La medicina da Ford – Louis-Ferdinand Céline (Lecture 40, 1° agosto 1941)

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La medicina da
Ford
TRADUZIONE
Stefano Fiorucci
e Jeannine Renaux
Queste
osservazioni di Louis-Ferdinand Céline sullo stato sanitario dei
lavoratori, in funzione della loro capacità di lavoro, furono
oggetto di una comunicazione alla Società di Medicina di Parigi e
furono pubblicate nella rivista
Lecture
40 del 1° agosto 1941.
Si sa che il lavoro
degli operai alla Ford si trova ridotto per via della meccanizzazione
degli stabilimenti spinte all’estremo, ad alcuni gesti, sempre gli
stessi, ripetuti davanti a una macchina, un numero prestabilito, e
pressappoco invariabile di volte al giorno. La macchina prende così
rapidamente molta più importanza dell’uomo nella produzione. A
seguito dei continui progressi realizzati nella meccanizzazione dei
suoi stabilimenti, Ford è attualmente in grado di sopprimere il
terzo del personale che impiega. Non lo fa, forse per evitarsi
d’ammettere che la standardizzazione e la meccanizzazione degli
stabilimenti conducono alla sopressione graduale della mano d’opera.
Si comprende quindi
che si trova obbligato a vendere senza sosta un numero sempre più
grande d’automobili per conservare questo personale, di cui il terzo
e, in certi casi anche, gli otto-decimi, sono inutili, e possono
essere sostituiti immediatamente da macchine che assicurerebbero una
produzione industriale non solamente uguale ma superiore dal 30 al
50% alla precedente.
L’utilizzo degli
scarti umani
Mentre nelle altre
fabbriche americane, non ancora completamente meccanizzate quanto
alla Ford, i lavoratori conservano un certo valore personale e devono
ancora, di conseguenza, dar prova di conoscenze speciali, in breve
“di mestiere”, e che, quindi, il fatto di rimpiazzare in
quelle fabbriche un lavoratore con un altro non familiarizzato con il
suo lavoro[,] costa ancora in sprechi materiali[,] in tempo perso[,]
da 40 a 80 dollari al datore di lavoro, alla Ford chiunque può
rimpiazzare qualsiasi altro operaio in qualsiasi lavoro,
immediatamente, senza che ne derivi, o quasi, una diminuzione nel
numero dei pezzi fabbricati a fine giornata.
Ford si è dato per
regola di impiegare chiunque nelle sue fabbriche, e questa condizione
è esattamente applicata. Abbiamo visto procedere al reclutamento:
sono i postulanti più disgraziati fisicamente e psichicamente che
sono i più apprezzati dalla direzione della fabbrica. Ford s’è
inoltre impegnato a pagare ognuno di questi semi-inutili, subito,
almeno sei dollari al giorno, e mantiene anche questa promessa.
In un importante
libro sul “problema operaio negli Stati Uniti, André Philip,
professore alla Facoltà di Diritto a Lione, ci mette al corrente nel
dettaglio di questa ricerca e di questa simpatia generale della
direzione industriale americana per gli operai tarati fisicamente e
mentalmente, e anche in certi casi palesemente imbecilli. Sembra
evidente dopo l’esperienza padronale americana che questi
costituiscono una mano d’opera stabile e che si rassegna meglio di
un’altra più sveglia, al ruolo estremamente limitato che gli è
riservato nell’industria moderna.
L’industria americana
ha a lungo lottato invano contro la dispersione di forza industriale
che costituisce la partenza degli operai durante la produzione: le
dimissioni. I suoi dirigenti hanno cercato attraverso numerose e
ingegnose combinazioni di legare l’operaio alla fabbrica. Il fatto di
aver fatto ricorso agli invalidi fisici e psichici sembra essere la
più fruttuosa di queste combinazioni.
Alla
Ford, appena l’1% degli operai lascia la fabbrica nel corso
dell’anno, mentre alla United Steel Corporation, il turnover, il
licenziamento riguarda[no] ancora il 25% del personale ed anche, in
alcune industrie americane, fino al 125% con delle perdite annuali di
milioni di dollari.
Un elenco
sorprendente
La direzione
sanitaria degli stabilimenti Ford ha pubblicato per una delle
fabbriche, Higland Park, una lista delle invalidità permanenti dei
suoi operai.
Su 44500 operai di
questo stabilimento, 13184 soffrono di affezioni e di invalidità
serie e croniche. Vi si trovano in particolare 629 tubercolosi e
asmatici, 187 epilettici e psicopatici vari, 5000 [con] ernie, 417
cardiaci, 51 ciechi, degli atassici e anche dei malati colpiti da
malattia del sonno, 800 nefriti e cisti, insomma un vero grande
ospedale[,] e dei meglio forniti[,] nello stabilimento e in una delle
fabbriche “più intense” del mondo.
La direzione
sanitaria ci fornisce ancora delle statistiche “dell’efficienza”
di questi 44.500 operai; sul totale, 7828 solamente sono al di sotto
del loro compito, poco più di 500 non raggiungono il 50%
d’efficienza, 5 di questi arrivano solo al 10%.
Come si comportano
questi operai in fabbrica? Quando un operaio a seguito di un
peggioramento passeggero del suo stato non è in grado di fornire che
una o due ore di lavoro al giorno, viene comunque in fabbrica e
quando si sente affaticato, si siede o si stende in un angolo
dell’atelier. Questi casi sono numerosi.
Vengono
evidentemente a chiedere un impiego alla Ford tutti i decaduti
dell’esistenza, quelli che non hanno alcuna speranza di guadagnarsi
altrove i sei dollari quotidiani, (non si paga molto di più alla
Ford, ma mai meno) e che, per il loro stato di salute, si trovano
minacciati in molti modi e destinati piuttosto all’ospedale che
all’industria.
L’esame medico
agli stabilimenti di Detroit
Abbiamo assistito
all’esame medico di entrata di parecchie centinaia di operai che
venivano ad occupare i posti vacanti da parecchi mesi. Non si procede
alle assunzioni che – qualche volta – all’anno.
Il medico incaricato
di questo esame ci confidava che quello di cui c’era bisogno, erano
degli scimpanzé, sufficienti al lavoro al quale quegli operai erano
destinati e che si facevano del resto dei tentativi per impiegare
questi animali nella raccolta del cotone negli stati del Sud.
Dato che ci
meravigliavamo che facesse delle considerazioni tanto sgarbate in
pubblico, ci rassicurò, sempre a voce alta, provandoci così che
questi candidati erano non solamente fisicamente invalidi, ma anche
mentalmente obnubilati, sprovvisti di senso critico e anche di amor
proprio. Pose allora a quelle persone delle domande molto semplici,
sul nome del presidente degli Stati Uniti, la capitale dello Stato,
etc., e non ricevette altro che delle rispiste vaghe o assurde.
Questo esame medico,
tranne l’analisi delle urine, è solo una semplice ispezione che ha
lo scopo di depistare gli afflitti da ernia e di classificare, per le
statistiche, le più grandi invalidità.
Si è spesso parlato
della destinazione, dopo la visita medica, degli operai alla Ford ad
un tipo di lavoro determinato. Niente del genere esiste.
Ladestinazione
dell’operaio avviene prima dell’ispezione medica e a caso. Un solo
medico basta per praticare gli esami che sono definitivi e sommari.
Abbiamo visto
esaminare e ammettere un operaio di 72 anni, sofferente di una
insufficenza mitrale mal compensata, di varici in via d’ulcerazione e
di ernia inguinale doppia. Il solo lavoro che fosse adatto a prestare
altrove che alla Ford era d’aprire e di chiudere una porta e anche
lentamente e sempre la stessa. Non era il più derelitto, apparteneva
soltanto alla media inferiore degli entranti, i “normali”
erano molto rari.
Gli infortuni sono
poco frequenti alla Ford. Per ridurli al minimo hanno senza sosta
perfezionato gli apparati di protezione collegati ai differenti
macchinari.
Gli instabili, e
pure i “piccoli alienati”, sono in gran numero negli
stabilimenti. A quelli là, serve cambiamento, varietà, anche in
seno alla più grande monotonia industriale conosciuta. Monotonia del
resto molto rumorosa. Lo strepito è infernale in quasi tutti i
reparti, non si può comunicare che all’orecchio e gridando con tutte
le proprie forze. In questo ambiente, i nervosi litigano e parlano
spesso d’abbandonare il loro lavoro e la fabbrica. È allora che
interviene il servizio sociale.
Le role du
service social
Il compito del
servizio sociale
La direzione di
questo servizio ha per missione precisa e principale di evitare
operai scontenti. L’allontanamento di un operaio può essere deciso
solo dalla direzione di questo servizio. I capi reparto e i dirigenti
di produzione non hanno alcun diritto di questo tipo. Non c’è per
così dire mai un allontanamento deciso; l’operaio se ne va di sua
piena volontà e del resto, ritorna più tardi alla fabbrica e
riprende il suo posto nella maggioranza dei casi.
Ci si chiede spesso
che cosa possono fare i ciechi alla Ford. Sono in tutto un centinaio,
occupati in compiti molto uniformi e minuti, e in generale
sorvegliati da un altro invalido provvisto, questo[,]di una buona
vista, lo stesso del resto che è incaricato di portarli al lavoro e
di riportarli a casa. Più precisamente, si dà ai ciechi l’illusione
di una utilità e poi li si paga 6 dollari come gli altri. Ma i
ciechi sono facili da gestire se li si compara agli epilettici, agli
agitati, atassici che formano un numero ben più grande, da 4 a 5000
ci dicono, ripartiti nei due stabilimenti. Si deve tuttavia trovare
loro un impiego che gli si addica.
Non si indietreggia
davanti a nessuna concessione, la direzione è instancabilmente
paziente, in fondo evidentemente questa urbanità padronale riposa su
un’immensa indifferenza e[,] allo stesso tempo[,] su un calcolo di
saggio utilizzo del materiale umano visto nel lungo periodo e per
quello che è. Nella pratica, quando l’operaio scontento viene a
chiedere un cambiamento, si esaminano le sue lamentele o quelle che
espone il suo capo reparto; si procede allora a un esame medico e si
passa al licenziamento solo dopo aver tentato con tutte le
possibilità d’impiego nei due stabilimenti. Sono innumerevoli.
Alcuni operai peregrinano così da anni senza essere giunti a una
stabilizzazione che ancora si spera. Mai licenziamenti, questo è
l’ordine: i capi reparto finiscono per comprendere che devono far uso
di tutti e di chiunque, che non esistono per così dire incapaci
assoluti.
È dunque una nuova
mentalità industriale che s’introduce in questo strano stabilimento,
strano in confronto almeno alle nostre concezioni europee.
Niente
assicurazioni
Non esiste
assicurazione-malattia alla Ford. Questa istituzione urterebbe senza
dubbio la morale sociale americana che vuole che ogni uomo sia
interamente responsabile del suo mantenimento, malato o no, e che
sospetta nella filantropia confessata una forma attenuata e
pericolosa del bolscevismo. E poi, non si vede molto bene di quale
malattia cronica potrebbe essere malato un operaio da non poter
lavorare alla Ford.
È
insomma dunque la possibilità di guadagnarsi la vita offerta a tutte
le debolezze fisiche e mentali[,] anche le più grandi, alle più
pronunciate. Tuttavia quando capita che una di queste rare affezioni,
trattenga l’operaio a casa, allora sua moglie, sua figlia, suo
genero, chiunque può venire istantaneamente a sostituirlo in
fabbrica e intascare i 6 dollari quotidiani necessari al mantenimento
della sua famiglia.
La meccanizzazione della fabbrica permette
queste sostituzioni instantanee di individui. Nei casi estremi, se
nessuno vuole venire in fabbrica, il lavoro verrà a casa, vi si
invierà un lavoretto da fare che giustificherà bene o male i 6
dollari quotidiani.
Non si parla per
niente di assicurazione di vecchiaia alla Ford, senza dubbio per due
ragioni: la prima è che la vecchiaia non è un fattore d’invalidità,
l’abbiamo visto, in una fabbrica ben standardizzata; la seconda è
che gli operai in tutti i paesi del mondo non vivono vecchi.
Gli infortuni sul
lavoro che accadono ricadono sotto gli effetti della “Compensation
Law” dello Stato. Gli operai infortunati ricevono allora 14
dollari a settimana, ai quali Ford aggiunge da 6 a 12 dollari secondo
il numero dei figli.
C’era un volta,
collegato alle frabbriche[,] un servizio completo di infermiere a
domicilio, fino a 200. Era al tempo in cui si credeva che la salute
degli operai aveva un’importanza nella produzione e in cui si sperava
di mantenerli in fabbrica, evitare il turnover, preoccupandosi della
loro igiene. Oggi rimangono solo 12 impiegati al servizio sociale e
medico. Bastano per la distribuzione degli aiuti e per dare dei
consigli giuridici a proposito di acquisti di case, di divorzi,
etc… Il personale alla Ford si trova dunque oggi “addestrato”
da una materiale sempre più perfezionato. Quello che fanno, quello
che pensano, quello che accade alle persone che scortano queste
macchine a grande rendimento non influisce molto sulla produzione. Il
personale se ne rende forse conto, in ogni caso è ridotto a uno
stato d’umiltà che è al contempo un grande riposo padronale.
Il macchinario
perfezionatissimo dei suoi stabilimenti permette ad Henry Ford di
fabbricare automobili a prezzo migliore delle altre. Questo vantaggio
lo conserva, ma deve tuttavia autorizzare[,] per conservarlo[,] a
nuovi progressi dei macchinari che, nella maggior parte dei casi,
corrispondono normalmente a una riduzione del personale operaio.
Per non essere
tenuto, sembra, a procedere a dei licenziamenti, ha dovuto espandere
la sua industria fino alle materie prime per trovarvici nuovi
benefici nelle miniere, nelle fonderie, nei trasporti marittimi e
terrestri e per dare al contempo alla sua armata manuale altre
occupazioni[;] le fabbriche di automobili propriamente dette
licenziano per il progresso meccanico, differito, ma alla fine
indispensabile, gli operai divenuti troppo costosi con i loro 6
dollari al giorno.
Il
punto di vista del medico francese
Per quel che ci
concerne, medici e igienisti, dopo l’esperienza Ford, dobbiamo forse
chiederci se non è giusto il tempo d’apportare serie modifiche alle
nozioni in vigore, ancora attualmente nell’igiene sociale. Queste
nozioni, che concernono lo stato di salute e lo stato di malattia[,]
non bisognerebbe rivederli esaminandoli dal punto di vista realmente
moderno, quello d’un mondo che si industrializza, si americanizza[,]
se si vuole[,] ogni giorno di più? Ci sono poche possibilità che
sfuggiamo a questa evoluzione, e ci sarebbero senza dubbio dei grandi
vantaggi a non ignorarla sotto pretesti più o meno tradizionali,
letterari, sempre futili, e praticamente disastrosi.
È forse tempo che
ci occupiamo a nostra volta di vivere nel presente, conoscendo i
fattori economici attuali e le risorse che offrono per il
miglioramento dello stato sanitario in generale.
Considerare
lo stato di salute e di malattia in funzione del fattore lavoro e
quasi unicamente in funzione di questo fattore, tale ci sembra possa
essere attualmente il solo atteggiamento veramente saggio e fruttuoso
dell’igienista e del sociologo.
Domani, pochi individui
sfuggiranno alla legge del lavoro e soprattutto del lavoro
industriale o industrializzato. Abbiamo visto che poteva, questo
lavoro industriale, ben meccanizzato e organizzato,
nutrire facilmente
(e nella prosperità e nella riuscita industriale) migliaia di esseri
che siamo abituati a vedere all’ospedale, nei dispensari, in strada,
trascinando a lungo la miseria o la loro semi-disperazione a carico
della comunità. Questo merita, lo pensiamo, seria riflessione e
soprattutto ricerca. Potrebbe essere che in questo modo scopriamo
nelle nostre fabbriche pure, tanti malati quanti in un ospedale e che
un’indagine nelle città, nei dispensari e nei sanatori ci rivela
l’esistenza di una numerosa mano d’opera sprecata e perfettamente
utilizzabile.
Abbiamo scelto Ford
come esempio tipico di fabbrica di un’industria leggera moderna molto
meccanizzata, esistono altri esempi ancor più evidenti, crediamo. In
Francia, non siamo giunti ancora per niente, per quel che sappiamo, a
questo alto grado di meccanizzazione industriale. Le nostre fabbriche
più perfezionate dell’industria automobilistica impiegano[,] per
esempio[,] ancora 100 ore di lavoro per la produzione di
un’automobile a fronte di sole 60 ore alla Ford. Notevole ritardo.
Tuttavia, sarebbe senza dubbio possibile studiare seriamente, da ora,
le modalità eventuali d’impiego di certi malati cronici
nell’industria… Per quel che concerne la Francia, non prendiamo
dall’esempio Ford che la prova che questo impiego è possibile.
L’utilizzo di questa mano d’opera potrebbe essere più razionale,
umanamente meno indifferente, e combinarsi forse con una sorveglianza
medica e un trattamento corretto per ogni categoria di malato
cronico.
Guardiamo la
realtà
Ci si obietterà che
la nostra proposta urta i sentimenti e che la nostra mentalità si
oppone a quello che si confessa francamente[,] che la maggior parte
dei malati[,] allo stato attuale delle cose[,] devono lavorare per
mantenere loro e la propria famiglia.
Le statistiche
dell’assicurazione-malattia ci insegnano tuttavia che otto milioni di
francesi aventi ciascuno in media un altro essere a loro carico[,]
non guadagnano 25 franchi al giorno. L’assicurazione-malattia
procurerà loro[,] quando saranno malati, e quando funzionerà, 10
franchi al giorno. È un po’ meglio
di niente, ma non molto meglio. Per tutti dunque, comunità, padrone,
operaio e casse-assicurazioni, è infinitamente preferibile che
l’operaio, soprattutto in Francia, lavori con meno interruzioni e il
più a lungo possibile.
Ci si chiede spesso
perché lo stato sanitario della Francia non si migliori, perché la
nostra morbilità e la nostra mortalità restino le più elevate
d’Europa e tra le più elevate del mondo intero. Esistono buone
ragioni per questo, ma una di esse, è il modo desueto, di volta in
volta, ristretto o ridicolmente vago, col quale affrontiamo l’igiene
sociale e l’igiene in generale.
La nostra dottrina
più o meno ufficiale dell’igiene sociale (se tuttavia si può
chiamare così questo insieme d’iniziative velleitarie, burocratiche,
superficiali che sembrano caratterizzare la maggior parte dei
programmi e dei bilanci attuali) si sta dimostrando completamente
inoperante nella maggioranza dei casi.
Sarebbe soprendente
che fosse altrimenti, se si vuole ben capire che questa igiene
sociale accademica e sperperatrice, che vive solo d’adattamenti e
d’impressioni, di copiature mal assimilate da esempi stranieri, resta
lontana e staccata dal corpo sociale attuale, ignorando di proposito
i problemi di base dell’igiene generale, da cui si tiene
accuratamente lontano e di cui non parla mai, né ufficiosamente, né
ufficialmente. Sono solo dappertutto[,] dove essa si dibatte[,]che
formazioni parcellari, eteroclitiche, che non si collegano a nulla di
serio e i cui risultati non sono controllati, né controllabili da
niente.
Solo i risultati
contano
Se si vuol realmente
fare dell’igiene sociale, bisogna prendere gli uomini e il denaro là
dove sono, dove si è certi di trovarli e non perdere il proprio
tempo ad elaborare dei piani d’azione su delle statistiche
tendenziose, o a mascherare gli insuccessi successivi con altre
speranze, con altre creazioni incerte e superflue. Se ci si scontra,
se si scoprono al progresso sanitario delle impossibilità
fondamentali, è possibile, lo si confessi e si faccia altro.
Basta montagne che
finiscono in topolini. La buona volontà non è in questo caso né
una scusa, né una ragione, sono dei risultati e dei risultati ben
tangibili che si devono mostrare e che contano. Se abbiamo parlato
delle possibilità nuove dell’igiene sociale e di miglioramento della
sanità pubblica per mezzo dell’industria moderna, meccanizzata al
massimo, è che ci sembra una delle rare possibilità di uscire dalla
situazione un po’ ridicola nella quale ci troviamo.
La vita materiale e
sociale dei 16 milioni di francesi di cui ci occupiamo più
specificamente e che non hanno a malapena[,] in media[,] e spesso
molto meno di 20 franchi al giorno da spendere, può essere infatti
schematizzato, per quel che ci riguarda, in modo semplice,
semplicistico certo, ma utile per fare il nostro punto sanitario nei
confronti di queste esistenze che sono anch’esse semplici.
Questi individui
stanno in strada o a casa loro o infine in fabbrica ad eseguire su
ordine un lavoro qualsiasi.
Per quel che
concerne “da loro”, cosa si è fatto per migliorare le
condizioni di alloggio? Nulla.
Che cosa è stato
fatto inoltre per “disalcolizzare” la strada? Nulla. Al
contrario. Si spera, del resto, d’innalzare in Europa e di molto il
livello dei salari operai? No. Non prima di molto [tempo], se mai.
Non ci resta dunque che provare a
migliorare la sanità pubblica e lo stato dei malati al momento del
lavoro e indirettamente attraverso le possibilità che offre il
lavoro ben organizzato, per mezzo della fabbrica moderna.
Il
compito essenziale della fabbrica: produrre, non ne soffre, al
conrario[,] sembra. E l’impiego di questa mano d’opera minorata, in
apparenza, è un buon affare.
Abbiamo citato
l’esempio di Ford a sostegno della nostra tesi, perché si presenta
come il più probante dal punto di vista dell’utilizzo possibile
delle dei [malati] cronici e degli invalidi. Ci sono altri esempi in
cui si combinano precisamente l’impegno dell’educazione e della
medicina preventiva. Questo è il caso riferito dal nostro collega
Germaine Lavignac su Press Médicale, in cui l’autore ci
riporta l’esempio di una conferenza sulla medicina preventiva
svoltasi in una fabbrica di New York in cui “gli impiegati e gli
operai erano tenuti ad assistere, con la minaccia di vedersi
trattenuta alla fine della settimana il salario di una giornata di
lavoro!”.
Rifiutiamo di
credere, per quel che ci concerne, che sia con qualche milione di
sussidi in più, qualche infermiera in più, ancora qualche studio,
qualche nuovo ufficio, qualche altro comitato, e anche molte altre
scartoffie, articoli, promesse e discorsi, e poi un ministero e il
suo ministro[,] che miglioreranno sensibilimente la situazione
sanitaria della Francia.
Questo tipo
d’armamento sanitario poteva[,] forse[,] sembrare sufficiente un
tempo[,] quando la Francia era un paese agricolo e bancario, ora
diventa un paese industriale, bisogna rassegnarsi, e rassegnarsi alla
novità. Bisognerà senza dubbio, presto o tardi, troppo tardi senza
dubbio, adattare le nostre concezioni antiche della sanità e della
malattia a una nuova economia nazionale dalla quale 16 milioni
d’individui salariati dipendono, direttamente o indirettamente. Un
migliore utilizzo degli operai, dei malati cronici, più accurata che
alla Ford, permetterebbe senza dubbio, se si generalizzasse
nell’industria e anche nel commercio, di alleviare di molto la spesa
delle assicurazioni sociali di domani. Dato che, del resto, le spese
generate da quelle assicurazione ricadranno alla fine, che essa se ne
disinteressi o no, a carico dell’industria nazionale, è possibile
che questa prospettiva svegli il nostro senso sociale, in Francia,
spesso un po’ contumace e tardivo.
Pensare “in
piccolo e a breve” non costituisce sempre e a lungo una buona
attitudine amministrativa, bisognerà ben decidersi un giorno a
integrare la sanità pubblica nell’economia nazionale, molto
semplicemente, come le ferrovie, la telegrafia e le acque pubbliche.
Distaccata come la
vediamo oggi da uno scopo essenzialmente pratico, l’igiene sociale
perde proprio in questa pseudo-filantropia il suo senso sociale, e
per questo non ci si interessano più che alcuni comitati di medici e
di filantropi; resta per di più inefficace applicandosi di fatto
solo a delle riforme parcellari, che tenta con dei mezzi di fortuna
precari, ridicolmente insufficienti e sempre rapidamente esauriti.
Funziona, in mezzo a una indifferenza cortese, e senza mai fornire
prove se non sentimentali, della sua efficacia. In questa posizione
paradossale dei nostri giorni utilitari, non può, evidentemente[,]
sperare che scarni appoggi e magri sussidi. Per poco che i suoi
dirigenti insistano, si è sempre tentati, e molto giustamente del
resto, di contestare all’igiene sociale e anche all’igiene in
generale la sua utilità.
La si accoglierebbe
ben altrimenti se aderisse, per cominciare e per acquisire un inizio
di senso pratico, all’industria avendo per scopo non d’ingombrarla o
di appesantirla, ma di farle realizzare direttamente e indirettamente
un’ risparmio.
La nuova igiene
sociale così basata sull’industria o, almeno, per cominciare, su
certe industrie, non si presenta come un’esperienza di filosofia
sociale benevola, ma come un Taylorismo ingrandito, come un tentativo
di risparmio totale dell’immenso spreco che costituiscono le malattie
umane nella società e in fabbrica quando queste malattie non sono
affatto analizzate, economicamente, dal punto di vista del lavoro.