HANS ERICH KAMINSKI – CÉLINE. Con la camicia bruna di nazista (1938) Edizioni Ipazia TRADUZIONE Laura e Andrea Chersi (Céline en chemise brune, 1938)

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HANS ERICH KAMINSKI – CÉLINE. 
Con la camicia bruna di nazista
(1938)
Edizioni Ipazia
 
TRADUZIONE
Laura e Andrea Chersi
(Céline en chemise brune, 1938)
HANS ERICH KAMINSKI p.3
Di A. Téllez
INTRODUZIOEN AL “CÉLINE” p.5
Di Laura e Andrea Chersi
CÉLINE IN CAMICIA BRUNA
O IL MALE DEL PRESENTE
di H. E. Kaminski, 1938
In memoria di Carlo Rosselli

rivoluzionario in Italia,

soldato della libertà in Spagna,

assassinato dal fascismo internazionale
I
VIAGGIO AL TERMINE DI UN GIORNO
Insultatemi se no mi lascio andare!
Céline era scontento. La vita si stava facendo facile per lui.
Una cosa intollerabile. […] Guardava il suo tavolo di lavoro.
Nient’altro che critiche favorevoli.[…] (p.9)
Mi mancano degli odi, pensava. Sono sicuro che esistano.
Solo che non so come trovarli
. […]
Li attaccherò. Li costringerò a odiarmi… non voglio annegare in
una mediocrità che sarebbe la fine e l’oblio… Reagirò. Ma invano
aspettava la scintilla dell’ispirazione. (p.10)
Camminava senza meta, senza sapere dov’era. Non si sarebbe mai
accorto di essere arrivato al mercato delle pulci, se la sua
attenzione non fosse stata risvegliata dall’inopinato incontro con
Paul Morand. Il grande poeta era in animata conversazione con due
rigattieri ebrei. […]
-che cosa fare qui? – chiese Céline con tono burbero. – La
vostra zona sono i Champs-Elyseé e le strade adiacenti. Paul Morand
era visibilmente a disagio. Si affrettò a prendere cortesemente
congedo dai due rigattieri. Poi salutò Céline con un sorriso un
po’ forzato e riuscì a trascinarlo in un caffè. (p.11)
[…]Sono andato al mercato delle pulci perché ho bisogno di
appoggio. Saprete forse che voglio proporre la mia candidatura
all’Accademie Francaise. Quindi ho bisogno di sostegno.
  • E lo cercate al maercato delle pulci?
  • -Certo. Ignorate forse che l’Academie è completamente sotto
    l’influenza degli ebrei? Tutti gli accademici sono degli ebrei e
    tengono in mano le fila delle elezioni. I due rigattieri coi quali
    dici bene, vecchio mio! Conosce m’avete visto sono appunto dei
    Grandi Elettori. (p.12)
[…]
  • Tu dici bene, vecchio mio! Conosco i trucchi dei giudei, ma mia
    guarderei bene dallo smerdarli. La mia candidatura sarebbe fregata.
    […]
  • Voi m’avete fatto intravedere le possibilità della gloriosa
    campagna che potrebbe salvare i popoli ariani dall’influenza funesta
    degli ebrei. Uniamo dunque le nostre forze ed i nostri talenti e
    partiamo insieme per questa santa crociata!
  • Ma Paul Morond scosse la testa.
  • -Col cavolo! Io non mi muovo. Non ho voglia di farmi sgozzare.
  • – Io non ho paura di morire – gridò Céline – io li combatterò!
    Ora conosco la mia strada. […] (p.13)
II
RUE ROQUÉPINE
 
Non vi è alcuna differenza, lo dichiaro, tra la pace giudea e la
pace tedesca… Ed io preferisco la pace tedesca in qualsiasi
momento. 
CELINE
La Casa bruna non si distingueva in nulla dagli altri stabili
di rue Roquépine. […]
Poi declinò i suoi titoli e richiese la documentazione sulla
questione ebraica.
Il capo dell’ufficio stampa sorrise.
  • Si vede – disse – che siete un dilettante. L’antisemitismo è un
    sentimento o, se volete, un risentimento. Non ha quindi bisogno di
    essere provato. Non ha niente a che fare con al ragione, va persino
    contro la ragione… l’ariano non ragiona; quando lo fa, è già sotto
    il dominio dello spirito giudeo. (p.14)
Non dovete preoccuparvi di fatti e di cifre. Un buon nazista non
cerca informazioni, le inventa. Nessuno di noi ha letto il Talmud e
non lo farete certo voi. Ciò non v’impedisce di citarlo.
  • Avete ragione – rispose Céline. – Le false citazioni valgono
    sempre di più di quelle vere. […] Un antisemita perfetto si
    fabbrica da sé le sue statistiche; in questo modo, sono più utili
    e, di conseguenza, più vere delle statistiche esatte, in quanto
    rispondono ad una verità profonda. (p.15)
Non dovete far altro che dichiarare in anticipo che tutti coloro
che vi contraddiranno sono degli ebrei oppure al servizio degli
ebrei. […]
  • E adesso parliamo di affari – disse Céline.
  • – Il vostro libro verrà naturalmente tradotto in tedesco come tutti
    i libri antisemiti.
  • E i miei diritti?
  • I diritti d’autore in questo caso vengono pagati all’estero, col
    marco valutato a dodici franchi.
  • Che tiratura mi garantite e che percentuale?
  • Dipende. Abbiamo una scala mobile. Per i libri semplicemente
    antisemiti paghiamo il venticinque per cento e la tiratura non
    supera in genere le diecimila copie. Ma se l’autore segue bene le
    nostre direttive e sostiene le nostre posizioni politiche, possiamo
    arrivare fino al trenta e anche il trentacinque per cento e fino ad
    una tiratura garantita di cinquantamila copie. […] (p.16)
  • – Bene d’accordo per le cinquantamila copie e il trentacinque per
    cento. (p.17)
III
MASSACRO PER DELLE BAGATELLE
Ma, anche se egli non ha tradito le sue convinzioni, ha tradito
i suoi istinti, le sue origini, le sue esperienze, il suo mestiere
di medico. Tutta la sua vita l’aveva fin allora portato a chinarsi
sulle sofferenze umane. Adesso egli reagisce contro la sua natura e
perseguita i deboli. Forse vuole umiliarsi e gioisce dei dolori che
egli soffre, infliggendoli agli altri. Il torturato diviene così
carnefice e poiché, a torto o a ragione, egli crede di essere
perseguitato da alcuni medici, alcuni compositori, alcuni critici
ebrei, sostituisce ad essi una comunità immaginaria, perseguita
tutti gli ebrei, nella speranza di essere perseguitato ancor di più.
[…]
Dal 1933, però, Hitler è al potere. Céline scagliandosi contro gli
ebrei, forse si sente originale ed audace, ma, in confronto ai
nazisti, non è, malgrado tutti i suoi sforzi, altro che uno scadente
antisemita, null’altro che un meschino principiante che marcia al passo dei veri smargiassi razzisti. (pp.18-19)
IV
PER MEGLIO DIVERTIRSI
Io dico menzogne per principio. 
CÉLINE
Nel nuovo libro di Céline non c’è azione. Bagatelles pour un
massacre non è che un’accozzaglia di insinuazioni, di offese, di
ingiurie, di accuse false e di affermazioni gratuite, scritte con la
bava alla bocca, in un delirio senza sfumature, senza variazioni,
sboccato nello spirito come nel linguaggio. Per 379 pagine l’autore
si ripete senza soste, senza né crescendo né diminuendo e questa
cacofonia rancorosa e vanitosa non viene interrotta che da tre
raccolte di poesie banali e sdolcinate. (p.19)
V
AL SERVIZIO DI HITLER
 
Vorrei proprio fare un’alleanza con Hitler. Perché no? Non ha detto
nulla contro i bretoni, contro i fiamminghi… Assolutamente
nulla… Ha parlato solo degli ebrei. 
CELINE
L’elencazione di ciò che egli attacca e di ciò che egli
difende sembrerebbe a prima vista semplicemente grottesco. Esaminato
da vicino, questo elenco rivela in realtà una linea di
comportamento nitida, un senso determinato, un obiettivo preciso, in
breve una politica. La politica dei nazisti!
I suoi deliri hanno tre bersagli principali:
  1. critici, i compositori, i medici concorrenti e gli autori che
    hanno più successo e che guadagnano di più.
  2. Tutto ciò rappresenta la civiltà occidentale: la ragione, lo
    spirito, il dubbio, il senso critico, la cultura, il desiderio di
    libertà, l’ideale della tolleranza e della solidarietà.
  3. Gli ebrei e gli “ebreizzati”, formula clamorosa per
    personificare un nemico astratto e per giustificare il salvataggio
    del mondo da parte del nazional-socialismo.
Spinto dal rancore e dal risentimento, Céline è partito
all’attacco del primo. In cerca di sostegni, è poi caduto in
braccio ai nazisti. È il loro esempio che l’ha spinto contro gli
altri due gruppi. Sono le loro armi quelle che egli impiega. Sono i
loro disegni che egli serve. (pp.23-24)[…]
E l’antisemitismo? Certamente, essi sono antisemiti e Céline lo è
con loro. È però strano osservare quali sono gli ebrei che
essi fanno attaccare dal loro Céline, dopo aver annientato gli ebrei
tedeschi. Sono ebrei o “ebreizzati”, dapprima i paesi che essi
vogliono annettersi o colonizziare: la Russia nazional-comunista ha
tendenza alla russificazione e antisemita altrettanto che la
Cecoslovacchia democratica. In seguito, i popoli e le forze che li
infastidiscono: la Francia del Front Populaire, l’Inghilterra dei
conservatori, gli Stati Uniti di Roosevelt (in lotta con Wall
Street) e soprattutto i movimenti operai. […](p.25)
Céline non è stato nemmeno costretto a far lavorare la fantasia.
Gli è stata fornita tutta la documentazione. Egli l’ha
semplicemente tradotta nella sua lingua.
«L’ebreo è un negro, la razza semita non esiste, è
un’invenzione dei massoni, l’ebreo non è altro che il prodotto di
un incrocio tra negri e barbari asiatici». (p.26)
Mi piacciono moltissimo le parole “pietà, lealtà, scrupolo
di autenticità, verità” sulla bocca di uno che non si preoccupa
dell’autenticità di nessuna citazione, della verità di alcun
riferimento e che falsifica scientemente fatti, date, cifre ed interi brani delle sue pretese letture. […]
Non sono menzogne generiche e vaghe; sono particolareggiate, si riferiscono alla realtà, a volte contengono perfino un briciolo di
verosimiglianza… Bisogna riconoscere che i maestri di Céline hanno
una grande esperienza nell’arte delle falsificazioni. […]
C’è di tutto: i Protocolli dei Saggi di Sion, il piccolissimo
numero di ebrei uccisi in guerra, i piccoli eroi compagni di giochi
della principessa Elisabetta d’Inghilterra, le confessioni dei
rabbini. Non manca niente, dalle teste di turco di Goebbels fino ai
pezzi di bravura di Streicher, ripetuti ogni settimana sul suo
“Sturmer”. Ma rendiamo a Cesare quel che è di Cesare. Tutta
questa letteratura viene importata in Germania dal russo Rosenberg,
capo dell’ufficio centrale nazional-socialista e da altri russi
bianchi. (p.28)
La soggezione di Céline si riserva persino nella sua
terminologia. «Ebreizzato – negrificato – mezzo ebreo –
quarto di ebreo – mezzo quarto di ebreo – ariano – razziale –
super bruto». È un linguaggio tecnico. Il neoantisemita non aveva
più bisogno di inventare termini. (p.28)
VI
L’OMBRA DELLE TRINCEE
L’obiettivo principale della politica nazional-socialista è la
preparazione materiale e morale della guerra. La denigrazione
sistematica dei futuri nemici ne fa parte. (p.29)
Che coincidenza però che le accuse di Céline siano esattamente
identiche a quelle del “Mein Kampf” e di altre pubblicazioni
del genere! No, Céline non è un moralista che offende il suo paese
perché l’ama. È semplicemente un nazista. […]
Ad uso esterno, questi Signori, sono pacifisti. […]
Sono sinceramente convinti che il pacifismo indebolisce i popoli.
[…]
Ma come merce d’esportazione il pacifismo appare loro estremamente
utile. Esso forma anche la colonna portante della loro propaganda
estera. Così dicono ai francesi: «Sappiamo che voi siete
pacifisti ed avete ragione. Non fatevi perciò trascinare in una
guerra contro di noi! Solo gli ebrei la vogliono e chiunque sia
disposto a farla è un ebreo». (pp.30-31)
Il suo pacifismo è unilaterale. Del resto, tutti oggi sono
pacifisti, compresi i generali aggiornati. Anche Hitler, e Céline
con lui. Tutti sono contro la guerra, tutti la preparano e tutti la
faranno. In effetti, Céline ammette tranquillamente la guerra –
ma solamente per in nazisti.
VII
LA VOCE DI UNO STRANIERO
Ma dichiaro con tutte le mie forze che nessun pretesto, che
nessun motivo può giustificare la guerra. Céline non è che un
propagandista: impreca, calunnia, farfuglia; non ragiona. Tuttavia
ci sono altri, più esperti in demagogia, che dicono: chi è contro
Hitler è per la guerra. (p.34)
[…]
La guerra è dittatura: da una parte come dall’altra lotteranno
popoli senza libertà, senza diritti civili, obbligati ad obbedire
ciecamente. E i soli ad approfittarne saranno i venditori d’armi, i
banchieri, i pescicani di ogni tipo, ebrei e non ebrei.
E se i nazisti venissero vinti, che cosa potremmo guadagnarci
noialtri antifascisti tedeschi? Al massimo, potremmo ritornare “
in un furgone dall’estero” in un paese ancor più impoverito di
prima e probabilmente diviso tra i vincitori. Tutta la storia
contemporanea pare ripetersi senza posa. (p.35)
VIII
VIVENDO A CREDITO
[Divertente capitolo]
Poco dopo la pubblicazione di “Bagatelles pour un massacre”,
Céline ricevette la visita di un signore dell’ambasciata tedesca
che gli trasmise un invito personale del Fuhrer per un soggiorno nel
III Reich. (p.38)
[…]
La possibilità di vedere non solo il nuovo paradiso ma anche
l’antico vinse le ultime resistenze di Céline… Qualche giorno
dopo egli partì per la Germania nazista.
Una volta passata la frontiera, venne ricevuto solennemente ad
Aix-La-Chapelle. Una compagnia di SS con la bandiera con la
svastica, banda in testa, gli rese gli onori militari.[…] (p.39)
Céline era affascinato da tutto ciò che vedeva e ascoltava, la
sua convinzione per cui una vera cultura non poteva nascere che dopo
la distruzione dell’influenza ebrea, rimaneva perfettamente
giustificata e confermata. (p.42)
[…]
Ma il soggiorno a Berlino era agli sgoccioli. Streicher volle
condurlo nel sud della Germania, dove il viaggio di Céline doveva
avere il suo momento più culminante.
Viaggiarono in auto. In tal modo non avevano che un breve percorso
per visitare uno dei famosi campi di concentramento. (p.45)
[…]
É un buon sistema – rispose il dottor Céline convinto.
In lontananza, osservò dei prIgionieri che costruivano in piena
campagna una strada che non portava da nessuna parte. Spingevano con
le mani un immenso rullo compressore, poiché il comandante del
campo riteneva bene farli lavorare, sostituendo il carburante con al
forza umana.
  • E adesso ho una grande sorpresa per voi – dichiarò Streicher
    quando furono di nuovo in cammino. – Vi porto dalla signora
    Ludendorff. (P.46)
IX
ALLA SACRA SORGENTE DELLA FORZA TEDESCA
 
Moltissima gente crede ad esempio che gli ebrei, la Chiesa
cattolica, i bolscevichi e i massoni siano quattro differenti
nemici. Mio marito ed io, abbiamo scoperto, che tutte queste
nascondono un’unica unità: l’eterno ebreo; infatti, le logge e il
papato così come il bolscevico non sono che i portavoce
dell’ebraismo. (pp.46-47) […]
Sfogliando quei documenti, Céline pensava malinconico come la
maggior parte dei suoi colleghi in Francia fossero rimasti indietro.
  • Studiate lo stesso problema nel vostro paese – gli consigliò la
    signora Luderdorff, quando lui prese congedo – e arriverete
    senz’altro agli stessi risultati. Sono persuasa che molti insigni
    francesi morti anzitempo, sono stati in realtà assassinati dagli
    ebrei, dai cattolici o dai massoni, il che, non dimenticatelo, è lo
    stesso. (p.47)
  • […]
Lo portarono in una casa la cui sala ricordava vagamente una
cappella. In mezzo al muro si trovava un grande ritratto del Fuhrer
ai piedi del quale erano disposti dei fiori, circondati da grosse
torce accese. Davanti al quadro stava una donna, le mani giunte,
perduta in una contemplazione estatica.
  • Paranoia – dichiarò Céline senza esitazioni. – Si vede subito
    che non c’è niente da fare. Questa donna dev’essere trasportata
    d’urgenza in manicomio.
  • – Ma no – fece Streicher un po’ imbarazzato – lei non è malata.
    È la Fuhrerin delle donne tedesche che si abbandona davanti a
    quell’altare nel suo raccoglimento quotidiano. Il malato è da
    un’altra parte. (p.48)
[…]due giorni dopo, a Norimberga, Céline venne presentato a
Hitler che gli tese la mano con condiscendenza. […]
Mi è stato consegnato un rapporto sulla vostra campagna contro gli
ebrei. So dunque che siete un vero artista e che la vostra opera
riproduce la bellezza della vita. Me ne congratulo e ordinerò che
vengano pubblicate le vostre pagine più belle nei nostri libri
scolastici. […] Poi Céline ricevette il permesso di partecipare
alla parata. E poco dopo egli visse il più grande momento della sua
vita. (p.49)
Céline portava la camicia bruna, il cinturone e il bracciale
con la svastica. Marciava con gli altri a ranghi compatti e, come
loro, faceva il passo dell’oca slanciando le gambe in aria, mentre
la fanfara suonava l’inno nazional-socialista[…]
In quel momento supremo, dimenticò tutte le sue seccature di
Clichy, i compositori di cattiva volontà e i critici malvagi. Ora
sapeva di non essere più solo, che c’erano degli uomini che la
pensavano come lui e che lo comprendevano. Guardava il Fuhrer, il
suo Fuhrer e il cuore gli si gonfiava di felicità. (p.50)
X
SUA CULPA
 
Non so se Céline sia già stato in Germania o se ci andrà in
futuro. Tutti gli altri fatti citati sono rigorosamente esatti e
facili da verificare. (p.50)
[…]
Tuttavia l’antisemitismo è l’arma migliore del regime Hitleriano e
chi difende l’uno non può rinnegare l’altro. […]
Ebbene, come mai uno spirito come Céline può cadere a un livello
talmente basso che viene la tentazione di metterlo sullo stesso
piano di uno Streicher? Se un’intelligenza superiore si lascia
trascinare in tali aberrazioni, che cosa aspettarci allora da gente
meno difesa contro le tentazioni più semplicistiche? Ecco la
domanda angosciosa che va ben oltre il caso di Céline.[…]
Ma mi rendo perfettamente conto che né la ricerca d’un oggetto
nuovo, né il desiderio di colpire certe persone (che, come
individui, potrebbero anche meritarselo), neanche la voglia della
rissa sono sufficienti a spiegare “Bagatelles pour un massacre”.
Sono sicuramente ragioni più profonde che l’hanno spinto a scrivere
questo libro velenoso e l’opera stessa di Céline le rivela.
Perché, per quanto grande scrittore possa egli essere, non sa
liberarsi delle sue angosce: egli è ammalato del nostro tempo e
non ha alcuna fede che lo guidi e lo sostenga. (p.51)
XI
SEMMELWEIS
L’uomo finisce dove comincia il pazzo.
CÉLINE
Ritornato in Francia, Céline ricade in una malinconia
pessimista. In Germania tutto ciò che aveva visto era semplice: un
capo, un partito, uno stato d’animo. Adesso era di nuovo la vita,
disordinata, complicata e piena di problemi che non riusciva a
risolvere senza il sostegno di una forza estrema. Il Terzo Reich gli
sembrava un ideale lontano. (pp.53-54)
[…]
Il problema era di sapere come distinguere la razza superiore degli
ariani. […] Fu allora che Céline si gettò sugli scritti del
dottor Bérillon. La sua attenzione venne attirata particolarmente
dalla Polvechésie de la Race Allemande […] Ecco quanto Céline
lesse in quest’opera memorabile: […] (p.55)
«La polichesia, per la sua frequenza e la sua costanza, può
essere considerata una delle particolarità più marcate della razza
tedesca». […] (p.56)
[…]
Quindi, i tedeschi e di conseguenza anche i popoli che gli erano
imparentati non potevano essere considerati come puri ariani… Ma
dove stava allora la razza superiore da contrapporre agli ebrei?
Céline si gettò in una profonda meditazione. Dopo una notte
insonne, comprese in un sol colpo la verità. Certo la signora
Ludendorff aveva ragione, ma solo parzialmente: l’ebreo non si
nascondeva solamente dietro i bolscevichi, i cattolici e i massoni;
Céline sapeva ormai che quello utilizzava travestimenti senza fine,
che si nascondeva dappertutto: i francesi, i tedeschi, tutti gli
uomini, tutti, tutti erano ebrei!
Era stordito per la sua scoperta. Quel lampo era troppo abbagliante
per non accecarlo… Respirava a fatica. Senza giacca, i capelli
spettinati, la cravatta di traverso, uscì con passo barcollante.
Bisogna che faccia immediatamente affiggere dei manifesti, si
disse. Bisogna avvertire la gente e metterla in guardia contro se
stessi… […]
All’improvviso scoppia in un grido:
  • Io sono Semmelweis!
  • Dimentico di tutto ciò che gli sta attorno, preso dai suoi
    pensieri, si smarrisce e vaga per le strade di Clichy, perseguitato
    dalla muta dei suoi nemici fittizi.(p.60)
  • […]
  • Io sono il solo uomo a non essere ebreo. Bisogna distruggere
    tutti gli altri! […](p.60)
XII
IL CANTORE DEL POGROM
 
Massacro: Strage di persone indifese. 
LE PETIT LAROUSSE
 
Forse crederete che Céline impieghi nel titolo del suo libro la
parola massacro come una figura retorica. Disingannatevi! Per quanto
sia difficile da comprendere la sua grammatica fantasiosa, in questo
caso non ci sono dubbi. Stavolta non si tratta di una metafora, ma
del sostantivo nel suo senso esatto. Egli vuole la strage degli
ebrei e la reclama. Tutto il libro non è che un’incitazione
all’omicidio, un’apologia al pogrom. (p.60)
[…]
Constato e ripeto: Bagatelles pou un massacre incita all’omicidio e
difende il pogrom.
Le prove le dà lui stesso. Poiché non parla solo per sottintesi.
Egli si esprime chiaramente, senza equivoci, senza giri di parole,
senza pudore. (p.61)
[…]
Egli si rende d’altra parte perfettamente conto di ciò che dice.
Prova ne è che il cantore del pogrom ha paura del suo stesso
coraggio e teme che i suoi propositi sadici gli si rivolgano contro.
(p.63)
Per rendeer inoffensivo Céline, è sufficiente smascherarlo.
Ciò che è inammissibile è che spacci la sua spazzatura nazista
per letteratura originale. La cosa necessaria è mettere in luce che
non si tratta qui di arte o di psicologia ma di propaganda
hitleriana.
Che il pirata mostri la sua bandiera – la bandiera rossa con la
svastica in un cerchio bianco! Ma che non si insinui come un
innocente viaggiatore alla ricerca di emozioni tutte personali.
Vuole frodare la dogana. Porta del veleno nel suo bagaglio.
(p.64)
——————-
Nel libro Kaminski, palesemente un lettore e ammiratore di
Céline e dei suoi romanzi rimasto deluso dalla svolta politica impressa
dallo scrittore a partire da Mea Culpa, prova a dare
un’interpretazione, una spiegazione di cosa abbia spinto uno così bravo
e talentuoso scrittore a sposare e diffondere le tesi razziste
naziste. Libriccino ben scritto che alterna parti narrative a parti
di commento e considerazioni. Le parti narrative descrivono le
vicende di un Céline protagonista di una storia che sfocia in brani
dall’umorismo esilarante.