RICCARDO DE BENEDETTI – CÉLINE E IL CASO DELLE “BAGATELLE”

RICCARDO DE BENEDETTI – CÉLINE E IL CASO DELLE “BAGATELLE”
RICCARDO DE BENEDETTI – CÉLINE E IL CASO DELLE “BAGATELLE”

RICCARDO DE BENEDETTI – CÉLINE E IL CASO DELLE “BAGATELLE”

MEDUSA – Collana LA ZATTERA n. 32 – 2011

POSTFAZIONE di Giancarlo Pontiggia

Confesso di non amare Céline. Gli preferisco Proust, al quale ha riservato parole orribili. Ma ancor meno sopporto i céliniani, con quel loro vivere dimezzati i furori di un altro; quel prendere partito per uno finito a voler bene a un pappagallo, a dieci cani e altrettanti gatti piuttosto che agli uomini; che si nutrono della sua scrittura come di una riserva infinita di stile senza possederne alcuno; che si aggirano tra le sue pagine, chi acciuffandone l’immagine per un fumetto, chi lo spunto per una canzone, chi una colorita imprecazione o la distinzione di uno status politico di nessun significato. Tutti costoro allignano come funghi sul tronco di un albero abbattuto dalla valanga, umido e internamente corroso. (p. 5)

Ho cercato di dimostrare come non vi sia alcun serio motivo per nascondere quel libro. (p. 6)

RINGRAZIAMENTI p. 7

Chi potrebbe immaginarselo, mai! libro in cui lo splendore negativo e perverso dell’insulto si unisce alla sua stessa infamia e abiezione dopo solo poche pagine presenta il canovaccio per una pantomima: La nascita di una fata. Balletto in diversi atti. Per una decina di pagine Céline affabula una coreografia che non si potrà mai mettere in scena. (p. 9)

E poi ancora un altro, più breve, Paul Canaglia-Virginie coraggiosa. Balletto mimico. Dopo questi quadri per l’esposizione del proprio dolore Céline non trattiene più alcuna riserva e l’insulto prorompe per altre duecento pagine. (p. 10)

Nel libro non ci sono capitoli numerati, solo eserghi che interrompono un monologo che non ha nulla da invidiare a quello finale dell’ Ulisse di Joyce. (p. 11)

E se è per mentire Céline mente, e molto. Mente sull’invasione ebrea di Parigi; mente sulla presenza degli ebrei nell’esercito; sui morti ebrei della Grande Guerra; mente su tutto ciò che li riguardi se questo non è solo che un pretesto per insultarli. L’unica cosa su cui non mente è sulla Francia: femmina e puttana, accolita di ubriachi e beoni. (p. 13)

Secondo la volontà di Lucette Almanzor in Destouches, esercitata in quanto vedova di Louis-Ferdinand Céline e detentrice dei suoi diritti editoriali, e fino a quando resterà in vita e potrà esprimerla, ci è impedito di leggere Bagatelles pour un massacre. (p. 14)

In ogni caso, ha senso per noi il rinnovarsi della domanda perché non e possibile leggere le Bagatelles. Oggi. Di che natura e questa impossibilita? E davvero solo una faccenda giuridica? È forse morale? O solo letteraria?[…]

Bagatelies è, come avviene in qualsiasi testo antiebraico, una collazione di accuse e attribuzioni di colpa agli ebrei, con l’aggravante di utilizzare un linguaggio straordinariamente efficace e potente. Un testo nel quale si alternano affermazioni palesemente insostenibili e grottesche, insulti e agghiaccianti generalizzazioni, una girandola infernale di espressioni quasi sempre volgari e blasfeme, eppure composte e montate con un ritmo e una cadenza che neppure la più sapiente sceneggiatura moderna sarebbe in grado di proporre. (p. 16)

E lo stesso uso intensivo di quella parola con la maiuscola, Ariano, andrà preso più sul serio di quanto si sia fatto finora; il sospetto di trovarsi di fronte a un costrutto artificioso, a una delle tante idées reçues, lascito di una cultura diffusa e data per scontata, è fondato, già lo ricordava Maritain ai contemporanei di Céline. […]

[…] il suo discorso anche all’interno di una tradizione di pensiero nella quale l’idea di razza non è certo solo il frutto di un delirio paranoico, ma il sedimento, vario e articolato, di una molteplicità di discorsi scientifici e illuminati dai quali non era del tutto all’oscuro lo stesso Céline, uomo di formazione essenzialmente medica. (p. 17)

Bagatelies modula sapientemente l’invettiva viscerale e isterica dell’odio, alla ricerca di un serio motivo per apparire veridica. (p. 18)

Céline usa certamente dati inventati e immaginari sugli ebrei, desunti da una letteratura da stazione

del metrò, ma cerca, e ci riesce, di inserirli all’interno di una logica che non è solo quella della costruzione del classico capro espiatorio. Non è una differenza di poco conto. (p. 19)

La caratteristica principale del razzismo di Céline risiede per buona parte in ciò che Eric Voegelin definisce «la centralità dell’idea di razza quale idea politica che dà forma a una comunità». (p. 21)

L’interdizione sottrae alla nostra consapevolezza culturale una delle possibilità che abbiamo non solo di ricordare ciò che è accadto ma, soprattutto, di comprendere i meccanismi culturali e ideologici del suo accadere. (p. 23)

Dovremmo però avere la piena disponibilità del testo di Louis-Ferdinand Destouches pubblicato nel 1937 a Parigi per i tipi di Denoèl et Steele. E non ce l’abbiamo. (p. 25)

Céline è un efficace maestro dell’odio, un esplicito istigatore dell’antisemitismo e mentore della sua diffusione, operazione nella quale la sua perizia letteraria svolgerebbe proprio un ruolo moltiplicatore in virtù della sua riuscita stilistica. (p. 26)

E sia che lo si faccia per allontanare la responsabilità storica delle sue scelte ideologiche, sia che lo si faccia per i motivi opposti, cioè per ribadire il suo pieno coinvolgimento nella definizione dei caratteri più efferati e disgustosi dell’antisemitismo che condussero alla Shoah, in entrambi i casi la lettura delle Bagatelles è una necessità dello studioso così come una possibilità offerta al lettore comune di conoscere e leggere gli incubi che la nostra cultura ha vissuto e ha prodotto in un tempo che poi non è così lontano dal nostro. (p. 29)

L’interdetto sembra doppio, provocato tanto dalla difesa della pura letterarietà del Céline dei romanzi, quanto dal motivo complementare, quello cioè di inficiare la pertinenza estetica e linguistica dei soli pamphlet. Il tutto si condenserebbe in una massima che potrebbe suonare così: «Céline è un razzista antisemita, ha scritto Bagatelies ma il resto della sua opera è degno a patto che la si distingua da Bagatelies». (pp. 30-31)

Intorno a questo testo, però, si formò immediatamente un interesse variegato e curioso che coinvolse indifferentemente gli organi dell’antisemitismo francese numerosissimi e articolati in posizioni via via più accese e radicali) e quello di riviste di orientamento opposto, alcune espressione dell’ebraismo militante tutt’altro che inconsapevoli dalla piega che andavano prendendo le cose. (p. 34)

Oppure, ed è un altro dei suoi registri retorico-emotivi, Céline si anticipa il giudizio negativo e riparte all’attacco come se fosse una vittima. (p. 36)

Per tornare al problema dell’emozione al di là dei suoi risvolti teologici, non c’è dubbio che lo scrittore Céline sia un maestro dell’emozione, nel senso proprio della Capacità di provocarne, descriverne e riproporne sulla pagina scritta l’efficacia espressiva. (p. 43)

La convivenza di queste che al nostro presente paiono contraddizioni irrisolvibili, e cioè l’ingenua credenza positivista nella capacità di individuare dispositivi medico-sociali, in fondo tecniche di intervento sulle grandi quantità umane ammassate nelle città, e l’apostrofe virulenta nei confronti di un popolo restio, per meri interessi egoistici e di razza, a fornire il supporto necessario al realizzarsi di questi programmi, è uno dei dati, credo, dal quale ha origine la violenza verbale di Céline contro gli ebrei. Come già osservato, nel suo antisemitismo non vi è traccia di un motivato odio religioso nei confronti dell’ebreo. (p. 46)

Ciascuno per la sua parte, ebraismo e cattolicesimo, sostanzialmente uniti nell’impedire il realizzarsi delle magnifiche sorti e progressive della medicina. (p. 47)

Tre mesi dopo la condanna a morte dello scrittore Robert Brasillach il giudice istruttore della corte di giustizia Alexis Zousmann emette il mandato di arresto, è il 19 aprile 1945. (p. 52)

Verrà eseguito il 17 dicembre dello stesso anno in Danimarca dove, in attesa di giudizio, Céline verrà tenuto in carcere per 18 mesi e 14 giorni. La giustizia danese non dette seguito alla richiesta di estradizione che venne inoltrata dal giudice Zousmann il giorno successivo all’arresto di Céline.

L’intreccio da svolgere e dipanare e quello che collega l’evento storico a quello letterario. La responsabilità da attribuire allo scrittore si condensa nell’imputazione di due reati previsti dagli articoli del Codice penale francese, il 75: intelligence avec l’ennemi; e l’articolo 83: actes de nature

à fluire à la Defense nationale. Si tratta essenzialmente di raccogliere prove che dimostrino che agli scritti siano seguiti atti riscontrabili .e documentabili di appoggio e sostegno all’occupante nazista. […]

Il commissario di governo René Charrasse, nella sua requisitoria del 3 dicembre 1949, non potrà far altro che fornire citazioni degli scritti di Céline; tante parole, neppure le più cattive, e quasi nessun fatto. Risulterà alla fine che l’accusa di aver favorito la propaganda nemica, una base alle risultanze degli atti allegati all’istruttoria, troverà sostegno per ben due terzi su citazioni dagli scritti di Céline e su poco altro e di dubbia consistenza documentale.

Vale la pena soffermarsi sulla requisitoria e sugli argomenti utilizzati dal commissario governativo. (p. 53)

Fin qui ci sarebbe ben poco da incriminare, dal momento che non era previsto dal codice alcun reato di antisemitismo (odi anticomunismo) e affermare che un gruppo umano piuttosto che un altro fosse responsabile dei venti di guerra non comportava alcuna sanzione. (p. 54)

La riedizione di Bagatelies, assieme a un rinnovato assalto verbale nei confronti degli ebrei, rafforzato da interventi mascherati da lettere su uno dei più importanti organi dell’antisemitismo dell’epoca, impegnato in una campagna di sostegno e fiancheggiamento delle politiche antiebraiche del governo, costituisce un’accusa di poco ma certamente già più circostanziata della prima. Qui l’antisemitismo è parte essenziale della politica della potenza occupante, tale per cui sostenerlo, appoggiano e promuoverlo equivale a favorire la presenza sul territorio francese dell’invasore.

Due sole, però, sono le azioni che il commissario chiama a valutare e che implicherebbero un deciso e chiaro sostegno all’azione del nemico: «La sua adesione al Cerde européen, un invito a partecipare a un congresso medico scientifico a Berlino, e la sua partenza per la Germania nel 1944».[…]Secondo Charrasse le autorità occupanti avrebbero permesso la pubblicazione dello scritto in quanto le accuse mosse ai diversi gruppi nazionali non contraddicevano, al di là di certe apparenti discordanze, la loro propaganda. (p. 55)

Attraverso la diffusione di idee antisemite, Céline non poteva a quell’epoca che favorire il punto di

vista tedesco sull’eliminazione totale della razza giudea nei Paesi occupatiCéline poteva forse ignorare lo sterninio radicale degli ebrei così com’era praticato allora in Germania, ma non poteva ignorare le deportazioni degli ebrei, non poteva non rendersi conto che tutta la propaganda antisemita facilitava questa deportazione, che ogni ebreo deportato era un lavoratore in più per la macchina da guerra tedesca». Ecco finalmente il cuore delle argomentazioni che dovrebbero sostenere le accuse contro Céline. Per quanto il suo diritto di pubblicare Bagatelles prima della guerra fosse del tutto legittimo, a guerra iniziata la situazione muta radicalmente. Il suo scritto ora promuove e sostiene l’azione sterminatrice dei tedeschi. […]

Ma la politica della soluzione finale tedesca, ben nota a tutti nel dicembre 1949, quando fu pronunciata la requisitoria di Charrasse, nonio era altrettanto al momento della ripubblicazione di Bagatelies. (p. 56)

Il crimine di cui può essere accusato Céline, conclude Charrasse, è quindi quello di aver favorito con i suoi scritti il rafforzamento dell’esercito tedesco favorendo la deportazione di forza lavoro ebrea in Germania. (p. 59)

Così impostata, con quel forte sbilanciamento nei confronti degli scritti e l’impossibilità di fornire effettive prove fattuali del coinvolgimento di Céline nelle attività collaborazioniste, la requisitoria di Charrasse darà il via, su indicazione degli avvocati, a una numerosa serie di interventi a favore di Céline che andranno a ingrossare il dossier difensivo dello scrittore. (p. 61)

Céline non serve affatto alla causa antisemita, al contrario, la rende inattendibile e priva di ancoraggi oggettivi; dando libero corso ai suo soggettivismo delirante, con le sue accuse inverosimili, la mette in difficoltà. (p. 70)

Condannare Céline significa mettere in pericolo la libertà di espressione appena riconquistata[…]. (p. 71)

Le critiche di “Combat” a Célme contestualizzano il clima ideologico nel quale si sviluppa l’attività del Céline pamphletaire. L’ultimo periodo degli anni ’30 è caratterizzato da una confusione ideologica pressoché insuperabile. (p. 72)

Nello slittamento inesorabile della cultura francese di quegli anni verso la distruzione, il posto di Céline è altrettanto chiaro: è l’espressione ormai matura del coaugulo di risentimenti, forze inespresse, frustrazioni ma anche di proposte e illusioni, subito smentite, che declinano verso l’antisemitismo e solo nell’antisemitismo trovano un punto di aggregazione coerente. Le Bagatelles, non solo a posteriori e per un certo tentativo di discolparsi, vengono indicate come un testo ispirato da motivazioni pacifiste, ma nascono proprio nell’alveo di quel senso comune nazionale che percepisce la figura dell’ebreo codardo e intento a lucrare sui danni della guerra passata mentre si aspetta e trama quella futura. (pp. 76-77)

La procedura giudiziaria, che si concluse comunque con una condanna a maggioranza, non eseguita (almeno non in territorio francese) e sospesa dall’intervento dell’amnistia, aveva messo in luce più di una difficoltà nel dimostrare la fondatezza dell’accusa di tradimento e intesa con il nemico. (p. 78)

Coloro che si attendevano una condanna esemplare e concretamente esecutiva ebbero al più l’applicazione dell’amnistia. (p. 79)

Quando lo si sarebbe potuto imputare di crimini contro l’umanit, imprescrittibili e sottratti a qualsiasi amnistia, Céline era ormai morto. (p. 82)

La storia editoriale delle Bagatelies inizia in Italia con l’edizione Corbaccio apparsa in pieno Ventennio. Per la precisione nel 1938, a pochi mesi di distanza dalla pubblicazione francese. (p. 86)

Il libello di Céline non trova, in Italia, la presa che ci si potrebbe aspettare[…]. (p. 87)

Nella traduzione del libro di Céline emergono, evidenti, gli obblighi di regime da rispettare anche nella pubblicazione di un libro, letto superficialmente e per motivi propagandistici, da rendere coerente alla costruzione del confuso discorso fascista sulla razza.

Intanto, già solo sulla copertina, compare, in sovrapposizione al titolo e di traverso, una strana scritta che recita: “barricata individuale”, quasi ad accentuare la posizione personale dell’autore. (pp. 87-88)

Hitler e Mussolini. Sono necessari tagli ad hoc e questi vengono prontamente effettuati per rendere accettabile un libro non del tutto conformabile alla natura delle disposizioni razziali del regime. La riduzione coinvolge almeno un terzo dell’intero pamphlet Tutto il testo, in realtà, subisce interventi editoriali che attenuano, fino ad annullarla, la sua veemenza linguistica: scompaiono le volgarita, il linguaggio scatologico pure; viene tagliato ogni riferimento ad azioni sessuali. (p. 88)

Altre volte si tratta di non turbare le autorità ecclesiali, censurando tutte le tirate anticristiane del libro. (p. 89)

Da quel lontano 1938 si dovrà aspettare l’edizione Guanda per una versione attendibile e integrale. La prima vera edizione del libro. (p. 90)

Ma tornando a Bagatelies, sia come sia, l’ingaggio di Raboni nell’impresa di traduzione non si realizza e all’intellettuale famoso e di prestigio, ormai proiettato sull’impresa mondadoriana della traduzione della Recherche di Proust, subentra Giancarlo Pontiggia, giovane poeta e attento cultore della letteratura francese. (p. 96)

In questo panorama di relativo disinteresse per il ruolo dell’antisemitismo nella costruzione ideologica de lfascismo italico appare l’edizione Guanda di Bagatelles. (p. 99)

Il gusto e l’estetica del frammento che hanno preso il nella discussione culturale non si possono applicare a Céline; i suoi pamphlet sono un vortice coeso e travolgente, spesso, tutt’altro che dispersivo e plurale, anzi. Con essi si deve fare i conti per quello che sono; permettono ben poche digressioni interpretative o pluralità di punti di vista, insomma, non possono essere salvati dalla cultura del prospettivismo interpretativo. Meglio che non ci siano, scomparsi e inghiottiti dai divieti della vedova; con l’effetto collaterale, ma non secondario, di garantire al resto del “catalogo Céline”. […]La provocazione viene subito accolta e trova rispondenze ed echi nei principali quotidiani nazionali attraverso una serie di articoli e interventi che corroborano e sostengono la presenza del libro nelle librerie italiane. Fino al momento del suo ritiro, e poco oltre, il libro trova l’attenzione e l’interesse di firme autorevoli delle maggiori testate quotidiane. A una prima rassegna delle recensioni appare subito evidente la rubricazione entrò la quale viene inserito il testo céliniano: trattasi di letteratura, più o meno cattiva o buona, ma è sempre letteratura. (p. 102)

Con il ritiro del libro, che nel frattempo è stato, seppure parzialmente, distribuito nelle librerie riscontrando poco o nullo interesse (vende non più di qualche migliaio di copie), riappare il discorso sulla possibile e, in questo caso, necessaria proibizione dell’opera letteraria, causata dalla sua presunta cattiva influenza. L’operazione legale che porterà alla decisione, da parte dell’editore, di ritirare Bagatelies è incontrovertibilmente promossa dalla vedova di Céline e dal suo legale, e da nessun altro. Viene comunicata all’editore dall’avvocato Gibault in persona, immediatamente arrivato a Milano deciso a impedire in qualsiasi modo la pubblicazione del testo. Guanda decide di adeguarsi ai voleri della vedova e acconsente al ritiro. A ogni buon conto Gibault iscriverà a ruolo la causa intentata nei confronti di Guanda, anche se non arriverà mai a sentenza. Al Tribunale di Milano è rintracciabile solo, il numero di iscrizione, il resto, quel poco, almeno l’atto di citazione, è

scomparso nei meandri del palazzaccio. (p. 108)

Dalle parole di Lucette emerge il tratto orgoglioso che Céline condivide con un altro grande incapace di ammettere la sua piena e completa responsabilità morale di fronte alla Shoah: Martin Heidegger. (p. 109)

Nella decisione della vedova di chiedere ed esigere il ritiro dalla distribuzione del libro del marito manca qualsiasi percezione delle conseguenze paradossali della sua scelta. Sarà pure stata volontà dello scrittore Céline, della quale lei è l’unica depositaria legale, e questo fino alla sua morte, ma la sottrazione di un testo, come di un qualsiasi oggetto del desiderio, non fa che aumentarne il fascino e il potere di attrazione. (pp. 116-117)

NOTE p. 129

BIBLIOGRAFIA p. 145

CÉLINE, ANCORA

Di Giancarlo Pontiggia p. 155