UMBERTO ECO – VERTIGINE DELLA LISTA

UMBERTO ECO – VERTIGINE DELLA LISTA
BOMPIANI – Collana TRADE PAPERBACK BOMPIANI – I Ed Ottobre 2012

PREFAZIONE p.7

1 – LO SCUDO E LA FORMA p.9

2 – L’ELENCO O LA LISTA p.15

Esiste, però, un altro modo di rappresentazione artistica, quando di ciò che si vuole rappresentare non si conoscono i confini, quando non si sa quante siano le cose di cui si parla e se ne presuppone un numero, se non infinito, astronomicamente grande; o quando ancora di qualcosa non si riesce a dare una definizione per essenza e quindi, per parlarne, per renderlo comprensibile, in qualche modo percepibile, se ne elencano le proprietà – e come vedremo le proprietà accidentali di un qualcosa, dai Greci ai giorni nostri, sono ritenute infinite. (p.15)

L’infinito dell’estetica è un sentimento che consegue alla finita e perfetta compiutezza della cosa che si ammira, mentre l’altra forma di rappresentazione di cui parliamo suggerisce quasi fisicamente l’infinito, perché di fatto esso non finisce, non si conclude in forma. Chiameremo questa modalità rappresentativa lista, o elenco, o catalogo. (p.17)

A prima vista potremmo pensare che la forma è caratteristica
f delle culture mature, che conoscono il mondo che le circonda, di cui hanno riconosciuto e definito l’ordine; al contrario l’elenco !’» sarebbe tipico di culture primitive che hanno ancora un’immagine imprecisa dell’universo e si limitano ad allinearne le molte proprietà che sanno nominare senza tentare di instaurare tra di esse un rapporto gerarchico. (pp.17-18)
[…] Eppure l’elenco si ripropone nel mondo medievale (dopo che le grandi Summae teologiche e le enciclopedie hanno preteso di provvedere una forma definitiva dell’universo materiale e spirituale), nel Rinascimento e nel Barocco, dove la forma del mondo è quella di una nuova astronomia, e specialmente nel mondo moderno f e postmoderno. Segno che alla vertigine dell’elenco si soggiace per molte e svariate ragioni. (p.18)

3 – L’ELENCO VISIVO p.37

uttavia, vi sono altre opere figurative che fanno pensare che quello che si vede entro la cornice non sia tutto, bensì solo un esempio di una totalità non facilmente numerabile, almeno quanto i guerrieri di Omero. (pp.38-39)

4 – L’INDICIBILE p.49

Con il catalogo delle navi Omero non ci dà solo un bellissimo esempio di elenco, tanto più efficace quanto più venga contrapposto alla forma dello scudo: egli mette anche in scena quello che è stato detto È il topos dell’indicibilità. Di fronte a qualcosa di immensamente grande, o sconosciuto, di cui non si sa ancora abbastanza o di cui non si saprà mai, l’autore ci dice di non essere capace di dire, e pertanto propone un elenco molto spesso come specimen, esempio, accenno, lasciando al lettore di immaginare il resto. (p.49)

5 – LISTE DI COSE p.67

Il timore di non potere dire tutto prende non solo di fronte a una infinità di nomi ma anche di fronte a una infinità di cose. (p.67)

6 – LISTE DI LUOGHI p.81

Così come sono indicibili individui e cose, spesso sono indicibili i luoghi, e ancor una volta lo scrittore si affida all’eccetera della lista. (p.81)

7 – C’È LISTA E LISTA p.113

A questo proposito dobbiamo però fare una distinzione importante, e cioè tra lista pratica e lista “poetica” (intendendo con quest’ultimo termine qualsiasi finalità artistica con la quale la lista sia proposta e qualsiasi sia la forma di arte che la esprime).
La lista pratica può essere esemplificata dalla lista della spesa, dalla lista degli invitati per una festa, dal catalogo di una biblioteca, dall’inventario degli oggetti in un luogo qualsiasi (come un ufficio, un archivio, un museo), dall’elenco dei beni di cui dispone un testamento, da una fattura di merci di cui si esige il pagamento, dal menu di un ristorante, dall’elenco dei luoghi da visitare in una guida turistica, e persino dal vocabolario che registra tutte le voci del lessico di una data lingua.
Queste liste hanno tre caratteristiche: anzitutto hanno funzione puramente referenziale e cioè si riferiscono a oggetti del mondo esterno e hanno lo scopo puramente pratico di nominarli ed elencarli (se questi oggetti non esistessero la lista non avrebbe senso o saremmo già di fronte, come vedremo, a una lista poetica); in secondo luogo, siccome sono elenchi di oggetti realmente esistenti e noti, tali liste sono finite, perché intendono elencare tutti gli oggetti a cui si riferiscono e nessun altro – e questi oggetti, se sono fisicamente presenti in un qualche luogo, sono evidentemente in numero definito; infine non sono alterabili, nel senso che sarebbe scorretto oltre che insensato aggiungere nel catalogo di un museo un quadro che non vi fosse conservato.
Le liste pratiche rappresentano a modo loro una forma, perché conferiscono unità a un insieme di oggetti che, per quanto difformi tra loro, ubbidiscono a una pressione contestuale, ovvero sono apparentati per l’essere o per l’essere attesi tutti nello stesso luogo, o per il costituire il fine di un certo progetto. Così costituiscono un insieme accettabile tutti i libri di una certa biblioteca, tutti gli invitati a una festa, tutte le cose da comperare al supermarket eccetera. Una lista pratica non è mai incongrua, purché si individui il criterio di assemblaggio che la regola. (pp.113-116)
Ma perché si fanno liste poetiche? In parte lo si è detto: perché non si riesce a enumerare qualcosa che sfugge alle nostra capacità di controllo e denominazione, e sarebbe il caso del catalogo delle navi in Omero. (p.117)

8 – SCAMBI TRA LISTA E FORMA p.131

Nella misura in cui una lista caratterizza una serie per quanto difforme di oggetti come appartenenti allo stesso contesto o visti dallo stesso punto di vista (per esempio Gesù, Cesare, Cicerone, Luigi IX, Gilles de Rais, Hitler, Raimundo Lullo, Mussolini, Lincoln, Kennedy, Saddam Hussein, Pietro Micca, Damiens costituiscono un insieme omogeneo se si considerano tutte le persone che non sono morte nel loro letto), essa conferisce ordine, e dunque un accenno di forma, a un insieme altrimenti disordinato. Ma ci sono modi più sottili di trasformare una lista in forma e l’esempio più tipico è Arcimboldo. Egli prende gli elementi d’una lista possibile (tutti i frutti o i legumi esistenti,
o tutti quelli rappresentati in forma di elenco da tante nature morte) e ne compone una forma, che però non è quella attesa o dovuta.
In un certo suo modo barocco, ci dice che si può artificiosamente passare da un elenco a una forma. La forma che ne riesce è difforme, sformata, e quello che prevale è la riunione di elementi diversi — che avrebbero goduto di una loro legalità sul piatto su di una tavola imbandita, ma che risultano incongrui in un volto umano, ma questa era la poetica barocca (“è del poeta il fin la maraviglia,” diceva Marino) e se quattro secoli non fossero troppi troveremmo una parentela con la poetica del pre-surrealismo: per citare Lautréamont “come l’incontro fortuito su un tavolo anatomico di una macchina da cucire e un parapioggia”.(p.131)

9 – RETORICA DELL’ENUMERAZIONE p.133

In genere le varie forme di lista rientrerebbero sotto quella figura di pensiero che è Vaccumulazione, vale a dire la sequenza e accostamento di termini linguistici in qualche modo appartenenti alla stessa sfera concettuale. In tal senso è una forma di accumulazione la enumeratio, che appare con costanza nella letteratura medievale, anche quando i termini in lista non sembrano coerenti tra loro, perche si tratta di definire le proprietà di Dio, che per definizione non possono essere dette (teste lo pseudo Dionigi Areopagita) se non attraverso similitudini dissimili. (p.133)

La retorica classica definisce anche enumerazioni per anafora ed enumerazioni per asindeto o polisindeto.
L’anafora è la ripresa della stessa parola a inizio di ogni enunciato o nel caso della poesia all’inizio di ogni verso. […]
L’asindeto è la tipica modalità di un elenco senza congiunzioni s
tra i membri di una frase; si veda per esempio il classico incipit dell’Orlando Furioso, “Le dame, i cavalier, l’arme, gli amori – le cortesie, l’audaci imprese io canto”. Opposto all’asindeto, ma ugualmente *
meccanismo elencatorio, il polisindeto, e si veda per esempio I
nel Paradiso Perduto di Milton (II, 949-950), come il primo verso inizi con un asindeto e segua con un polisindeto che domina anche il secondo verso: “Con testa, mani, ali o piedi segue per la sua strada – e nuota, o affonda, o guada, o striscia, o vola”
Però non vi è nella retorica tradizionale nessuna interessante definizione di quella che ci pare l’ingordigia della lista e la sua vertigine, e in particolare della lista abbastanza lunga di cose diverse (seppure rese omogenee da un solo universo di discorso, come il bere
o il danaro) come se ne trovano nei Carmina Burana, o come si può vedere, secoli dopo, in questo breve brano di Calvino dal Cavaliere inesistente (p.137)

10 – LISTE DI MIRABILIA p.153

Queste enciclopedie presupponevano dunque (o cercavano ancora) una forma, anche perché la loro organizzazione aveva funzione mnemonica: un dato ordine delle cose serviva a ricordarle, a ricordare il posto che esse assumevano nella immagine del mondo. Tuttavia questo avveniva, se avveniva, solo per i lettori molto specializzati.
Per gli altri quello che affascinava (come affascina ancora noi) era probabilmente l’elenco di mirabilia, come quelle che apparivano per esempio in molte raccolte ellenistiche come il De Mirabilibus attribuito ad Aristotele […].
L’elenco di mirabilia assume funzione puramente poetica nell’autore moderno che riprende le notizie antiche sapendo che le liste non rinviano a nulla di esistente e sono puro catalogo dell’immaginario, godibile solo in quanto flatus vocis. (pp.156-157)

11 – COLLEZIONE E TESORI p.165

Il catalogo di un museo rappresenta un esempio di lista pratica, che si riferisce a oggetti esistenti in un luogo determinato, e in quanto tale è necessariamente finita. Ma come dobbiamo considerare un museo in sé, o una collezione qualsiasi? Tranne casi rarissimi di una raccolta che riunisca tutti gli oggetti di un certo tipo (per esempio tutte, ma davvero tutte, le opere di un dato artista), una raccolta è sempre aperta e potrebbe sempre arricchirsi di qualche altro elemento. (p.165)

Non solo, ma la raccolta, tranne i casi in cui sia specializzatissima j (di nuovo: tutte e solo le opere del pittore Tale) sfiora sempre l’incongruità. (p.169)

Ma certamente coglieva, del museo tradizionale, tre caratteristiche: (i) era un ambiente silenzioso, oscuro, non amichevole, (n) dove la mancanza di contesto per le singole opere rendeva difficile percepirle individualmente o memorizzarle tutte, e (ni) opprimeva per la sua ingordigia.
Oggi l’evoluzione museale fa sì che le prime due obiezioni di Valéry non valgano più: il museo è diventato chiaro, solare, amichevole, accogliente, gaio, e quasi sempre la distribuzione delle sale è tale da favorire il rapporto tra l’opera e il suo contesto.
Ma non abbiamo ovviato alla terza caratteristica, anzi si va a visitare un museo proprio perché esso è per definizione vorace. E tale perché nasce dalla collezione privata, e la collezione privata nasce da ima rapina, da un bottino di guerra. (p.170)

Le meraviglie più venerate dei tesori medievali erano le reliquie. Il culto delle reliquie non è solo cristiano[…] (p.173)

12 – LA WUNDERKAMMER p.201

A un certo punto nella storia del collezionismo appare una cesura. Dal Rinascimento in avanti le meraviglie non sono più quelle dei paesi lontani (che a poco a poco, almeno dalla fine del XV secolo, non saranno più leggendari ma reali), gli oggetti curiosi o le reliquie dei santi, bensì quelle del corpo umano e dei suoi recessi sino ad allora segreti. Cambia in questa prospettiva ormai laica e scientifica il gusto dei portenti. Prima li si vedeva quali segni premonitori di qualche evento fuori dall’ordinario — e in tal senso rimane celebre il Prodigiorum ac ostentorum chronicon di Conrad Lychostenes (1557). Ora invece si incomincia a vederli come oggetto di curiosità scientifica, o almeno pre-scientifica. (p.201)

Questi libri, illustratissimi, sono dei repertori o elenchi di cose straordinarie. Il loro corrispettivo oggettuale sono le Wunderkammern, ovvero le camere delle meraviglie,
o i gabinetti di curiosità, antesignane dei nostri musei di scienze naturali dove alcuni cercavano di raccogliere sistematicamente tutto ciò che si deve conoscere, altri di collezionare ciò che suonasse straordinario e inaudito, compresi oggetti bizzarri, o reperti stupefacenti come un coccodrillo impagliato, che di solito pendeva da una chiave di volta a sovrastare tutto l’ambiente. In molte di queste raccolte, come per esempio quella di Pietro il Grande a San Pietroburgo, si conservano feti mostruosi accuratamente tenuti sotto spirito, nelle raccolte di cere della Specola di Firenze si allineano meraviglie anatomiche, capolavori iperrealistici di corpi sventrati e messi a nudo, in una sinfonia digradante dal rosa al rosso cupo e al bruno di interiora, fegati, polmoni, stomaci e milze.
Delle Wunderkammern ci sono rimaste principalmente rappresentazioni pittoriche o incisioni nei loro cataloghi. Talora si tratta di scaffali minuti, a centinaia, che raccolgono sassi, conchiglie, scheletri di animali curiosi e talora capolavori di taxidermia capaci di produrre animali inesistenti. Talora sono armadi, come musei in miniatura, pieni di scomparti che riuniscono reperti che, sottratti al loro contesto originario, sembrano raccontare storie insensate. (p.203)

13 – DEFINIZIONE PER PROPRIETÀ E DEFINIZIONE PER ESSENZA p.217

La realtà è che noi non diamo, se non raramente, definizioni f
per essenza, ma più sovente per lista di proprietà. Ed ecco che pertanto j
tutti gli elenchi che definiscono qualcosa attraverso una serie non finita di proprietà, anche se apparentemente vertiginosi, sembrano approssimarsi maggiormente al modo in cui nella vita quotidiana (e non nei dipartimenti scientifici) definiamo e riconosciamo le cose. Naturalmente la lista per proprietà può essere data anche in senso valutativo. Si è visto l’elogio di Tiro in Ezechiele e si pensi all’elogio dell’Inghilterra nel Riccardo II di Shakespeare. (p.221)

14 – IL CANNOCCHIALE ARISTOTELICO p.231

Una rappresentazione semantica per essenza presuppone come sfondo un albero di tipo genealogico, un incassamento di classi e sottoclassi che precedono gli individui o le categorie che su quella struttura dovranno essere registrati. E la costruzione della struttura portante precede l’individuazione degli individui, dei generi e delle specie e ne permette l’identificazione. Gli individui possono, infatti, ottenere una identità solo grazie alla struttura.[…]
Una rappresentazione per ammasso o serie di proprietà presuppone non un dizionario bensì una sorta di enciclopedia in fieri, mai compiuta, e mai definitivamente irrigidita ad albero. (p.231)

L’omologia con il rizoma ci obbliga a pensare anche a liste territoriali e architettoniche. Di fatto, si era detto di come fosse difficile immaginare una lista pittorica dal momento che la cornice del quadro limita lo spazio e impedisce per così dire di pensare a un “eccetera”; ma si era ammesso che si può suggerire (e si è visto come) una continuità incalcolabile oltre i limiti della cornice.
Del pari si dovrebbe dire che non c’è un “eccetera” architettonico, dal momento che ogni manufatto architettonico circoscrive e delimita il proprio spazio, e anzi sussiste proprio in quanto separa uno spazio abitativo interno dal resto dello spazio esterno. E in effetti tale è non solo l’edificio ma la stessa città anticamente delimitata da mura, oppure centrata stellarmente intorno a una piazza (si pensi alle città ideali del Cinquecento). (p.240)

Un citta-lista ha l’aspetto di un labirinto aperto. Certamente il labirinto, nella sua struttura classica, è uno spazio concluso.
Ma è uno spazio chiuso strutturato in modo tale che (a chi lo percorre) pare impossibile uscirne. Il labirinto è una forma, ma per chi lo vive è l’esperienza di una impossibilità a uscirne e dunque di una erranza mai conclusa – e da questo nasce il suo fascino e lo spavento che incute. Il labirinto è paradossalmente un elenco non lineare, che si riavvolge a gomitolo su se stesso, e ancora ima volta l’omologia con la struttura di un rizoma ci dice qualcosa su questo scudo di Achille infinito come il catalogo delle navi. (p.241)

15 – L’ECCESSO, DA RABELAIS IN AVANTI p.245

Sembra che nel periodo barocco da un lato ci si ingegni per trovare una definizione per essenza meno rigida di quelle della logica medievale, ma dall’altro il gusto del meraviglioso porti a trasformare ogni tassonomia in lista, ogni albero in labirinto.
In realtà già nel Rinascimento è attraverso l’elenco che si arrecano
i primi colpi all’ordine del mondo sancito dalle grandi summae medievali. In effetti, e lo abbiamo detto per le enciclopedie, per tutta l’antichità e il Medioevo la lista e quasi un pis aller, e sotto di essa traspare sempre lo schema di un ordine possibile, il desiderio di una messa in forma. Col mondo moderno invece la lista viene concepita per il gusto di deformare. (p.245)

È l’inizio di una poetica della lista, stesa per amor di lista, della lista per eccesso. (p.250)

Ma a questo punto ci troviamo di fronte a due tendenze, entrambe presenti nella storia delle liste ma a maggior ragione nella letteratura moderna e post-moderna. C’è una lista per eccesso coerente che tuttavia mette insieme entità che hanno una qualche forma di parentela; e ci sono liste, che in linea di principio potrebbero anche essere di lunghezza non eccessiva, che sono assemblaggio di cose volutamente prive di apparente rapporto reciproco, a tal segno che si è parlato in questi casi di enumerazione caotica. (p.254)

16 – L’ECCESSO COERENTE p.279

Qualcuno ha voluto vedere un rapporto tra enumerazione caotica e monologo interiore o stream of consciousness […]. (p.282)
[…]non c’è che da concludere che c’è del metodo in questa follia e che la lista, caotica dal punto di vista dei significati, non lo è dal punto di vista dei significanti. (p.283)

“Tipo il caso di Céline che prorompe in una marea di vituperi una volta tanto non contro gli ebrei bensì contro al Russia sovietica[…]”. (p.284)

17 – L’ENUMERAZIONE CAOTICA p.321

Ma passiamo ora alle enumerazioni caotiche, dove ci si compiace di mettere in scena l’assolutamente eterogeneo. […]
Anzi, a proposito di Rimbaud vale la pena di riesumare una distinzione tra enumerazione congiuntiva ed enumerazione disgiuntivai. Una enumerazione congiuntiva, e nella nostra antologia ve ne sono moltissimi esempi, riunisce cose anche diverse dando all’insieme una coerenza in quanto viste da uno stesso soggetto o considerate in un medesimo contesto; al contrario 1’enumerazione disgiuntiva esprime una frantumazione, una sorta di schizofrenia del soggetto che avverte una sequenza di impressioni disparate senza riuscire a conferire loro alcuna unità. (pp.322-323)

L’accostamento ci rinvia all’opposizione tra liste centrate sul significato e liste centrate sul significante. (p.324)
Considerando sia gli eccessi coerenti che le enumerazioni caotiche ci si rende conto che, rispetto alle liste dell’antichità, qualcosa di diverso è accaduto. Omero, lo abbiamo visto, ricorreva alla lista perché gli mancavano parole, lingua e bocca, e il topos dell’indicibile ha dominato per molti secoli la poetica della lista. Ma di fronte alle liste di Joyce
o di Borges è invece evidente che l’autore non fa affatto elenchi perché non saprebbe come altrimenti dire, bensì perché vuole dire per eccedenza, per jbris e ingordigia della parola, per gaia (raramente ossessiva) scienza del plurale e dell’illimitato. La lista diventa un modo per rimescolare il mondo, quasi a mettere in pratica l’invito di Tesauro ad accumulare proprietà per far scaturire nuovi rapporti tra cose lontane, in ogni caso per mettere in forse quelli accettati dal senso comune. (p.327)

18 – GLI ELENCHI DEI MASS MEDIA p.353

La poetica delia lista pervade anche molti aspetti della cultura di massa, ma con intenzioni diverse da quelle dell’arte d’avanguardia. Si pensi a quel modello di elenco visivo che è la parata di fanciulle ornate di piume che discendono le scale nelle Ziegfield Follies, alle serie di tuffi e alle molteplici ondine di Bellezze al bagno, alle parate multiple che appaiono in Footlight Parade, alle modelle che sfilano in Roberta, per arrivare ai defilés odierni dei grandi stilisti.
Qui la successione di creature ammaliatrici vuole soltanto suggerire abbondanza, colmare il bisogno di kolossal, mostrare non una sola immagine affascinante ma molte, moltissime, fornire all’utente una riserva inesauribile di appelli voluttuosi, così come i potenti di un tempo si adornavano con cascate di gioielli, e come in certi ristoranti americani si paga una cifra fissa all’entrata e poi si può mangiare tutto quello che si desidera scegliendo da un buffet gigantesco. La tecnica dell’elenco non intende mettere in forse alcun ordine del mondo, anzi vuole riconfermare che l’universo dell’abbondanza e dei consumi, a disposizione di tutti, rappresenta l’unico modello di società ordinata.
Il fornire elenchi di bellezze diverse ha qualcosa a che fare con le caratteristiche della società che ha generato i mass media. (p.353)

Esempi di elenco massmediatico sono i sostituti delle Wunderkammem e dei tesori del passato, i musei delle meraviglie particolarmente diffusi negli Stati Uniti[…]. (p.354)
E infine ecco finalmente la Gran Madre di tutte le Liste, infinita per definizione perché in continuo sviluppo, il World Wide Web, che è appunto ragnatela e labirinto, non albero ordinato, e che di tutte le vertigini ci promette la più mistica, quella totalmente virtuale, e davvero ci offre un catalogo d’informazioni che ci fa sentire facoltosi e onnipotenti, a prezzo di non sapere quale dei suoi elementi si riferisca a dati del mondo reale e quale no, senza più distinzioni tra verità ed errore. (p.360)

19 – LISTE DI VERTIGINI p.363

Sia la narrativa che la filosofia hanno evocato la vertigine della lista senza tentare nessun elenco: semplicemente hanno concepito dei contenitori di liste infinite, o dei dispositivi per produrre una lista infinita di elementi. (p.363)

20 – SCAMBI TRA LISTA PRATICA E LISTA POETICA p.371

L’ingordigia dell’elenco ci spinge spesso a leggere anche le liste pratiche come se fossero liste poetiche – e in effetti quello che spesso distingue una lista poetica da una lista pratica è solo l’intenzione con cui la contempliamo.
Non è impossibile leggere una lista poetica come se fosse una lista pratica. Prendiamo la lista borgesiana degli animali: a un esame di letteratura ispano-americana sarebbe la lista (pratica) degli animali da ricordare per potere citare correttamente il testo di Borges. Parimenti, è possibile leggere una lista pratica come se fosse una lista poetica[…] (p.371)
Questa possibilità di leggere una lista pratica come poetica o viceversa si dà anche alla letteratura. (p.374)

21 – UNA LISTA NON NORMALE p.395

Con la lista di Borges la poetica della lista raggiunge il suo punto di massima eresia e bestemmia ogni ordine logico precostituito. (p.396)

APPARATI

INDICE DEGLI AUTORI E ALTRE FONTI p.401

INDICE DEGLI ARTISTI p.402

ILLUSTRAZIONI SENZA INDICAZIONI D’AUTORE p.405

FOTOGRAMMI CINEMATOGRAFICI p.405

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI DELLE EDIZIONI UTILIZZATE p.406

CREDITI FOTOGRAFICI p.408

– – Qualche refuso di troppo… – – –

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