe essere più aspra e corrosiva. (p. 33)

E più tardi, avvedendosi di essere rimasto senza eco, esclama:

«Solitudine, mille volte preferibile! E, se così dev’essere, andare a fondo da soli!».

Questo è il suo contegno finale di fronte al mondo, il congedo da tutte le speranze della giovinezza, la piena consapevolezza di essere solo e di non essere mai ascoltato, finché la vita gli duri. […]

Egli sapeva bene che quanto esprimeva era una parola per i tempi a venire, «perché una qualche generazione deve iniziare la battaglia nella quale un’altra, più tarda, dovrà vincere», e che quindi doveva esserci qualcuno che in questo mondo democraticizzato e spiritualmente abbandonato a se stesso della fine del diciannovesimo secolo riuscisse a impugnare la bandiera di una nuova speranza, e di una fede nuova. (p. 35)

Ovunque, infatti, gli stessi fenomeni del tramonto erano all’opera per disgregare le antiche tradizioni, senza creare al loro posto né nuovi legami né nuovi ideali. Tutto il mondo rendeva omaggio a valori vili. (p. 37)

[…] dal buio del tradimento sorse pugnace alla luce meridiana una nuova idea aristocratica della vita, e una concezione del mondo rispettosa delle leggi i questa vita. Questa volontà vitale non si accontentava di contemplare e di conoscere, ma era connessa ad una volontà, e a un istinto, provenienti dalle radici stesse dell’essenza tedesca, e seppe configurasi, contro tutti i poteri, in una forza politica. Al suo apparire, questa forza, che già oggi ha raggiunto una statura mondiale, trovò congiurati contro di sé tutti coloro che intendevano il suo esempio di aristocrazia come un attacco sferrato alla loro stessa esistenza non-aristocratica, che comprendevano come all’apparire di un genuino ideale aristocratico di vita, capace però anche di dare forma ad una comunità di popolo, fosse legata una minaccia per i grandi profitti dei re del denaro e per i loro manovali[…]. Le forze che sono ora in lotta non hanno una origine recente: sono state prefigurare dai movimenti liberali del diciannovesimo secolo,dall’eccesso di tecnicizzazione dell’epoca nuova, dal dominio illimitato del denaro e dell’oro, dal crescente monopolio di tuta l’informazione, in Europa, in mano dei nostri nemici di razza. (p. 39)

[…] nella nostra vita noi sentiamo l’impero possente di un’epoca nuova, e sappiamo che ciò che ci ha trascinati e che oggi dà alla nazione tedesca l’incrollabile, profonda volontà di resistere, si fonda anche su quell’esperienza iniziale del solitario Nietzsche, che lo accompagnò dolorosamente per tutta la vita, spingendolo più di una volta anche alla disperazione e a forti denunce, ma sempre perché egli sentiva l’assoluta necessità di un tale dialogo con il futuro.

In un senso veramente storico il movimento nazionalsocialista oggi si pone, come un tutto, di fronte al resto del mondo, proprio come un tempo il solitario Nietzsche di fronte ai poteri della sua epoca. (p. 41)