LOUIS-FERDINAND CÉLINE – LETTERE ALLE AMICHE

 

LOUIS-FERDINAND CÉLINE – LETTERE ALLE AMICHE
ADELPHI – Collana PICCOLA BIBLIOTECA n.683 – I ed. 2016

LETTERE ALLE AMICHE
[LETTRES À DES AMIES]

TRADUZIONE: Nicola Muschitiello

Nel libro sono proposte al lettore una raccolta di lettere dello scrittore francese Louis-Ferdinand Céline, lettere da questi indirizzate a sette donne, alcune amanti, tra il 1932 e il 1939. Dalle stesse emerge qua e là, tra l’altro, l’antisemitismo dell’autore…

PREMESSA p.11

NOTA AL TESTO p.19

UN’ECO DEL PASSATO p.21
Due brevi scritti a Simone Saintu

LETTERE A ERIKA IRRGANG p.27

14 set 1932

A tenerti in vita è solo l’affetto per le persone e le cose. Tutto il resto è niente. (p.39)

[…]

27 giugno 1933

Visto che gli ebrei sono stati cacciati dalla Germania dovrebbe esserci un po’ di spazio per gli altri intellettuali. Heil Hitler! Ne approfitti! (p.50)

 

LETTERE A N. p.59

3 ottobre 1932

Io almeno ho l’attenuante di avere una specie di vocazione a essere infelice. (p.71)

Lei sa che ho un’esistenza tormentata. In realtà sono un malato, cronico. Un passato di problemi tremendi, d’animale braccato, mi ha tolto per sempre il gusto di rischiare e d’impegnarmi. Moralmente, fisicamente vivo giorno per giorno. Faccio quello che posso – come posso.
Ho voglia di morire più che di vivere – per dirla tutta – e questo, N., deve spiegarle tante cose. Non sia impaziente con me, N., non ho più una Salute che mi permetta di camminare con gli altri. (p.72)

15 ottobre 1932

amore… non amore… importa poco. Ciò che conta è vivere soffrendo il meno possbile. Ognuno s’arrangia come può per riuscirci. (p.74)

12 novembre 1932

Perché la mia vita mi è atroce, perché devo pur passare il tempo e perché con lo yoyo vero non so giocare. (p.77)

Non sono uno che si tira indietro, ma ci sono giorni in cui la Verità è troppo per me. Non sono abbastanza forte per guardarla in tutto il suo orrore umano e mondiale. (pp.77-78)

Io ho vissuto tanto in una tremenda tribolazione e credo d’essermi perversamente assuefatto. Dovrei scordare me stesso per poter scordare. Abbandonarmi su un mucchio di letame da qualche parte in un campo. Non sono più che una specie d’incubo ambulante che non ci tiene più di tanto a continuare a vivere. (p.78)

28 agosto 1934

Da un certo punto in poi tutto ci manca – è una lotta impari tra il Desiderio e i Rimpianti. (p.107)

Primavera? 1935

Non ho più altra ragion d’essere, fogli, ersatz. Il resto, la vita stessa non riserva che pene e dispiaceri. Salvo che a quelli che sciano. Vorrei tanto trovare il coraggio d’uccidermi un giorno senza esitazione. (p.111)

Primavera: maggio-giugno 1935

[…]e poi s’invecchia – il tempo passa terribilmente veloce… (p.113)

 

21 febbraio 1939

In conseguenza del mio atteggiamento antisemita ho perso tutti i miei incarichi (Clichy, ecc.) e mi presento in Tribunale l’8 marzo. Vede che anche gli ebrei sono dei persecutori… purtroppo! Qui siamo letteralmente invasi sa e per giunta ci esortano apertamente alla guerra. Devo dire che tutta la Francia è filosemita – tranne me credo – sicché è chiaro che ho perso! (pp.126-127)

 

LETTERE A ÉLISABETH (LUCIE) PORQUEROL p.131

Se non il fatto che da giorni, se non addirittura da settimane e anni sono così depresso, così stanco che non è questione di cattiva volontà: sarebbero per me assolutamente atroce avere un incontro perfino col buon Dio. (p.137)

LETTERE A ÉVELYNE POLLET
A cura di Henri Thyssens p.141

febbraio 1933

Se fossi ricco cambierei nome, paese, tutto. Ma insomma, non debbo privarla dell’illusione di vivere. Sembra che lei abbia intuito che amo alla follia la perfezione fisica delle donne. È una verità che confesso. Governa tutte le altre. Per non volerla affatto riconoscere noi crepiamo lentamente, schifosi e inutili. (p.147)

 

16 agosto 1933

Non son quasi altro che uno strumento di lavoro e così mi tratto. L’esistenza è troppo dura e monotona senza una continua contraffazione. Che atroce fatica. Non mi accade nulla, nulla davvero, se considero quel che vorrei mi accadesse – in senso immaginario, s’intende. Vivo qui da solo. Vedo in realtà un sacco di belle forme fisiche, davvero belle. Ed è una consolazione, l’unica forse, per tante cose. Non che si possa avere un contatto, mio Dio! Tutto il peso della nostra infelicità ci separa dalle minime verità, dalle gioie più semplici. Siamo destinati al tedio. La nostra vita non è che una morte senza slancio. (pp.155-156)

6 settembre 1933

C’è luce solo nei luoghi proibiti. Purtroppo il nostro piacere lo paghiamo sempre così a caro prezzo che finiamo col vivere senza piacere finiremo col morire senza averlo saputo. (pp.156-157)

Inizio gennaio 1938

Non so bene ciò che mi riserva il futuro (se c’è un futuro!). Vedremo. Non mi aspetto più nulla. E del resto non mi sono mai aspettato nulla. Non vorrei soffrir troppo al momento d’andarmene. È questo il mio solo augurio. Modesto. Ma so per esperienza che non ho molte possibilità. (p.169)

 

31 gennaio 1938

Mi fanno orrore le amicizie che alla fine tornano utili. Non voglio che uno mi si renda utile, m’assista, mi difenda. Una volta per tutte. Né lei né un altro. So quel che faccio. Quel che rischio. Va benissimo così e basta. (pp.169-170)

31 maggio 1938

Io invece non sono altro che artigiano di una certa musica. Prendo le mie note dovunque, dove le trovo, nel chiarore e nel buio. Non son altro che note. Non m’interessano in se stessse. […]
Il mondo mi sembra straordinariamente pesante con i suoi personaggi sostenuti, petulanti, sguaiati, incollati ai loro desideri, alle loro passioni, ai loro vizi, alle loro virtù, alle loro spiegazioni. Pesanti, interminabili, striscianti, mi sembrano così le persone, inebetite, insopportabili nella loro petulante lentezza. Pesanti. Riesco in definitiva a classificare gli uomini e le donne solo in base al loro «peso». Pesano… Ruminano venti ore, vent’anni… lo stesso coito, lo stesso pregiudizio, lo stesso odio, la stessa verità. (p.171)

25 ottobre 1938

Tutto è polvere che resta tale, Évelyne. Consideri un cimitero. Contiene tutte le parole, tutte le passioni, tutto.

Man mano che ci sia avvicina al cimitero, è bene liberarsi del peso di tutte queste cose, arrivarci gravati il meno possibile di sciocchezze. È l’operazione da fare! (p.172)

29 maggio 1939

Devo risalire la corrente in modo diverso, mantenere l’indipendenza – il mio unico bene. Il mondo è pieno di servi. (p.176)

2 giugno 1939

Così va la vita, nella mediocrità – e fortuna se riesci a scampare da quelle catastrofi enormi che ti fanno cascare le braccia e ti lasciano completamente inerme. (p.176)

Insomma un inverno di nubi a mio carico – una corrida senz’appello – i cani sguinzagliati. Tutto questo fa parte del gioco, è nel mio destino, suppongo. Non mi lagno. Non potrei cambiare, immagino. Che potrei fare lì fuori? La vita civile è diventata tristissima. È lugubre avvilimento, di tutto e di tutti. Un uomo serio dev’essere un beccamorto o morto e basta.
Non c’è più gioia se non nel vizio, per forza – giacché tutto è diventato vizio – tutto è proibito. (p.177)

LETTERE A KAREN MARIE JENSEN p.187

17 giugno? 1935

So quanto io sia quasi sempre noioso, depresso e forse insopportabile. Difficilmente uno s’accorge dei propri difetti. Ma per gli altri devono essere ripugnanti. Non ci penso abbastanza. […]

Mi piacciono troppo le ballerine Karen. Saranno la mia rovina. (p.196)

2 marzo 1937

Sono completamente a rimorchio dell’Europa e degli ebrei, di sciopero in sciopero e di demagogia in rivoluzione, che non dovrebbe tardare credo, veloci come vanno. Il grande periodo americano è certamente finito. Neranche dieci anni e saranno dei pidocchiosi come qui.(p.206)

5 aprile 1937

Alla fine gli ebrei l’avranno vinta ovunque – avanguardia degli asiatici, non ci metteranno molto a vincere! I bianchi spariranno! vinti dall’avarizia dall’egoismo e dall’alcol, e ben gli sta! Che casino! Per non parlare degli USA – là si è già tutto completamente corrotto – e a che ritmo! Incredibile![…]

Ma gli ebrei e i comunisti diventano sempre più prepotenti – forse non è lontano il tempo in cui si dovrà scappar via o crepare. Dispongo di pochissimo denaro purtroppo. (p.207)

30 aprile 1937

Mi piacciono sempre le ballerine. Non mi piace nient’altro, addirittura. Tutto il resto m’è orribile. (p.209)

inizio 1938

Non me la sento di ricominciare a fare il medico, i massoni e gli ebrei subito monterebbero contro di me una sporca storia – aborto, stupro, ecc. per mandarmi col culo per terra (Ci hanno provato già tante volte). E non so nemmeno dove andare. Sono segnalato e persona non gradita ovunque – perfino in Irlanda. (p.211)

Tutte le donne si perdono con dei negri. (p.212)

15 marzo 1938

La mia vita non conta più ma la prigione mi fa orrore – e poi non vorrei essere battuto. È sempre una vergogna perdere. (p.214

 

LETTERE A LUCIENNE DELFORGE p.217

26 agosto 1935

[…] l’Abitudine purtroppo spiegabilissima ad aspettarsi sempre il peggio, e poi questa specie di accanimento a rifiutare i doni d’una vita che odio. (p.225)

NOTE p.235