GEORGE ORWELL – OMAGGIO ALLA CATALOGNA

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(HOMAGE TO CATALONIA)
I
Caserma Lenin di Barcellona. Fine di dicembre del 1936. Orwell vi è giunto per arruolarsi.
Il ricordo d’un giovane italiano è rimasto impresso nella sua mente.
“Ho voluto parlare di quel volontario italiano perché mi è rimasto impresso nella memoria in maniera così vivida. Con la sua uniforme trasandata e l’aria insieme feroce e patetica, esemplifica per me la particolare atmosfera di quel periodo”. (p.4)
Arrivato in Spagna per scrivere articoli, ha finito per arrualarsi.
“Era la fine di dicembre del 1936[…] Ero arrivato in Spagna con la vaga idea di scrivere articoli per stampa, ma poi mi ero arruolato quasi subito nella milizia, perché in quel momento e in quell’atmosfera sembrava l’unica cosa concepibile da fare. (p.4)
La città, cosa mai vista, era completamente in mano operaia.
“Era la prima volta che mi trovavo in un città dove la classe operaia era saldamente in sella”. (p.4)
In attesa di partire per il fronte con la sua centuria, rimane in caserma per una settimana. Lì regnano il disordine, la sporcizia e lo spreco di cibo. Al momento della partenza nessuno ha l'”uniforme” uguale agli altri!
“[…] ma in nessun caso due persone indossavano esattamente gli stessi panni”. (p.8)
L’addestramento è inconsistente e inadeguato.
“Il cosiddetto addestramento si limitava a esercizi da piazza d’armi del tipo più stupido e antiquato: fianco-destr, fianco-sinistr, dietro-front, marciare sull’attenti in fila per tre e tutte le altre inutili sciocchezze che avevo già imparato quando avevo quindici anni”. 
[…]non veniva neanche insegnato come sparare con il fucile o come togliere la sicura a una bomba a mano”. (p.10)
Nonostante le gravi difficoltà linguistiche, è fin da subito ben accolto. Notevole è invece la mancanza di puntualità degli spagnoli.
“Gli spagnoli sono bravi in molte cose, ma non certo a fare la guerra. Tutti gli stranieri, senza distinzione, rimangono sgomenti davanti alla loro inefficienza e soprattutto davanti alla loro irritante mancanza di puntualità”. (p.13)
Mancanza di organizzazione e di puntualità che si presenta ovviamente anche il giorno della confusa e concitata partenza in treno alla volta dell’Aragona…
II
Arrivano a Alcubierre, paese estremamente povero, come, del resto, tutti quelli dell’Aragona. In attesa dei fucili, l’unico svago è rappresentato dall’arrivo di disertori, per lo più giovani soldati di leva. Dopo tre giorni ecco finalmente i fucili: dei Mauser tedeschi del 1896! In ordine sparso la centuria, formata per lo più da ragazzini, arriva al fronte.
Un Mauser tedesco fabbricato nel 1896, vecchio di oltre quarant’anni!
La centuria, formata da ottanta uomini e diversi cani, si avviò in ordine sparso su per il tornante. (p.19)
Non potete neanche immaginare che masnada disordinata sembravamo. Ci trascinavamo in avanti con molta meno coesione di un gregge di pecore […]“. (p.20)
Lì resta deluso: i fascisti sono sulla collina di fronte a… 700m di distanza!
Ora che avevo visto il fronte ero profondamente disgustato. E la chiamavano guerra, questa! E non eravamo certo in contatto con il nemico!” (p.23)

 

III
Non succede nulla, la preoccupazione principale è quella di tenersi al caldo, il nemico neanche lo si vede e i combatimenti sono pressoché nulli.
La vera preoccupazione di entrambi gli eserciti era cercare di mantenersi caldi. 
Dovrei dire subito che in tutto il periodo che ho passato in Spagna di combattimenti veri e propri ne ho visti pochissimi“. (p.24)
Lassù, sui monti intorno a Saragozza, c’era soltanto quel misto di noia e di scomodità che caratterizza la guerra di posizione. […]
Su ogni vetta, fascista o lealista, un pugno di uomini sudici e stracciati tremavano attorno alla propria bandiera e cercavano di tenersi al caldo“. (p.25)
E così, pur di vivere un po’ d’azione si fa mettere quanto più spesso possibile nelle pattuglie esplorative. Poi è nominato caporale e messo a capo di dodici uomini.
Appena arrivato al fronte ero stato nominato caporale o cabo, come dicevano loro, e posto al comando di una squadra di dodici uomini“. (p.27)
Tutti i miliziani sono trattati alla pari.
Il punto centrale di questo sistema era l’assoluta eguaglianza sociale tra soldati e ufficiali. Tutti, dai generali ai soldati semplici, ricevevano lo stesso soldo, mangiavano lo stesso cibo, indossavano gli stessi abiti e si mescolavano tra loro sulla base di un’assoluta parità“. (p.28)
Ottima la loro disciplina.
Anche tra le leve peggiori di miliziani volontari la disciplina migliorò visibilmente con il passare del tempo. […] La disciplina “rivoluzionaria” dipende dalla coscienza politica – dalla comprensione del perché si deve obbedire agli ordini […]“. (p.30)
Le vera preoccupazione, un’ossessione quasi, era la mancanza di legna da ardere.
La legna da ardere era l’unica cosa veramente importante. Il problema era che praticamente non ce n’era affatto“. (p.32)
Sporcizia, fetore e mancanza d’acqua erano altri grossi problemi.
Al confronto del freddo tutti gli altri disagi sembravano banali. Naturalmente eravamo tutti sempre sudici. […] Nell’intera posizione il fetore era abominevole e fuori dal piccolo recinto della barricata c’era ogni sorta di escremento“. (pp.32-33)
Il cibo, il vino e le sigarette erano invece buoni ed in abbondanza.
Per altri versi non ce la passavamo poi troppo male. Il cibo era abbastanza buono e di vino ce n’era in abbondanza“. (p.33)
Le armi scarsissime, vecchie e malfunzionanti. Inesistenti mappe e carte topografiche. Insomma:
A tutto questo si aggiungeva la completa mancanza di materiale bellico. (p.35)
Armi a parte, c’era penuria di tutti gli accessori secondari per guerreggiare. Per esempio, non avevamo né mappe, né cartine topografiche“. (p.37)
IV
Dopo circa tre settimane, con l’arrivo di altri miliziani inglesi , per dar vita ad un unico gruppo britannico, è inviato in un’altra postazione, a diversi km ad ovest di Alcubierre. Anche qui il nemico è molto distante e gli scontri non si verificano.
Il nemico qui era un po’ più vicino, forse tre o quattrocento metri“. (p.41)
Il freddo invece, quello si, non manca mai.
Il tempo era per lo più freddo, ma non pioveva […]. La notte faceva più freddo che mai.” (p.42)
Una notte di febbraio subiscono un attacco, senza conseguenze, dal fronte fascista.
Era la prima volta che mi trovavo veramente sotto il fuoco nemico e con mia grande umiliazione scoprii d’essere orribilmente spaventato. (p.46)
In effetti, quello non era un attacco, ma solo un grande spreco di cartucce per fare un po’ di baccano e celebrare così la caduta di Malaga“. (p.47)
A metà febbraio gli inglesi sono mandati sul fronte di Huesca.
A metà febbraio lasciammo Monte Trazo e fummo spediti, insieme a tutte le truppe del POUM del settore, a far parte dell’armata che assediava Huesca“. (p.47)

 

V
Anche a Huesca regna l’inattività: il nemico è a più di un km! L’unica solita preoccupazione è quella di scaldarsi e mangiar bene.
A est di Huesca, fino alla fine di marzo, non accadde nulla – quasi letteralmente nulla. Eravamo distanti mille e duecento metri dal nemico.
[…]la nostra sola preoccupazione era quella di tenerci al caldo e di mangiare abbastanza. (p.49)
 Nel frattempo non succedeva nulla, non succedeva mai nulla. Gli inglesi ormai avevano preso l’abitudine di dire che questa non era una guerra, ma una stramaledetta pantomima. Non eravamo quasi mai sotto il fuoco diretto dei fascisti“. (p.50)
Sono tartassati dalle piattole. Tutto scarseggia:
In quel periodo ormai eravamo tutti pieni di piattole […]. (p.53)
Tutto cominciava a scarseggiare: scarpe, vestiti, tabacco, sapone, candele, fiammiferi e olio d’oliva. Le nostri uniformi cadevano ormai a pezzi e molti uomini erano rimasti senza scarponi, solo con sandali dalla scuola di corda. 
La penuria di tabacco era la peggiore“. (p.54)
Ricoverato a Monflorite per un banale ascesso a una mano, si vede sottrarre dagli infermieri tutti gli oggetti di valore, compresa la macchina fotografica e le foto. Al rientro, la linea del Fronte viene spostata avanti di 1km, a soli 200m dai fascisti.
Fu proprio il giorno che tornai dall’ospedale che spostammo la linea del fronte su quella che avrebbe dovuto essere la sua posizione, circa mille metri in avanti, lungo il ruscello che scorreva un paio di centinaia di metri dalla linea fascista“. (p.59)
Un po’ d’azione dopo tanta inattività.

 

VI

 

Si offre volontario per un assalto alla ridotta fascista. L’azione tanto attesa è finalmente giunta. L’attacco ha successo anche subito dopo ricevono l’ordine di ritirata portandosi via solo una cassa di munizioni, bombe e qualche fucile. Rientrati dopo mille peripezie al campo, si offre ancora volontario per andare in cerca dei dispersi…
VII
Arriva il caldo. Scarpe e vestiti sono ormai a pezzi. Un po’ deluso per la scarsa azione, ottiene una licenza.
Quando ci concessero una licenza ero stato centoquindici giorni in linea e, all’epoca, questo periodo mi pareva essere stato uno dei più futili della mia vita. Mi ero arruolato nella milizia per combattere contro il fascismo e invece quasi non avevo combattuto, mi ero limitato a esistere come una sorta di oggetto passivo, non facendo niente per guadagnarmi le mie razioni se non soffrire per il freddo e la mancanza di sonno“. (p.84)
Ma, a posteriori, l’esperienza è stata decisamente positiva e ne conserva un vivido ricordo.
L’intero periodo mi resta impresso con una strana nitidezza“. (p.87)
Rimpiazzati da un’altra compagnia, il 25 aprile lasciano la zona del fronte giungendo a Barcellona alle tre del pomeriggio del 26.
[…]arrivammo a Barcellona alle tre del pomeriggio del 26. Dopodiché cominciarono i guai”. (p.88)
VIII
A Barcellona però l’atmosfera rivoluzionaria sembra essersi disciolta.
“[…]l’atmosfera rivoluzionaria si era ormai dissolta“. (p.90)
E la rivoluzione sembra non aver lasciato tracce.
Le uniformi della milizia e le tute blu erano quasi sparite; […]Uomini prosperi e grassocci, signore raffinate e macchine eleganti erano dappertutto. 
Gli ufficiali del nuovo Esercito Popolare, una categoria che praticamente non esisteva a Barcellona quando avevo lasciato la città, sciamavano per le strade in quantità sorprendente. L’Esercito Popolare aveva un ufficiale ogni dieci uomini. (p.91)
La città aveva subito un profondo cambiamento. Due fatti salienti riassumevano tutto il resto. Uno era che la gente – la popolazione civile – aveva perso gran parte dell’interesse nell’andamento della guerra; l’altro era che la normale divisione della società in ricchi e poveri, classe alta e classe bassa, si stava riaffermando“. (pp.91-92)
I contrasti tra anarchici/Poum e comunisti sempre più evidenti.
Le persone con una coscienza politica notavano molto più la lotta interna tra anarchici e cokunisti che l’impegno comune per contrastare Franco. Per la gran massa della gente la cosa più importante era la penuria di cibo“. […] (p.93)
Netto anche il divario tra Esercito Popolare e le milizie.
“Nel frattempo la propaganda sminuiva sistematicamente le milizie di partito a favore dell’Esercito Popolare“. (p.93)
La società è completamente mutata: i ricchi hanno ripreso le proprie abitudini, i poveri patiscono l’aumento dei prezzi e la mancaznza dei beni di prima necessità. Mendicanti sono ora ovunque.
Sempre in licenza, Orwell rimedia una pistola scassata e si informa su come poter andare al fronte di Madrid.
In città intanto, la tensione tra anarchici e comunisti sale di giorno in giorno.
Il 1° maggio, fatto incredibile per una città non fascista, non si svolgono neanche le celebrazioni per la festa dei lavoratori…
IX
Il 3 maggio gli inevitabili scontri hanno inizio. Casus belli, la richiesta del governo di ottenere la consegna delle armi da parte dei privati cittadini (leggi anarchici e POUM) e di avere il controllo della centrale telefonica, da sempre in mano agli anarchici. Le truppe d’assalto, al rifiuto anarchico, decidono di assaltare la centrale.
Riuscii a capire che a far scoppiare “l’incidente”, qualche ora prima, era stata la richiesta da parte del governo di cedere la centrale del telefono, richiesta che era stata naturalmente respinta“. (p.103)
Orwell è convocato nella sede del POUM dove riceve un fucile che però un ragazzetto gli ruba poco dopo. La notte trascorre senza scontri, così come i tre giorni seguenti. L’azione è, anche in questo caso, pressoché nulla. L’Esercito Popolare rimase neutrale e così si fronteggiarono difensivamente anarchici/Poum e truppe d’assalto.
Come istituzione l’Esercito Popolare rimase neutrale per tutta la durata dei combattimenti […]. (p.116)
« Si tratta di un semplice scontro tra gli anarchici e la polizia – non significa niente »“. (p.117)
Dopo una settimana la situazione torna alla normalità per la penuria di cibo e perché in città giungono truppe d’assalto provenienti da Valencia. I comunisti ne approfittano per prendere il controllo della città. La stampa comunista poi, chiede vigliaccamente lo scioglimento del POUM, accusato di criptofascismo.
Gli scontri di Barcellona avevano fornito al governo di Valencia il pretesto lungamente atteso per assumere il pieno controllo della Catalogna. Le milizie operaie dovevano essere sciolte e confluire nell’Esercito Popolare.
I giornali del PSUC invece non erano sottoposti a censura e uscivano con articoli di fuoco che chiedevano a gran voce lo scioglimento del POUM. Si diceva che il partito era un’organizzazione criptofascista e gli agenti del PSUC che facevano circolare in città una vignetta in cui il POUM era rappresentato come un losco figuro che si toglieva una maschera su cui c’era una falce e martello per rivelare un volto orrendo e folle segnato da una svastica. Evidentemente la versione ufficiale degli scontri di Barcellona era già stata decisa: doveva essere presentata come una ribellione organizzaata da una “quinta colonna” fascista identificata esclusivamente nel POUM“. (p.126)
Le ritorsioni sugli anarchi e sui membri del POUM non si fanno attendere, in particolare con gli arresti.
“[…] la stragrande maggioranza fu sbattuta in galera e tenuta lì senza neanche un processo, in molti casi per mesi e mesi. Come succede di solito, persone del tutto innocenti venivano arrestate per grossolani errori della polizia“. (p.127)
Un’atmosfera di paura pervade la città…
Nessuno che si sia trovato a Barcellona in quel periodo o nei mesi successivi dimenticherà mai l’orribile atmosfera creata da paura, sospetto, odio, giornali censurati, prigioni traboccanti, code sterminate per procurarsi il cibo e bande di uomini armati in giro per le strade“. (p.129)
X

Tre giorni dopo la fine degli scontri di Barcellona torna al Fronte.

Deve essere stato tre giorni dopo la fine degli scontri di Barcellona che facemmo ritorno al fronte“.  (p.131)

Ormai la possibilità di instaurare la dittatura operaia era svanita, ma lottare contri i fascisti valeva comunque la pena.

Doveva per forza esserci una dittatura ed era chiaro che la possibilità di una dittatura operaia era ormai svanita.

Per quanti difetti il governo postbellico avrebbe potuto avere, un regime franchista sarebbe stato certamente peggiore“. (p.132)

Al fronte, a Huesca, succede poco o nulla.

“Eravamo ancora sul fronte di Huesca, ma ci avevano spostato un po’ più a destra, di fronte alla ridotta fascista che avevamo temporaneamente conquistato qualche settimana prima”.

Sul fronte non succedeva granché. […] Nella nostra posizione il problema principale era rappresentato dai cecchini“.(pp.134-135)

Ed ecco che dopo circa dieci giorni dal suo arrivo viene ferito da un cecchino alla gola.

[…]fui io ad esser beccato da un cecchino fascista. (p.136)

Ero immerso in una sensazione ovattata e stupefatta, una consapevolezza di esser ferito molto gravemente, ma senza alcun dolore nel senso comune della parola.

[…] non sentivo niente, ma mi rendevo conto che la pallottola mi aveva preso da qualche parte sul davanti del corpo“. (p.137)

Viene trasportato a Siètamo, poi a Barbastro, a Lèrida e infine a Tarragona.

 

XI

Al ritorno a Barcellona, troverà il clima cittadino, ora che i comunisti hanno definitivamente preso il controllo della città,  ulteriormente peggiorato.

Durante le ultime settimane passate a Barcellona si avvertiva nell’aria una strana sensazione malevola – un’atmosfera di sospetto, timore, incertezza e odio velato.

[…]tuttavia c’era sempre una vaga sensazione di pericolo, la premonizione di qualcosa di brutto che stava per accadere. (p.147)

Non è facile descrivere l’atmosfera da incubo di quel periodo – il particolare disagio prodotto dalla diffusione di voci che cambiavano in continuazione, dai giornali censurati e dalla costante presenza di uomini armati“. (p.148)

Gli arresti arbitrari di comunisti e membri del POUM, anche stranieri, si moltiplicano; i giornali anarchici vengono censurati e la penuria di cibo raggiunge i massimi livelli.

In convalescenza, stufo della situazione, pianifica il suo ritorno in Inghilterra.

Entrambi avevamo deciso che la cosa migliore da fare era tornare in Inghilterra appena possibile“. (p.152)

Però potrà farlo solo dopo aver ottenuto il congedo permanente.

Arrivato a Barcellona, in albergo, la moglie ed altri lo avvertono di fuggire. Mentre lui era in convalescenza e otteneva il congedo infatti, il POUM era stato dichiarato fuorilegge e i suoi membri arrestati o fucilati.
Il giorno dopo [16 luglio N.d.R.] il POUM fu dichiarato fuorilegge e tutti i suoi uffici, librerie, sanatori, centri di Soccorso Rosso e così via confiscati. Nel frattempo la polizia arrestava tutti quelli su cui riusciva a mettere le mani fra coloro che si sapeva fossero in qualche modo collegati al POUM. (p.158)

Sapevamo solo molto vagamente che i dirigenti del POUM – e quindi presumibilmente anche tutti noi – erano accusati di essere al soldo dei fascisti“. (p.159)

Nessuna di queste notizie giungeva al fronte…

“[…] tutte le notizie di quello che stava succedendo erano tenute nascoste alle truppe che combattevano in prima linea“. (p.160)

XII

In attesa di essere pronti i passaporti, è costretto a condurre una vita bizzarra: di giorno può girare liberamente come turista inglese, di notte deve nascondersi per non essere arrestato.

Ci trovavamo proprio in una strana situazione. Di notte si viveva da fuggiaschi braccati, ma durante il giorno si poteva condurre una vita quasi normale. 

In pratica questo voleva dire esser costretti a passare la notte all’addiaccio. Invece, di giorno, in una città grande come Barcellona, si era abbastanza al sicuro“. (p.168)

Con la moglie e altri due latitanti inglesi va a trovare il suo ex-comandante Jorge Kopp, ingiustamente arrestato dai comunisti tentando, invano, di farlo liberare. Finalmente i passaporti sono pronti e così i quattro possono lasciare la Spagna in treno. Dopo un periodo trascorso in Francia, eccoli in Inghilterra…

APPENDICE I

Nella guerra di Spagna un’enorme importanza hanno avuto gli scontri tra partiti.

Si è trattato soprattutto di un conflitto politico. Nessun evento che si è verificato nel suo corso, perlomeno durante il primo anno, è comprensibile se non si ha un minimo di conoscenza della lotta interpartitica che si svolgeva dietro le linee governative“. (p.187)

Eppure, per chi come lui arrivava in Spagna, non c’era sentore di tutto ciò. Lui si era arruolato nel POUM solo perché era giunto lì tramite il suo omologo inglese, l’ILC.

Sapevo che prestavo servizio per qualcosa chiamato POUM (mi ero arruolato nella milizia del POUM piuttosto che in un’altra solo perché mi era capitato di arrivare a Barcellona con le credenziali dell’ILP), ma non mi ero reso conto che ci fossero serie divergenze tra i vari partiti politici“. (p.188)

Il tutto era iniziato come reazione a Franco che, appoggiato da aristocratici e Chiesa, voleva restaurare un regime feudale.

Tanto per cominciare, Franco non era strettamente paragonabile a Hitler o Mussolini. La sua rivolta era un ammutinamento militare sostenuto dall’aristocrazia e dalla Chiesa e in gran parte, specialmente all’inizio, era un tentativo non tanto di imporre il fascismo quanto di restaurare un sistema feudale“. (p.189)

I suoi primi oppositori furono i sindacati operai.

Durante i primi mesi della guerra civile il vero oppositore di Franco non fu tanto il governo quanto i sindacati operai“. (pp.189-190)

Era l’inizio di una rivoluzione.

La cosa che era successa in Spagna, in effetti, non era una semplice guerra civile, ma l’inizio di una rivoluzione“. (p.191)

Distorta la versione dei fatti che se ne diede all’estero.

[…] la versione della destra, coi patrioti cristiani che si oppongono ai bolscevichi grondanti di sangue, e quella della sinistra, coi gentiluomini repubblicani che cercano di sedare una rivolta militare. Il problema centrale è stato efficacemente occultato“. (p.191)

U.R.S.S. compresa, nessuno voleva infatti che la rivoluzione andasse in porto.

[…] a parte i piccoli gruppi rivoluzionari presenti in ogni paese, il mondo intero era ben deciso a impedire che in Spagna avvenisse una rivoluzione. In particolare, proprio il partito comunista, spalleggiato dalla Russia sovietica, si era gettato a corpo morto contro l’ipotesi rivoluzionaria“. (p.192)

E infatti non superò mai lo stadio iniziale.

A ogni modo però, ci fu solo l’inizio di una rivoluzione, non il processo completo“. (p.193)

Grazie alle armi sovietiche, a poco a poco i comunisti presero il controllo del governo esautorando sindacati e anarchici.

[…] un anno dopo lo scoppio della guerra e della rivoluzione, restava un governo costituito interamente da socialisti di destra, liberali e comunisti.

La grande svolta a destra ebbe inizio verso ottobre-novembre 1936, quando l’Unione Sovietica cominciò a fornire armi al governo spagnolo e il potere cominciò a passare dalle mani degli anarchici a quelle dei comunisti. […] Non sussistono dubbi sulla sostanza di questa influenza: “Impedite la rivoluzione o non avrete armi”.

[…] non si può negare che il Partito comunista fosse il principale sostenitore delle manovre prima contro il POUM, poi contro gli anarchici e i seguaci di Caballero tra i socialisti e, in generale, contro le tendenze rivoluzionarie.

Gli anarchici, l’unica formazione rivoluzionaria abbastanza grande da poter contare qualcosa, furono costretti a cedere su tutti i punti“.(pp.194-195-196)

“In realtà sono stati proprio i comunisti, più di chiunque altro, a impedire la rivoluzione in Spagna“. (p.198)

I partiti in lotta erano tre:

Dal punto di vista della teoria politica, i partiti che contavano erano soltanto tre: il PSUC, il POUM e la CNT-FAI“. (p.199)

Il PSUC:

Il PSUC[…] era ormai completamente sotto il controllo comunista ed era affiliato alla Terza Internazionale. […] Generalizzando un po’, si può dire che il PSUC era l’organo politico della UGT […]. Il PSUC era dunque un partito in parte formato da operai e in parte dalla piccola borghesia – i commercianti, i funzionari e gli agricoltori più benestanti“.  (p.200)

Il POUM:
Il POUM era uno di quei partiti comunisti dissidenti che negli ultimi anni hanno fatto la loro comparsa in diversi paesi, in contrapposizione allo “stalinismo”; cioè al cambiamento, reale o apparente, nella politica comunista. Era composto in parte da ex comunisti e in parte dai membri di un partito precedente, il blocco degli operai e dei contadini. Numericamente era un partito piccolo […] Non rappresentava alcun blocco dei sindacati. I miliziani del POUM erano in genere iscritti alla CNT,  mentre i tesserati di solito appartenevano alla UGT“. (p.201)

E gli anarchici:

Meno facile da definire è il punto di vista anarchico.

L’enorme blocco dei sindacati che costituiscono la CNT[…], ha come organo politico la FAI, una vera e propria organizzazione anarchica. […] miravano al potere operaio e non alla democrazia parlamentare. (p.202)

Dal febbraio 1937 in poi gli anarchici e il POUM potevano essere in un certo modo considerati un solo blocco“. (p.203)

Insomma, questa era la situazione:

Insomma, a grandi linee, lo schieramento delle forze era questo: da una parte la CNT-FAI, il POUM e un settore dei socialisti a favore del potere operaio; dall’altra i socialisti di destra, i liberali e i comunisti che sostenevano un governo centralizzato e un esercito convenzionale e militarizzato“. (p.204)

I comunisti cominciarono ad attaccare il POUM, accusandolo di filofascismo.

[…] i comunisti cominciarono a sostenere che il POUM stava dividendo le forze governative non per dissennatezza politica, ma secondo un piano premeditato. il POUM fu denunciato come nient’altro che una banda di fascisti travestiti, al soldo di Franco e di Hitler, che spingevano per una politica pseudorivoluzionaria “trockijsta” e “la quinta colonna di Franco”. (p.205)

Dunque era questo che dicevano di no: eravamo trockijsti, fascisti, traditori, assassini, vigliacchi, spie e così via“. (p.208)

I miliziani non hanno ricevuto un grosso sostegno dal proletariato estero, eccezion fatta per qualche migliaio di volontari combattenti.

Se affrontiamo apertamente i fatti dobbiamo ammettere che la classe operaia mondiale ha considerato la guerra di Spagna con un certo distacco. Decine di migliaia di individui sono venuti a combattere, ma decine di milioni di altri alle loro spalle sono rimasti apatici“. (p.210)

APPENDICE II
Cos’è accaduto veramente nel maggio del 1937 a Barcellona? Lo scontro tra comunisti e anarchici era ormai in atto da mesi e la decisione dei comunisti di togliere le armi ai privati e di prender il controllo della Centrale Telefonica, da sempre in mano anarchica, scatenò la reazione dei lavoratori. È il 3 maggio quando le truppe d’assalto occupano la centrale e altri punti nevralgici della città. Gli anarchici prendono le (poche) armi ed erigono barricate. Gli scontri si protrarranno fino al 6 maggio.
Il 3 maggio il governo decise di impossessarsi della centrale telefonica che sin dall’inizio della guerra era stata fatta funzionare soprattutto da operai della CNT […]; Salas, il capo della polizia […]spedì tre camion pieni di Guardie d’Assalto armate a occupare l’edificio, mentre le strade immediatamente adiacenti venivano sgombrate da poliziottti armati in abiti civili. Circa nello stesso momento bande di Guardie d’Assalto occuparono vari altri palazzi in punti strategici del centro. […] La notizia che gli edifici in mano agli operai erano sotto attacco fece rapidamente il giro della città, gli anarchici armati apparvero nelle strade, il lavoro si fermò, e gli scontri cominciarono immediatamente. Quella notte e il mattino dopo furono erette barrucate in tutta la città e gli scontri proseguirono senza tregua fino al mattino del 6 maggio“. (p.215)
Il 7 maggio tutto era tornato alla normalità.
Il pomeriggio del 7 le condizioni erano pressoché tornate alla normalità. Quella sera stessa seimila Guardie d’Assalto, arrivate da Valencia via mare, presero il controllo della città”. (p.216)

I comunisti attribuirono la colpa degli scontri al POUM. Ma tra gli operai non c’era alcun intento rivoluzionario.

“[…] stampa comunista, la quale sosteneva che gli sconti fossero una sorta d’insurrezione ispirata soltanto dal POUM. 
A quanto si può giudicare da quello che la gente diceva all’epoca, non è che vi fossero in realtà delle intenzioni rivoluzionarie da parte di nessuno. […] ciò che si proponevano di fare non era tanto rovesciare il governo quanto opporre resistenza a quello che, a torto o a ragione, ritenevano fosse un attacco da parte della polizia.” (p.220)
La stampa estera, riprendendo le tesi di quella comunista, diede la colpa al POUM e agli anarchici.
Di conseguenza gli scontri di Barcellona sono stati descritti come un’insurrezione da parte di anarchici e trockijsti infedeli che “pugnalavano il governo alla schiena” eccetera eccetera.” (p.222)
Ed eccola la tesi comiunista:
Nella stampa comunista e filocomunista tutta la colpa per gli scontri di Barcellona è stata attribuita al POUM. Gli incidenti non sono stati presentati come un’esplosione spontanea, bensì come un’insurrezione contro il governo, premeditata e programmata, di cui il POUM sarebbe stato l’unico artefice con la complicità di pochi elementi “incontrollabili” e traviati. [..] Il POUM era la “quinta colonna di Franco” – un’organizzazione trockijsta che lavorava in combutta con i fascisti“. (p.215)
Ma erano resoconti contraddittori e palesemente falsi. E così, alla fine, il 15-16 giugno il POUM fu dichiarato fuorilegge e i suoi membri arrestati.
Alla fine, dunque, il 15-16 giugno, il POUM fu sciolto d’autorità e dichiarato illegale“. (p.239)
NOTE
POSTFAZIONE
VAGABONDAGGIO ED ESILIO: GEORGE ORWELL E LA GUERRA DI SPAGNA
di Mario Maffi