RENÉ GUENON – SAN BERNARDO

RENÉ GUENON - SAN BERNARDO
RENÉ GUENON – SAN BERNARDO

RENÉ GUENON – SAN BERNARDO
LUNI EDITRICE – Collana GRANDI PENSATORI D’ORIENTE E D’OCCIDENTE n. 26 – 1999

Traduzione: Pietro Nutrizio

 

Tutta la vita di San Bernardo potrebbe sembrar destinata a mostrare, con un esempio smagliante, che per risolvere i problemi della sfera intellettuale e financo di quella delle cose pratiche, esistono mezzi totalmente diversi  da quelli che si è usi da troppo tempo a considerare come i soli efficaci, indubbiamente perché sono gli unici che siano alla portata di una saggezza puramente umana, saggezza che non è neppure l’ombra della saggezza vera. Tale vita assume perciò in certo qual modo la fisionomia di una confutazione anticipata di quegli errori, in apparenza opposti, ma in realtà solidali, che sono il razionalismo e il pragmatismo; e nello stesso tempo svergogna e travolge ali occhi di coloro che la esaminino in modo imparziale, tutte le idee preconcette degli storici “scientistici” che pretendono – con il Renan . che «la negazione del soprannaturale costituisca l’essenza stessa della critica»[…]. (p. 8)

Bernardo nacque nel 1090 a Fontaineslès Dijon; i suoi genitori appartenevano all’alta nobiltà della Borgogna[…]. (p. 9)

Quelli a cui intendiamo soprattutto riferirci sono i suoi legami con le istituzioni e l’ideale cavalleresco[…]. Bernardo maturò la risoluzione di ritirarsi dal mondo verso i vent’anni[…]. (p. 10)

Bernardo entrò quindi, nel 1112, accompagnato da una trentina di giovani, nel monastero che era stato da lui scelto a motivo del rigore con il quale vi era seguita la regola e che faceva contrasto con la negligenza penetrata in tutti gli altri rami dell’Ordine benedettino. Tre anni più tardi, i superiori non esitavano ad affidargli, nonostante l’inesperienza e la sua salute malferma, la conduzione dei dodici religiosi che avrebbero fondato una nuova abbazia, quella di Clairvaux, abbazia che diresse fino alla morte[…]. (p. 11)

Bernardo avrebbe visto spalancarglisi davanti un altro campo d’azione, contro il suo stesso volere, d’altronde, giacché egli non provò mai ripugnanza maggiore di quella che sentiva per essere costretto a uscire dal proprio chiostro a occuparsi degli affari del mondo esterno, dal quale aveva creduto di potersi isolare per sempre allo scopo di dedicarsi totalmente all’ascesi e alla contemplazione, senza che nulla venisse a distrarlo da quella che era per lui, secondo la parola del Vangelo, «la sola cosa necessaria». A tal riguardo egli si era fortemente ingannato; sennonché tutte le «distrazioni» – nel senso etimologico – alle quali non poté sottrarsi e delle quali gli avvenne di lamentarsi con una certa amarezza, non gli impedivano affatto di arrivare ai culmini della via mistica. (p. 13)

Bernardo aveva incominciato presto a denunciare il lusso in cui vivevano a quel tempo la maggior parte dei membri del clero secolare e financo i monaci di talune abbazie[…]. (p. 15)

[…]sennonché, nel 1130, si presentarono avvenimenti di ben diversa gravità, i quali misero in pericolo l’intera Chiesa, lacerata dallo scisma dell’antipapa Anacleto II, e fu questa l’occasione che fece sì che la fama di Bernardo si diffonde in tutta la Cristianità. (p.16)

[…]ma fu soltanto in occasione di un secondo viaggio in questo regione che riuscì, nel 1135, a debellare lo scisma ottenendo la conversione del conto di Poitiers. (p. 17)

Bernardo fu l’anima del concilio[…].
All’inizio del 1136, Bernardo dovette lasciare un’altra volta la sua solitudine e venire a raggiungere in Italia[…]. (p. 20)

[…]Bernardo seppe approfittare di ciò e in Roma stessa riuscì in pochi giorni, con la sua parola ardente e convinta, a separare dal partito di Anacleto la maggior parte dei dissidenti. ciò accadeva nel 1137, all’epoca delle feste natalizie; un mese più tardi Anacleto moriva improvvisamente. (p. 22)

Questo rapido sunto basta per dare un’idea di quella che potrebbe esser detta l’attività politica di San Bernardo, attività che del resto non si limitò a quanto abbiamo esposto: dal 1140 al 1144 Bernardo intervenne[…].
Riassumendo, possiamo dire che l’azione di Bernardo fu costantemente diretta secondo le stesse intenzioni: difendere il diritto, combattere l’ingiustizia, e forse – al di sopra d’ogni altra cosa – preservare l’unità nel mondo cristiano. Quella che lo animò nella sua lotta contro lo scisma fu questa preoccupazione costante di unità[…]. (pp. 23-24)

Nel frattempo all’abate di Chiaravalle non incombeva di lottare soltanto in campo politico, ma la stessa cosa gli occorreva di fare nella sfera intellettuale, nella quale i suoi trionfi non conseguirono eco minore, in quanto ebbero come risultato la condanna di due avversarsi eminenti, Abelardo e Gilberto del Porrée. (p. 24)

[…]nel corso di una seduta preparatoria egli presentò le opere di Abelardo e ne estrasse le argomentazioni più temerarie, delle quali provò l’eterodossia[…]. (p. 27)

Il concilio di Sens aveva avuto luogo nel 1140; nel 1147 Bernardo, in occasione del concilio di Reims, ottenne parimenti che fossero condannati gli errori di Gilberto de la Porrée, vescovo di Poitiers, riguardanti il mistero della Trinità[…]. (p. 28)

Due anni prima di quest’ultima vicenda, l’abate di Clairvaux aveva avuto la gioia di vedere salire al soglio pontificale uno dei suoi vecchi monaci, Bernardo da Pisa, il quale aveva assunto il nome di Eugenio III, e continuò poi sempre ad avere con lui i più affettuosi rapporti; questo nuovo papa, anzi, gli conferì l’incarico – fin quasi dall’inizio del suo regno – di predicare la seconda crociata. (pp. 28-29)

[…]Ordine del Tempio, primo fra gli Ordini militari per data e per importanza e modello di tutti quelli che sarebbero seguiti. Tale Ordine aveva ricevuto la propria regola in occasione del concilio di Troyes, nel 1128, circa dieci anni dopo la sua fondazione, e fu Bernardo – nella sua qualità di segretario del concilio – a essere incaricato della sua redazione[…]e fornire la redazione definitiva nel 1131. (pp. 29-30)
Più tardi egli ebbe a commentare questa regola nel trattato De laude novae militiae, trattato nel quale espose in termini di magnifica eloquenza la missione e l’ideale della cavalleria cristiana, di quella – cioè – che era da lui chiamata la «milizia di Dio». (p. 30)

Rincuorato da questo successo, Bernardo percorse città e province, predicando a favore della crociata con infaticabile zelo[…]. (pp. 31-32)

Verso la metà dell’anno 1147 gli eserciti francese e tedesco si mettevano in marcia per questa grande spedizione, la quale, nonostante la loro apparenza formidabile, doveva concludersi con un gran disastro. (p. 32)

San Bernardo moriva pure lui poco dopo, nel 1153, e le sue ultime lettere danno testimonianza del suo preoccuparsi fino alla fine della liberazione della Terra Santa. (p. 33)

La Cristianità era identica alla civiltà occidentale, allora fondata su basi essenzialmente tradizionali, come è ogni civiltà normale, e avrebbe raggiunto il suo apogeo nel secolo XIII; la perdita di tale carattere tradizionale doveva conseguire necessariamente alla distruzione di quest’unità della Cristianità. Questa distruzione, in campo religioso, fu provocata dalla Riforma, in campo politico fu operata dall’instaurazione delle nazionalità, che era stata preceduta dalla distruzione del regime feudale; e si può affermare, sotto quest’ultimo aspetto, che colui che assestò i primi colpi al grandioso edificio della Cristianità sia stato Filippo il Bello, quegli stesso che, per una coincidenza non certamente fortuita, distrusse l’Ordine del Tempio, aggredendo con ciò direttamente proprio l’opera di San Bernardo. (p. 35)

Nel corso dei suoi viaggi San Bernardo accompagnò sempre la predicazione con numerose guarigioni miracolosi[…]. (p. 35)

[…]soltanto ai religiosi e a coloro che seguono la strada della perfezione egli proibisce il «culto degli idoli», ossia delle forme, delle quali anzi proclama l’utilità, quale mezzo d’educazione, per i semplici e gli imperfetti. Egli protestò contro l’abuso delle figure prive di significato e del valore esclusivamente ornamentale[…]. (p. 36)

La dottrina di San Bernardo è essenzialmente mistica; con ciò intendiamo dire che egli prende soprattutto in considerazione le cose divine sotto l’aspetto dell’amore[…]. Al pari di molti grandi mistici Bernardo fu attirato in modo particolare dal Cantico dei Cantici[…] (p. 37)

Lo stato estatico, qual è da lui compreso e che egli ha certamente provato, è una sorta di morte delle cose di questo mondo; insieme con le immagini sensibili scompare ogni sentimento naturale; nell’anima stessa tutto è puro, così come nel suo amore. (pp. 37-38)

Un’ultima caratteristica della fisionomia di San Bernardo, essenzialmente da segnalare, è la posizione eminente che occupa, nella sua vita e nelle sue opere, il culto della Santa Vergine, culto che ha dato origine a tutta una fioritura di leggende, le quali sono forse la ragione per cui esso è così popolare. Bernardo si compiaceva di attribuire alla Santa Vergine il titolo di Nostra Signora, il cui uso si è diffuso a partire dalla sua epoca[…]. (p. 39)

Diventato monaco, egli restò sempre cavaliere come cavalieri erano tutti quella della sua razza; e in conseguenza di questo stesso fatto si può dire che era in certo qual modo predestinato a sostenere il ruolo – come avvenne in tante circostanze – di intermediario, conciliatore e arbitro tra il potere religioso e il potere politico, in quanto nella sua persona era insita quasi una partecipazione alla natura dia dell’uno sia dell’altro. Insieme monaci e cavalieri, erano questi i due caratteri dei membri della «milizia di Dio», dell’Ordine del Tempio; essi erano anche – e prima di tutto – quelli dell’autore della loro regola, di quel gran santo che fu chiamato l’ultimo dei Padri della Chiesa, e nel qale qualcuno ha voluto, non senza ragione, riconoscere il prototipo di Galaad, il cavaliere ideale e senza macchia, l’eroe vittorioso della «cerca del Santo Graal».